Storie originali > Commedia
Segui la storia  |       
Autore: LalezionedellaWoolf    30/07/2012    6 recensioni
C'era solo una ragazza con la quale, si era promesso, non avrebbe mai avuto niente a che fare.
Amalia Sperelli era completamente sbagliata per i suoi canoni. Non che fosse brutta, non lo era affatto, ma aveva quella voce, o forse era il suo modo di parlare, di impostare le frasi, che rovinava ogni pensiero gradevole che sorgeva nella mente di Andrea quando la vedeva.
Impostare le frasi, pensò, era proprio una di quelle cose che avrebbe detto lei.
Lei, che era tutta impostata.
Genere: Commedia, Romantico, Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Eva Argento fissava l'amica Amalia con evidente preoccupazione. Quest'ultima se ne stava seduta in un angolino, lontano da tutti, il volto sepolto in un volume dalle dimensioni allarmanti. Ma non era questo a preoccupare Eva. L'asocialità era una delle caratteristiche fondamentali da considerare quando si doveva descrivere Amalia, ed anche il grande amore per la cultura.

Tuttavia quello a cui aveva assistito nell'ultima settimana non poteva di certo definirsi amore. Eva era certa che Amalia, in quel preciso momento - dopo giorni passati a studiare, studiare e... ah già! Studiare! - detestasse tutto ciò che aveva a che fare con la cultura. Filosofia, Letteratura, tutto.

No, non così certa. Quella ragazza era piena di sorprese. Una volta l'aveva persino vista mentre leggeva Schopenhauer nel cuore della notte, sorrideva in modo spaventoso.

La povera Amalia doveva sostenere un esame generale che verificasse la sua buona condotta all'interno del collegio. Superando l'esame avrebbe avuto diritto al rinnovamento della borsa di studio per il prossimo semestre.

L'avrebbe superato di certo, ma nessuna rassicurazione era valsa a convincerla a dormire un po' di più. A dormire un po', anzi.

E ora se ne stava là, lo sguardo che si muoveva frenetico da quell'enorme libro ai suoi appunti, dimenticandosi completamente del piatto vuoto di fronte a lei.

Eva si avvicinò e le afferrò il piatto, mormorando un “Vado a riempirtelo, così mangi qualcosa”, senza ottenere risposta.

Tornò poco dopo e si sedette rumorosamente di fronte a lei, porgendole un petto di pollo profumato.

Amalia accennò un sorriso e poggiò il vassoio accanto al quaderno pieno di scarabocchi.

I suoi occhi furono di nuovo catturati dalla minuscola scrittura del libro che stava consultando.

Non mangi?” Fece Eva irritata.

Amalia alzò di nuovo lo sguardo.

Sì, certo – sistemò un pacco di fogli su una sedia – quando avrò finito il paragrafo”

Lo hai detto anche ieri sera, ma quando hai finito quel maledetto paragrafo eri così stanca che ti sei addormentata sul tavolo.” La osservò stizzita.

Hai un aspetto orribile – continuò – non volevo arrivare a questo punto, ma a quanto pare non mi dai altra scelta.”

Amalia sbuffò. “E quale sarebbe questo punto?” Le fece il verso e per meglio manifestare il suo malumore, sbatté con forza il suo prezioso libro sul tavolo, e strinse gli occhi come a dire che non era il caso di contraddirla.

Molti dei presenti si voltarono a guardarle, soprattutto quando Eva si alzò in piedi, sovrastandola, le mani sui fianchi, lo sguardo minaccioso.

Quello in cui mi prendo i tuoi dannati libri!” Sbottò. Li afferrò con forza strappandoli dalle mani di Amalia che boccheggiava incredula.

Dammi immediatamente la mia roba, Eva.” Sibilò lei alzandosi in piedi a sua volta.

L'altra sorrise angelica. “Domattina, dopo che avrai cenato, dormito e fatto colazione, allora riavrai la tua robaccia.”

E adesso mangia!” Esclamò voltandole le spalle.

Amalia le lanciò un'occhiata torva. Oh, d'accordo, non se la meritava. Eva si preoccupava solamente, e forse faceva bene perché in effetti non aveva proprio un bell'aspetto ultimamente. Profonde occhiaie blu facevano da contorno ai suoi occhi verde acqua.

Be', pensò, perlomeno c'era qualcosa di variopinto sul suo volto pallido. Ancora più pallido del solito, cadaverico. La sua figura spettrale si aggirava per i corridoi, dedicandosi alla creazione di nuovi, bizzarri insulti da rivolgere a tutti coloro che le impedivano lo studio matto e disperatissimo che riteneva necessario a dimostrare la sua competenza durante quel dannato esame.

Allora le uscivano in un sussurro espressioni come “Faccia di merlo” oppure “Lurida salsiccia andata a male”, o ancora “Pomodoro spiaccicato contro un pessimo comico, uno di quelli volgari che non fanno ridere.”

