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Autore: Artemis Black    03/09/2012    2 recensioni
[Biancaneve e il Cacciatore]
[Snow White & the Huntsman] Ho scritto questa storia perchè il finale di Biancaneve e il Cacciatore mi ha lasciato un pò l'amaro in bocca, diciamo che mi sarei aspettata di meglio. Quindi la mia testolina ha cominciato a elaborare la propria fine, ed eccola qua! Spero vi piaccia :D
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Ecco qui la conclusione.
Spero vi sia piaciuta la storia, fatemi sapere e recensite!
E magari date un'occhiata anche alle altre mie storie :)
 Artemis Black 



PARTE DUE

 
“Mia signora, è ora.”
Giselle posò una mano sulla mia spalla per destarmi dai miei pensieri. Congedai la mia dama e rimasi un altro minuto a fissare l’oceano fuori dalla mia finestra.
Dall’altra parte del castello la cerimonia stava per iniziare e la maggior parte dei nobili di corte erano già arrivati. I festeggiamenti nella parte bassa della cittadella erano iniziati la mattina presto, con il primo canto del gallo. La città era in festa, la gente sorrideva e si divertiva, ballava e cantava, tutti erano gioiosi per la nuova regina… tranne la regina stessa.
-Ci sarà lui?- mi chiesi.
Era ovvio che non sarebbe venuto.
-Sarò una regina senza un re.- Era da giorni che lo pensavo ormai, non sembrava male come idea.
Avrei potuto amare soltanto una persona e se quella persona non poteva rimanere con me, allora sarei rimasta sola. La cosa non mi spaventava, ero rimasta chiusa anni in una cella in completa solitudine.
Lisciai il vestito con le mani, mi ricomposi e usci dalla stanza diretta alla sala del trono.
Avevo due soldati davanti a me in divisa ufficiale e altri due dietro, che mi scortarono fino al grande portone, infine feci il mio ingresso.
-Sorridi e dimentica tutto il resto.- mi dissi.
Una grande ovazione fu sollevata in mio onore e la gente si alzò per applaudirmi e urlarmi il loro appoggio. Davanti a me un tappeto rosso interminabile con il trono in fondo e ai lati c’erano rispettivamente Duca Hammond, suo figlio William e il ciambellano di mio padre che aveva il compito di posare la corona sul mio capo.
William mi sorrise e mi porse la sua mano per aiutarmi a salire un misero gradino, che avrei potuto salire tranquillamente da sola, ma accettai il suo aiuto solo per non essere irrispettosa.
Dopo i vari discorsi che alcuni nobili mi rivolsero, alcuni dei quali brevi e molto noiosi, arrivò il momento.
Mi inginocchiai e chinai il capo per essere incoronata.
“Ed ecco la regina Biancaneve!” disse infine il ciambellano.
Alzai il capo e mi sollevai da terra: un’aura importante e maestosa si era impadronita di me e la gente mi guardò con venerazione e stupore. Poi tutti si inchinarono ai miei piedi, tutti eccetto una persona in fondo alla sala, che nessuno aveva notato tranne io.
Era qui.
Trattenni a stento le lacrime e lo salutai con un sorriso sincero. Lui non ricambiò, fece un lieve inchino e uscì dalla sala. Era l’ultima volta che l’avrei visto, ne ero consapevole.
La gente si rialzò in piedi, levò in alto i propri cappelli mentre i soldati levarono le loro armi. Duca Hammond mi accompagnò alla terrazza che dava sulla piazza, lì il popolo mi stava attendendo con impazienza e non appena le porte si aprirono, un boato esplose e coriandoli, colombe e berretti volarono in alto nel cielo.
Tutti erano in festa, con il cuore colmo di felicità. In me si apriva una voragine che inghiottiva me stessa.
Quando erano intrappolata nella prigione pensavo a come sarebbe stata la mia cerimonia d’investitura, a quanto sarei stata bella e a tutti gli uomini che mi avrebbero desiderata senza potermi avere. Pensavo che sarebbe stato tutto semplice e senza pensieri.
