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Autore: pdantzler    10/02/2007    21 recensioni
Harry capita per sbaglio in casa di Piton nell'estate del quinto anno, dopo la morte di Sirius. Costretti a una convivenza forzata, i due scopriranno molte cose l'uno dell'altro. Traduzione a opera di Starliam ed Allison91
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nota della traduttrice:
la storia è ambientata nell'estate del quinto libro; di conseguenza, non si tengono conto degli avvenimenti del sesto libro. E' a capitoli, e ancora l'originale non è conclusa, ma attualmente è stato pubblicato il capitolo 27. E' un racconto particolare, a tratti divertente, che mi ha colpito appena l'ho letto, e che credo piacerà a molti di voi.
Come vedete, i capitoli sono molto lunghi, quidi non potrò aggiornare tutti i giorni, ma ci vorrà più tempo ^_^
Enjoy!abrA Starliam




Harry si gettò sul letto, sorridendo quando le molle cigolarono. Non potevano ignorarlo per sempre. Era lì da 4 giorni, un totale di 96 ore, e loro continuavano a far finta che non ci fosse. Tranne quando gli urlavano degli ordini.
Era appena entrato in casa e aveva appena fatto in tempo a poggiare il baule che subito suo zio Vernon gli aveva detto di mettere via la sua roba, così poteva aiutare a pulire la cucina dopo la cena (che Harry non aveva mangiato).

La mattina seguente Zia Petunia lo aveva svegliato all'alba per farlo lavorare in giardino. Per essere giugno faceva insensatamente freddo, e le maani di Harry si erano intorpidite mentre strappava le erbacce dal giardino, trascurato da mesi. Dopo, aveva dovuto preparare la colazione, e poi spolverare e lavare le finestre. Nei due giorni successivi aveva dovuto imbiancare la casa; e Harry aveva girato per tutta l'abitazione con una scala, attento a non far cadere la vernice sulle intersezioni di legno o sulle finestre, mentre zia Petunia continuava a criticarlo.

E oggi aveva iniziato a imbiancare l'interno. Dopo cena, nella quale gli avevano permesso di mangiare una scodella di zuppa, una fetta di pane e una mezza tazza di thè, zia Petunia aveva guardato il pavimento di legno del corridoio e aveva detto qualcosa sul dover passare la cera. Harry aveva chiesto scusa e si era alzato da tavola, dicendo che sarebbe andato a letto. Gli dolevano le braccia, e la gola gli faceva male per il fatto di essere stato tanto al freddo senza maglione.
Ma adesso, alle 8 di sera appena passate, si trovava intrappolato in camera, senza nient'altro da fare tranne guardare il tramonto in lontananza. Era annoiato, arrabbiato e ferito per Sirius, e odiava l'idea di essere costretto lì per due mesi senza niente per distrarsi tranne i lavori domestici e l'occasionale gufo con una lettera.

Prese una dei suoi libri di scuola: il libro di Incantesimi dell'anno prima, con la copertina bruciacchiata per tutte le volte che Neville aveva fatto esplodere un oggetto che avrebbe dovuto incantare. Anche se il Professor Vitious era un bravo insegnante, Harry non poteva impedirsi di pensare che Incantesimi era una delle materie meno importanti di Hogwarts. A essere sinceri, era stata utile; ma levitare oggeti e eseguire incantesimi da primo anno sembrava poco in confronto alle potenti magie praticate in Difesa Contro le Arti Oscure e Trasfigurazione. Queste due materie erano molto importanti per lui; lo facevano stare lì seduto e attento, perchè la loro conoscenza poteva davvero salvare la vita. Poteva solo immaginare di incontarre Voldemort armato solo di incantesimi elementari - attento, Signore Oscuro, vediamo se ti piace levitare per aria!

E poi c'era sempre Pozioni: Harry distolse lo sguardo dal libro di Pozioni con un senso di disagio. Come poteva diventare Auror con i voti che aveva preso? Poteva avere minimo O per poter entrare nel programma di addestramento per gli Auror, e Piton gli aveva dato E. E! Una A o anche una T lo avrebbero fatto sentire meglio. Un altro modo che Piton usava per torturare il suo studente meno apprezzato. Ma una E suggeriva che Harry non era abbastanza motivato; se si fosse impegnato di più, avrebbe potuto ottenere la tanto desiderata O.

Harry si scrollò di dosso il rimorso. Ormai era fatta. Se non avrebbe potuto diventare Auror, almeno non avrebbe più avuto Piton come insegnante. Non avrebbe più dovuto vederlo, tranne che per i pasti in sala grande e durante le sue strane ronde dopo il coprifuoco.
Aprì la tasca destra della sua veste da mago. C'era qualcosa che aveva rubato da Hogwarts mentre nessuno lo vedeva: una piccola borsa piena di Polvere Volante. Non molta, forse bastava solo per andare da qualche parte e tornare indietro. Ma almeno aveva una possibilità. Il camino dei Dursley era chiuso, ma era ancora collegato alla Metropolvere. Due anni prima, gli Weasley avevano provato a passarci per venire a prenderlo. Harry sorrise mentre ripensava al Signor Weasley che strillava ai suoi ragazzi di tornare indietro, tornare indietro! Prima che si trovassero tutti intrappolati nel camino.
Poi il sorriso di Harry scomparve mentre ripensava a quell'estate. La Coppa del Mondo di Quidditch, tutto eccitato e pronto per l'avventura. Poi il Torneo Tremaghi. Poi Cedric...

