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Autore: londonici    30/08/2012    3 recensioni
Hayley, sedicenne di Beverly Hills, sembra la tipica ragazza che mette il broncio giusto per essere diversa. Una grande passione per i Paramore e un gruppo di amici eccezionali la aiuteranno a superare i primi "piccoli" problemi della sua vita. Ma poi si aggiunge Hitch, un rapper diciannovenne di fama mondiale, e tutto cambierà all'improvviso...
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Lo zapping quel pomeriggio fu davvero deludente. Niente di niente. Su MTV giravano sempre i soliti video super super commerciali – sapete quelli che li becchi su due o tre canali di fila, poi cambi canale dopo cinque minuti e, guarda-che-sorpresa, rieccolo che spunta come un fungo. E magari c'è chi, come me, spera nel ritorno del karma positivo: perciò guardo quel benedetto video anche se non mi va, pensando che così facendo Qualcuno Lassù me lo risparmierà per i trenta minuti a venire. Beh. Non funziona così il mondo di MTV o VH1. La legge è: più un video va, più te lo rifilo sotto ogni forma e remix possibile e immaginabile.

Era fine agosto, ed era patetico che una ragazza come me se ne stesse chiusa in camera a guardare la televisione, facendo finta che gli schiamazzi dei ragazzi nella casa a fianco fossero cinguettii quasi piacevoli.

Dana, la mia coetanea vicina di casa, aveva dato una festa di “addio all'estate”.

Okay, prima di proseguire mi sento in dovere di spiegarvi la situazione iniziale. Sapete, un po' come si fa nei film mediocri/discreti.

Ho sedici anni, mi chiamo Hayley Smithson e vivo con mio fratello e mia madre a Beverly Hills. Sì, quella del telefilm, proprio quella. Sapete, il CAP di Beverly Hills è 90210. Non lo sapevate, vero? Vedo che sto facendo la figura della rompipalle. Comunque. Io e la mia famiglia possiamo permetterci di vivere in un posto simile grazie al lavoro di mia madre (si chiama Jenna, mia mamma – e ve lo dico perché io proprio non ce la faccio a chiamarla “mamma”, perciò non crediate che Jenna sia una mia amica o altro: è solo mia mamma): lei fa la make up artist. E, diciamocela tutta, è abbastanza furba da ricavare somme di denaro immense dai suoi divorzi, che fino ad ora ammontano a tre. Con questo non voglio farla passare come una donna poco seria oppure ossessionata dal fisico e dai soldi (per intenderci, non è una Julie Cooper di The O.C.); lei è una okay. Ma non è una vera mamma, io la vedo più come una zia divertente. Cioè, io non ce la vedrei proprio a farmi una ramanzina. Ma è divertente; e bella, soprattutto. Alta, slanciata, abbronzata, bionda, occhi verdissimi. Una donna molto forte, tenetelo bene a mente. E non intendo fisicamente, ma psicologicamente.

Anche mio fratello Bryan contribuisce a tenere alto il nostro tenore di vita: è un manager abbastanza importante nel campo, ma siccome non vi interessa molto di lui – almeno così spero – passiamo oltre. Credo che organizzi i meeting per le società, o qualcosa del genere. Ma forse può interessarvi di più sapere che è abbastanza figo, dai. Biondiccio e occhi azzurri, tipico californiano. Comunque.

Perciò, stavo sentendo le grida semi isteriche dei miei più o meno compagni di scuola. Non pensate a me come una sfigata: anche io ero stata invitata alla festa di Dana, ma solo per educazione, ecco. E io non mi abbasso a finti sorrisini e prese per il culo continue, così avevo optato per un malsano zapping totalmente improduttivo.

Il bello del lavoro di Bryan è che lo tiene sempre fuori casa. Ovvio, un po' mi dispiace ma... Andiamo, è bello stare soli a casa. E poi Jenna quando non gioca a truccare le star (cosa che ormai si può fare anche su internet, solo che lì nessuno ti paga per farlo), se ne sta in giro a fare spese pazze, o su Rodeo Drive o sul Walk Of Style. E io me la spasso a casa, mangiando gelato a tutte le ore e come voglio.

