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Autore: Zio Scipione    19/08/2012    8 recensioni
Il cavaliere Peragon e la sua dragonessa Shakira sono in viaggio per spodestare il malvagio re Galbanino. Una revisione totale della storia di Inheritance, pur mantenendone la trama e i personaggi.
Genere: Comico, Fantasy, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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LACUNE COLMATE, PROLOGO
 
«Mi chiedo che senso ha scrivere un capitolo di quattro pagine e dividerlo ulteriormente in altri capitoli» disse l’editore a Paolini, «con lo stesso titolo, tra l’altro».
«Per lo stesso motivo di Harry Potter e i Doni della Morte, Twilight: Breaking Dawn, Lo Hobbit e molti altri» rispondeva il neo-scrittore.
«Non mi hai convinto» riprese l’editore.
«Altra motivazione: se me lo lasci mio padre ti dà un milione di dollari entro un’ora» disse Paolini.
«Mi hai convinto».
 
LACUNE COLMATE, PARTE PRIMA
 
Nel campo dei Varden c’era una rete wi-fi che però potevano usare solo Nasuada e re Orrin.
In teoria, almeno. Nonostante Nasuada fosse brava a schermare i suoi pensieri quanto le sue reti internet, la potenza di Peragon unita ad Arya, Shakira e Glaedr, bastò a scoprirne la password, che tra l’altro era murtagghino4ever.
Grazie a questo stratagemma Peragon si era scaricato diverse applicazioni (e si era scaricato anche la cintura di Beloth il Savio a furia di stare collegato).
Ora, come ricorderete, si trovava davanti alla benedettissima Rocca di Kuthian da quattro giorni insieme ai due draghi. Per fortuna si ricordò che tra le inutili applicazioni aveva anche un generatore di Veri Nomi. Gli bastò inserire nome, cognome, luogo di nascita, altezza, peso, cosa aveva mangiato quella mattina e il suo record a Fruit Ninja per scoprirlo.
«E ora» disse Glaedr, «andiamo ad aprire la… la… com’è che si chiamava?»
«La Rocca di Kuthian?» suggerì Peragon.
«Sì… credo…»
«Glaedr» disse il cavaliere mentre la porta si schiudeva e apparivano glifi e decorazioni scopiazzati dalle porte di Moria. «Qui dentro troveremo gli eldunarì dei draghi?»
«Assolutamente no» rispose, «per prima cosa possiedo un radar infallibile che mi consente di scovare tutte le forme di vita nel raggio di mille chilometri; per seconda cosa tutti i draghi noti sono nelle mani di Galbanino, e lui non se ne sarebbe fatto sfuggire uno in tutti questi decenni; per terza cosa sarebbe una soluzione talmente banale che nemmeno Paolini si potrebbe abbassare a tanto».
 
LACUNE COLMATE, PARTE SECONDA
 
«Perché siamo in un altro capitolo con lo stesso titolo?» domandò Peragon mentre scendevano nelle viscere della terra.
«Perché quando dici una frase a effetto» spiegò il drago, «deve cambiare il capitolo. Però siccome era la stessa scena Paolini l’ha lasciato uguale».
«Allora proseguiamo» disse Shakria, e i tre arrivarono in una sala scavata nella roccia.
«Questa dovrebbe essere il centro della roccia… della roggia…  della…»
«Della rocca, Glaedr?» suggerì Peragon.
«Sì, sì, giusto, la rocca. Non so come ho fatto a dimenticarmi già il nome della ro… della…»
«Rocca» intervenne Shakira.
«Sì, della rocca. Ora su, inoltriamoci in questo salone di pietra e scopriamo se la Roggia di Julian cela dei segreti».
«Vuoi dire la Rocca di Kuthian?» chiese Shakira.
«E io cosa ho detto?»
«Glaedr» disse Peragon, «hai preso le bustine di potassio e magnesio stamattina?»
Ma una voce squarciò le profondità della rocca.
«Salute Peragon Ammazzaspettri, salute Shakira, salute Glaedr. Non hai l’Alzheimer, il nome della Rocca è soggetto ad un incantesimo di memoria».
«Il nome di che?» chiese Glaedr.
«Chi sei?» gridò Peragon. «Fatti vedere!»
Dal fondo della sala apparve una creatura a metà tra un uomo e un drago, fatta di metallo, che avanzava a passi lenti e cigolanti.
«Il mio nome è Umaroth» disse la creatura, «e le pietre che vedete alle mie spalle sono gli eldunarì e le uova di tutti i draghi del passato».
 