Harry aprì deliberatamente il libro di Pozioni e fissò le pagine, gli occhi intenti e concentrati. Se avesse continuato a leggere abbastanza a lungo, avrebbe dimenticato. Sì, la Pozione Sonnifera è una pozione molto antica e complicata. Usata per prolungare la vita di coloro che stanno morendo di malattie molto gravi, o per guarirli con riposo e tranquillità, la Pozione Sonnifera può essere somministrata tre volte al giorno in piccole quantità, non più di un cucchiaino da thè. Non è raccomandato il suo uso per più di due anni.

Due anni? Due anni?? Chi avrebbe voluto dormire per due anni? Harry si stese sul cuscino piccolo e pieno di sporgenze. Come sarebbe stato iniziare a prendere la Pozione Sonnifera all'inizio del Torneo Tremaghi e continuare per due anni. Si sarebbe svegliato questo autunno, e Cedric sarebbe stato seduto coi suoi amici di Tassorosso. Harry si sarebbe svegliato, si sarebbe stropicciato gli occhi, e Sirius sarebbe stato seduto sul suo letto: "Avanti, Bello Addormentato, due anni, e hai russato abbastanza da buttar giù la casa. Alzati, e datti da fare per cambiare le cose!"

Ma no, era stato sveglio negli ultimi due anni, ed entrambi se ne erano andati per sempre.
A meno che... Harry afferrò il libro di Storia della Magia e iniziò a voltare le pagine con foga. Come aveva fatto, al terzo anno, per salvare Sirius? Era tornato indietro di due ore. E se fosse tornato indietro di un mese? O meglio, di un anno e un mese? Portare indietro quella piccola giratempo... vediamo... facciamo 400 giorni per essere sicuri... 24 ore, 6 e porto 1... 9600 ore? Era un sacco di tempo da riportare indietro. Ma avrebbe potuto farcela. Se avesse trovato un angolo tranquillo dove potersi nascondere e iniziare a far girare la piccola giratempo, e ancora e ancora, fino all'inizio della prima prova. Poi avrebe trovato un modo per spiegare a tutti cos'era successo. Certo, avrebbero potuto non credergli all'inizio, ma poteva sempre prendere a pugni l'Harry più giovane e lasciarlo in qualche angolo. Come sarebbe stato prendere se stesso a pugni in faccia; l'avrebbe sentito più avanti o no?

Non c'era alcuna spiegazione su come comprare le Giratempo, in Storia della Magia Volume 6. Harry prese una copia di un giornale di Diagon Alley con gli annunci. Clessidre piene di sabbia di diamante, Orologi che prevedevano il futuro per il giorno stesso ma non erano garantiti per perdite di arti, di amori o di vita; uan bacchetta finta che faceva tornare indietro gli orologi ma non poteva fermarli, un quadrante dorato che li faceva fermare, ma solo per 15 minuti, e un paio di orologi che tu e la tua ragazza potete comprare e che vi dicono in ogni momento dove si trova l'altro: consigliato per le ragazze che sospettano il tradimento dei loro fidanzati.

Harry lanciò il giornale in un angolo. Prese su l'ultimo libro, un dizionario di oggetti Oscuri e altri cose pericolose, metà delle quali sarebbero state trovate in casa Malfoy, una volta o l'altra. Harry sfogliò le pagine in fretta.

Affila-denti: un incantesimo che fa crescere i denti di qualcuno fino a che diventano taglienti come spade. Cravatte Scorsoie: lacci in grado di strangolare chiunque se li infili. Giratempo...

Harry si tirò su a sedere e avvicinò il libro al volto. Giratempo: originarie dell'epoca di Merlino, è possibile trovarne traccia anche all'epoca della terza dinastia Egizia. Capaci di riportare indietro gli avvenimenti con una semplice rotazione. Se ne conoscono solo cinque nel mondo magico. Sono regolamentate sotto stretta supervisione. Di queste cinque, la più potente è stata rinvenuta a Snapdragon Manor, di proprietà di Thaddeus Snarpley; che venne arrestato perchè era solito commettere crimini ai danni dei Babbani per poi usare la Giratempo per riuscire a scappare. Una volta catturato, Snarpley lasciò intendere di avere, nascoste a Snapdragon Manor, molte altre Giratempo, capaci di riportare indietro il tempo anche di mesi o anni con una semplice rotazione; ma non sono mai state ritrovate. La Giratempo più potente dopo questa...

Harry scorse la pagina fino alla fine. Secondo il libro, le cinque Giratempo erano regolamentate dal Ministero della Magia; e venivano concesse solo sotto supervisione. Per richiederne una, contattare...

