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Autore: Disorientated Writer    14/07/2012    7 recensioni
Sequel di 'Dio e Semidea'. 
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Sono passati vent'anni da quando Nina è stata nominata Araldo degli Déi.
Eppure, niente va per il verso giusto.
La figlia di Poseidone è scomparsa, morta o rapita.
Suo figlio Alexej non l'ha mai conosciuta.
E nemici vecchi e nuovi minacciano l'Olimpo, allo stremo delle forze.
Un viaggio alla volta di Roma.
Perdite e sconfitte, gloria e vittoria.
Perché solo il Campo Mezzosangue può impedire l'imminente Apocalisse, ormai.
Come al solito, del resto.
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Questa storia è dedicata alla mia adorata Effie Malcontenta Weasley. ♥
[CAMBIAMENTI IN CORSO]
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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    II.
   Il mio buon papa' mi manda incontro alla morte. 












 
Una notte d’estate. Grilli che cantano spensierati nel prato. Il bacio della buonanotte.
Subito dopo, il fuoco.
Il piccolo urla, ma non può fare niente. Ha due anni.
Il caldo diventa insopportabile.
Dov’è il papà? E la mamma?
Perché non lo tirano fuori dalla culla, che sta iniziando a prendere fuoco?
Perché non vengono a svegliarlo, dicendogli di non preoccuparsi?
Una ragazza dai lunghi capelli neri appare all’improvviso.
Sorride. Ora lo prenderà in braccio e lo salverà dalla morsa delle fiamme.
La ragazza ricambia il sorriso, e il bambino vede qualcosa luccicarle nel palmo della mano.
Lei si avvicina, il bambino dai capelli chiari tende le braccia … e un’altra persona si frappone tra i due. E' una ragazza.
Le due donne iniziano ad urlare e a litigare.
Il bambino è confuso. Perché non lo tirano fuori? Perché non lo aiutano?
Inizia a sentire caldo. Tanto, caldo.
E le fiamme sono così vicine …
L’ultima cosa che vede prima di chiudere gli occhi è la mamma che si accascia per terra.
 
