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Autore: Joya    14/07/2012    0 recensioni
Una raccolta di storie d'amore, in tutte le sue forme.
(Introduzione tratta dalla prima storia)
Mi lasciai trasportare lontano da quell’abbraccio. Poi, mi staccai da lui e mi voltai verso la porta.
Dei rumori dal pianerottolo mi fecero rabbrividire, probabilmente l’inquilino dell’appartamento affianco era rientrato tardi.[...]Dolci parole sussurrate a una mezza luna che perdeva la sua luminosità nelle tenebre, frasi ripetute che si perdevano nel ricordo di vecchie promesse dimenticate.
La solita sensazione di calore ogni volta che lo avevo vicino e quel freddo che ormai non abbandonava più la mia pelle ed il mio cuore mi fecero rabbrividire di nuovo
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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3.

Va’ via

 

Ti sento bussare con forza alla mia porta, per un momento ho il timore che tu possa buttarla giù. Poi mi rendo conto che è impossibile, con quelle braccia sottili che ti ritrovi.

Ti apro, nonostante avessi giurato mille volte a me stesso che non l’avrei fatto, neanche se ti avessi sentito urlare che ti buttavi da un ponte.

Invece, eccoti. Nella mia casa, al centro della stanza che ha visto tutti noi ridere, insieme, sdraiati sul divano, seduti per terra, tutti insieme, come amici inseparabili.

Chiudo la porta alle tue spalle.

Mi dici, anzi mi urli, che mi devi parlare, che non ce la fai più a tenerti tutto dentro. Ogni volta che ci incontriamo, che ci sfioriamo, è una tortura disumana.

Ti senti traditrice e tradita allo stesso tempo, per cosa, poi? Per non aver fatto nulla.

Non sai che fare. Ti abbandoni sul divano, hai gli occhi pieni di lacrime.

Alzi il volto verso di me, cercando il mio sguardo. Vuoi una soluzione ai tuoi problemi.

Che cosa dovrei fare io? Dovresti essere tu a darmi una soluzione.

Ci fissiamo per qualche minuto, ma a me sembrano secoli. Da quanto tempo non ci guardavamo più in faccia?

Entrambi, probabilmente, preghiamo affinché quegli sguardi ci aiutino a star meglio, quando invece non fanno altro che trascinarci ancora di più sul fondo.

Il tuo sguardo vacilla e tu abbassi il volto, fissandoti le ginocchia.

Io resto fermo, immobile, davanti a te, in piedi.

Sono io a parlare ora. Io che sono stato zitto da quando hai varcato la soglia di casa mia. Che non parlo davvero da quando abbiamo cominciato a capire cosa ci stava succedendo.

«Tu», comincio, «forse neanche immagini quel che provo per te. Probabilmente è qualcosa che non ho mai provato in tutta la mia vita. Non riesco a vivere, a parlare, a dormire quando penso a me e te», mi fermo, dire “noi” sarebbe stato troppo doloroso, «non sai quanto ti vorrei.

«Però...a volte non sempre quel che desideri si può avere», proseguo, continuando a guardare la tua nuca chinata.

«Credi che non mi faccia male vederti con lui, abbracciati, vicini come due amanti. Quando io non posso neanche sfiorarti», allungo la mano verso di te, istintivamente.

Ti vedo sussultare come se stessi singhiozzando, ma non vedo lacrime sulle tue mani.

Riesco a risvegliarmi e tiro di nuovo la mano verso di me, stendendola lungo il fianco e chiudendola in un pugno.

«Non sarebbe giusto. Si è fidato di me, si è fidato di te. Non posso ripagarlo in questo modo, è», faccio una pausa, per cercare di esprime quel che provo con delle parole, «tutto quello che ho», dico con semplicità disarmante.

«E’ tutto quello in cui credo. Ti rendi conto? Io...» mi accorgo che la mia voce fa trapelare la mia stessa incredulità, «io, che sono stato capace di tradire il mio stesso padre, sto qui a discutere con te, invece di prenderti e...», mi fermo, stai tremando.

Non è quello che vuoi sentirti dire da me. Non sei venuta per ascoltare qualcosa che già immagini e che, forse, provi tu stessa. Io stesso mi accorgo che le parole che dico non sono neanche quelle che veramente penso.

«Tu sei sua. Sei la donna del mio migliore amico», sorrido tra me.