Harry chiuse il libro e si alzò in piedi. Snapdragon Manor, ecco dove sarebbe andato. Avrebbe preso il suo mantello dell'invisibilità, la sua bacchetta, e avrebbe usato la Metropolvere per arrivare fin lì. Avrebbe potuto essere costretto a cercare per la casa anche per giorni, prima di riuscire a trovare la Giratempo più potente. Se qualcuno lo avesse scoperto, sarebbe riuscito a scappare; o avrebbe finto di avere un crollo nervoso. Dopo gli ultimi avvenimenti, nessuno si aspettava che si comportasse normalmente; e tutto il mondo magico era dalla sua parte, pronto a supportarlo e a credergli.

Non era un piano molto logico, sicuramente non bene organizzato, Hermione sarebbe rimasta pietrificata dall'orrore per la sua sventatezza...

Harry si pose il mantello su un braccio e prese la bacchetta. Poi marciò fuori dalla sua stanzetta e scese le scale. I Dursley erano seduti sul divano, a guardare qualche stupido programma pieno di risate finte, in cui si vedeva uno che saltava da una sedia in un enorme dessert. I Dursley guardarono Harry, piuttosto infastiditi.

"Che ci fai qui?" - chiese zio Vernon in tono duro - "Dovresti essere di sopra. Se sei troppo stanco per pulire il pavimento della cucina, allora vai a dormire. Per Diana, che cosa vuoi fare con quel martello?"

Harry levò il martello che aveva preso dalla sua camera per scardinare le lastre di metallo che chiudevano il camino.

Zia Petunia si alzò in piedi: "Piccolo moccioso, lo rovinerai. Il camino non ha bisogno di essere riparato".
"Non lo sto riparando" - ringhiò Harry, attaccanto la seconda lastra - "Me ne sto andando, e non tornerò".

Petunia guardò suo marito indicando Harry con la testa, per invitarlo a fermare quel pazzo del nipote. Vernon gli si avvicinò di un passo, e vide la bacchetta che faceva capolino dalla tasca posteriore di Harry. Diventando ancora più bianco di quanto era di solito, Vernon scosse la testa: "Dopotutto" - sussurrò a sua moglie - "Se si perde, non sarà colpa nostra, e forse è la volta buona che lo rinchiuderanno".

Gettando di lato il martello, Harry si voltò verso di loro: "Ho sentito" - disse, sentendosi montare la collera - "Beh, me ne vado; e vi auguro una buona fortuna per quando l'assassino dei miei genitori verrà a cercarvi, e io non sarò qui per salvarvi. Odio questo posto, odio tutti voi, e non tornerò perchè sto andando a salvare il mio padrino".

"Quello che è morto?" Riuscì a chiedere Vernon.

Harry non rispose. Prese una manciata di Polvere Volante e la gettò nel camino. Petunia iniziò a urlare come una Banshee alla vista delle fiamme verdi.
"Snapdragon Manor!" Urlò Harry, e il salotto dei Dursley scomparve. Due pensieri gli saltarono alla mente. Il primo era che Dudley non aveva distolto lo sguardo dalla TV, mentre lui distruggeva il camino e urlava che se ne sarebbe andato. Il secondo era che aveva scordato di indossare il mantello dell'invisibilità; e in qualunque posto fosse finito, sarebbe stato visto. Pazienza. Se lo sarebbe messo appena atterrato. Vide i contorni della stanza, e poi sentì qualcosa di caldo. C'era un dannato fuoco nel camino, si sarebbe bruciato, dov'era finito?
Il camino gettò Harry oltre il fuoco, sul duro pavimento di pietra con una forte esplosione di fuliggine; e lui si rotolò su un lato, cercando di fermarsi appena in tempo per non rischiare di spezzare la bacchetta.
Per un attimo, la stanza gli sembrò silenziosa e tranquilla; e Harry si mise a sedere, raddrizzandosi gli occhiali. Poi tutto si bloccò, il tempo sembrava essersi fermato, come in uno di quei gadget che si comprano a Diagon Alley.

In una alta poltrona, a non più di dieci piedi di lontananza, in una lunga veste nera e con in mano un libro spesso come un braccio, c'era Piton.

Rimanendo immobile, Harry potè solo deglutire e ricordarsi di respirare. Forse se fosse rimasto fermo Piton non l'avrebbe visto. Dopotutto, il mantello dell'invisibilità era sulle sue gambe; forse Piton avrebbe chiuso gli occhi un attimo e lui avrebbe potuto mettersi il mantello più in fretta possibile, e Piton avrebbe pensato che si era trattata di un'allucinazione per i troppi anni passati a insegnare a delle teste di legno.

Senza distogliere lo sguardo, Piton guardava fisso Harry. "Signor Potter, che visita inattesa".

La voce fredda come il ghiaccio fece accapponare la pelle a Harry. Doveva alzarsi dal pavimento. Era proprio come nelle lezioni di Occlumanzia; in cui Piton continuava a sbatterlo a terra ancora e ancora, e Harry doveva tirarsi su e mettergli di nuovo la mente a disposizione, come se si fosse trattato di un libro che Piton poteva sfogliare a caso.