Aprii gli occhi all’improvviso e mi ritrovai grondante di sudore.
Provai a muovere il collo, ma una fitta di dolore mi indusse a rinunciarci.
Come mi ero ridotto in quello stato? Mi faceva male ogni singola cellula del mio corpo, per Zeus!
« Bentornato nel mondo dei vivi, Hamilton! È da ieri sera che sei ridotto così e neanche muovi le palpebre. »
Accanto al mio letto Jared e Luke Wilson, il fratello gemello di River, mi fissavano sorridenti.
« Che mi è successo? Mi sento come se un Iperboreo mi si fosse seduto sopra … »
Jared scoppiò a ridere.
« Amico, sei stato ferito da un mega-scorpione avvelenato, ricordi? »
« Ah. »
Ora ricordavo. Bleah.
Già, mi ero lanciato contro uno scorpione gigante … ma perché?
La testa mi faceva troppo male per poter ragionare oltre.
« Sei sveglio, Bell’Addormentato! »
Amelie era appena entrata nell’Infermeria, e mi guardava a braccia conserte.
Io sorrisi malizioso.
« Mi hai appena detto che sono bello, per caso? Non è che ti sei preoccupata, vedendomi svenire? » le domandai, ridacchiando con un certo sforzo. Ma per alcune soddisfazioni si è disposti a fare tutto.
Lei avvampò, e solo chissà quale forza maggiore le impedì di saltare sul mio letto e strozzarmi.
Quant’è dolce questa ragazza.
Jared alzò gli occhi al cielo, evidentemente seccato dai nostri infiniti battibecchi.
Stava per aprire bocca, quando lo scalpiccio di quattro paia di zoccoli lo interruppe.
« Vedo che ti sei svegliato finalmente, Tyler. »
Chirone, il nostro equino direttore del Campo (Dioniso non contava) si avvicinò sorridendo al mio letto.
« Sono lieto di vederti talmente in forma da poter battibeccare con la signorina Darren. » continuò, lanciandomi un’occhiataccia.
Ah, non ve l’ho detto? Chirone è uno di quelli “peace&love, bro!”. Beh, non l’ho mai visto con i bigodini e il vestito da Hippie, ma l’ho sognato. Il che vuol dire che probabilmente è successo. Oh, déi.
« Come mai non ti sei ancora preoccupato della salute della giovane Kaliko Morgenstern, Ty? »
Il Signor Cavallo mi lanciò un’altra occhiataccia. Déi, per lui non facevo mai niente che andasse bene?
« Della salute di chi? » chiesi, terminando la frase con una nota stridula non voluta. Tutta colpa del dolore provocatomi dal cercare di alzarmi a sedere.
« Sei ancora convalescente, non dovresti sforzarti così, anche se sembri guarire più in fretta degli altri. E, per la cronaca, Kaliko è la ragazza che hai salvato dallo Scorpione. »
Oooooooooooooh.
Ecco perché mi ero lanciato contro uno scorpione!
Adesso era tutto più chiaro.
« Oh. Ehm, beh, come sta? » domandai, non sapendo bene che pesci pigliare.
Chirone mi sorrise, assicurandomi che si era completamente ripresa e ora riposava nel letto accanto al mio.
Bene, neanche mi ero accorto che qualcuno occupasse quel letto.
Dovevo essere parecchio rintontito, dal momento che solitamente mi accorgevo di tutto.
In quel momento, quasi si fosse sentita chiamare in causa, Kaliko Vattelappesca aprì gli occhi.
Aveva degli occhi stranissimi.
O meglio, gli occhi erano normali.
Era il colore che mi lasciò stupito.
Erano azzurri verso l’esterno, e man mano che si avvicinavano alla pupilla diventavano sempre più viola.
Erano bellissimi.
Tossicchiai, rendendomi conto che ero rimasto a guardarlo come un idiota per due minuti buoni.
Chirone sorrise e ordinò a tutti quanti di lasciare la ragazza da sola con il suo salvatore.
Divenni paonazzo.
Quando finalmente tutti svanirono, mi guardai le mani, indeciso sul da farsi.
E ora?
« Grazie per avermi salvata, comunque. » disse, tanto per rompere il ghiaccio, immagino.
« Eh? Oh, figurati, ma non è stato merito mio. Amelie ha ucciso il coso. »
Lei sorrise.
« Già, ma lei l’ho già ringraziata. »
Bene. Fantastico.
Scossi la testa. Da quando in qua Ty Hamilton non sapeva cosa dire in compagnia di una ragazza?
Passò così una mezz’ora.
Nel più imbarazzato dei silenzi.
« Di chi sei figlia, Kaliko? » domandai, incuriosito. Non aveva i capelli biondi e gli occhi grigi tipici dei figli di Atena, né la bellezza folgorante e il trucco perfetto dei figli di Afrodite, che non si sbafava neanche dopo cinque secchiate d’acqua fredda, e non sembrava particolarmente muscolosa né per Efesto né per Ares. Zeus? Niente occhi azzurri. O meglio, non del tutto. Ade? Forse, anche se non sembrava poi così depressa.
Kaliko mi interruppe prima che potessi terminare il mio elenco.
« Non lo so. Sono cresciuta in un orfanotrofio, non so nemmeno se il mio genitore mortale sia maschio o femmina. »
C’era qualcosa che non mi convinceva troppo in quella storia.
« E allora come hai fatto a sapere del Campo? E degli déi, e tutto il resto? » le domandai, confuso.
Lei scosse la testa.
« Non è una storia che mi piace raccontare. »
Déi, quant’era misteriosa quella ragazza!
Mi strinsi dolorosamente nelle spalle, a dire “come vuoi tu”.
In quel preciso istante entrò un satiro con una maglietta dei Power Rangers che mi fece bere una robaccia verdognola, spedendomi a dormire.
 

Si trova nella culla.
Quella color limone che gli piace tanto.
È seduto, e davanti a lui c’è un altro bambino dai capelli biondi e gli occhi azzurri che gioca con una macchinina rosso fiammante.
I due bambini ridono insieme, come grandi amici.
Si vogliono bene, in quel modo assoluto in cui solo un bimbo di due anni può volerne.
La porta della stanza di apre ed entra la mamma, sorridente, seguita da Apollo e da un altro uomo biondo.
Anche il piccolo sorride. 
 

