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Autore: Dicembre    25/10/2012    1 recensioni
Inghilterra, 1347.
Di ritorno dalla battaglia di Crécy, un gruppo di sette mercenari è costretto a chiedere ospitalità ed aiuto a Lord Thurlow, noto per le sue abilità mediche. Qui si conoscono il Nero, capo dei mercenari, e Lord Aaron. Gravati da un passato che vorrebbero diverso, i due uomini s'avvicinano l'uno all'altro senza esserne consapevoli. Ne nasce un amore disperato che però non può sbocciare, nonostante Maria sia dalla loro parte. Un tradimento e una conseguente maledizione li poterà lontani, ma loro si ricorreranno nel tempo, fino ad approdare ai giorni nostri, dove però la maledizione non è ancora stata sconfitta. E' Lucifero infatti, a garantirne la validità, bramoso di avere nel suo regno l'anima di Aaron, un prescelto di Dio. Ma nulla avrebbe avuto inizio se non fosse esistita la gelosia di un mortale. E nulla avrebbe fine se la Madonna e Lucifero fossero davvero così diversi.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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45. Rimetti a noi i nostri debiti


 
 
 
 
Non smetteva di piovere. La pioggia era scrosciante ed insistente, il vento ululava, ma nessun orecchio umano sembrava capire i suoi lamenti.
 
Nero stava sellando il cavallo, nel modo che tanta meraviglia aveva generato in William.
 
Si chiese come stesse il ragazzino. Pensare a lui equivaleva pensare ad Aaron e quell’uomo non lo lasciava mai solo.
 
L’addio era stato freddo e immobile, di pochissime parole. Si chiese perché avesse sbagliato così grandemente. Era scappato, non riuscendo a gestire se stesso, temendo di cadere ai suoi piedi incapace di fare qualcosa, Nero se n’era semplicemente andato. Il cavaliere poteva solo immaginare quanto questo avesse potuto ferire il suo amante. Conoscendolo, Aaron probabilmente aveva messo in dubbio i  sentimenti del moro. Non gli aveva mai detto di amarlo, del resto. Il biondo gliel’aveva detto mille volte.
 
Nero sorrise, sconfitto. Quelle parole gli risuonavano in testa come unica salvezza: Aaron non aveva neanche quelle.
 
Era stato un codardo, forse. O forse non era stato in grado di affrontare qualcosa che non conosceva ed era stato travolto.
 
Guardò verso Londra, ormai mancava così poco…
 
Poi si voltò, verso casa sua. Avrebbe impiegato una settimana al galoppo, per tornare. Forse doveva, forse gli altri avrebbero capito. Forse anche lui si sarebbe salvato.
 
 
 
“Noi siamo pronti, aspettiamo una tua parola”
 
Nero si voltò vero Luppolo, aprendo la bocca. Avrebbe voluto chiedergli che cosa fare, ma non disse nulla. Luppolo non avrebbe avuto nessuna risposta.
 
Annuì e guardò dietro le spalle del compagno, per vedere gli altri cosa stessero facendo.
 
C’era poco movimento in strada, qualche carrozza che affrettava il passo, ma per lo più uomini che  correvano da una parte all’altra della strada, cercando di coprirsi alla bell’e meglio.
 
Nero vide che un bambino si era fermato vicino ai suoi uomini. Lo squadrò, ma non gli parve di riconoscerlo: non era nessuno dei ragazzini che aveva incontrato, non era il figlio del mugnaio, né dell’oste…Perché s’era fermato lì sotto la pioggia battente?
 
“Ti ammalerai ragazzino” gli disse, avvicinandosi a lui.
 
“Notizie per un mezzo centesimo, signore. Porto notizie della peste”
 
“Che la peste sia a Londra non è più notizia!” gli fece notare Forgia
 
“Non solo a Londra, Signori” e poi tese la mano, in attesa del suo denaro
 
“E perché dovrebbe importarci dov’è arrivata la peste, se è a Londra che ci stiamo dirigendo?”
 
“Potrete sapere se i vostri cari sono minacciati, o se i vostri nemici sono finalmente sotto terra…” Il bambino continuava a tenere la mano tesa, che raccoglieva pioggia. Nero lo guardò, guardò i suoi vestiti dimessi e quegli occhini azzurri che lo fissavano, senza paura.
 