Ora, io e Dana non frequentiamo proprio la stessa gente. Pensate a lei come una piccola clone di Paris Hilton e a me come... non saprei, se vi dicessi Hayley Williams probabilmente molti di voi tirerebbero a indovinare sul suo lavoro. Questo vi spiega un po' la differenza tra me e Dana. Hayley Williams non è una modella, non è un'attrice, non è una fattona (almeno, non che io sappia), non è una che fa soldi anche scorreggiando, anche se potrebbe – e dovrebbe. È semplicemente un idolo per me, tanto che tutte le volte che mi ricordo di avere il suo stesso nome ringrazio il subconscio di Jenna. A volte mi chiedo se non fossi una fan predestinata.

Hayley Williams è la cantante dei Paramore (adesso qualcuno farà una faccia tipo: “ah, sì, ora forse mi ricordo”); quella che cambia colore di capelli come una ragazza cambia vestiti. Per me, è un genio. Ma non solo lei, sia ben chiaro. I Paramore non sono solo Hayley Williams, ma anche Josh e Zac Farro, Jeremy Davis e Taylor York. Beh, siccome non ve ne frega, vi dirò solo che per me Hayley è il punto di riferimento per ogni cosa. E sapete quando parlavo dell'essere una fan predestinata? Beh, oltre ad avere il suo stesso nome io sono anche rossa di capelli. Naturale. Rossa naturale. Certo, in questo preciso istante Hayley (quella famosa, non io) non ha più i capelli arancioni/rossi/biondi/viola/neri/castani. Ma la sua testa fumante e geniale è stata spesso di toni caldi e tendenti al rosso, perciò mi sento davvero una predestinata.

Ma se da una parte ho cose in comune con lei, dall'altra ci sono anche delle differenze: per esempio, non sono affatto pallida. Sono abbronzatissima, in qualità di vera californiana, anche se non mi metto mai al sole (dato che ho paura dei tumori alla pelle). Quindi, più che abbronzata sono di carnagione scura. E poi non ho gli occhi verdi di Hayley, purtroppo. Io ce li ho azzurri, e al contrario di molta gente che mi caverebbe gli occhi per usarli come soprammobili, a me non piacciono molto. Sono troppo azzurri, davvero. Se qualcuno accende e spegne la luce velocemente la mia pupilla si rimpicciolisce e si dilata in un modo troppo... vistoso. Sembro un mutante. Ho gli occhi praticamente trasparenti, diamine.

Quindi vedete anche voi che i miei caratteri somatici non sono molto classificabili. Di solito, le rosse hanno la carnagione chiara e gli occhi verdi, no? Io no. Sono una strana californiana. Pensate a me come a una specie di Avril Lavigne, solo un po' più scura di pelle e con i capelli rossi (scuri: rosso scuro, non semi arancione, perciò non chiamatemi “pel di carota” o cose simili. Chiaro? Rosso scuro).

Per adesso non credo ci sia altro di me che dobbiate sapere; almeno, non subito.

Quel pomeriggio faceva davvero caldo e sarei potuta andare a fare un tuffo in piscina, ma poi Dana o qualcuno degli invitati mi avrebbe vista e...

Okay, io ancora oggi non simpatizzo per Dana, ma siccome sono abbastanza educata mi sforzo di non darlo troppo a vedere. Lei fa la vipera apposta, ma non agisce mai direttamente. Sua madre è un'attrice relativamente famosa (sì, certo, negli anni di Cristo! Solo che sembra ancora giovane perché ha più plastica in corpo che vasi sanguigni; se la buttate in piscina, galleggia da sola); suo padre è un pezzo grosso che gira il mondo, ma davvero non ho la minima idea di cosa faccia. Questo la dice lunga sul mio interesse per le vite altrui. E poi ha una sorella, una di cui non si parla mai: è scappata a diciotto anni con il giardiniere e da allora non è più tornata e non si è fatta più sentire. Sinceramente, faccio il tifo per la sorella di Dana.

Dana è la ragazza popolare, quella che... Okay, il suo idolo credo che sia Paris. Forse l'ha addirittura conosciuta, ma... Chissene, accidenti.

Io, per quel che mi riguarda, ho poche conoscenze, ma buone.