Se l'interlocutore non riusciva a sentire le sue strampalate offese, Amalia passava un paio di minuti ad impegnarsi mentalmente e spiritualmente, affinché, con la forza della concentrazione, il suo stravagante lavoro venisse recapitato al destinatario tramite la telecinesi.

No, Amalia non era esattamente adorabile.

Con la coda dell'occhio vide l'amica Eva avvicinarsi al tavolo di Michele Merri, il fratello tonto di Giammaria Merri. La vide abbandonare i suoi libri proprio tra le mani di quel babbeo. Ed il suddetto babbeo se li infilò in borsa, dedicando ad Eva uno sguardo pieno di adorazione. Come aveva potuto farlo?

Amalia era sbigottita, un altro dei suoi piani meticolosamente studiati che andava a farsi benedire. Già. Si era subito consolata del tempo che avrebbe perso, mangiando, al pensiero che dopo cena avrebbe potuto tornare nella sua stanza, fingere di dormire e, al rientro di Eva, frugare fra le sue cose e riprendersi i suoi amati libri.

Ma no. Adesso sarebbero finiti accatastati sul pavimento ricoperto dalle mutande sporche di Michele Merri.

Ingoiò un altro boccone di pollo, senza sentirne il buon sapore. Doveva fare qualcosa.

Individuò la figura esile di Eva sparire dietro il portone di legno. Era il momento.

Si alzò in piedi di scatto e si avvicinò con decisione al tavolo dei fratelli Merri, i quali, non appena la videro, incollarono il volto al purè di patate che avevano nel piatto.

Lei si schiarì la gola, le braccia incrociate al petto.

Michele Merri la guardò spaventato, e si voltò verso il fratello che gli lanciò un'occhiata eloquente.

Che cosa c'è, Sperelli?” Chiese Giammaria innocente.

Amalia alzò un sopracciglio.

Lo sai benissimo – replicò – ho visto Eva lasciare qui le mie cose.” Si sedette di fronte a loro, la guancia abbandonata al palmo della mano destra.

Ti sarai sbagliata – Giammaria infilzò un broccolo dall'aspetto poco invitante – sei molto stanca, avrai preso un abbaglio.” Concluse.

Merri – cominciò lei – risparmia le frottole per quell'idiota di tuo fratello.” Michele Merri aprì la bocca, visibilmente offeso.

Ehi! - esclamò, sputacchiando verdure masticate sui presenti – non mi avevi mai detto che avevamo un fratello stupido!” Si voltò verso Giammaria, aspettandosi delle spiegazioni.

Purtroppo per lui, la risposta che ottenne fu: “Michele sta un po' zitto.”

Amalia sorrise, felice di averli messi in difficoltà. Non avrebbe mai voluto, però, che Michele Merri ritenesse di essere escluso, e quindi non informato a proposito di una presunta crisi familiare, dovuta ad un figlio illegittimo del padre, magari.

Ma di che si preoccupava? Probabilmente lo sventurato si sarebbe dimenticato di tutto quanto alla vista della prossima portata.

Senti Giammaria - posso chiamarti Giammaria? Certo che posso – sai benissimo che dovrò sostenere un esame, ho veramente bisogno di quei libri, quindi dovresti...”

Vorrei aiutarti, davvero” la interruppe lui.

Ma?” si sporse in avanti, ansiosa della risposta, le gambe posteriori della sedia che si staccavano dal pavimento.

Ed ecco che il presentimento di Amalia diveniva reale: si era immaginata, poco prima, Michele Merri che si fiondava sul carrello dei dolci, nel disperato tentativo di rubarne un paio prima che questi venissero esposti al buffet, disponibili a tutti.

Se l'era immaginato con le mani sporche di marmellata che affondavano nella torta di mele.

In realtà la torta di mele quella sera non era stata preparata, di conseguenza, anziché vederlo lottare con il coltello, incastrato al centro della torta, Amalia lo stava osservando mentre acchiappava, a manciate, la crema di un tortino squisitamente decorato che fino a poco prima doveva essere delizioso.

Con l'espressione disgustata, tornò a guardare il fratello sano che si copriva gli occhi con palese vergogna.

Dove sono le mie cose?” Incalzò lei attirando la sua attenzione.

Be'... - posò lo sguardo sul tavolo – non ti arrabbiare, va bene?”

Gli occhi di Amalia si spalancarono. Ovviamente doveva essere successo qualcosa di orribile ai suoi libri. Era naturale. No, accidenti! Non lo era affatto. Erano passati solo pochi minuti da quando Eva li aveva lasciati su quel tavolo, quel maledetto tavolo. Come poteva non essersi accorta di niente? Si ricordava chiaramente di aver osservato Eva senza averla mai persa di vista. Oh, maledizione. Era stata una stupida a lasciare quello sciocco privo di sorveglianza. Stupida quasi quanto Michele Merri.

Quanti minuti erano passati? Cinque o sei. Già si figurava il fratello scemo di Giammaria che decideva di inzuppare i suoi appunti nel purè di patate, nel tentativo di nasconderli, camuffarli, sì, mimetizzarli. Chi lo sa che cosa passa per la testa di un idiota.