Ma la realtà era un’altra: ero nata per prendere il posto di mio padre, ma non sono mai stata una vera principessa. Non ho avuto un’infanzia normale, non ho vissuto la mia adolescenza. Ero passata da una triste bambina ad una donna adulta sicura e forte, senza accorgermene e quando sono riuscita a riavere la mia vita, non era quella che mi aspettavo. Questo castello, le sue mura, la sua storia è impregnato del sangue della mia famiglia. Mi ha portato via tutto e tutti, anche l’unica persona che amo se ne è andata. Non potevo sopportarlo, non avrei vissuto un’altra volta rinchiusa in un’altra cella.
“Duca Hammond, devo parlarvi.” Dissi di nuovo dentro il castello.
“Oh, mia regina. Godetevi la vostra festa, ci sarà tempo per parlare.” Disse e fu così che non lo vidi per tutta la seguente settimana.
La sera fu dato un banchetto in mio onore e per tutta la notte si susseguirono danze nel gran salone.
Dopo esser rimasta a lungo seduta ad ammirare la mia festa, mi allontanai con un bicchiere di sidro abbondante che buttai giù tutto d’un fiato, lontano da occhi indiscreti.
Ero affacciata ad uno dei tanti balconi ad ammirare le stelle.
“Oh madre… non posso vivere nella tristezza. Io non merito tutto ciò, il popolo mi adora ed io gliene sono grata ma questa vita non fa per me, almeno non più! Ho scoperto cose nuove, ho ammirato da lontano ciò che voglio veramente! Come posso uscire da questa situazione? Aiutami. Non voglio deludere nessuno, ma non voglio buttar via la mia vita.” Dissi rivolgendomi al cielo.
Nessuna risposta, nessuno in ascolto.
“Mia regina, state bene?” la voce di William mi fece sussultare appena.
“William!” dissi.
Ogni volta che lo vedevo, mi ritornava alla mente quell’anno che passammo insieme a giocare nei giardini reali. Eravamo consapevoli entrambi che i nostri genitori stavano decidendo del nostro futuro fidanzamento, eppure non gli davamo peso. Almeno non io. Finchè mio padre non fu assassinato e tutto andò all’aria.
Lui aveva occhi solo per me, non guardava nessuna come guardava me e non sorrideva a nessuna che non fossi io. Era innamorato di me, ma io non ricambiavo quel sentimento. Per me era un amico d’infanzia, un ricordo quasi, ed averlo qui affianco a me, mi metteva in ansia.
Lo guardavo con pena ed amarezza, avrei dovuto dirgli ciò che pensavo di lui.
“Altezza, c’è qualcosa che volete dirmi?” mi chiese.
“Si, William c’è qualcosa. Ma non so come dirtelo, non vorrei ferirti in alcun modo.” Gli risposi.
Lui corrucciò le sopracciglia e si fece più vicino.
“Ecco… dimmi, provi qualcosa nei miei confronti?” chiesi.
“Si certamente, provo ammirazione e devozione per voi.” Rispose.
“Questo lo so, ma c’è qualcos’altro di più?”
Rimase interdetto, stava pensando se esternare i suoi sentimenti o meno. Poi mi prese una mano e mi guardò dritto negli occhi.
“Biancaneve…” pronunciò il mio nome con voce flebile “Io provo dei sentimenti per voi che non possono esser pronunciati, poiché non esistono parole con cui posso esprimermi. Sin da piccolo, quando vi incontrai la prima volta, rimasi affascinato da voi e dalla vostra bellezza, poi sono riuscito ad apprezzare anche il vostro carattere gentile, dolce e premuroso ed allora io vi ho donato il mio cuore. Nessun’altra donna potrà mai esserci se non voi.” Mi confessò.
Mi pugnalò il cuore e mi tolse il fiato, sarebbe stato più difficile rivelargli tutto.
“William, io…” dissi.
“No mia regina, non dovete rispondermi adesso. Voglio che ci pensiate, io non so chi ci sia nel vostro cuore, ma so di non essere l’unico.” Disse.
“ No vi sbagliate mio caro William. So chi voglio e chi c’è nel mio cuore. Voi siete un amico fidato e leale, ad esser sincera non vi ho mai visto diversamente.”  Confessai.
Lasciò scivolare via la mia mano.