La mia migliore amica, Lara, è una fanatica del punk. Gira con gonne di pelle e calze a rete straziate e borchie e trucco pesante e acconciature alla Amy Winehouse (tipo nidi di uccelli in testa). Occhi scuri, pelle pallida, capelli ancor più scuri. Punk è d'obbligo, in questo caso. Comunque è la persona più dolce e onesta che incontrerete mai. Un po' violenta e sboccata a volte, ma per me resta sempre Lara.

Poi ci sono Travis e Jamie, due fratelli gemelli assolutamente fantastici. Vivono di fronte a me e hanno la fissa per gli strumenti musicali. Tutti e due suonano la chitarra, la batteria e il basso. Sono dei veri fenomeni (e non sapete quante volte penso a loro come a Josh e Zac dei Paramore – solo perché sono fratelli e sono dei veri artisti). Il loro cugino, Chris, vive un paio di case più in là. Anche lui suona, ma solo il basso: il suo idolo è Adam Clayton e guai a chi di voi pensa anche solo lontanamente “chi è?”. Dirò solo una parola, che poi non è proprio una parola vera, comunque: U2. E adesso non osate dirmi cagate anche su di loro. Sulla loro storia del rock non accetto obiezioni. Spesso con Chris mi sono messa a parlare male di Naomi Campbell e ho difeso Adam riguardo a quella storiella della droga...

E poi c'è Jess. Ammetterò che è abbastanza figo per essere un emo. Cioè, non è proprio emo, ma ti dà quell'impressione. Non finge di tentare il suicidio, tutto qui; ed è socievole solo con chi se lo merita. Io me lo merito. Lara dice che Jess ha una cotta epica per me, ma io sinceramente non vedo tutta questa adorazione da parte sua nei miei confronti. È uno con cui, però, a volte ti trovi a disagio. Almeno, a me a volte capita di non sapere cosa dirgli.

Queste sono le persone che frequento quando decido di dare un taglio al mio ozio prolungato.

Sfortunatamente, quel giorno Lara era alle Bahamas con i genitori. Travis e Jamie erano in giro, non avevo voglia di raggiungerli ovunque fossero. Chris... boh. Mi affacciai a dare un'occhiata a casa sua (e la casa vuota di fianco stuzzicò la mia curiosità: non sarebbe rimasta deserta a lungo). La finestra di camera sua era chiusa. Jess, invece, non è il tipo che vai a cercare: se lo trovi in giro e ti saluta per primo e capisci che non ha la luna storta, allora ti fermi a fare due chiacchiere.

Perciò, tutto qui: non avevo niente da fare. Estate.

Scesi in salotto e presi una vaschetta di gelato. Guardai un po' in giro e poi mi arresi alla TV. Di nuovo.

“Crispy News”. Decisi che poteva andare bene. Una vocina parlava di non so quale vip, avevo solo capito che si stava trasferendo. Qualcuno che aveva speso un trilione di dollari per cambiare casa... Per noia, prestai più attenzione. Si parlava di quell'imbecille di Hitch, un rapper diciannovenne che negli ultimi due o tre mesi mi aveva letteralmente fatto odiare MTV. Era ovunque, ma era solo un adolescente che aveva avuto i suoi quindici minuti di fama. Entro la fine dell'anno sarebbe scomparso con la stessa velocità con cui concatenava rime velocissime e volgarissime. Che bel personaggio costruito a tavolino.

Irritata, spensi la TV e presi in mano il cellulare. Composi il numero di Travis. Rispose al primo squillo.

«Hey, Hay!». Faceva sempre quel gioco di parole. Il mio soprannome diventava un'esclamazione ogni volta che mi salutava.

«Travis, ciao. Sono in crisi, non so che fare», ammisi rapida. Fece una risatina.

«Ti passiamo a prendere all'istante», disse subito disponibile.

«Se mi dite dove siete, arrivo io».

«Ma sta' zitta e preparati. Cinque minuti e siamo da te». Riagganciò senza darmi possibilità di controbattere. Mi strinsi nelle spalle e iniziai a darmi una sistemata.

Misi una canottiera blu con la S di Superman gialla e rossa che sfavillava sul petto: ero orgogliosa di quella maglietta. Infilai rapida dei bermuda di jeans e le Converse rosse, senza dimenticarmi della cintura con le borchie rosse e gialle. Presi al volo i miei anelli e li misi mentre prendevo gli occhiali da sole – Rayban rigorosamente anni ottanta, con montatura bianca e lenti nerissime. Stavo giusto scendendo le scale e prendendo le chiavi di casa e il cellulare quando sentii le voci di Jamie e Travis sovrastare le urla dei figli di papà che stavano tirando di coca in casa di Dana. Altro che cinque minuti! Dovevano essere proprio sotto casa mia, altroché.