Piton chiuse il lubro di scatto, facendo saltare Harry per la sorpresa e riportandolo al presente. Harry spinse via il mantello e si alzò in piedi, raddrizzando le spalle, deciso a non farsi intimidire. Non era Hogwarts, non c'erano punti che rischiava di far togliere a Grifondoro.

"Stavo cercando di raggiungere Snapdragon Manor".
"Questa è Snapdragon Manor", rispose Piton con la solita voce fredda.
"Oh" - Harry sentì salirsi un po' di tensione - "Beh, pensavo che un certo Thaddeus Qualcosa vivesse qui".
"Thaddeus Snarpley è vissuto qui trecento anni fa". Piton appoggiò il libro sul piccolo tavolino di fianco alla poltrona, senza smettere di fissare Harry.

"Oh, beh, non lo sapevo".
"Signor Potter, per elencare le cose che non sai non basterebbe una vita intera; e io per primo preferisco evitare di perdere tempo in questa impresa. Ti suggerisco di tornare da dove sei venuto, e di smetterla di irrompere nelle case e nelle vite altrui".

"No" - Harry cercò di dimenticare il motivo per cui Piton lo odiava, dalla loro ultima lezione di Occlumanzia - "Non posso tornare a casa, adesso".
"Signor Potter". Piton si alzò, e Harry fece un passo indietro; aveva dimenticato quanto fosse alto. "Questa è casa mia, e per quanto tu possa fare quello che ti pare quando sei a Hogwarts, non entrerai in questa casa senza il mio permesso. Anche se pensi che è un tuo diritto andare e venire come ti pare, proprio come faceva tuo padre.."

"Lasci stare mio padre!" Urlò Harry. Non avrebbe sopportato ancora le ingiurie e le malignità di Piton, non dopo quello che il professore aveva fatto a Sirius, non dopo il modo in cui Piton aveva spinto Sirius alla morte. "Ammetto che era un bullo con lei, ma io non sono così. Lei non sa niente di me".

"Allora c'è uno svantaggio, considerato che tu ritieni sia un tuo diritto impicciarti degli affari degli altri".
"Ho detto che mi dispiace", rispose Harry, stringendo le mani a pugno.
"Si, sei sempre dispiaciuto, dopo che hai causato le varie catastrofi, ma questo non ti spinge a fermarti a pensare rima di agire" - rincghiò Piton, mostrando i denti - "Il temerario Ragazzo Sopravvissuto, il nostro eroe, che corre a salvare gli altri da morte certa, che crede di avere il diritto di infrangere le regole, arrogante, presuntuoso..."
"Non è vero!" - Harry pestò i piedi, pieno di rabbia - "Se gli altri mi ascoltassero e mi credessero, io non dovrei correre a salvarli! Potrei preoccuparmi solo di seguire le lezioni; invece di dover pensare che potrei morire da un momento all'altro. Beh, non mi importa delle regole. Non mi importa di quello che dice Silente. Non tornerò dai Dursley, a marcire nella loro casetta linda e pulita! Cercherò una Giratempo o un Cambia-destino, o qualcosa per riportarli indietro, e tu non puoi fermarmi, nessuno può fermarmi. Se pensi che mio padre era arrogante e testardo; allora non hai ancora visto niente, idiota dai capelli unti!"

Harry si ficcò la mano in tasca per prendere altra Polvere Volante; quando una mano gli afferrò il braccio. Harry si sentì voltare, e Piton lo spinse verso il divano.

"Non voglio sedermi", ringhiò Harry, cercando di divincolarsi. Ma Piton lo teneva stretto, e non allentava la presa.

"No, tu non ti siedi, io mi siedo". Piton si sedette sul divano e lo strattonò chinandolo sopra le sue ginocchia.
Immediatamente, tutto diventò sbagliato e orribile per Harry, chinato sulle ginocchia di Piton, con il naso che quasi toccava terra. Le ginocchia di Piton erano scomodo e dure, e sentì una mano salda inchiodargli la schiena.

"Che sta facendo?" esclamò Harry, il volto rosso.
"Quello che avrei dovuto fare anni fa" - rispose Piton, in tono duro e severo - "Il giorno in cui sei andato a cercare un troll nei bagni delle ragazze, invece di chiedere aiuto a un professore o almeno a uno studente più grande, insopportabile marmocchio!"

Il primo sculaccione arrivò sul sedere di Harry. Il ragazzo rimase senza fiato, la scomodità della posizione gli impediva di fare qualunque cosa, tranne rimanere lì come un bambino piccolo. Un bambino piccolo che si prendeva una sculacciata sulle ginocchia del padre. Piton stava - no, non poteva essere vero.

Il secondo sculaccione spazzò via ogni dubbio, e Piton gli dette anche il terzo e il quarto prima di parlare.