“Sono dispiaciuta ma io, non provo i vostri stessi sentimenti per voi. Perdonatemi.” Dissi infine.
Rimase in silenzio, per molto tempo, i suoi occhi si spostarono altrove.
“Capisco, non dovete scusarvi. Ora perdonate, ma vorrei ritirarmi nei miei alloggi.” Disse.
“Spero per voi che troverete un’altra donna che sappia ricambiarvi e amarvi per sempre. E’ dura, ma vorrei chiedervi se potremo rimanere amici… ma se non volete, posso capire.” Dissi.
“Grazie… io, ecco… devo pensarci… non so.” Balbettò. Con  un lieve inchino si congedò e sparì nel buio dei corridoi.
In cuor mio speravo che mi perdonasse, ma sapevo che era dura mandar giù una simile sofferenza sentimentale.
Cercai la mia dama e quando la trovai le chiesi di accompagnarmi nella mia camera ed aiutarmi a sfilare i vestiti. Una volta infilata nel letto, lasciai andare Giselle e mi rifugiai nei miei sogni.
 
La settimana successiva fu alquanto pesante e piena di impegni burocratici e non. Lord Magnus era partito per raggiungere la sua vecchia terra per portar qui il resto della popolazione che era ancora rifugiata in quel vecchio forte.
Quando tornò gli parlai della mia sofferenza e del fatto che avrei voluto abdicare.
Lui mi disse che forse era solo il fatto di non sentirsi all’altezza dei compiti, ma che sarebbe passato dopo un po’. Passò un mese e la mia voglia di libertà cresceva, ed era tale che per la settimana successiva non volli uscire dalla mia camera per non dover adempiere ai miei impegni. Sembravo una sciocca bambina, ma non avevo la forza di affrontare le mura di questo castello.
Passarono altri due mesi e nel frattempo mi ero ammalata ed il dottore mi disse che era colpa mia, che ero rimasta troppo tempo nella stessa stanza, senza uscire. Il duca Hammond si accorse allora, che non era una cosa passeggera.
E fu così che mi fece visita nella mia stanza.
“Vostra maestà, posso?” chiese bussando alla porta.
Giselle accorse ad aprire e a inchinarsi dinanzi a lui. Poi le dissi di andare a fare il bucato e di prendersi del tempo.
Il lord si sedette sul bordo del letto. Si guardava i piedi e teneva le mani congiunte, sospirava e si toccava la barba, segno che stava pensando. Poi si rivolse a me e mi parlò, come se fosse mio padre.
“Biancaneve, mi duole vedervi in questo stato. Cosa posso fare per voi?” mi chiese.
“Prendete il mio posto come re.” Dissi.
Sgranò gli occhi per lo stupore e rimase senza parole. Ci mise un po’ a tornare in se e parlare.
“Mia regina, ma che dite!”  rispose.
“Duca Hammond, voi riuscite a gestire questa vita piena di doveri mentre io no! Vi scongiuro, in nome di mio padre, prendete il mio posto. Non lasciatemi morire in questo castello maledetto per la mia famiglia!” dissi quasi implorandolo.
Si alzò dal letto e cominciò a passeggiare su e giu per la stanza. Poi si accostò al letto e serio mi chiese:” Ne siete sicura?” mi chiese.
“Ma stata più sicura.” Risposi.
“Se è questo quello che volete… ma il popolo, come reagirà?” mi chiese sconcertato.
“Questo il popolo non lo verrà a sapere, poiché inscenerò la mia morte. Morirò per il popolo e voi prenderete il mio posto. Non voglio deluderli, ma non posso continuare a soffrire mentalmente così! Anche il mio corpo comincia a risentirne.” Dissi sicura di me.
Lui rimase ancora una volta sconvolto.
“Mia regina, questo è un po’ troppo non credete?” mi disse.
“No, la mia libertà avrà un costo che sono pronta ad accettare. Voi piuttosto, mi aiuterete?” chiesi.
Ci pensò su, poi mi rispose:” Certamente, sarò ai vostri ordini come sempre.” Disse.