«Hayley!», strillavano a intervalli regolari. Uscii sul vialetto e li salutai mentre chiudevo.

«Ma dove eravate?», chiesi camminando verso di loro. Poi vidi gli skate sotto i loro piedi. «Okay, capito», conclusi.

«Ti abbiamo salvato dalla noia casalinga: onoraci, Hay», dichiarò Jamie. Lo guardai da sopra gli occhiali con una faccia super scettica, finché non mi misi a ridere. Senza accorgercene, iniziammo a gironzolare. Parlammo delle solite cose, ovvero musica, musica e musica. Un po' monotoni, lo so, ma era così che passavamo il tempo.

Avevamo inventato un gioco quando eravamo poco più che dodicenni, e da allora non l'avevamo più mollato. Il gioco era semplice e stupido, come tutte le cose di successo che ci sono in circolazione. Non appena qualcuno di noi diceva una parola che poteva evocare il titolo o il testo di una canzone decente, faceva un punto. Ne faceva due se la canzone non era commerciale o, comunque, era uno di quei classici pazzeschi. Per intenderci, una canzone di Hitch avrebbe fatto meno cento punti. Okay, non esistevano canzoni che toglievano punti perché, alla fine, la diplomazia aveva deciso che non poteva esserci un soggettivo-oggettivo, non so se mi spiego. Insomma, non potevamo dire “questa fa proprio cagare e quindi ti tolgo tutti i punti per il resto della tua vita”, perché magari a me andava di dire qualcosa di Christina Aguilera o Britney Spears (assolutamente improbabile), e Travis avrebbe potuto dire di no perché era troppo... troppo... Britney-ano, capito? Quindi un punticino mi toccava. Se avessi detto qualcosa di più incisivo, avrei fatto due punti. Con Hitch, secondo me, non si faceva un bel niente, se non una figura di merda. Alla fine, avevamo chiamato questo gioco il “Link Game”, perché a una parola collegavamo una canzone. Travis era il numero uno, mio malgrado dovevo ammetterlo.

«Quando inizia la scuola?», chiese ad un certo punto Jamie. Lo fulminai.

«Non lo so e non lo voglio sapere», dissi schietta. La scuola era una specie di condanna all'ergastolo per me e non mi impegnavo per principio. Mi bastava la sufficienza. Punto.

«Due settimane esatte», annunciò triste e serio Travis, «e poi: fine della nostra libertà».

Calò il silenzio e l'aria si era fatta afosa. All'improvviso mi crollò tutto addosso: dovevo cambiare argomento.

«Siete stati alla festa di Dana, vero?», feci quasi accusatoria. Si strinsero nelle spalle. «Mica vi ucciderò per questo. Che si dice di bello?». Li lasciai di stucco con quell'ultima domanda: Travis e Jamie sapevano bene che io non ero una di quelle che assaporano i gossip e le dicerie del quartiere. Non appena sentivo qualcuno iniziare una frase con “Ma lo sai chi ha fatto/detto/visto...?”, io alzavo una mano e in segno di resa e annunciavo quanto poco me ne fregasse. Restava comunque il fatto che sapessi parecchie cose sul conto di tutti, o quasi tutti.

«Hayley? Sei tu che parli?». Soppressi una risatina.

«Ok, non mi va davvero di saperlo, è che mi annoio».

«Va bene. Allora stasera ti salviamo di nuovo dalla noia: ti sfidiamo a Guitar Hero. Accetti o scappi con la coda tra le gambe?».

«Jamie, non sono io quella che perde sempre. Ti stai confondendo con... te stesso!».

Iniziò una mini rissa di scappellotti e pizzicotti, e per fortuna non si arrivò allo spartichiappe. Ma per poco.

Quando tornai a casa erano quasi le sei e mezza. Fui sorpresa di vedere Jenna seduta a tavola con Dana (accidenti a lei) e sua madre, quella donna di plastica vagante. Da ora in poi la chiamerò Plastic-woman. Comunque, restai abbastanza di stucco.