LACUNE COLMATE, PARTE TERZA
 
«Che c’è, ho detto qualcosa che non andava?»
«No, signor Umaroth» disse Peragon. «Ma da quel che ho capito ogni volta che uno dice qualcosa di importante deve cambiare il capitolo».
«Sai, Peragon» continuò Umaroth, «noi draghi antichi sappiamo chi sei. Ci siamo sempre stati, in tutte le scene. In realtà abbiamo lavorato dietro le quinte affinché la storia si svolgesse secondo il copione. Sì, caro Peragon, siamo stati noi a mandare in onda quella puntata di Voyager. Siamo noi che abbiamo infilato l’acciaioluce sotto l’albero di Menoa. Siamo noi che vendevamo strane sostanze ad Angela, siamo noi che abbiamo curato gli effetti speciali di ogni battaglia. Siamo noi che ti abbiamo fatto la barba ogni notte, perché tu non ci hai mai pensato».
«E dunque» disse Shakira, «ora verrete con noi per sconfiggere Galbanino?»
«Beh, è una scelta difficile. La risposta è…
 
LACUNE COLMATE, PARTE TRE E MEZZO
 
«Ciao, sono Roran, e ora assisterete a settantadue pagine di martellate».
Cambia capitolo, per piacere.
 
LACUNE COLMATE, PARTE QUARTA
 
Peragon, Shakira e Glaedr erano appena usciti dalla Rocca di Kuthian. Non ricordavano nulla di ciò che era successo, soprattutto Glaedr, ma la loro barra azzurra del mana era aumentata notevolmente. In più Peragon scoprì di avere degli eldunarì dove meno si aspettava.