La peste, dov’era arrivata?
C’era un qualcosa, un presentimento in lui, che gli diceva di ascoltare quel ragazzino, di pagarlo per farlo parlare.
 
Estrasse una moneta dalla tasca e l’appoggiò sulla mano del bambino. L’acqua sul palmo schizzò e le  gocce dal cielo cedettero sul metallo. Nero ebbe la sensazione di vivere quella scena lentamente, goccia dopo goccia, quasi  suoi sensi volessero ritardare – ma allo stesso tempo volessero udire – le parole del ragazzino.
 
Goccia dopo goccia, Nero fu costretto ad alzare lo sguardo e guardare quel bambino che ora avrebbe dovuto parlare.
 
“Grazie signore. La peste è giunta a Suffolk, nell’East Anglia. I casi dubbi riportati sono una decina, ma ormai la popolazione è certa che la Morte Nera sia arrivata sin lassù. Anche l’Oxfordshire, il Warwickshire, il Northamptonshire, il Buckingamshire e Berkshire  sono ormai stati colpiti. Pare che a Nord, nello Yorkshire, non ci sia stato ancora nessun caso di peste, ma ormai sono tutti sicuri che prima o poi raggiungerà anche quella zona”
 
“E in Scozia? Sai qualcosa della Scozia, ragazzino?”
 
“Non ho notizie certe né da Edimburgo, né da Glasgow signore. Non ho sentito nulla a riguardo. Ma le notizie arrivano tardi quaggiù, e non saprei dire quindi cos’è successo nelle ultime settimane”
 
“E l’Ovest? Che ne è di St. Ives?”
 
Il ragazzino sorrise, sapeva bene la risposta questa volta. “Ci sono centinaia di casi riportati in tutta la Cornovaglia, signore. St. Ives, ormai è al centro della piaga”
 
Nero sgranò gli occhi: la peste aveva raggiunto la Cornovaglia…
 
“Stai mentendo, ragazzino” gli disse Cencio “Eravamo laggiù fino a poche settimane fa, e non si sentiva di nessun caso riportato!”
 
“Dicono che sia arrivata in un villaggio di pescatori e che da lì, si sia poi diffusa”
 
“E queste sono notizie certe?” Nero non aspettò che il ragazzino gli rispose, ma alzò gli occhi al cielo alla ricerca di Cleto. Doveva sentirlo da lui, avrebbe potuto credere solo al falco.
 
Perché se davvero St. Ives e la Cornovaglia intera erano sotto il morso della peste, questo significava sicuramente che Aaron si sarebbe preso personalmente cura dei malati. Aaron non avrebbe negato nessuna delle sue conoscenze a chiunque gliele avesse chieste.
 
E questo probabilmente voleva dire che Aaron stesso s’era ammalato.
 
Cleto sembrava introvabile.
 
 
 
 
 
Ormai la febbre era altissima, ma Aaron non aveva voglia di alzarsi e prendere le erbe che sapeva l’avrebbero abbassata. Non voleva fare più nulla, semplicemente aspettava di morire.
 
E piangeva, questo sì, perché aveva paura di essere così solo, aveva paura di soffrire e aveva paura che il suo cuore si fermasse prima che la malattia avesse il definitivo sopravvento su di lui. Aveva chiesto a Cleto di andare da Nero e domandargli, di implorarlo di tornare. Aveva fatto una cosa veramente sciocca, perché sapeva che il cavaliere si sarebbe trovato in una situazione difficile. Avrebbe dovuto abbandonare i suoi uomini e dare loro una spiegazione. Era stato molto egoistico da parte sua, ma stava morendo, non poteva forse permettersi un ultimo desiderio?
 
E l’unica cosa che voleva in quel momento era dire a Nero che lui non voleva: che lui non voleva che il cavaliere se ne andasse così, che non voleva riempirlo di parole e di baci, che non voleva ricordarlo, che non voleva…
 
Voleva solo vederlo. Un’ultima volta.
 
Si era stupito nel vedere Cleto fra le sue mura, pensava che il falco volasse esclusivamente con il suo padrone. Invece lo stesso Cleto sentiva nostalgia di quelle terre ed era tornato per rivederle. Non avrebbe saputo dire quando e se il suo padrone sarebbe tornato, quindi, prima di entrare a Londra, Cleto aveva preferito salutare il cielo che, sebbene per poco, era stato casa sua.
 