«Ciao Hayley», mi salutò Dana, con quel suo tono petulante e più finto delle tette di sua madre. Sorrisi cinica e non risposi.

«Che succede qui?», chiesi rivolta a Jenna.

«Tesoro, la madre di Dana è venuta a chiedermi la disponibilità per la sfilata di Bree, ricordi?».

Bree è la “migliore amica” di Dana, ma in realtà sono come Lindsay Lohan e Hilary Duff, non so se mi spiego. Appena una si gira, l'altra pensa a come diventare la più popolare. Bree è la figlia di una specie di stilista (almeno credo), e da qualche mese ha la fissa della moda, ma in un senso ancora più raccapricciante: è lei che vuole fare i vestiti. È come mettere Paris Hilton al comando di un aereo carico di esplosivo, senza offesa per Paris Hilton.

Bree voleva organizzare una sfilata, a quanto pareva. Aspettai che Jenna continuasse.

«Dana parteciperà alla sfilata insieme ad altre tue compagne di scuola, e io mi sono resa disponibile per truccarle», annunciò trionfante.

Feci un sospiro di sollievo: per un attimo avevo creduto che fossero lì per chiedermi di partecipare alla sfilata di Miss Anoressia.

Dalla faccia sorridente delle tre donne che avevo davanti, intuii che non era ancora finita.

Oh, no.

«E poi...», continuò Jenna.

Oh, no. NO.

«... Sarebbe carino che tu...».

No, no, no.

«... partecipassi...».

Merda, no! NO!

«... alla sfilata. Sai, giusto per rientrare nel giro».

Ma quale giro?!

Feci una faccia perplessa e non risposi. Dana sapeva che non volevo (accidenti a lei se lo sapeva), ma aveva fatto lo stesso il mio nome. Brutta str...

Sorrisi e optai per la furbizia.

«E quando sarebbe questa sfilata?».

«Qualche giorno dopo l'inizio della scuola», fece Dana.

«Sì, ma quando? Potrei essere impegnata quel giorno».

«Oh, io non credo». Mi sorrise come una stronza. Ricambiai.

«Tu dici? Beh, fammi sapere quando è questa pseudo sfilata e poi vediamo», conclusi con aria di sfida. Jenna non sorrideva più, e sapevo che né Dana né sua madre sapevano il significato di “pseudo”. O forse non se la presero perché tanto la sfilata non era la loro, ma di Bree, e magari anche loro in realtà non la vedevano di buon occhio. Tutto era possibile, nell'incredibile mondo perverso e malato di Beverly Hills.

«Se adesso volete scusarmi», salutai con una faccia da finta educata e salii in camera mia. Dana ancora sorrideva come un'imbecille. Odiavo i suoi capelli biondi e gli occhi castano chiaro che ormai avevo imparato a leggere: era una stronza in ogni sua cellula, solo Jenna non l'aveva ancora capito.

Chiusi la porta di camera mia a chiave e mi misi un cuscino in bocca per impedirmi di gridare troppo forte. Dopo un quarto d'ora di accanimento sul povero cuscino, mi calmai e mi buttai sul letto a pancia in giù. Presi il cellulare e composi il numero di Lara, pregando che non fosse lontana dal suo cellulare. Non mi rispose e distrussi del tutto il cuscino. Forse avevo qualche problema di controllo, non so. O forse era la presenza di Dana al piano di sotto che bastava a farmi impazzire.

Aspettai di sentire la porta chiudersi, ma prima ci volle una quantità enorme di risate forzate e chiacchiere inutili. Quando finalmente le due tizie alzarono i tacchi, Jenna aprì la porta di camera mia.

«Non è stato molto carino da parte tua», disse dolce. Mi sedetti sul letto a gambe incrociate e la guardai allibita.

«Stai scherzando?». Forse in quei due secondi era stata rapita dagli alieni e non aveva assistito alla stessa scena che avevo visto io. «Crudelia ti ha fatto il lavaggio del cervello?».

«Hayley, non è stato molto carino da parte tua», ripeté con lo stesso tono.

«E questo l'hai già detto, Jenna. C'è altro?». Ero furiosa.

«Tu sei superiore, lascia stare Dana».

«È proprio quello che ho intenzione di fare, a partire da quella “sfilata”». Mimai apposta le virgolette.

