Siamo noi i padroni
del nostro destino.
Allora… tanto per
iniziare vorrei informare che questa fanfiction è
ambientata al sesto anno. Inizia durante la fine dell’anno scolastico quando Draco sta per riparare del tutto gli armadi
per far enreare i Mangiamorte a Hogwarts. Fino a
li considerate fedele l’opera della cara J.K. Rowling. Poi il seguito è
tutta un’invenzione della mente della quei presente Iso
nonché soski nonché _01.
Ah, naturalmente è
una Draco/Hermione.
Vi lascio alla
lettura (e mi raccomando recensite ghghg)
Vuestra
Iso
Capitolo
1
Non c’erano
scuse.
Giornate come quella
ti succhiavano via la voglia di vivere.
Non che lui ne avesse tanta, intendiamoci. Avrebbe preferito morire annegato
nel Lago Nero piuttosto che distruggersi così.
E mentre guardava il
cielo incupirsi sempre di più, le chiome degli alberi scuotersi, la superficie
dell’acqua incresparsi, Draco pensava a come era cambiato in quei pochi
mesi.
Se qualcuno un anno
prima gli avesse detto “Ehi, guarda che la tua
preoccupazione quotidiana tra 360 giorni non sarà quella di vincere la coppa
delle case o di rompere quotidianamente a Potter. Non, no, no. Tra 360 giorni ogni mattina prima di andare a colazione,
ogni pomeriggio prima di iniziare la lezione di Incantesimi, ogni sera prima di
immergerti nel torpore del tuo letto tu penserai che sei in pericolo di vita. Tu, tua madre e il tuo migliore
amico. E inizierai a rimuginare sul fatto che se non porti a termine il compito che
Lord Voldemort ti ha assegnato, il carnefice di questi
omicidi sarà Lucius Malfoy,
ovvero tuo padre…”, Draco lo avrebbe preso per un pazzo lontano parente della
Cooman.
Ma osservare il
parco in quel pomeriggio uggioso di Marzo gli faceva spegnere dentro di se anche
quella scintilla piccolissima che aveva nel petto da una settimana a questa
parte. Un’idea folle, che solamente un matto avrebbe potuto attuare. Non poteva
fare ciò che voleva. Non poteva essere padrone della propria vita, del proprio
destino. Si sentiva sola una marionetta nelle mani di un perfido burattinaio che
appena questa si scrosta un po’ la butta
via.
E lui non voleva di
certo essere buttato via. A sedici anni è un po’ presto per ritrovarsi con altre
migliaia di burattini giovani e vecchi in un secchio della
spazzatura.
Invece gli altri non
capivano niente.
E lui non capiva gli
altri.
Come potevano essere
così superficiali tutti qui ragazzi e tutte quelle ragazze che passeggiavano nel
parco, cercando di rimorchiare qualcuno facendo occhiolini a destra e a manca?
Quale era il loro massimo impedimento? Aver finito il
lucidalabbra brillantinato? Non poter avere la
nuova scopa da corsa in vetrina a Diagon Alley? Illusi, stupidi, materialisti.
E una stretta gli
chiudeva il cuore quando pensava che fino a poco prima
anche lui era così. Presuntuoso, arrogante e materialista.
Ma sotto sotto a Draco mancavano i vecchi
tempi.
Quando camminava per
i corridoi di Hogwarts trionfante insieme a quei due
idioti di Tiger e Goyle.
Quando passava le nottate ai festini Serpeverde
organizzati da Nott ubriacandosi con Blaise. Quando a pranzo andava comodamente a fare una
capatina al tavolo dei Grifondoro per spara qualche
frecciatina verso Lenticchia e Sfregiato, ottenendo la
reazione a catena della rabbia della Zannuta.
Quando ancora non
aveva il peso della morte di Albus Silente sulle
spalle.
Quando ancora
giornate come quella non gli succhiavano la voglia di
vivere.
E lui ne aveva
veramente poca.
“Hermione, io
continuo a dirti che Malfoy sta tramando
qualcosa.” Esclamò Harry Potter nella sala comune di
Grifondoro facendo sobbalzare due bambinette del primo
anno.