Quando mi svegliai ero ancora assurdamente assonnato.
Mi stropicciai gli occhi e con uno sbadiglio provai nuovamente a mettermi seduto.
Sforzo inutile, visto che la mia schiena sembrava alquanto sorda alle mie richieste.
Ripensai al sogno precedente. Non ero sicuro fosse veramente un ricordo, dal momento che non avevo mai visto mia madre, perciò difficilmente avrei potuto ricordarmi il suo volto.
E Apollo sulla porta che mi guardava sorridendo? Ma per favore.
Non si era mai, e dicomai fatto sentire. L’unica volta che avevo avuto un qualche contatto con lui era stata la notte in cui venni riconosciuto.
Poi basta.
Neanche un “ciao Ty, come stai? Mi dispiace di essere un padre orrendo, ma che ci vuoi fare, noi déi dell’Olimpo siamo piuttosto occupati”.
Sapevo di non potermi lamentare (in fondo, io almeno ero stato riconosciuto), ma la cosa mi irritava lo stesso.
Per non dire riempire di rabbia e amarezza.
Le tende che circondavano il mio letto si aprirono di colpo e il volto sorridente di River fece capolineo tra esse.
« Heilà, spruzzetto di sole! Che ne dici di alzarti e venire alla riunione del Campo indetta da Chirone a cui non puoi assolutamente mancare perché altrimenti Dioniso ti trasforma in paguro con le scaglie verde fluo? » mi domandò tutto d’un fiato, come se avessi scelta.
« Sicuro. C’è solo un piccolo dettaglio … non riesco neanche a mettermi seduto. » borbottai, irritato. Scusate tanto se uno scorpione gigante si è divertito a usarmi come punching-ball neanche due giorni fa.
Lei sorrise melliflua e prese una siringa dal comodino lì vicino.
Io sbiancai. Ho il terrore degli aghi.
« Tranquillo, Alex, non sentirai niente! Ora, se permetti … » mi disse, prendendomi il braccio e infilandoci dentro l’ago prima che io avessi la prontezza di iniziare ad urlare.
Stavo per iniziare a gridare come un pazzo quando mi accorsi che effettivamente non sentivo niente.
Osservai stupito l’ago.
« E’ normale? »
« No, è un veleno che ti ucciderà in due secondi tra atroci dolori. Scheeerzo! » trillò, incurante di avermi tolto quasi dieci anni di vita.
Mi diede una pacca sulla testa e mi aiutò ad alzarmi. Qualunque cosa contenesse quella siringa (e non ero sicuro di volerlo sapere) ora l’intorpidimento era sparito, e riuscivo a tenermi in piedi senza problemi.
O quasi, visto che durante il tragitto infermeria-mensa rischiai di inciampare una dozzina di volte, e fu solo il tempestivo aiuto di River che mi impedì di finire disteso a terra.  
Quando arrivai, vidi Chirone in piedi (o in zoccoli, dovrei dire?) sul palco, e alla sua destra Dioniso, seduto su una poltrona leopardata. Che razza di gusti che aveva quel tizio …
« Bene, ora che siamo tutti, vorrei condividere alcune notizie con voi. » iniziò Chirone, lanciandomi un’occhiata per assicurarsi delle mie reali condizioni.
Dioniso, invece, non sembrava particolarmente interessato alla mia salute.
Pff, figuriamoci.
« Abbiamo notizie inquietanti sui movimenti dei mostri. »
Disse, mentre mi accomodavo al tavolo dei figli di Apollo accanto a Jared, che mi diede una pacca sulla spalla.
« Un’accozzaglia di creature –di ogni genere- gira per New York, battendo porta per porta alla ricerca di un semidio. Sembrano impazziti. Fonti sicure mi assicurano che girano tranquillamente per le strade di Manhattan senza neanche cercare di nascondersi. Speriamo solo che la Foschia faccia il suo dovere. »
Rimasi a bocca aperta.
Reazione che sembrò accomunare l’intero Campo Mezzosangue.
Anche Ninfe, Satiri e quant’altro si erano riuniti per sentire quello che Chirone aveva da dire, e non sembrarono particolarmente contenti nel sentire quelle parole.
Mostri impazziti non avrebbero reso felice nessuno.
A quel punto, Charlotte Belacourt, l’Oracolo del Campo, fece il suo ingresso trionfale.
Ovvero, cadde dallo scranno dove Dioniso (Chirone) l’aveva fatta accomodare e rotolò sul palco, in preda alle convulsioni.
Ora, non so se avete mai visto un Oracolo in preda alla cosiddetta “Crisi da Visione”, ovvero in preda a una qualche profezia. Io si, ma mai, e dico mai, niente di simile.
Charlie si prese la gola e, prima che chiunque potesse intervenire, si alzò in piedi.
Aveva gli occhi completamente dorati, segno che la previsione stava per iniziare.
E avevo la brutta sensazione che non mi sarebbe piaciuta per niente.
Charlie aprì le braccia e intonò:
 