«Mi pagheranno, non puoi fare finta di niente e passarci sopra?». La guardai a bocca aperta e indicai la porta. «Lo so, hai sedici anni e ti risulta difficile, però...».

«Non farò alcuno sforzo, non per compiacere Dana o Bree. Che paghino anche me se mi vogliono».

«Non accetteresti comunque». Vero. Mi strinsi nelle spalle e ignorai la sua affermazione.

«La prossima volta, puoi evitare?».

«Di fare cosa?!».

«Di rivolgerti a loro con quel tono».

«Jenna, non ci sarà una prossima volta. Perché la prossima volta che le vedo in casa, torno fuori senza neanche farmi vedere da loro».

Arrendendosi, scese in salotto scuotendo la testa.

Io aspettai le otto, come da appuntamento, e poi mi diressi a casa di Jamie e Travis, semplicemente attraversando la strada.

Chris era seduto sul marciapiede, stava fumando. Un paio di metri più in là, c'era anche Jess, in piedi e con una birra in mano. Non appena Chris mi salutò, Jess si voltò e mi salutò con la mano che teneva la bottiglia. Sembrava che si sforzasse di non sorridere.

«Guitar Hero anche tu?», fece Chris.

«Già. Vedo che il mio non era un invito esclusivo, se ci sei anche tu, Chris». Finse una risata sarcastica. Subito dopo spuntarono anche i due gemelli. Ora che ci penso, non ve li ho descritti.

Beh, sono identici, ah-ah. A dirla tutta, non proprio. Sono sempre riuscita a distinguerli, fin da piccola, quando i loro genitori li vestivano degli stessi colori. Che cosa triste.

Entrambi hanno i capelli biondicci e la pelle bronzea. Travis ha gli occhi azzurri, Jamie grigi. Travis ha i capelli più lunghi e sconvolti, sempre spettinati. Jamie li raccoglie sempre in una mini coda sulla nuca. Fisicamente, Travis è più massiccio, ma sono tutti muscoli; Jamie è mingherlino. Entrambi vestono casual, con polo o camicie a righe e quadri e bermuda larghissimi, con Converse costantemente ai piedi. In definitiva, sono dei bei ragazzi, ma per me sono prima di tutto “Travis e Jamie”.

Chris invece è del tutto dimenticabile. Non fraintendetemi, è un ragazzo completamente normale, non ha caratteristiche fisiche che restano impresse: è castano, capelli corti, occhi scuri, abiti normalissimi. Ma è un idolo proprio perché sa restare normale anche in giorni come questi. Probabilmente, la sua caratteristica principale è che non gliene frega niente di cosa la gente pensi di lui, perciò si veste come gli pare. Ma non è del tutto trasandato, capite? È normale. Uno normale a Beverly Hills non è poi così normale.

Invece Jess resta impresso, altroché. Quando avevo tredici o quattordici anni mi ero presa una cotta pazzesca per lui. Ha i capelli neri come la pece e un po' lunghetti, e li manovra con il gel con una maestria degna di un pubblicitario della Pantene. Ma sono i suoi occhi che non lasciano scampo: sono verdi, ma così verdi che neanche lo smeraldo più verde del mondo è verde abbastanza. Sono senza fondo, non so se mi spiego. Ci si incanta a fissarli, giuro. Almeno, a me capita sempre. E poi ha quel suo modo di fare silenzioso e preciso, così misterioso che a volte mette in imbarazzo. È pazzesco: e dovreste vederlo nei mesi un po' più freddi, quando arriva a scuola con la giacca di pelle nera.

Forse la mia cotta non è ancora sparita. Comunque.

Quando uscirono anche Travis e Jamie, mandammo all'aria la serata Guitar Hero e restammo sul vialetto di casa loro tutta la sera. Poi, la notte, ci trasferimmo nell'ala del giardino con la piscina e ci accampammo lì con le chitarre.

I genitori dei gemelli erano via per il week end, Jenna era fuori a cena... Non osavo immaginare con chi, ma sapevo che non sarebbe tornata, quella notte. Chris, beh, era il loro cugino, aveva il permesso di accamparsi sempre lì, e Jess... Testuale: “Come se dovessi chiedere il permesso a qualcuno”.

Perciò, ecco come passavo il tempo.