LA CITTÀ DEL DOLORE
 
La distesa che i Varden avevano percorso per un’intera saga ora lambiva la città di Uru’baen. Sebbene Paolini faccia le traduzioni dall’antica lingua in modo che non siano comprensibili lo stesso, ha fatto un passo falso e Uru’baen ce l’ha tradotta nel titolo del capitolo.
Al contrario di Dras-Leona le mura circondavano tutta la città e, sempre al contrario di Dras-Leona, non erano fatte di sterco di cavallo ma di acciaio inossidabile e cemento armato di spada. La caratteristica più curiosa di Uru’baen era la fortezza, la cui ombra arrivava fino a Furnost.
(Nota dell’Editore: la città di Furnost non ha niente a che vedere con la città di Fornost del Signore degli Anelli; esattamente come la città nanica Farthen Dûr non ha niente a che vedere con la città nanica Khazad Dûm o altri luoghi tolkieniani, quali Eregion e Rohan. Questo messaggio si autodistruggerà).
«Ci siamo» disse Roran. «Quest’avventura sta per concludersi».
«Non credo» osservò Jörmundur. «Non so come la pensi, ma mancano duecento pagine».
Roran scrutava le mura pensoso. I Varden non sarebbero nemmeno riusciti ad oltrepassarle, figuratevi se in più potevano sconfiggere Galbanino, il suo drago Shuriken, Murtagh e Fastidio tutti insieme.
«Dobbiamo annunciarci a sua maestà il Galbanino» osservò Orrin.
«Ma sei impazzito?» disse Jörmundur. «Cosa vuoi ottenere?»
«Scusate, non potete capirmi» continuò il re del Surda, «voi siete solo schifose persone comuni, mica siete re come me e il mio amico Galba. Noi re rispettiamo una certa etichetta».
«Galbanino non ti considera certo suo pari» intervenne Roran, «è solamente un pazzo furioso».
«Come ti permetti, plebeo insolente? Nessuno mi dice cosa fare».
«Orrin!» disse Jörmundur. «Eri il personaggio più positivo del libro, che ti succede?»
«Non mi sono mai sentito insultato così» disse il re.
«Io insulto chi mi pare» rispose Roran. «Prrr! Lallallero! Non m’importa niente, faccia di serpente…» ma Orrin gli saltò addosso con la spada sguainata. Essendo un personaggio d’azione, e comunque un figo spaziale, Roran aveva già afferrato il martello e aveva risposto al colpo.
«Anacronistico…» osservò Jörmundur, «un nano combatte con la spada contro un uomo col martello…»
«Non sono un nano!» gridò Orrin. «Quello è Orik!»
«Ah, scusa, i soliti errori di traduzione».
Quella sera poi Roran tornò da Katrina, e insieme fecero un picnic sul terrapieno dell’accampamento, perché Roran non riusciva a stare lontano da luoghi bellici per più di ventisei minuti.
«Cosa hai fatto oggi?» gli chiese.
«Niente di particolare. Ho squartato una trentina di soldati per Jörmundur, ho squartato una ventina di orribili mostri per i Varden, già che c’ero ho squartato una decina di polli per il macellaio e… ah, sì, ho dato una martellata in testa al nostro re».
 
Quella sera Blödhgarm se la spassava su Facebook quando finalmente Peragon lo contattò in chat.
Blödhgarm: Peragon! LOL ke succede??
Peragon, Shakira, Glaedr e altri 879: Non preoccuparti, sono di ritorno.
Blödhgarm: bn bn, faccio sparire gli ologrammi d te e shak?
Peragon, Shakira, Glaedr e altri 879:  non ancora. Chiama tutti i personaggi importanti della saga, eccetto quelli morti e i cattivi, e venite alla collina qui vicino.
Blödhgarm: re orrin è un personaggio impo?
Peragon, Shakira, Glaedr e altri 879: no ._.
Blödhgarm: km desideri XD kosa avete trovato?
Peragon, Shakira, Glaedr e altri 879: non posso dirtelo in chat, se Galba ti ruba la password siamo fregati
Blödhgarm: ok xD arriviamo
 
«Mostrati, Ammazzaspettri» disse la regina Islanzladriel quando lei e gli altri raggiunsero la collina. Peragon si tolse il mantello dell’invisiblità che gli aveva dato Sil… Oromis.
«Rimani comunque uno stupido moccioso, ma devo ammettere che sei migliorato».
«Grazie, mia signora. Ci troveremo bene a Ellesméra».
«Chiudi il becco. Non ti lascerò mia figlia, zotico».
«Cosa avete trovato a Vroengard?» chiese Orik.
«Già», disse Arya, «raccontateci tutto».
Sblam! Peragon estrasse un tomo infinito e lo appoggiò su una roccia.
«Se lo volete sapere, leggetevi il libro. Io non ripeto niente».
«Io sono sotto shock…» aggiunse Shakira.
«E io ho l’Alzheimer…» concluse Glaedr.
«Beh, il punto è…» disse Peragon, «che nel mio zaino ci sono centinaia di draghi».
 
LACUNE COLMATE, PARTE QUINTA
 
«Che è successo?» chiese Orik.
«Non farci caso» disse Peragon, «succede ogni volta che diciamo qualcosa di importante».
 