Nove eroi partire per mare dovranno,
E nel regno della Lupa infine giungeranno.
L’anima di colei che è legata al Sole ritroveranno,
E madre e figlio nuovamente insieme saranno.
Dei Nove uno si perderà e un altro della caccia il richiamo udirà,
E la patria degli déi, solo sette ne rivedrà.
 

Fantastico. Nel giro di due giorni ero stato messo ko da uno scorpione, punto con un ago e avevo assistito ad una profezia alquanto inquietante.
Figo.
Ma, ovviamente, la mia sfortuna non era finita.
Perché la mia sfortuna non ha mai fine.
« Chi si propone per questa Impresa? » tuonò Chirone.
Gli rispose il silenzio.
Lui chiuse gli occhi e sospirò.
« Molto bene. Allora vi sceglierà il nostro Oracolo. » disse, dando un colpetto al braccio di Charlie, che sembrava essersi ripresa dalle convulsioni.
Lei annuì, seria, e guardò l’intera platea.
Poi decretò i suoi Eroi.
« Luke e River Wilson. Amelie Darren. Jared Lachowski. Willow Blake. Katalina Dukas. Jamie Martewall. Kaliko Morgenstern. » a quel punto, sembrò pensarci su.
Non me. Ti prego, non me.
Non …
« Tyler Hamilton. »
No.
No.
No.
Per i mutandoni a tulipani di Ade, no!
Grazie papà. Ti voglio bene.
Davvero.
Jared sembrava spaventato quanto me.
Era la sua seconda Impresa, nonostante i diciassette anni compiuti.
Okay, calma Ty, calma.
Lanciai un’occhiata ai miei compagni d’avventura.
Luke e River erano tosti. Un po’ con la testa fra le nuvole forse, ma come compagni erano il massimo. Jared, Amelie (oh déi, davvero? Amelie?!), Jamie Martewall, il figlio di Ares che sembrava la copia umana di un armadio, sua sorella Katalina-Svalvolata-Dukas, Kaliko che conoscevo da si e no cinque ore e Willow Blake, la Cacciatrice per cui Jared aveva una cotta.
Figo.
Gli altri iniziarono ad applaudire, ma io ero troppo stanco per sorbirmi tutte le cerimonie. Mi alzai e tornai in infermeria, lanciandomi a peso morto sul letto prima che qualcuno potesse dire “Ty".
 
 
 
 
 
Stesso giorno, Berlino.
 
 
 