Ovviamente, verso le undici e mezza ordinammo delle pizze, anche se avevamo già mangiato. Ci mettemmo a divorarle sul bordo della piscina.

Io mi ero cambiata prima di uscire, non avevo più la maglietta super e i jeans. Avevo una minigonna di lino bianca e una canottiera nera semplicissima. Niente converse per quella sera, solo infradito nere. Però mi ero raccolta i capelli in una coda, il pomeriggio ero schiattata dal caldo con quella massa rossa e liscia indomata sulle spalle.

Jamie iniziò a strimpellare qualcosa sulla sdraio, Travis gli andò dietro. Chris li prendeva in giro, come al solito. Io mi ero messa a dondolare i piedi in acqua, attenta a non schizzare nessuno. Dopo poco, Jess si sedette di fianco a me e mi offrì un pezzo di pizza.

«Grazie».

«Figurati».

E la conversazione finì lì. Capite cosa intendo? Jess è così, c'è poco da fare, mica ci si offende.

Riconobbi la canzone che stava iniziando a suonare Travis: “Pressure”, dei Paramore. Non potei trattenermi dal cantarla, mentre Jamie si attaccava al fratello. Senza accorgermene, stavo muovendo i piedi a ritmo, facendo schizzare un po' d'acqua a destra e sinistra. Il tutto finì quando Jamie sbagliò un accordo e si perse la magia dell'improvvisazione.

«Mezza calzetta!», gli gridai ridendo. Con la coda dell'occhio mi parve di vedere Jess sorridere mentre mi fissava. Quando mi girai verso di lui, distolse lo sguardo di scatto.

«Sei brava, sai?», mi disse dopo un po' senza guardarmi in faccia. In quel preciso istante il mio cellulare mi salvò da quel momento un po' fuori dalla norma: Jess che faceva complimenti? Mah.

Feci segno a Jess con il cellulare senza dire una parola e mi allontanai da lui, in un angolino semi isolato.

«Lara!», esclamai sollevata. «Torna adesso, ti prego!».

«Sei così desolata e inutile senza di me, tesoro?».

«Tu non capisci: oggi Dana e sua madre erano in casa mia!».

Seguì un attimo di silenzio: probabilmente Lara aveva lasciato la mascella cadere.

«Che. Schifo. Hai disinfettato tutto?».

«E tu non sai qual era il motivo... Allucinante!».

«La sfilata di Bree, certo che lo so. Sei solo tu quella che viene a sapere le cose per ultima, visto che ti ostini a vivere nella tua bolla anti-gossip».

«Oh». Cambiai espressione e poi come una bimba viziata proseguii: «Beh, la mia bolla è bellissima».

«Non ne dubito, gioia».

«Lara, quando torni? Ti necessito».

«Tre giorni. Credi di potercela fare?».

«Fino a che sono dai gemelli a cazzeggiare, credo di sì».

«Guitar Hero?».

«Il piano era quello, ma poi Jess ha ordinato le pizze e le abbiamo mangiate in piscina con Chris che lanciava mozzarella ovunque».

«C'è Jess?!». Non aveva un tono né scandalizzato né stupito. Era neutrale, ma in modo sarcastico.

«Sì», risposi indifferente. Come no.

«Ma non mi dire... La mia teoria sembra non fallire mai».

«La tua teoria è una stronzata campata per aria, Lara», risposi arrossendo. Per fortuna che non era lì davanti a me.

«Questo lo vedremo. E ti dirò di più: entro tre mesi al massimo, qualcuno si farà male».

«Lara!», gridai mentre lei rideva.

Lasciai correre, così mi raccontò del ragazzo che aveva conosciuto alle Bahamas, anche se era abbastanza noioso. Tutta la vacanza secondo lei lo era, ma lo diceva solo perché i suoi genitori erano con lei. Voleva vedere cosa succedeva nel suo ambiente, non in quello delle Bahamas. La telefonata durò all'incirca un quarto d'ora, senza un filo logico costante. Perlopiù erano commenti sarcastici e acidi. Beh, eravamo pur sempre ragazze di Beverly Hills.

Quando tornai in piscina, erano spariti tutti. Entrai in casa, ma non vidi nessuno. Tornai di nuovo fuori, ma...