"Questo è per essere andato a cercare quella maledetta pietra al primo anno, per aver messo in pericolo le vite dei tuoi piccoli amici, per quanto fastidiosi possano essere. Avreste potuto morire nel Tranello del Diavolo, nella partita di scacchi, nel test di Pozioni o nello scontro con il traditore Raptor".

"Ow! Ma non siamo morti! Uh, basta!" strillò Harry. Le sculacciate stavano arrivano più pesanti, concentrate nel punto su cui si sedeva. Il braccio sinistro era intrappolato fra Piton e il suo fianco; ma Harry alzò quello destro e cercò di ripararsi il sedere. Piton si fermò per ruotarre il braccio di Harry dietro la schiena, prima di continuare:

"No, vi siete salvati per pura fortuna, una fortuna che io non avevo mai visto prima". Piton spostò leggermente le gambe, alzando il posteriore di Harry per prendere meglio le misure. Senza più alcun ostacolo (il braccio di Harry immobilizzato e il suo sedere trasformato nel bersaglio perfetto), ricominciò a sculacciarlo. "E al secondo anno, andare a cercare il mostro di Serpeverde? Rischiare la tua vita e quella del signor Weasley con quell'idiota di Allock? Correre nella camera dei segreti con un basilisco che vi si aggirava? Un comportamento stupido e idiota"

"Non può farlo!" - protestò Harry - "Non è... non è giusto!"

"Non è giusto?" Ringhiò Piton, dandogli due forti pacche nello stesso punto e facendolo strillare. "Non è giusto insegnare un po' di disciplina a un intruso, uno studente indisciplinato, nonchè marmocchio ingovernabile? Lascia che ti spieghi dov'è che stai sbagliando a litigare con me in questo momento".

Harry aveva dei seri problemi a rimanere in silenzio. Gli bruciavano gli occhi (proprio come il sedere); e non pensava che Piton avrebbe smesso tanto presto, vista l'energia che stava mettendo nelle sculacciate e l'entusiasmo che sembrava avere per quella ramanzina.

"E per il terzo anno, c'era un assassino a piede libero, e tu non ti sei limitato ad aggirarti senza controllo per la scuola, ma sei andato nientemeno che nella Stamberga Strillante."

"Ma Black era ow! Innocente!" Harry, con orrore, si accorse che aveva iniziato a tirare su con il naso, in maniera pietosa. Cercò di divincolarsi, ma Piton continuò a sculacciarlo esattamente dove voleva: su quella tenera parte che Harry non sapeva fosse così vulnerabile. "Ma tu non lo sapevi, e Peter Minus non lo era! E subito dopo hai osato schiantarmi, e sei corso a dare la caccia a un lupo mannaro dopo che avevo rischiato la vita per salvare te e i tuoi amici, di nuovo!"

Le sculacciate erano quasi insopportabili adesso; a Harry sembrava di avere una torcia al posto del sedere, che sembrava prendere fuoco, e Piton non la smetteva. Ma a Harry non importava più: in qualche modo era un sollievo essere punito per le sue trasgressioni, poteva lasciare andare la rabbia al massimo e urlare contro Piton senza paura di essere punito più duramente: non poteva assegnargli punizione peggiore di quella.

"E per il tuo quarto anno..."

"Ow! No, non ho messo io il mio n-nome nel c-calice!" Tossicchiò Harry, realizzando con sconcerto che gli si stavano riempiendo gli occhi di lacrime. "No, ma sei stato comunque arrogante e disattento. Tutti hanno dovuto aiutarti ad arrivare alla fine, perchè non volevi ammettere che non avevi idea di cosa stavi facendo. E per quanto riguarda l'anno scorso..."

Harry finalmente si lasciò andare e iniziò a piangere sul serio. Le lacrime scivolavano fuori incontrollate, e cominciò a singhiozzare. Smise di agitarsi, smise di lottare, e rimase lì immobile, a farsi sculacciare come un bambino capriccioso.

"Hai iniziato a fare quelle deliziose bizze in estate, non hai smesso di rispondere alla Umbridge continuando a farti punire, e sei corso al Ministero senza pensare alle conseguenze delle tue azioni" .

Harry non riusciva a smettere di piangere; Sapeva che Piton avrebbe iniziato a parlare di Sirius, e Harry sarebbe caduto in pezzi. Avrebbe avuto un crollo nervoso, lo avrebbero dovuto mandare al San Mungo immediatamente. Era colpa sua se Sirius era morto, si meritava ogni momento della sua punizione.

"E per aver curiosato nel mio ufficio" - Piton tirò indietro il braccio più che potè - "Non oserai SMACK mai più SMACK ficcare il naso SMACK fra i miei ricordi SMACK o nel mio ufficio SMACK di nuovo!"

"Sì, cioè, no!" Strillò Harry, pregando che avesse finito. "Non ficcherò più il naso, e obbedirò alle regole!"
"E cercherai di fare il bravo?"
"Si, farò il b-bravo", pianse Harry.
"Bene". Piton gli affibbiò un ultimo, potente sculaccione, poi lo tirò su in piedi. Il volto di Harry era rigato di lacrime e sudore, ma non riusciva a smettere di piangere; e tutto quello che voleva era raggomitolarsi in un angolo e piangere fino a consumarsi e a scomparire.