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo color porpora. La notte stava arrivando, meglio rientrare a casa il più in fretta possibile.
Infilò le mani nelle tasche e accese l’iPod.
Mentre camminava per le vie affollate della capitale tedesca con “Decode” dei Paramore sparato nelle orecchie, provò la strana sensazione di essere osservato.
Cosa non troppo strana per lui, visti i capelli biondo chiaro, gli occhi azzurri e il metro e ottantacinque d’altezza. Senza contare la massa di muscoli che lo ricopriva.
Cato Herondale era decisamente ben piazzato per avere solo diciassette anni.
Mentre svoltava nella via di casa, ebbe nuovamente quella sensazione.
Alzò gli occhi dall’iPod e vide solamente un gatto, un signore con un mantello e la vecchia Ebba, la vicina rintontita che parlava ai cucchiai.
Cato sfilò gli auricolari dalle orecchie e si abbassò per ficcarli nello zaino.
Giusto in tempo per evitare di ritrovarsi un coltello d’argento piantato nella fronte.
L’arma sibilò a pochi centimetri dalla sua testa e si conficcò nel muro.
Cato alzò gli occhi, stupito.
L’uomo con il mantello era sparito.
Raccolse in fretta e furia il suo zaino e corse dentro casa, chiudendo la porta a chiave.
Sua madre, Felicity, era partita per qualche giorno alla volta del Kenya, dove faceva volontariato.
Fece per accendere la luce della cucina quando vide l’uomo attraverso i vetri della finestra che lo osservava dall’altra parte del vialetto.
In preda all’inquietudine, il ragazzo si diresse verso le scale. 
Appena poggiò il piede sul primo gradino, sentì un forte odore di bruciato.
Girandosi, vide che l’intera cucina stava andando a fuoco.
D’istinto guardò fuori dalla finestra. L’uomo lo osservava sorridendo.
Cato sentì la paura impossessarsi di lui.
Corse su per le scale, cercando l’estintore che sua madre teneva nascosto in bagno.
Sparito.
Imprecò ed entrò di corsa in camera sua, cercando qualsiasi cosa potesse spegnere quel maledetto incendio. Con lo zaino ancora in spalla, si ricordò troppo tardi dell’altro estintore ai piedi delle scale.
Ormai il fuoco aveva divorato le scale a chiocciola, non poteva più scendere.
Ma non aveva la minima intenzione di finire allo spiedo.
Digrignò i denti e aprì la finestra.
L’aria fresca gli accarezzò il viso.
Con un ultimo sguardo rattristato verso la sua stanza, saltò giù dalla finestra e atterrò rotolando.
Non appena toccò il terreno, l’intera casa prese fuoco.
Si passò le mani sul volto, incredulo.
Ma non ebbe tempo di ragionare su quello che era successo.
L’uomo si stava avvicinando, e Cato fece ciò che più riteneva opportuno.
Scappò il più velocemente possibile lontano da lì.
Scavalcò il muretto della vecchia Ebba, facendo suonare un milione e mezzo di allarmi, ma non si fermò.
Percorse tutte le viette interne che conosceva fin da piccolo, formate dalle siepi che dividevano una casa dall’altra.
Per sua sfortuna, il centro era ancora lontano, e le vie popolate ancora di più.
Sentì il fiato del suo inseguitore sul collo, ma non rallentò.
Anzi, corse con più foga di prima, ringraziando mentalmente gli anni di atletica leggera a cui sua madre lo aveva costretto.
Ad un tratto, per chi sa quale ragione, si ritrovò da solo.
L’uomo era sparito.
Con un sospiro, corse fino alla stazione ferroviaria più vicina. Meglio allontanarsi dalla circolazione per un po’.
Con una stretta al cuore pensò a sua madre, nel Kenya. Cosa avrebbe trovato, una volta tornata a Berlino?
Niente.
Né la casa, né tantomeno il figlio.
Fortuna che non si separava mai dal suo zaino, il che voleva dire che tutti i documenti, i soldi e le cose più importanti erano lì dentro.
Con un sospiro, si avvicinò alla biglietteria.
 

 
 













Madamoiselle's corner:
SIANO LODATI GLI DEI! *-*
Non posso credere di essere riuscita a scriverlo, sul serio AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA.
Io rido, in realtà c'è da piangere, ma vabbè uwu 

Alloooooooors, per questo capitolo ringrazio come al solito Khyhan, la mia piccola (sei più grande di me, eh, ma dettagli e.e) Salvatrice :')
Uh, il prossimo capitolo, beh, non so quando verrà.
Probabilmente l'anno prossimo :')

CATO. parliamo di Cato. Allora il PoV è in terza persona perché voglio tenerlo misterious(?) per un po' .w.
E, se non si fosse capito, è liberamente ispirato a Cato di Hunger Games :') 

love,
Madamoiselle Nina.




   
 
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