MUSCOLI CONTRO METALLO
 
La battaglia si battagliava. Le frecce degli elfi sfrecciavano, i martelli dei nani martellavano, le spade dei Varden spadavano, i martelli di altri nani picchiavano ancora più forte, le corna degli Urgali incornavano e i martelli di un terzo gruppo di nani le dava ancora meglio.
Diverse pattuglie di soldati malvagi (tutti uguali, tra l’altro) si riversarono tra le strade di Uru’baen per sostenere l’attacco dei Varden.
«Che banalità! Cos’è questo capitolo?» disse l’editore. «Io lo salterei pure».
«Ma qui muore Islanzladriel» replicò Paolini.
«Beh, falla morire da un’altra parte. Magari alla Clinica per Elfi Ultramillenari di Tel’Naerì. E comunque questo cattivo di nome Barst non ha affatto senso… come fa da solo a sconfiggere i vari eserciti attaccanti? Insomma, lo so che è fantasy, ma le leggi fisiche andrebbero rispettate lo stesso. E poi il resto dei soldati è una manica di incapaci, come fanno a sopravvivere?»
«Sono infiniti» disse Paolini. «Compaiono per le strade ed escono dalle pareti».
«Va bene, va bene, va bene» continuò l’editore. «Ma questo Lord Barst come lo facciamo morire? L’hai reso invincibile, diamine! Bisognerebbe inventare un personaggio ancora più irrealistico ed esagerato che lo sconfigga».
«C’è già… Roran! Gli abbiamo fatto conquistare una città ipermurata da solo, perché non dovrebbe uccidere un panzone con la mazza?»
«Ma se ha pure perso il martello».
«Beh, che ne so, lo prende a pugni e lo uccide».
«Uhm…» sospirò l’editore. «Qua ci vuole un bell’espediente stereotipato».
Paolini ci pensò un attimo.
«Eureka! Facciamo apparire dal nulla un uccello che lo acceca!»
«Fantastico, è una trovata mai sentita!»
«Davvero?»
L’editore fissò Paolini con intensità ed espirò.
«No, ma mi paghi abbastanza perché sia così».
 