Ma Piton lo mise a sedere sul divano, facendolo sibilare dal dolore, quando il suo sedere entrò in contatto con la fodera di duro cuoio. Non riusciva a guardare Piton, non riusciva a guardare niente tranne le sue mani tremanti, non sarebbe mai sopravvissuto a una tale umiliazione, Piton avrebbe fatto sapere a tutti che aveva sculacciato il Ragazzo Sopravvissuto. Davvero, se il famoso salvatore non era in grado di difendersi da una punizione del suo arrabbiato professore di Pozioni, quali possibilità aveva contro il mago più cattivo che fosse vissuto, morto e ritornato, e sarebbe finita presto perchè...

"Potter, piantala. Ti stai solo agitando", sbottò Piton.
Poi sospirò profondamente e estrasse un fazzoletto bianco, tendendolo a Harry. "Asciugati gli occhi, e calmati. Sì, ti ho sculacciato; ma te lo meritavi, e penso che tutti sarebbero d'accordo con me, avendo visto il tuo comportamento".
"Ma ho quasi sedici anni", Harry cercò di nascondere il volto dietro il fazzoletto, delicato e morbido sui suoi occhi gonfi.

"Non mi importa se hai anche ventisei anni, imparerai a seguire le regole. Ora, fai silenzio".
"Ma non sono riuscito a salvarli". Harry cercò di asciugarsi le lacrime, ma quelle continuavano a uscire. "Ho cercato, davvero, ma devo fare qualcosa che..."
"Ho detto silenzio". Piton si alzò in piedi. "L'unica cosa che devi fare stasera è andare a dormire".

Fece alzare Harry dal divano, la sua mano attorno al braccio di Harry. Harry si aspettò che lanciasse nel fuoco una manciata di Polvere Volante e lo infilasse nel camino. Invece, Piton lo condusse lungo il corridoio, poi su per una larga scalinata e lungo un altro corridoio pieno di ritratti che si sporsere dalle loro cornici, discutendo il nuovo arrivo a Snapdragon Manor in bisbigli appena accennati. La stretta di Piton sul suo braccio era salda ma non dolorosa, mentre guidava il ragazzo in una camera buia.

Piton puntò la bacchetta al caminetto e sui ciocchi di legno scoppiettò un bel fuoco, riscaldando la stanza. Poi accese il lampadario e un grande candelabro, prima di voltarsi verso Harry; che stava ancora tirando su col naso.

"Signor Potter, per favore vai in bagno, lavati i denti e fai ciò di cui hai bisogno. Trovarai là dentro qualcosa per cambiarti, poi torna qui. Anche se sono seriamente tentato di farti un bagno e darti un'altra bella sculacciata per il tuo atroce comportamento..."

Harry corse in bagno prima che il suo spaventoso professore di Pozioni potesse cambiare idea. Le luci alla parete si accesero appena aprì la porta. Il bagno era sublime, con il pavimento in marmo e una grande vasca di ferro, ma Harry andò subito davanti allo specchio per guardarsi in viso. Si riconobbe appena - era pallido, gli occhi gonfi e rossi, e le lacrime gli avevano rigato le guance. Harry si tolse i vestiti e prese il pigiama bianco che si era appena materializzato, prima di rendersi conto che aveva lasciato di sotto il suo mantello. E se Piton lo avesse distrutto? Harry pensò di correre da lui e chiederglielo indietro, ma improvvisamente si sentì esausto. Voleva solo rannicchiarsi in qualche angolino buio e nascondersi, non iniziare un'altra lite che probabilmente avrebbe fatto diventare il suo posteriore di un rosso più acceso.

Davvero, chi avrebbe immaginato che Piton avesse una mano così ferma? Harry immaginava che il professore avrebbe trovato più adatte punizioni più lunghe ed elaborate, come smembrare rospi o pulire calderoni per ore, non qualcosa di così vecchio e personale. Il sedere gli bruciava ancora, Harry sibilò mentre si infilava i pantaloni e saltellava da un piede all'altro, cercando di calmare il bruciore.

Per paura che Piton potesse entrare se non si fosse sbrigato, Harry si lavò i denti con il piccolo spazzolino argentato e il dentifricio alla menta sul lavandino e si lavò il viso e le mani. Poi riportò in camera i vestiti sporchi.

Piton aggrottò le sopracciglia: "Metti i vestiti su quella sedia, e vai a letto".
Harry guardò il largo letto di cui Piton stava tirando indietro le coperte. Il letto che Harry aveva ad Hogwarts non era così grande, e sembrava anche più morbido e invitante. Ma cosa stava facendo - dormire a casa di Piton? Voleva forse suicidarsi?

"Adesso, Potter!"

Harry salì sul letto, e si sedette preoccupato contro il cuscino. E se il letto era una specie di trappola? Come una gabbia invisibile che gli sarebbe piombata addosso dal soffitto, imprigionandolo. O corde che sarebbero saltate fuori dalla testata del letto, legandolo mentre Piton tirava fuori i suoi strumenti di tortura. Beh, non avrebbe dormito, questo era certo.

