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Autore: The Glass Girl    03/08/2012    1 recensioni
Il Nicholas di questa storia è un Nicholas che con i Jonas Brothers non ha niente a che fare( a parte il cognome). Credo che ormai di storie con questo titolo (o con un titolo simile) ce ne siamo centinaia, ma io volevo provare lo stesso a scrivere una storia, che ho in mente da tanto tempo, con questo titolo che, a mio parere, è perfetto.
Non voglio anticiparvi niente ... se siete curiosi ... leggete! ;)
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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*Il Giardino di Rose.*


 


Chapter 3.


Grace sapeva che quando Rosalie si chiudeva la porta di quel giardino alle spalle non c’erano parole che potessero reggere: non voleva essere disturbata; non aveva voglia di parlare, né di ascoltare, solamente di stare lì, a fissare i petali di un fiore e a guardare i raggi del sole filtrare le foglie verdi.
A volte, ne era certa, parlava da sola.
In realtà le parole di Rosalie non erano rivolte a se stessa, né al vento, ma a sua madre.
Parlava con lei solo quando si ritrovava lì, in quel posto che profumava di lei.
Mentre tra le mani stringeva un tulipano arancione ripensò al sogno che aveva fatto.
Ogni volta che faceva quei sogni si rendeva conto di come la cosa risultasse completamente senza senso: non ricordava niente di quello che sognava, mai, erano cose che ritornavano spontaneamente, senza che lei potesse decidere.
Non si ricordava nemmeno com’era fatta sua madre, però quando la notte si addormentava e sognava la sua figura, le appariva un’immagine ben dettagliata davanti agli occhi: una bellissima donna, dai lunghi capelli rossi e gli occhi castani con delle meravigliose sfumature dorate.
A volte si chiedeva se sua madre fosse stata davvero come se l’immaginava.
Non aveva nessuna fotografia, se l’era portate via tutte suo padre. Non aveva ancora affrontato l’argomento con nessuno, anche se l’unica con cui poteva davvero farlo era Grace.
Pensò al sogno che aveva fatto quella notte, si chiese se sua madre fosse sempre stata così premurosa con lei; si chiese se qualche volta non l’avesse schiaffeggiata o sgridata.
Ogni tanto vedeva delle ragazzine entrare in negozio, accompagnate dalla loro mamma e allora si chiedeva che cosa si provasse, ad avere una madre che si prende cura di te, che ti prepara da mangiare, che ti rimbocca le coperte e ti da il bacio della buonanotte.
Quando doveva piangere si rintanava sempre lì. Controllava che Grace fosse alla cassa e si chiudeva la porta alle spalle.
Di solito le lacrime arrivavano sempre, ma lei ormai ci aveva fatto l’abitudine, non la scalfivano più, non le importava più avere il viso caldo e appiccicoso e gli occhi che le facevano male, tanto erano rossi e gonfi.
Strinse il gambo verde del tulipano che aveva in mano, tanto che le nocche diventarono bianche ed il fiore si accartocciò piano.
Quando liberò la presa, il gambo era del tutto rovinato ed il fiore non si reggeva più dritto come prima.
Guardò l’arancione dei petali, mentre veniva illuminato dai raggi solari e si chiese come si fosse sentita sua madre a stare lì in mezzo, se avesse provato le sue stesse sensazioni oppure no.
Eppure a volte si sentiva irrimediabilmente legata a sua madre, ovunque lei fosse andata.
Una volta, se lo ricordava perfettamente, le avevano detto che sua madre era andata in un posto migliore, dove non avrebbe più sofferto e sarebbe stata felice per sempre.
Così lei, stropicciandosi gli occhi pieni di lacrime, aveva ingenuamente chiesto dove fosse questo posto e se ci potesse andare anche lei, perché voleva essere felice anche lei, come la sua mamma, e starle accanto per sempre.
Poi mano a mano che era cresciuta si era resa conto di quanto suonasse stupida ed infantile la scusa che le avevano tirato fuori.
-Ts, in un posto migliore!-esclamava ogni tanto fra sé e sé
-Mia madre è sotto terra!-
La rabbia le montava su ogni volta che pensava a tutto ciò che aveva perduto quando sua madre era morta: l’occasione di poterla conoscere meglio, di fare un sacco di cose insieme, di affrontare situazioni e discorsi tipici. Lo shopping, i ragazzi, la scuola … aveva sempre dovuto cavarsela da sola- almeno per quanto riguarda lo shopping e la scuola, perché di ragazzi in diciotto anni non ne aveva visto nemmeno l’ombra, ma lei non si lamentava mai. Non sognava il principe azzurro, non chiedeva l’amore vero, voleva solo poter riabbracciare la sua mamma.
Poi c’erano i giorni in cui le veniva voglia di rompere tutto, di prendere a pugni tutti, perché la vita con lei era stata così ingiusta.
Perché doveva essere capitato proprio a lei? Perché non a qualcun altro? Che cosa aveva fatto di male?
E poi, poi c’erano i giorni in cui le mancava e basta.
Quei giorni in cui non voleva fare altro che piangere e dormire, per poterla sognare, per poter immaginarsi fra le sue braccia.
Si sdraiava a letto e piangeva fino ad addormentarsi, stremata.
Spesso non si alzava nemmeno dal letto, lasciava Grace ad occuparsi dei clienti e di tutto il resto, o magari la convinceva a chiudere il negozio.
Lei non faceva domande, né si opponeva più di tanto, girava il cartellino, chiudeva la porta a chiave e se ne andava.
Le mancava così tanto che a volte pensava che non avrebbe resistito per molto, che non avrebbe potuto portare quel peso nel cuore per sempre.
Lasciò cadere il tulipano, che toccò il suolo con un leggero sbuffo.
Il gambo era accartocciato, sembrava quasi carta pesta appallottolata e i petali si erano abbandonati per terra, accasciandosi.
Guardò il fiore con rimorso e si girò dall’altra parte. Affondò il viso fra le ginocchia e lasciò che le lacrime l’attaccassero di nuovo.
Scesero in fretta, le rigarono le guance con velocità e lei poteva già sentire il viso appiccicoso.
Era quello che le dava più fastidio, sentire le guance appiccicose; sentire che, anche se si rilavava il viso più volte, non cambiava niente, rimaneva sempre quella brutta sensazione che la faceva sentire vulnerabile.
Si passò il dorso della mano sotto agli occhi e tirò su con il naso, poi si alzò in piedi.
Si lasciò scivolare alle spalle il ricordo di sua madre e si stropicciò gli occhi, mentre tornava alla porta del giardino.
Abbassò la maniglia della porta e, prima di richiudersela alle spalle, lanciò un’ultima occhiata al tulipano, che rimaneva lì, sulla terra, accartocciato.
Sbuffò e con un tonfo richiuse la porta.







Angolo Autrice.

Chiedo scusa per l'attesa, ma ho tante cose da scrivere ultimamente! :)
Comunque ... ecco a voi il terzo capitolo. So che vi starete tutte chiedendo: dov'è Nicholas? Quando arriva?
Ogni cosa a suo tempo ... purtroppo la storia è un pochino ingarbugliata, se mi passate il termine, per cui dovrete portare pazienza. Però vi assicuro che quando Nicholas Jonas farà la sua entrata in scena la farà con stile, questo ve lo prometto ;)
Detto questo ringrazio di cuore chi ha recensito e chi segue questa storia, non vi ringrazierò mai abbastanza! <3
Un abbraccio.

PS: Se vi piacciono le foto avete il mio permesso: potete prenderle ;)


-L.
  
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