“Ed io HARRY,
continuo a ripeterti inutilmente che stai diventando veramente paranoico con
questa faccenda di Malfoy”. Rispose a tono Hermione mentre sferruzzava, comodamente accucciata in una
morbida poltrona davanti al caminetto, un berretto azzurro da
elfo.
“Paranoico?”
continuò sulla sua strada il ragazzo “E io sarei Paranoico? Mi sbaglio o sei tu
quella che al terzo anno aveva paura che la scopa mandatami da Sirius fosse stata stregata e l’hai consegnata alla McGrannit? O forse ero io, già… forse ero io quello che si è
preso la briga di assillarmi per tutto quest’anno con il libro del Principe
Mezzosangue, già…” e nel frattempo prese il libretto
dalla copertina rovinata e lo sventolò sotto il naso di
Hermione.
Intanto Ron
passivamente lanciava occhiate fuggenti ai due.
Non che gli importasse più di tanto, ormai era un mese che andava avanti
la stessa storia. Harry assillava Hermione, Hermione rispondeva a Harry,
litigavano e
“…tema di Pozioni
Harry. Io l’ho finito da un secolo. Vi siete ridotti all’ultimo momento come
sempre. Invece di assillarmi su cosa, quando e come Malfuretto di muove, dovresti
iniziare a scriverlo… e poi non venire a lamentarti che Piton ce l’ha con te!”.
Harry sbuffando
iniziò a camminare avanti e indietro “Ma sinceramente Herm, preferisco seguire
Malfoy…” e prese dal tavolo accanto
la mappa del malandrino sussurrando sottovoce delle parole tra le quali
si potevano chiaramente riconoscere Solennemente e Intenzioni “… che fare uno
stupido tema di Pozioni. Perché quando quella viscida Serpe combinerà qualcosa,
e non guardarmi così Hermione, perché lo FARA’, credo che sarà stato più
importante pedinarlo che scrivere ottanta centimetri sulle proprietà del Cavolo
Messicano.”
“Si, ma vedi di non
coinvolgere
me e Ronald nelle tue mirabolanti imprese. Harry, si sta quasi
dimostrando più maturo di te… avrà scritto almeno
quindici centimetri e…”.
“INSOMMA BASTA!”
sbottò Ron. “Non so se ve ne siete accorti ma io, qui,
sto CERCANDO di migliorare la mia T in pozioni.” Disse alludendo alla pergamena
che aveva davanti a se. “ Ma se volete potete scriverlo sempre voi, visto che
non avete niente da fare oltre che litigare e…”.
Hermione si alzò
prontamente dalla poltrona lanciando un incantesimo ai ferri in modo da farli
sferruzzare magicamente per completare il berrettino al quale aveva aggiunto un
“simpatico” pon-pon giallo. “Siccome non ho intenzione
di stare a sentire altre vostre assurdità sul Cavolo Messicano o su i loschi
piani di Malfuretto,” e a
quest’ultima osservazione lanciò uno sguardo eloquente ad Harry “ vado a
pattugliare un po’ i corridoi. Naturalmente Ron dovresti venire anche tu, ma
dubito che riusciresti a finire quel benedetto tema, quindi fai anche con
comodo. Dirò alla McGrannit che sei a letto con
l’influenza.” E indicò il dormitorio
maschile.
Assottigliando gli
occhi e mugugnando tra se Hermione Jane Granger uscì dalla sala comune facendo
svolazzare i mantelli dei primini al suo passaggio.
Guardò un’ultima volta se il berretto stesse procedendo
bene e uscì dal buco del ritratto, sistemandosi il maglioncino color nocciola,
che per la foga le se era alzato sopra l’ombelico.
E non era
assolutamente un comportamento adeguato per una
caposcuola.
Blaise Zabini era
visibilmente preoccupato. Ma quando non lo era nell’ultimo tempo? Comunque aveva
cercato Draco in lungo e in largo. Era entrato in tutti i dormitori femminili e
maschili di Serpeverde (beccandosi insulti dagli
studenti impegnati a fare qualcos’altro che non fosse dormire) ma del suo amico
nemmeno l’ombra. Non c’era nemmeno nelle cucine, in Sala Grande, a pattugliare i
corridoi…in erblioteca nemmeno ci aveva provato. Se lo
avesse mai visto trafficare con i tomi polverosi di Madama Pince, allora si che si sarebbe messo a ballare nudo la salsa sul tavolo
dei Tassorosso all’ora di
Pranzo.