Aaron aveva ingenuamente sperato che, con Cleto, anche Nero fosse tornato. Ma la strada, via terra, non gli avrebbe mai permesso di essere così veloce. E così aveva mandato Cleto a chiedergli di tornare, anche solo per farlo felice una volta.
 
Erano passato due giorni, da quando il rapace aveva spiccato il volo da quella finestra e s’era diretto a Londra. Da allora non aveva avuto più notizie. Aaron sapeva che era presto per volerle, tuttavia non riusciva a non pensarci e sperare che il tempo, quel tempo maledetto che si prendeva gioco di lui, passasse ora più velocemente che mai. Che lo portasse a morte prima, se era necessario, ma che gli riportasse Nero.
 
E se il cavaliere non avesse più voluto tornare? Anche questo era possibile e, in fondo al proprio cuore, Aaron sapeva che era probabile. Era sciocco darsi un secondo addio, era inutile. E Nero era stato chiaro: non sarebbe tornato. Le parole di Aaron probabilmente non l’avrebbero persuaso.
 
Guardò fuori dalla finestra, il cielo si stava schiarendo e i raggi di sole illuminavano timidamente la stanza.
 
Quanta fatica sprecata…
 
 
 
Aspettare, che senso aveva?
Aspettare per poi credere ad un demone bello e seducente come Esse…
 
Chiaro si rese conto di non poter fare altro.
 
Voleva subito che il suo desiderio si avverasse e voleva che tutto quello che gli era stato raccontato sparisse.
 
Voleva che Aaron sparisse, perché era colpa di Aaron se suo fratello non capiva che ciò che faceva era sbagliato.
 
Voleva che Castel Thurlow sparisse dalla mente di tutti i suoi compagni e soprattutto dalla mente di Nero.
 
Voleva che ogni velleità di fuga, e di questa fantomatica libertà si sciogliesse sotto la luce dell’evidenza che quella non era né fuga né libertà, ma semplicemente la negazione dell’unica cosa vera che tutt’e due avessero mai avuto: una casa.
 
Ma tutto questo – così Esse aveva detto – era impossibile.
 
Poteva fidarsi? Chiaro capì subito che non poteva fare altrimenti.
 
Che cosa ne avrebbe perso? Nulla, se il demone avesse mentito. Non aveva barattato la sua anima, non aveva dato niente in cambio, se non la promessa dell’anima di Aaron. La sua anima, Esse aveva detto, era già di Lucifero. Ma a questo Chiaro non credeva – o forse non gli importava più di tanto. Sapeva che Dio perdona e che è misericordioso. Forse avrebbe perdonato anche lui per qualcosa che, in fondo, non era necessariamente malvagio. Non avrebbe ucciso nessuno, non avrebbe puntato una spada alla gola di Aaron per imporgli di firmare. Se Lord Thurlow fosse stato così sciocco da farlo, non era certo affar suo.
 
 I suoi pensieri vennero interrotti dal nitrito di un cavallo.
 
“Che cosa stai facendo?”
 
“Torno indietro”
 
Chiaro non udì bene le parole di Nero tanto il sangue gli premette rumorosamente contro i timpani. Tornare indietro? Che cosa significava?
”Che cosa vuoi dire?”
 
“Devo accertarmi che stia bene…”
 
“Non starai tornando da Lord Thurlow…”
 
Ma Chiaro sapeva già la risposta. Sentì il proprio cuore accelerare spinto dall’agitazione che si faceva strada nella sua mente: Nero non poteva tornare in Cornovaglia.
 
“Ma ormai siamo a Londra”
 
Nero scosse la testa e iniziò a camminare lungo la strada che portava fuori dal villaggio dove avevano passato la notte.
 
“Aspetta, fermati!”
 
Ma Nero non si fermò “Ho già parlato con Luppolo, andrete voi a Londra, io vi raggiungerò in seguito”
 
“E quando ci raggiungerai? Tu non tornerai più!”
”Se davvero non tornerò più non è affar tuo”
 
“Nero, cerca di essere ragionevole!”
Ma non c’era ragionevolezza negli occhi di Nero, Chiaro poteva vedere solo panico, una paura incontrollabile, ma così diversa dalla sua…
 
Gli corse dietro, Nero non accennava a fermarsi.
 
