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Autore: csgiovanna    15/10/2012    6 recensioni
Un piccolo viaggio nelle cinque stagioni di The Mentalist attraverso alcuni Missing Moment degli episodi che mi hanno maggiormente colpito... I protagonisti, sono ovviamente Jane e Lisbon.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon, Un po' tutti | Coppie: Jane/Lisbon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qui con una raccolta di Missing Moment, inizierò dalla prima stagione con uno degli episodi che mi ha colpito di più ovvero dell'ep. 1x07 Seeing Red/Visione in rosso, e nello specifico ho pensato di partire dalla scena del dialogo/scontro tra Jane e Van Pelt. Spero vi piaccia. 



Rigsby e Van Pelt stavano in piedi nel cucinino in attesa che il microonde terminasse la cottura dei popcorn: Wayne comodamente appoggiato al piano cottura, la rossa in piedi con le braccia incrociate davanti al petto. Jane, invece, era seduto sul tavolino accanto e sorseggiava una tazza di tè mentre leggeva il giornale.
«Non mi piace.» esclamò la rossa guardando il forno a microonde.
«Neanche a me. Qual è l'alternativa?» rispose tranquillamente Rigsby.
«È immorale.»
«Bah, non saprei. – rispose l'altro – Dicono che ti si frigga il cervello se lo usi spesso. E che ti renda sterile.»
Grace lo guardò stupita, mentre Jane sollevò la testa dal giornale improvvisamente interessato dalla scena.
«Di che stai parlando?»
«Del microonde. Di che stai parlando tu?»
«Della seduta spiritica di questa sera.» spiegò lei seccata.
«Stavamo guardando il microonde. – si giustificò – La seduta non centrava niente.»
Jane sorrise divertito senza commentare.
«È sbagliato giocare con queste cose. Risvegliare i morti.»
«A dire il vero non lo stiamo facendo per davvero. – intervenne il biondo sentendosi chiamato in causa – Risvegliare i morti.»
«Lo dici, ma non puoi saperlo.» esclamò lei spostandosi verso il tavolino leggermente turbata.
Jane sorrise divertito e lanciò uno sguardo verso Rigsby come per cercare il suo appoggio.
«Tu deridi l'occulto. Non credi nell'aldilà. – aggiunse Grace decisa a non lasciar perdere – Non sai con cosa avrai a che fare.»
Il consulente tornò a fissarla, senza sorridere però.
«Beh, so che le sedute sono i mezzi che gli artisti della truffa – spiegò con fare saccente – come Kristina usano per manipolare la gente.»
Grace lo guardò poco convinta, nel frattempo Rigsby aveva preso il sacchetto di popcorn e si era avvicinato alle sue spalle, senza che lei se ne rendesse conto.
«Bhu!» esclamò.
La rossa sobbalzò, mentre Jane e Wayne ridacchiarono divertiti. Lo sguardo offeso e duro della giovane non presagiva nulla di buono.
«Sì, ridi pure.» sbottò verso Rigsby che trasalì.
Poi rivolgendosi a Jane con tono duro.
«Per te è così importante che Kristina sia una truffatrice, vero? – ringhiò quasi e Jane la fissò colpito – Perché se non lo fosse, se lei avesse davvero questo dono... Tutto ciò di cui ti prendi gioco, tutto ciò che vuoi screditare, tutto ciò che tu rappresenti, verrebbe stravolto.» sussurrò rabbiosa con le lacrime agli occhi.
Rigsby lanciò un'occhiata preoccupata verso Jane, che però distolse subito lo sguardo e tornò a fissare Van Pelt con un'espressione indecifrabile.
«Ehm – si schiarì la voce cercando di nascondere l'emozione – Già. Esatto. Improbabile, ma vero.»
Il consulente deglutì a vuoto cercando di cacciare il nodo che gli bloccava la gola.
«E se la tua famiglia ti cercasse stasera attraverso la seduta, – insistette lei con tono triste – e provasse a parlarti, ma non ci riuscisse perché tu non ci credi?»
Jane la fissò con uno sguardo amareggiato.
«Beh, sarebbe molto triste.» ammise.
Rigsby abbassò lo sguardo dispiaciuto nel vedere il dolore nel volto di Jane e Grace, sbollita la rabbia, si rese conto delle sue parole e dell'effetto che avevano avuto sul consulente. Si sentì mortificata.
«Mi dispiace.» sussurrò con gli occhi lucidi.
«No, va tutto bene.» la rassicurò lui, cercando di tenere a bada le proprie emozioni.
I due agenti uscirono e lo lasciarono solo con i suoi demoni.
Le parole rabbiose di Van Pelt riecheggiavano nella sua testa. Deglutì più volte per ricacciare indietro il nodo di angoscia che gli stava bloccando il respiro e minacciava di avere il sopravvento sul suo infallibile sistema di autocontrollo. Con lo sguardo fisso davanti a sé, cercò di rallentare il proprio battito cardiaco insolitamente rapido ed impedire alla sua mente di vagare tra i ricordi dolorosi. La dolce Grace aveva toccato un tasto sensibile, riportando alla luce sensazioni e turbamenti che solitamente teneva ben nascosti a chiunque, persino a sé stesso.
L'immagine della manina di sua figlia abbandonata nella sua apparve prepotentemente nella sua mente insieme a dolore, disgusto di sé e senso di colpa. Chiuse gli occhi, prese un respiro profondo e cercò di cancellare quell'immagine dalla sua testa.
Batté le palpebre un paio di volte. Non poteva permettersi di abbandonarsi al dolore in quel momento, nel cucinino del CBI, dove chiunque avrebbe potuto vederlo e conoscere la sua miseria. Quella era una verità solo sua, che non voleva condividere con nessuno.
Portò alle labbra la tazza e fece una smorfia: il tè era diventato freddo ormai ed incredibilmente amaro.
La domanda di Van Pelt continuava a tormentarlo esigendo una risposta. Ma non poteva pensarla come Grace, non che non desiderasse quel tipo di conforto, ma non era la realtà e non lo avrebbe meritato in ogni caso. Il suo era un tipo di colpa che andava espiata, che non meritava di essere lenita in alcun modo.