"Tieni, bevi questo", Piton gli teste una tazza bianca.

Anni di spaventose lezioni di pozioni avevano insegnato ad Harry a stare attento a qualunque cosa Piton gli dava da bere. Inclinando un po' la tazza, Harry agitò piano il liquido scuro al suo interno per capire cosa fosse.

"Potter" - lo avvertì Piton - "Non mettere alla prova la mia pazienza, stanotte. Qua non c'è nessun Silente da cui puoi correre a lamentarti".
Gettando la cautela al vento, Harry si fece coraggio e prese un gran sorso della bevanda. Quasi soffocò quando si accorse che non era una schifosa pozione, ma cioccolata calda fumante, cremosa e gustosa. La bevve tutta; non aveva fatto caso a quanto fosse assetato, e attese. Si aspettava un retrogusto amaro o qualche cambiamento nel suo corpo - poteva perdere conoscenza o immobilizzarsi a letto, senza potersi difendere da qualsiasi esperimento Piton volesse tentare. Ma non successe niente, e Piton riprese la tazza alzando gli occhi al cielo nel vedere l'espressione di attesa di Harry.

Harry emise un lungo sospiro, imrpovvisamente troppo stanco per chiedersi se Piton lo avesse avvelenato o no.
"Qual è il problema adesso?" - gli chiese - "Stai sempre a lamentarti per qualcosa".
Le emozioni tornarono tutte insieme, e Harry non riuscì a impedir loro di assalirlo.

"E' stata colpa mia", surrurrò, e un'unica lacrima gli scivolò lungo una guancia. "Sirius è morto per colpa mia".

"Sì, Potter", la voce di Piton grondava sarcasmo. "Tu hai obbligato Black a correre al Ministero, tu hai ordinato ai Mangiamorte di entrare in battaglia, e tu hai fatto in modo che Bellatrix gli lanciasse quell'incantesimo che lo ha fatto cadere dietro il Velo. Capisco perchè ti prendi la responsabilità delle tue azioni. Che altro potresti fare?"
"Ha detto che mi butto nelle cose senza pensare" - protestò Harry - "Ha detto che sono impulsivo e arrogante, e quando io mi sto male per questo, dice che non è colpa mia".

"Tu sai cosa intendevo". Piton appariva severo, con le braccia incrociate, torreggiando alto sopra Harry. "Tu sei responsabile per le tue azioni, non per quelle degli altri. Puoi pensare di essere qualche sorta di salvatore onnipotente, ma sei solo un ragazzo che commette sbagli e prova sentimenti, proprio come tutti; e io non ti permetterò di agire in maniera così sconsiderata".

A Harry non venne in mente niente da ribattere, così si limitò a sbuffare.

"Smettila di agitarti". Ordinò Piton. "E a meno che non ti piaccia dormire seduto, stenditi come una persona normale; o sullo stomaco, se è più comodo".
Cercando di non sbuffare di nuovo, Harry si stese a pancia in giù. E poi si rese conto che la battaglia era persa e finita, appena il letto accolse il suo corpo stanco e dolorante nella sua morbidezza. Si sistemò il cuscino (morbido e riempito di piume) sotto la testa e lo strinse a sè. Stava per voltarsi indietro per prendere le coperte, quando sentì coperta e lenzuolo che lo coprivano, adagiandosi sulle sue spalle. Piton lo aveva appena coperto? Harry cercò di tenere gli occhi aperti, ma si stava addormentando rapidamente.

"Grazie per aver seguito un'indicazione senza lamentarti, per la prima volta in vita tua. Gli occhiali?" Piton gli tese la mano, e Harry gli passò gli occhiali. La stanza diventò più sfocata e nebulosa.

"Adesso, Potter" - la voce di Piton penetrò attraverso la sua sonnolenza - "per quanto tu possa essere riluttante, mi aspetto che tu rimanga a letto, o almeno in questa stanza, fino a domattina. Hai a disposizione un bagno, e se esci da questa camera io lo saprò. Quindi ti suggerisco di rilassarti e dormire. Non voglio ripetere gli avvenimenti di questa serata, o della nostra ultima lezione di Occlumanzia".

"No, signore", mormorò Harry, lottando per tenere aperti gli occhi. Avrebbe dovuto fare attenzione a quello che Piton gli stava dicendo, ma voleva solo raggomitolarsi più stretto e lasciarsi vincere dalla stanchezza. Il posteriore gli prudeva ancora, ma non faceva male, era solo un leggero bruciore che gli ricordava come Piton fosse capace di imporre la disciplina, e non solo di fare il cattivo insegnante di Pozioni.

"Domattina ci occuperemo di dove potrai andare a stare, quindi non perdere tempo a cercare di scrivere lettere o mandare gufi con accorate richieste di aiuto ai tuoi fans adoranti. La tua unica preoccupazione per stanotte è dormire. Infatti, tornerò fra cinque minuti, e se non sarai profondamente addormentato, farò in modo che la punizione di stasera ti sembri una serie di carezze affettuose".