Perché dovrei arrabbiarmi?” Le gambe della sedia urtarono rumorosamente il pavimento, mentre lei, piccata, raddrizzava pericolosamente la schiena.

Giammaria fece vagare lo sguardo per la stanza.

Vedi – cominciò – mio fratello...”

Sì?”

Lui ha... ecco, - mangiato i tuoi appunti insieme ai cavoletti di Bruxelles – ehm... - li ha messi in lavatrice insieme alle sue mutande – li ha dati a Lindon.”

Terribile. Era ancora peggio di qualunque strana storiella che la sua mente, già abbastanza provata, e la sua pittoresca fantasia avrebbero potuto partorire.

Lindon avrebbe sicuramente infilato le sue cose in lavatrice insieme alle mutande sporche.

E perché l'ha fatto?” berciò. Giammaria Merri alzò le spalle.

Che vuoi che ti dica, lui ha detto che gli servivano.”

Amalia sospirò invocando pazienza. Si guardò intorno alla ricerca di quel criminale.

Sparito, evaporato, scomparso. Puff.

Oh, divertente. Che simpaticone.

 

 

 

***

 

 

E cosa ci vorresti fare?” Chiese Teo, le mani che afferravano la borsa dell'amico per verificare la veridicità di quelle parole.

Andrea Lindon, infatti, era entrato nella stanza con la borsa stranamente gonfia.

Stranamente perché lui non portava mai niente in quella borsa. Oh, be', salvo una fiaschetta d'argento ed un quadernino per le emergenze, al quale era stata appiccicata una penna con del nastro adesivo.

Si trattava di un'emergenza se qualche professore poco incline alla corruzione avesse deciso così, di punto in bianco, di osservarlo da vicino durante la lezione.

Sarebbe stato imbarazzante per uno studente modello come Andrea far notare al professore in questione che no, non aveva i libri e no, non aveva intenzione di seguire la lezione in alcun modo.

E qui entrava in gioco il quadernino. Con quel quadernino si poteva fingere di prendere appunti, o prenderli sul serio per un paio di minuti, giusto il tempo di dimostrare all'insegnante che sì, Andrea era proprio uno studente modello.

Comunque, quel giorno il rampollo dei Lindon aveva fatto ritorno alla sua stanza al terzo piano con un sorriso soddisfatto stampato in volto.

Ehi – aveva urlato all'ingresso, spalancando la porta – ho gli appunti della famigerata Proletaria!”

Teodoro Arrighi si era subito allarmato. Insomma, sapeva quanto quegli appunti dovevano essere importanti per lei. Lo sarebbero stati anche per lui, soprattutto con un esame in vista.

Ma senz'altro, si era detto Teo, era proprio per questo che Andrea li avevi rubati.

Lui, che adorava tanto fare i dispetti – farli a lei più di ogni altra cosa – di certo non se li era portati via con l'intento di farle una gentilezza, e nemmeno un piccolo scherzo bonario.

No, non si sarebbe lasciato scappare questa opportunità.

Immagina cosa potremmo farci Teo!” esclamò eccitato.

Illuminami” Teodoro si rigirò quel vecchio libro tra le mani. Provò pena per Amalia.

Infondo era sempre stata gentile con lui. Infondo si meritava un po' di tranquillità, lei che doveva sempre sudarsi tutto in quella scuola di ricconi, dove un voto comprato valeva più di quelli per cui lei si impegnava tanto.

Faceva sempre tutto per bene, lei, e raramente si lamentava.

Potremmo ricattarla! Farle fare qualsiasi cosa, ti rendi conto?”

Andrea assalì il letto più vicino, cominciando a saltarci sopra.

Oh, sì – Teo si mise a sedere – carino.”

Carino?” Smise di saltare, le sopracciglia alzate.

Be'... non potremmo semplicemente ridarle i suoi libri?”

Le sopracciglia di Andrea si alzarono ancora di più, l'espressione incredula.

Maledizione! - sbottò – Certo che no!”

Si sedette accanto a Teo ed imboccò la fiaschetta argentata.

Vuoi?” Fece all'amico, ma lo vide scuotere la testa.

Che gli fosse successo qualcosa? Perché se l'era presa tanto? A lui sembrava così divertente.

Era così divertente vedere Amalia Sperelli correre su e giù per i corridoi, lo sguardo preoccupato. Sentirla commiserarsi perché avrebbe dovuto soddisfare le sue condizioni per riavere indietro i suoi libri. Vederla pestare i piedi per la rabbia.

D'un tratto si sentì importante, e gli piacque. Si sentì onnipotente, e lo adorò.

Le sue condizioni dovevano essere esigenti, pesanti, faticose.

Ho io qualcosa che potresti chiederle in cambio” Fece Teo all'improvviso.

 

 

 

 

"studio matto e disperatissimo" si riferisce alla definizione che Leopardi stesso da dei sette anni di studio a Recanati, nella biblioteca del padre.

  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Commedia / Vai alla pagina dell'autore: LalezionedellaWoolf