«Non sai quante ne abbiamo combinate insieme, le volte in cui mi ha difeso. Il numero delle notti in cui, con un naso rotto o un sopracciglio spaccato, siamo tornati a casa, sorreggendoci l’uno con l’altro. Le cicatrici che ci siamo  fatti da bambini, giocando a calcio, per strada, le risate, le fughe. Le volte in cui l’ho trascinato nel mio buio e la luce che lui è sempre riuscito a riaccendere in me.

E, quando ho deciso di andarmene, chi è che mi ha seguito? Che ha appoggiato tutte le mie scelte, nonostante, a volte, non credessi neanche io in quel che facevo? Chi è stato che mi ha fatto capire con le buone o con le cattive quando sbagliavo? Lui, sempre lui. E in cambio, cosa mi ha chiesto? Nulla di nulla, solo», un’altra pausa, «amicizia, fiducia. Non sarò io il suo mietitore», concludo.

Distolgo lo sguardo dalla tua nuca e mi accorgo di star stringendo anche l’altra mano in un pugno.

Lo so che anche tu, se solo volessi, potresti raccontarmi mille e più episodi che ti hanno legata e tutt’ora ti legano a lui, invece, stai lì, in silenzio.

Rialzo lo sguardo e ti vedo scuotere di nuovo la testa.

Qual è il pensiero che cerchi di scacciare da quando sei arrivata qui?

Perché sono io a parlare, se sei stata tu a bussare alla mia porta, quasi abbattendola?

«Non ricordo neanche più quante volte gli ho detto di lasciarti», ti dico, con tono maligno. «Quando lui fra tante, fra tutte quelle che poteva avere, aveva scelto proprio te, con quelle braccia così sottili. I nostri discorsi su di te e io che lo prendevo in giro...».

Mi sembra di tremare, ma in realtà è solo il mio cuore che vacilla. All’esterno io sono immobile, di fronte a te, a fissarti.

Tu, invece, non hai neanche il coraggio di alzare lo sguardo e guardarmi in faccia, ma forse fai bene. Credo che se fossi tu a guardarmi, sarei io a distogliere lo sguardo dal tuo viso.

«Anche se cedessimo», dico, «dopo non riusciremmo a guardarci. Perderemmo tutti», sospiro.

«Tu...tu sei diversa per lui, rispetto alle altre. E’ come se brillassi più di ogni altra stella nel cielo. Non capisci,», o forse io non capisco, «ha tanti progetti per te, per voi, progetti importanti», sottolineo, per vedere la tua reazione. Ed è quella che temevo e speravo, contemporaneamente. Perché alzi un po’ il viso verso di me e riesco a intravedere una nota di gioia in quei tuoi occhi così pieni di lacrime. Mi sembra quasi che brillino, come la prima volta che ti ho incontrata.

Mi sento un po’ rincuorato, o chissà quale sentimento è quello che provo quando mi accorgo che, nonostante tutto, tu lo ami ancora, più di quanto pensi.

Perché...a modo nostro, proviamo entrambi amore per lui. Il tuo è amore di donna, il mio è amore d’amico ed è stato proprio questo ad unirci ed ora a separaci.

Silenzio, poi ti sento sussurrare qualcosa come «và via», quando invece dovresti essere tu a sparire dalla mia vita.

Quando mi accorgo che probabilmente ci sarebbero altre mille parole da dire, ti alzi e ti avvicini a me

I tuoi  occhi sono sempre pieni di lacrime, ma una luce di vita li illumina.

E’ il momento dell’addio.

Non ci saranno abbracci o ultimi baci, perché siamo riusciti a non far accadere nulla, ci siamo accorti in tempo di quel che stava accadendo.

Mi superi, avvicinandoti alla porta ed uscendo, senza dire una parola, neanche un “addio”.

La lasci aperta alle tue spalle, io ti seguo e...la chiudo, girando la chiave nella toppa.

So che non ci incontreremo per molto tempo, fino a quando i nostri sensi non si saranno dimenticati l’uno dell’altro.

Io ho deciso di partire, tornerò quando sarà il momento per me di farlo e se non arriverà, avrò almeno salvato lui e te.

Vado nell’altra stanza e prendo la valigia, continuando a pensare, senza riuscire a far zittire la mia mente.

Forse anche questa volta non ho fatto nient’altro che salvare me stesso, trascinando per l’ennesima volta anche te, amico mio, nel mio buio, nonostante tu, adesso, non sappia nulla .

 

 

  
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