 

***

Lisbon era davanti alla scrivania di Cho per definire gli ultimi dettagli del piano pensato da Jane, quando Van Pelt, uscendo dal cucinino, le passò accanto con gli occhi bassi ed arrossati ed un'espressione abbattuta. Rigsby la seguì a ruota. L'uomo, sacchetto dei popcorn in mano, la raggiunse sino alla scrivania e le sussurrò qualcosa per confortarla. La rossa sollevò appena la testa ed iniziò a riordinare nervosamente la scrivania praticamente ignorandolo. Wayne sospirò, quindi batté in ritirata alla sua postazione. Lisbon osservò la scena con curiosità, diede uno sguardo interrogativo a Cho che rispose con un'alzata di spalle.
Perché Grace era così sconvolta? Cosa poteva aver turbato la giovane a tal punto? Diede uno sguardo al divano in pelle marrone e notò che il suo consueto ospite non era al suo posto. Si mordicchiò il labbro.
Jane. Pensò sentendo la rabbia montare, doveva essere colpa sua. Lui e Grace stavano vivendo questo caso in completa contrapposizione e probabilmente il consulente c'era andato giù pesante stavolta. Perché quell'uomo voleva avere per forza ragione? D’accordo Kristina Frye era probabilmente un'imbrogliona come lo era stato lui e, altrettanto probabilmente, credere nei fantasmi poteva sembrare ingenuo soprattutto per un ufficiale di polizia, ma ognuno doveva essere libero di avere le proprie convinzioni ed idee. Era così difficile accettarlo? Finché lo scontro tra i due si era limitato a qualche battibecco senza ripercussioni sul lavoro aveva taciuto, ma ora temeva che il consulente avesse esagerato. Era tempo di dire la sua.
Si allontanò dalla scrivania di Cho e si diresse spedita verso il cucinino, decisa a sistemare la faccenda. Il volto serio e l'aria risoluta.
«Jane!» chiamò con tono minaccioso.
All'ingresso del cucinino, però, si bloccò: quello che vide la fece trasalire. Jane era immobile, seduto sul tavolino con lo sguardo perso nel vuoto. Ad un osservatore superficiale poteva sembrare semplicemente assorto nei suoi pensieri, ma lei sapeva che in realtà era sconvolto e che in quel momento stava lottando con i suoi peggiori incubi: terribili ricordi che si divertivano a tormentarlo. Lo vide chiudere gli occhi, prendere un respiro profondo e corrugare la fronte. Cosa era successo poco prima tra lui e Grace per sconvolgere entrambi? Di certo non avrebbe potuto chiederlo a lui, in questo momento era rischioso affrontarlo di petto, si sarebbe chiuso ancora di più a riccio impedendogli di aiutarlo. Forse avrebbe fatto meglio a concedergli un po' di privacy, Jane odiava far vedere agli altri questo suo lato, ma lasciarlo in balia delle sue angosce in questo momento le sembrava quasi un tradimento. Così inspirò a fondo ed entrò nel cucinino assumendo un'espressione il più indifferente possibile.