Harry stava cercando di ascoltare, ma riusciva solo ad annuire distrattamente agli ordini del suo rigido insegnante.

"Buonanotte, signor Potter". Piton spense le candele con un tocco di bacchetta, e l'unica luce che rimase accesa era quella del bagno. "Notte", mormorò Harry mentre le pesanti palpebre si chiudevano. Non ricordava di aver sentito Piton che se ne andava, sembrava che fosse ancora lì a riordinare la stanza, ma non importava davvero perchè Harry pensava... pensava che forse... forse...

Quattro minuti più tardi, Piton uscì dal bagno dove aveva rimesso a posto gli asciugamani. Guardò il suo ospite inatteso, che si era intrufolato nella sua vita completamente inaspettato. Il ragazzo era girato su un fianco, il respiro lento e profondo, le ciglia scure sulle guance pallide. Quei dannati capelli neri arruffati stavano dritti in tutte le direzioni, e Piton giurò che la prima cosa che il ragazzo avrebbe avuto la mattina dopo sarebbe stato un taglio di capelli. E un bagno. E un po' di vestiti nuovi, e una sana colazione; prima che Piton potesse sbarazzarsi di lui.

Abbandonato nel sonno, Harry sospirò e si rannicchiò, stringendo ancora di più il cuscino. Piton voleva di nuovo roteare gli occhi. Davvero, il ragazzo sembrava così piccolo e innocente, a dispetto del combinaguai, dell'insolenza, del comportamento "so tutto io" che Piton trovava così repulsivo.

Ma aveva sculacciato il marmocchio. Sul serio, a cosa stava pensando? Cosa avrebbe detto Silente, una volta venuto a sapere che la sua sgradevole spia aveva colpito il prezioso salvatore del mondo magico? Beh, non poteva essere peggiore di tutto ciò che Piton aveva dovuto sopportare fra i Mangiamorte.

Il fuoco si era spento, e Piton si diresse al camino, chiamando con un incantesimo di appello alcuni ciocchi di legno per far riprendere vita alla fiamma. Sospirando, prese la coperta piegata ai piedi del letto e la stese sopra il ragazzo addormentato. Beh, non poteva succedere niente di buono se il ragazzo si ammalava per aver preso freddo o si fosse svegliato scosso dai brividi e avesse deciso di esplorare il castello. No, il signor Potter doveva rimanere a letto stanotte, a costo di legarcelo.

Comunque, Piton resistette all'impulso di piazzare un incantesimo restrittivo al letto: le persone che si trovano sotto effetti di incantesimi di questo tipo tendono a svegliarsi isteriche e in preda al panico. Piton non voleva sentire urla in casa sua, neanche se a urlare era il Dannato Harry Potter. D'altra parte, il ragazzo aveva pianto abbastanza per quella sera - in maniera del tutto esagerata, secondo Piton. La sculacciata non era stata così orribile: Potter aveva sopportato sofferenze fisiche decisamente peggiori senza neanche un lamento. Piton ricordava numerosi incidenti di Quidditch in cui il ragazzo aveva sopportato la sofferenza, il pallore delle sue labbra unico indizio che stava provando dolore. E ora un po' di sculacciate dal professore di Pozioni davano il via a quella serie di pianti e singhiozzi?

Piton sospirò ancora. Il ragazzo stava reprimendo il dolore per la perdita di quell'idiota del suo padrino. Sul serio, Piton non sarebbe più riuscito ad avere un momento di pace, a questo punto.

Negli istanti successivi, Piton incolpò la momentanea perdita delle facoltà mentali, o la sottomissione alla Maledizione Imperius, per essersi teso verso il letto e aver avvolto più strettamente le coperte sulle spalle del ragazzo. Toccò la fronte di Potter, solo per assicurarsi che non avesse la febbre: non si poteva dire se Potter si prendesse cura di se stesso durante l'estate o meno, e lui rifiutava anche solo l'idea di occuparsi di un Potter malato.
Almeno, questa era la scusa che usò per toccare anche le guance del ragazzo. La fronte era fresca, ma le guance erano calde, quasi bollenti sotto le sue dita fredde. Beh, lo avrebbe visitato in modo più approfondito al mattino dopo. Svegliarlo per una visita lo avrebbe reso scontroso e di cattivo umore; e Piton non voleva una ragione per punirlo di nuovo.

Poi, orrore! scostò i capelli di Potter dalla fronte, molto leggermente. Fece scorrere il dito sulla famosa cicatrice, segnandone il contorno irregolare. Potter non si mosse, ma Piton si raddrizzò e fece un balzo indietro. Aveva appena toccato gentilmente quel marmocchio, la dannazione della sua esistenza?

Bene, il ragazzo ne avrebbe pagato le conseguenze l'indomani. Piton si avviò a grandi passi verso l'uscita. L'unico rumore che si sentiva mentre Piton chiudeva la porta era il respiro regolare di Harry.
  
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