Avevo un presentimento che non ebbe il tempo di formularsi nella mia mente: quattro mani mi afferrarono per le gambe e per la schiena e mi alzarono da terra. In meno di due secondi, mi ero ritrovata catapultata in piscina vestita con Jamie e Travis. Chris e Jess se la ridevano in un angolo mentre fumavano una sigaretta.

Feci un po' di guerra ai due bulli acquatici, ma la realtà era che mi stavo divertendo. Presi la poltroncina gonfiabile e quando Travis ci fu sopra, andai sott'acqua e lo ribaltai. Jamie si tuffava dal trampolino.

«Hey Travis, pssst!», lo chiamai a bassa voce. Si girò con aria da cospiratore.

«Vuoi buttare giù anche Chris e Jess?», mi chiese malizioso.

«Come no, è quello che stavo per dirti».

«Okay. Sta' a vedere. Oh, Chris!». Il malcapitato si avvicinò, ma non troppo: conosceva il cugino abbastanza bene da poter prevedere le sue mosse. Decisi di intervenire.

«È mezz'ora che vi chiamo, imbecilli!», feci seria. «Mi passi un asciugamano? Ho freddo». Mi aggrappai al bordo e aspettai che si abbassasse al mio livello. Quando fu di ritorno, Travis era sparito. Era in agguato.

«Eccoti», mi disse piegandosi sulle ginocchia.

«Ti risparmio un viaggio in piscina se ti allei con me per buttare Jess in acqua». Sorrise e annuì subito: come era facile vincere.

«Hey, Jess», lo chiamò. «Dammi una mano per tirarla fuori, si è fatta male a un ginocchio e fa fatica». Mi lanciò un'occhiata d'intesa e feci la faccia dolorante. Non appena Jess fu a portata di mano e io sul bordo della piscina, mi aggrappai a tutti e due e mi lasciai cadere a peso morto all'indietro, mentre Jamie e Travis spingevano i due in piscina, in caso da sola non ce l'avessi fatta. Risultato: cinque folli che facevano un bagno in piscina vestiti.

Gridammo e giocammo come dei bambini: alcuni (io) finirono nei cassonetti, trascinati di peso; altri (Chris) furono frustati con asciugamani bagnati; altri ancora (Jamie) furono filmati durante i tuffi olimpionici a bomba.

Quando fummo esausti, uscimmo dall'acqua e ci avvolgemmo come dei talebani negli asciugamani: faceva abbastanza freddo, ora.

«Sei una brava attrice», commentò Jamie. Ringraziai con un'occhiata maliziosa.

«Credo che mi andrò a cambiare», annunciò Chris, «o così mi verrà la polmonite».

«Ma no, come sei fragile». Alla fine, tutti i ragazzi si misero qualcosa di asciutto, facendosi prestare vestiti dai gemelli. Io attraversai la strada e in due secondi mi ero già risistemata, con una maglietta a maniche corte bianca, una felpa leggera grigia sopra e i jeans. Immancabili Converse tradizionali: quella era la mia mise più trasandata. Avevo sciolto i capelli, così si sarebbero asciugati prima.

Tornai in meno di dieci minuti e li trovai tutti in salotto, stravaccati sul divano. Mi buttai sull'unica poltrona rimasta libera e sbuffai.

«Che smidollati che siete, vi stancate subito», li stuzzicai.

«Ma sentila».

«Ti ricordo che sei l'unica ragazza in una casa in cui ci sono quattro giovani uomini sessualmente imprevedibili», mi ammonì Jess. Risi e feci una pernacchia.

«Poveretti!», feci ridendo.

«Ci sta sfidando?», chiese Jamie al fratello. Mi preparai alla lotta imminente.

«Okay, la sopprimo io», si offrì serio Jess mentre si alzava con le mani avanti. Sapeva che soffrivo il solletico.

E questo per lui era il “sessualmente imprevedibile”? Che delusione.

Lara rise nella mia testa, ma sparì nel momento esatto in cui il solletico mi fece ridere così tanto da avere le lacrime agli occhi.

La guerra non durò molto: dopo mezz'oretta crollammo tutti, uno addosso all'altro. Se qualcuno ci avesse fatto una foto, probabilmente avremmo fatto la parte dei bimbi che dormono a pancia in su o a culo all'aria in una pubblicità di pannolini per la notte.

 

 

   
 
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