 

***


«Ehi.» la voce di Lisbon lo riportò alla realtà.
La bruna era entrata nel cucinino e si stava versando una tazza di caffè apparentemente senza prestare troppa attenzione a lui.
«Ehi.» rispose lui schiarendosi la voce e sorridendole.
Lisbon lo studiò un attimo. Il biondo cercava di dissimulare il suo stato d'animo con un sorriso tirato che, però, non arrivava agli occhi, profondamente tristi. L'uomo si alzò dalla sedia, prese la tazza, ne svuotò il contenuto ormai imbevibile e la sciacquò, quindi si appoggiò al piano cottura guardandola.
«È tutto pronto per la seduta.»
Lui si limitò ad annuire.
«Credi funzionerà?»
«Ne sono abbastanza sicuro. – le rispose lui – un po' di effetti speciali e il senso di colpa farà il resto.– poi guardandola intensamente – Oppure hai anche tu qualche remora morale?»
Lisbon sollevò un sopracciglio. Ecco, doveva essere questo il punto dolente.
«Remora riguardo a?»
«Il risvegliare i morti.» disse con una certa teatralità ed un sorrisetto ironico.
Lisbon fece spallucce.
«Beh non li risvegliamo per davvero, giusto? – rispose, poi corrugò la fronte – Comunque non sono i morti a spaventarmi.»
«Già – sussurrò lui – i morti sono morti, questo è tutto. Nessuna possibilità di contatto, te lo assicuro.» le disse quasi ridacchiando.
Teresa annuì. Il comportamento del consulente apparentemente scanzonato e superficiale nascondeva ben altro. Cominciava a capire cosa poteva averlo sconvolto. L'incontro con Kristina Frye e la cocciutaggine di Grace, certa che la donna avesse davvero un dono, doveva aver creato qualche crepa nella solida corazza di Jane.
«Non si può biasimare chi spera che le cose vadano diversamente, non credi?»
Il consulente la guardò dritta negli occhi, un sorriso affettuoso gli si dipinse sulle labbra.
«Già. Ma la realtà è un'altra Lisbon. Kristina è una falsa sensitiva tanto quanto lo ero io. Molto brava e convincente, ma pur sempre un'imbrogliona.»
Lei annuì.
«Auguriamoci che sia abbastanza convincente questa sera e che Clara se la beva.»
Jane sorrise, Teresa lanciò uno sguardo di sottecchi verso il biondo ed ebbe l'impressione che l'emergenza fosse rientrata e Jane fosse tornato il solito rompiscatole. Era un uomo davvero complicato, un enigma che andava risolto. Teresa si domandò se sarebbe mai riuscita a capirlo fino in fondo.
«Andiamo? – le chiese facendole strada fuori dal cucinino – Dobbiamo dare inizio al nostro show.»
I due uscirono dal cucinino fianco a fianco e si diressero verso l'ascensore.
«Non ci pensare nemmeno.» esclamò ad un certo punto Teresa socchiudendo gli occhi.
Il biondo la guardò con aria innocente.
«Non ti lascio guidare. Ridammi le chiavi.»
«Oh andiamo Lisbon...» le disse con tono implorante tirando fuori dalla tasca le chiavi del SUV e facendole dondolare davanti al viso dell'agente.
«No. Neanche morta.»
I due sparirono dietro le porte dell'ascensore. 

   
 
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