IL NOME DEI NOMI
 
Le trappole disseminate nel palazzo di Galbanino erano così tante e così in stile Prince of Persia che Peragon e i suoi compari d’avventura fecero una fatica immane ad oltrepassarle.
Ovviamente, essendo questa la missione finale, Peragon scelse i propri compagni in modo che passassero inosservati, giusto due o tre.
Ma ovviamente non ci riuscì.
Shakira, non poteva lasciarla indietro! Gli sarebbe servita per un eventuale scontro galattico volante. Arya era l’amore della sua vita e non poteva dirle di no in una scena cruciale come questa. Di Elva gli faceva comodo sfruttare i suoi poteri fregandosene di lei, e quindi se l’era portata. Blödhgarm era l’unico che sapeva combattere in modo decente, e aveva chiamato anche lui. Gli altri elfi gli servivano per gli effetti scenici. I nani se la cavavano bene nelle rocche. Gli Eldunarì erano indispensabili. I gatti mannari erano veloci e furtivi…
Insomma, tutti i Varden lo stavano seguendo nel palazzo. L’unico che non era venuto era Roran, che aveva le spalle così larghe che non passava per il corridoio.
Il bello fu che quando Peragon, Arya ed Elva giunsero alla sala del trono, un terzo dei loro accompagnatori era terzo era svanito nel nulla per licenza poetica, un altro terzo si era perso per conto proprio e il restante terzo era stato schiacciato dal martello gigante subito davanti all’entrata.
Sul trono nero era seduto il re Galbanino. Finalmente è sbucato! Siamo dovuti andare noi a casa sua pur di inserirlo in una scena.
«Vi stavo aspettando» disse.
«Come facevi a sapere che saremmo venuti?» chiese Peragon.
«Non lo sapevo. L’ho detto solo perché i cattivi dicono così».
«Arrenditi!» gridò Arya.
«Sperate di sconfiggermi così facilmente?»
«No, ma anche i buoni hanno le loro esclamazioni di circostanza».
Il re si levò in piedi.
«Taci, Legolas figlio di Thranduil».
«Il suo nome è Arya» rispose Peragon.
«Non ho chiesto il tuo parere, Aragorn. E ora preparatevi a soccombere!» E sguainò la sua spada bianca.
«Quella fu la spada di Vrael!» osservò il drago dorato.
«Proprio così, Gandalf. Adesso, se non vi dispiace, abbiamo un altro invitato alla festa. Vermilinguo, vieni pure!»
Murtagh entrò lentamente nella sala da una porticina, seguito da Fastidio.
«Ora voglio proprio divertirmi» disse il re.
Murtagh si avvicinò al fratellastro e gli sussurrò: «troppo fantasy gli ha dato alla testa. Pensa di essere Saruman».
«L’avevo capito» rispose Peragon.
Il re zittì i due cavalieri e riprese a parlare.
«Desidero che vi sfidiate per il mio compiacimento. Non con la spada, ma con le barzellette. Ci sarà da spanciarsi».
Arya guardò Elva inorridita. «Santi numi» sussurrò, «non conosce Peragon, non sa a cosa andiamo in contro…»
Peragon squadrò il suo avversario, che prendeva posizione davanti a lui.
«Murthag, ascoltami…» disse, «rinuncia a questo scontro! Liberati dal giuramento, sei solo uno schiavo per Galbanino…»
Murtagh lo fissò a sua volta e rispose.
«Il re mi tratta benissimo. Nella mia camera ci sono perfino due divani: uno è divano letto… l’altro ancora da leggere! Pffff!»
Arya si accasciò al suolo, mentre Elva dava segni di instabilità.
«Per Durza gli spiriti erano come dei parenti» rispose Peragon. «Di più! Erano tras-parenti! Ah uh ah ah uh ah!»
«Pensa che io ho ucciso i tuoi maestri» replicò Murtagh, «per veder scritto sui giornali ‘Glaedr assassinato… è giallo’!»
«Non l’ho capita…» disse l’altro. «Ma a proposito di Glaedr, lo sapevi che quando ha visto gli Eldunarì a Vroengard è rimasto proprio… di sasso!»
«Basta!» disse Galbanino. «Ora smettetela!»
«Un drago» continuò Murtagh, «dice a un fanghur: ‘lo vedi quel cinghiale?’. ‘Sì’ risponde quello, ‘ma non riesco a metterlo a fuoco’! Uah uah uah uah!»
«Vi prego, fermatevi!» gridava il re.
«Sai perché la madre di re Orrin non lo ascoltava mai?» replicò Peragon. «Perché era… Surda!»
«Senti questa… Perché gli elfi hanno un quoziente intellettivo superiore a quello dei nani? Perché i nani... sono gente terra terra!»
Galbanino si accasciò sul suo trono con una mano sulla fronte. «Basta… basta…» sibilò. «Waìse neiat…»
 
UN BREVE EPILOGO
 
Ora che il libro è finito vorrete sapere perché diamine c’è un drago verde in copertina. Beh, l’uovo verde si schiude e proprio Arya diventa il terzo cavaliere. Ma va? Non ve  lo sareste mai e poi mai aspettato, scommetto.
In ogni caso Nasuada diventa regina ma continua la politica dittatoriale di Galbanino, Orrin rimane incazzoso come sempre, Orik se ne torna a mangiare la terra, Murtagh sparisce dalla circolazione senza motivo, gli Urgali diventano di nuovo cattivi, Roran diventa di nuovo contadino, Arughia si proclama malvagia insieme ad altre città dell’Impero, gli elfi ritornano autistici come sempre, le uova di drago e gli Eldunarì vengono nascosti di nuovo… insomma in Alagaesia ritorna tutto esattamente come prima.
Beh, ora c’è Peragon a difenderla, no?
No.
Anche lui sparisce dalla circolazione, così com’era spuntato.
Quattro tomi indigesti per niente.
  
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