Ma da dove gli
usciva fuori quel ridicolo sarcasmo? Forse perché negli ultimi tempi di momenti
per farlo ce ne erano veramente pochissimi… forse perché era un po’ più di buon
umore oggi. Si, decisamente. Ginevra Weasley che gli sorrideva
mentre andava a colazione era un notevole cambiamento. E in meglio
soprattutto.
Provò anche a fare
una capatina nell’ufficio di Piton, forse Draco si
trovava là. Ma oltre a due salamandre in salamoia nei rispettivi barattolini
pieni di liquidi dall’aspetto decisamente poco gradevole non trovò nessun ’altra presenza.
Doveva muoversi, o
Lucius Malfoy si sarebbe
arrabbiato.
Oh, si. Quell ’uomo non sopportava
aspettare, soprattutto quando c’era in gioco una riunione di Mangiamorte in corso e alla quale mancava il suo unico
erede.
Sgusciò tra un paio
di ragazzi del quarto anno e uscì dal portone d’entrata per dirigersi verso il
parco. Draco poteva trovarsi solo lì.
Non era normale
vedere Blaise correre come un matto verso di lui.
Insomma, non ci doveva essere tutta questa necessità di parlare. Si erano visti
circa due ore prima… oppure…
“Cazzo, Dra. Finalmente ti ho trovato!” disse il ragazzo mente
riprendeva fiato per la lunga corsa. “Sono due ore che giro per il castello e mi
sono anche imbattuto in Pansy che era MOOOOLTO preoccupata per
te.”.
Draco rimase
impassibile a quell’affermazione. Cosa gliene fregava
di Pansy Parkinson? Era una relazione basata su un
rapporto inesistente. Ah si, un’altra trovata geniale del suo caro paparino.
Era basito di se
stesso. Come aveva fatto a farsi manovrare per tanti anni?
“E di grazia, Blaise, mi diresti come mai hai sprecato il tuo
preziosissimo tempo per venirmi a cercare?” chiese osservando l’amico. “Non fare
l’idiota e vieni, è importante”. Rispose di rimando Blaise che gesticolava per la fretta.
“Mi sono appena
seduto e non vedo perché dovrei alzarmi.”.
Sempre col suo fare
strafottente. Il problema di fondo era un altro. Lui amava essere strafottente.
Per quanto odiasse suo padre e i suoi ideali da maniaco gli piaceva essere
superiore. Sentirsi migliore. Era una sensazione piacevole. E in questo,
purtroppo, non sarebbe mai cambiato. Ne aveva intenzione di
farlo.
“Alza subito quel
tuo culo regale e vieni. Dobbiamo andare con la metropolvere a casa tua. Riunione e anche piuttosto
importante da quanto ho capito.”
La parola “riunione”
gli fece andare il sapore della bile in bocca. Stava cercando di allontanare
quell’aspetto della sua vita da se stesso il più
possibile… e Voldemort organizzava una riunione e per
giunta a casa sua?
Era così in pace con
i suoi pensieri che avrebbe voluto dire a Blaise “Vai
tu, non me ne frega niente. Io sto bene qui. E ci rimango.”.
Ma erano solo fantasie. Stupide idee che non avevano senso. Cosa non
avrebbe mai osato fare.
“Forse mi sono
astenuto da un piccolissimo ed insignificante particolare Draco.” Continuò il moro.
“Ovvero?”
“Siamo in ritardo di
quindici minuti esatti, che diventeranno venti se non ti sbrighi.” Non avrebbe mai osato fare qualcosa. Ribellarsi, porre un
limite. E quando il marchio impresso a fuoco sulla sua pelle bruciò più che mai mise quella bolla che si era creata nella
sua mente in un angolino ben nascosto, In un cassetto, chiusa a chiave, doppia
mandata.
Anche perché ad una
riunione di mangiamorte era più facile essere oggetti
a Legimanzia di quante ne
avesse Goyle di fare un indigestione prima di
Cena.