“Ci andiamo dopo aver parlato col re. Vieni a Londra con noi…”
 
“No, Chiaro, ho sbagliato ad andarmene. Non avrei dovuto. Sapevo che…”
 
Ma Chiaro perse le staffe e lo interruppe, gridando:
 
“Sapevi che cosa, Nero? Sono io che so che cosa hai fatto lì!”
Nero lo guardò interdetto, non capendo.
 
“Non fingere di non sapere, Nathaniel!” Quel nome, pronunciato con quella violenza, fece correre un brivido lungo tutta la schiena di Nero.
 
E questo fu la definitiva rottura. In quell’attimo, probabilmente, tutto si dissolse.
 
“Non pronunciare mai quel nome”
 
“Altrimenti? Altrimenti cosa succede? Dimmelo Nero” gli gridò contro Chiaro pur non osando ripetere il nome del fratello “Che mi lasci solo? Che finisce a pugni? Che cosa può succedere di peggio che il vederti in totale balia di uno storpio che nulla ha fatto, ma ti ha chiaramente adombrato la ragione!”
 
Nero afferrò Chiaro per la maglia, a pugni stretti.
 
“Devi smetterla, Chiaro. Il tuo mondo non può essere il mondo degli altri e io sono stanco di farti da balia. Trovati un’altra occupazione se non quella di piangere se le cose non vanno come vuoi tu”
 
Chiaro ebbe un conato di vomito: mai Nero gli aveva parlato così.
 
Ma l’ira prevalse e strattonò Nero perché questi lasciasse la presa, poi gli punto un dito in faccia: “Sei tu quello che ti sbagli, sei tu quello che non capisce e corre dietro alla sottana di un perfetto sconosciuto!”
 
Chiaro fu colpito in viso così violentemente  da vacillare e perdere l’equilibrio. Il sapore del suo sangue gli investì i sensi. Avrebbe gridato, ma era troppo arrabbiato per farlo. Avrebbe pianto, ma era fin troppo disperato. Non c’era davvero modo di mettere un po’ di ragione in quella testa?
 
“Nero per favore…” si sentì supplicare.
 
“Non c’è da dire per favore, Chiaro. Né da fare nulla. Tornerò indietro, perché ho sbagliato ad andarmene. Per paura di quello che avresti potuto fare, ho scelto di fare la cosa peggiore. Per paura che non avresti capito, ho dato ascolto ad una ragione che non ha senso di esistere.” Nero sembrava sfinito “Lasciami andare, Chiaro, ti prego.” Nelle sue parole non c’era più nulla della rabbia di poco prima “Lasciami andare. Tornerò, ma ora non posso andare dal re nello stato d’animo in cui mi trovo. Devo…” poi sospirò, cercando di ritrovare nella persona davanti a lui quel fratello che amava “Devo andare e chiedergli di perdonarmi. Devo assicurarmi che stia bene… Lasciami andare, Chiaro”
 
Non attese risposta, ma voltò le spalle al fratello, ricominciando a camminare per portare il cavallo sulla strada che l’avrebbe riportato a casa.
 
Non guardò più Chiaro, non lo salutò, semplicemente si voltò, per incamminarsi lungo la strada che lui aveva scelto per se stesso. Luppolo avrebbe fatto un buon lavoro e lui sarebbe tornato. Quello non era un addio, solo un arrivederci. Era troppo importante rivedere Aaron, parlargli, spiegargli e stringerlo.
 
Ma Chiaro non poteva lasciarlo andare. Esse gli aveva detto che se Nero avesse rivisto Aaron tutto sarebbe stato inutile e perso. I suoi desideri, le sue speranze… Tutto si sarebbe infranto e per lui non ci sarebbe stata alcuna possibilità.
 
Del resto, se lui l’avesse avuta vinta, se i suoi desideri si fossero avverati, Nero non ne avrebbe sofferto, no? Sarebbe stato felice, con una vita diversa. Forse, sarebbe stato più felice.
 
 
 
La spada di Chiaro trafisse il petto del fratello. Gli penetrò le spalle e raggiunse il cuore.
 
  
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