Per tutto il giorno e quello a seguire, stilammo i documenti di successione e mettemmo in atto un piano: mi sarei ammalata di febbre e il mio esile corpo non sarebbe riuscito a sopportare il morbo e allora sarei deceduta, ma non prima di aver acconsentito alla successione del Duca Hammond ancora in possesso delle mie facoltà. Sarebbe stato il nuovo re e suo figlio sarebbe diventato principe, la sua famiglia avrebbe preso il posto della mia con i miei più sinceri sostegni. Chiesi anche al Lord di aiutare sempre il villaggio a nord che mi aveva salvato, in qualsiasi situazione. Inoltre, per non far scoprire la mia finta morte, il funerale si sarebbe celebrato per tutto il paese ma la mia bara sarebbe stata chiusa, poiché io pensavo che fosse più dignitosa far ricordare ai sudditi com’ero e non com’ero diventata per colpa del morbo. Nessun’altro oltre a me, Hammond e Giselle sapeva del vero piano… finchè non lo scoprì anche William.
“Siete impazzita?” mi disse entrando nella mia camera.
Dopo averlo calmato gli spiegai la situazione.
“Lo amate a tal punto?” mi chiese.
“Si, fino a tal punto.” Gli risposi. Rimase in silenzio e pensò prima di dir la sua.
“Allora vi aiuterò. Voglio che voi siate felice anche se non sarò io la causa, voglio solo il vostro benessere.” Mi disse.
A quelle parole mi commossi e lo abbracciai forte, lo ringrazia e gli augurai tanta felicità.
E fu così, che dopo una settimana di sofferenze, la regina morì.
La città, in lutto, era tetra e grigia. Nel giorno del mio funerale, una lieve pioggerellina bagnava la mia bara e la gente che era accorsa a darmi l’ultimo saluto. Ed io, che ero mimetizzato nella folla, salutavo la mia vecchia vita e la gente che mi aveva amato ed idolatrato.
A mezzanotte di quello stesso giorno, William mi aspettò di fronte ad un’uscita segreta del castello, per darmi il mio cavallo e le provviste. Con lui c’era anche Giselle, che volle a tutti i costi seguirmi.
“Se non ci siete voi a palazzo, io non servo più a nulla allora.” Mi aveva detto.
Salimmo entrambe a cavallo e ci coprimmo con i mantelli scuri.
“Fate buon viaggio e siate felice maestà.” Disse.
“Non sono più regina, William.” Lo corressi.
“Lo siete nell’animo.” Mi rispose.
Quelle parole rimasero scolpite nel mio cuore e con esse lasciai per sempre la vita di corte, la mia infanzia, la mia adolescenza mancata, la guerra contro la perfida Ravenna e tutte le sofferenze che avevo subito. Lasciai il mio passato per intraprendere un nuovo futuro e vivere il presente.
La mattina presto arrivammo al villaggio, dove dissi a Giselle che avrei dovuto continuare da sola il mio viaggio. Lei un po’ dispiaciuta, mi salutò in lacrime abbracciandomi. Poi la lasciai nelle mani dell’anziana Alis.
“Sii felice Biancaneve!” mi gridarono mentre mi allontanavo nel bosco oscuro.
 
Dopo giorni di cammino e vari ostacoli, come un troll e il fatto di essermi persa, riuscii ad arrivare ad una verde radura immensa che al mio passaggio fioriva e l’erba diventava di un verde brillante. Riconobbi la quercia dove avevo accarezzato il cervo bianco e un po’ di malinconia sfiorò il mio cuore. Mi avvicinai all’albero e lo abbracciai. Sentii il pulsare della vita e inspirai l’aria fresca che mi circondava. In alto, un’aquila gridò libera il suo canto e mi riempì il cuore di felicità.
Le fate uscirono fuori dall’albero e mi volarono intorno per festeggiare il mio ritorno. I loro piccoli corpi perfetti si posavano sulle mie spalle e sulla mia testa. Si misero a cantare una melodia dolce e armoniosa, e dopo poco vidi apparire da un angolo del bosco il cervo bianco.
Il mio cuore si colmò di gioia ed un sorriso si aprì sulle mie labbra. Da quanto non sorridevo così? Da tanto, troppo tempo.
