Per quanto Coraline possa voler sembrare orgogliosa di sé stessa e un pizzico presuntuosa, stavolta niente le impedisce di mettere il broncio come fa periodicamente quando qualcosa (o qualcuno) non le va giù. Intanto, osserva immusonita le mani della madre che cercano invano di lisciare le innumerevoli pieghe sulla coperta di plaid (o trapunta, come Coraline stessa la definirebbe) a righe azzurre e verdi distesa sulle mattonelle color acciaio della cameretta di Coraline.
La signora Jones si rialza dalla sua posizione a gattoni. Mette le mani ai fianchi e sospira, probabilmente perché, anche se non vuole darlo a vedere, sta soffrendo terribilmente il caldo. Come tutti in casa, del resto. Persino il gatto non si muove più. Saranno tre o quattro ore che è rimasto immobile sul davanzale sperando in un colpo d’aria improvviso che lo spinga a rialzarsi sulle zampe. Coraline comincia a pensare che si sia addormentato con gli occhi spalancati.
– Coraline, se non vuoi morire di caldo questa notte, la soluzione è questa. Non c’è altro da fare. – Mel Jones posiziona il cuscino in un angolo della trapunta e fa una pausa ad effetto, come se si aspettasse che la figlia ribatta. E la figlia, come da copione, ribatte. Non a caso ha vissuto undici anni insieme a lei.
– Ma è assurdo! Io non ho caldo, perché dovresti averne tu per me? – Coraline ha appena detto la menzogna più falsa e inverosimile che potesse inventarsi una ragazzina di quasi dodici anni in una specie di stato di trance causato dall’afa che sta, pian piano, spargendo vittime per la casa.
La madre sbuffa (ecco, come poteva mancare il suo sbuffo?) e chiude lentamente le palpebre, come per mantenere la calma. – Vuoi la dura verità, signorina? Dato che non voglio che tu, nel cuore della notte, venga a sopraffarmi nel dormiveglia che ho pesantemente cercato di acquisire da quattro o cinque giorni, io ti faccio dormire per terra sperando di riuscire a farti addormentare. Almeno per qualche ora.
Coraline è rimasta senza niente da dire. Ed è piuttosto complicato che una come lei rimanga a secco col repertorio di battute sarcastiche o punzecchiamenti alquanto fastidiosi. Ma, forse per la stanchezza, forse per il caldo, Coraline Jones se ne rimane zitta a fissare la madre e la sua uscita di scena. Intanto però, il padre ne ha già trovata una, di battuta: – Dai, angioletto, vedrai che sarà divertente.
Detto questo le scompiglia i capelli blu ed esce, anche lui.
Certo, come no.
E Coraline cosa può fare, dopo essersi risistemata i capelli e la forcina a forma di libellula, se non controllare l’orario e convincersi che le sette e mezza siano l’ora perfetta per andare un po’ a rompere le scatole al suo vicino di casa?
LIZ'S LITTLE CORNER:
Eh, no. Voi speravate che io rinunciassi ad
aggiornare la mia storia, ma io non mollo. Eh, no.
Non ora che il caldo è finito.
Per farci ricordare quanta gioia ci abbiano portato quei tempi luridi e
obbrobriosi felici e caldini.
Ok. Non uccidetemi per queste parole.
Spero che vi piaccia. Altro capitolo basato su una vicenda realmente accaduta, purtroppo.
Altro capitolo che per un soffio non è Falshfic (è nella mia natura sfasare di ventidue parole?!)
Ringrazio coloro che hanno recensito (ma che linguaggio formale)
e coloro (dovrei dire colei?) che, con il suo loro animo buono, mi hanno messa tra le seguite.
A presto.
E leggete Hunger Games! *.*