Mi avvicinai e gli accarezzai il muso, lui sbuffò e mise la sua fronte sulla mia. Il suo pelo candido e morbido al tocco, mi suscitò sicurezza e coraggio. Poi lo lasciai andare e lui sparì, al suo posto un grande sciame di farfalle viola si levò in cielo. Ammirai quelle farfalle con occhi lucidi, era il momento di rimettersi in cammino.
Continuai il mio viaggio, fino ad arrivare alla casa di quei sette nani che mi aiutarono tempo fa a sconfiggere la Strega. In un primo momento non credevano che fossi io, poi si convinsero e mi accolsero nella loro umile dimora, dandomi un pasto e un letto dove riposare.
L’indomani mattina gli chiesi se avevano visto il cacciatore e loro risposero che non avevano sue notizie da un po’. Così li ringraziai della loro ospitalità e mi rimisi in cammino. Dopo pochi minuti uno di loro mi raggiunse e mi disse di averlo visto circa due giorni fa.
“Se lo sapessero gli altri! Sai non gli sta simpatico, ma lui aveva bisogno di un nuovo arco per cacciare così gliene ho procurato uno. Se segui questo sentiero e quando arrivi al fiume vai verso destra, potresti incontrarlo.” Mi disse. Gli stampai un bacio sul suo grande naso per ringraziarlo e lui arrossii.
Percorsi il sentiero e seguii il fiume, ma non lo trovai.
Continuai imperterrita a girare mezzo bosco finchè non mi fermai e accesi un fuoco per la notte. Dormii in compagnia delle stelle e di due scoiattoli che si infilarono nel mio mantello alla ricerca di un posto caldo. La mattina seguente al loro posto ci trovai due ghiande, forse era un ringraziamento per averli protetti al calduccio. Raccolsi alcune more e alcuni lamponi dai cespugli e trovai anche un albero di albicocche.
Proprio mentre raccoglievo delle albicocche, un passerotto cominciò a canticchiare vicino a me.
“Ciao piccolo, ne vuoi una?” gli dissi facendogli vedere un’albicocca.
Lui la ignorò ma in compenso si poggio sul mio braccio e tirò la manica. Sembrava impazzito, mi stava per bucare la maglia e nel frattempo volava via per poi ritornare.
“Vuoi che ti segua?” sembravo pazza, ma quell’uccellino sembrò dirmi di si. Lo seguii a cavallo.
“Aspettami!” gli urlai. Era veloce e stargli al passo non era facile. Dopo un po’ si posò su un ramo e continuò a fischiettare. Dietro degli alberi si intravedeva una piccola casetta in pietra con un tetto robusto.
Scansai alcuni rami e poi scesi dal cavallo. Il camino fumava, quindi qualcuno era all’interno, perciò mi avvicinai piano piano.
Il mio cuore prese ad accelerare e la speranza tornò a illuminarsi.
La porta della casetta si aprì.
Mi bloccai a metà strada senza respirare.
Piccole perle d’acqua bagnarono le mie ciglia e le mie mani presero a tremare. Lui mi guardò, da lontano e capì che ero qui per lui, solo per lui. Ci guardammo in lontananza, quasi increduli di chi avessimo di fronte.
Mi corse incontro e anche io gli corsi incontro. Saltai tra le sue braccia e affondai il viso nel suo incavo tra il collo e la spalla. Inspirai a fondo il suo odore e passai una mano su suoi bellissimi capelli color oro, per poi posarle sul suo viso.
Le sue mani erano salde sulla mia schiena e mi sorreggevano da terra, mi riappoggiò dolcemente per poterle spostare sui miei fianchi e stringermi a se.
“Finalmente… ti ho trovato.” Dissi.
“Finalmente, sei arrivata…” sospirò.
“… Per restare” conclusi.
E infine ci baciammo.
 Non ci staccammo per molto tempo, eravamo presi l’uno dell’altra per poter pensare di respirare. Ci staccammo per un secondo, solo per rifornire i nostri polmoni d’ossigeno e poi riprendemmo. Poi lui mi prese in braccio e con un sorriso che illuminava il mio universo, mi portò a  casa sua… anzi, la nostra casa.
E vivemmo di quella piccola pazza cosa chiamata amore per il resto dei nostri giorni ed oltre.
 
THE END
  
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