Big Damn Table
028. Figli.
Tana
per Lise
Per
quanto a Jon facesse gran piacere sgambettare per
casa, alla ricerca dei nascondigli più disparati e geniali di sua cugina, dai
quali riusciva sempre ad imparare nuove strategie per il suo gioco preferito – nascondino
– c’erano parecchie cose che non tollerava di quella bambina tutta frizzante e
piena di energie. In primo luogo, il modo in cui gli parlava; come se lui,
giacché era più piccolo d’età e maschio, non poteva in alcun modo sperare di
proporre una seppur minima variazione al gioco – insomma, era sempre lui a
contare, non era affatto giusto! In secondo luogo, vi era l’innata
predisposizione ad addolcire sua madre; sua madre che, in genere, non aveva
nessuna preferenza tra loro due, li trattava entrambi con eguale affetto, ma
che comunque, delle volte, riusciva ad esaltarsi all’idea di vedere addosso a
sua cugina Lise i vestiti di quando era bambina.
Tuttavia, non odiava Lise, anzi,
amava un sacco averla per casa e poter giocare con lei, ogni volta che i suoi
zii decidevano di far loro visita. Spesso sapeva essere molto affettuosa con
lui, lo trattava come un fratellino piccolo, come se avesse la responsabilità
di badargli e farlo sorridere. Quando il suo zio preferito comprava a sua
figlia qualche caramella, lei divideva sempre il pacchetto per portare la metà
più grande a Jon.
Era zio Dave
il suo preferito; non che zio Kurt fosse meno affettuoso, anzi, ma era comunque
lo zio Dave a venire a prenderlo all’asilo, ogni
giovedì, per portarlo con lui agli allenamenti della sua squadra di hockey. A
Lise non piaceva affatto restare sugli spalti a guardare tutta quella
confusione composta da giocatori che, avanti e indietro per il campo,
rischiavano di capitolare sul ghiaccio e farsi male; più che altro perché Lise
non era un tipo che riusciva a stare fermo per più di due minuti. Si sarebbe
sicuramente alzata, avrebbe raggiunto suo padre e gli avrebbe chiesto, con i
suoi occhioni dolci e color del cielo, di portarla a mangiare un gelato; e Dave, intenerito come al solito da quegli occhi così simili
a quelli dello zio Kurt, l’avrebbe accontentata, finendo per non fare nemmeno
la metà del lavoro che spettava a lui e alla sua squadra. Ci aveva provato più
volte a portarla insieme a lui sul campo, ma quando aveva capito che a lei non
brillavano gli occhi, come invece accadeva a Jon,
aveva convenuto che fosse il caso di lasciarla al suo roseo mondo di bambole,
vestitini e braccialetti.
Zio Dave
era quindi il suo idolo. Jon, col tempo, aveva
iniziato a sognare di diventare anche lui come lo zio Dave,
di diventare l’allenatore di una squadra tutta sua, di incitare i giocatori con
la stessa passione con cui faceva suo zio. Era piccolo, certo, ma a sognare in
grande aveva preso da sua madre – il papà glielo diceva sempre. Zio Dave gli aveva promesso spesso che un giorno lo avrebbe
portato ad una partita vera e propria, e che avrebbe assistito alle urla
festose e di giubilo di una squadra vincente. Glielo aveva promesso e Jon ci credeva tantissimo. Era questo il motivo per cui,
ogni volta che i suoi zii venivano a casa sua, insieme a Lise, Jon si avvicinava quatto quatto allo zio Dave e gli chiedeva, in un sussurro complice, quando
sarebbe successo, quando sarebbe andato con lui a vedere una squadra vincente;
ed era da un po’ di tempo che Dave gli rispondeva,
con un sorriso enorme e sincero, ‹‹Alla fine della stagione, campione.››; ma
lui era un bambino e proprio non sapeva quando fosse la fine della stagione e
così, col passare delle settimane la domanda di Jon
era cambiata. Anche quel giorno, in cui lo zio Dave
era rimasto a badare a lui e Lise, mentre sua madre e lo zio Kurt erano fuori a
fare compere, Jon glielo chiese.
‹‹Quanto ci vuole ancora per la
fine della stagione, zio Dave?››
Se ne stava seduto sulle ginocchia
dello zio, con gli occhi nocciola che brillavano di emozione, in attesa della
risposta che tanto gli premeva ricevere.
Dave
gli passò una mano tra i capelli, tutti arruffati per la corsa che aveva fatto
nel raggiungerlo – aveva lasciato Lise a nascondersi da qualche parte per la
casa, fingendo di stare contando, ed era sceso di sotto per fare a suo zio la
fatidica domanda.
Lui gli rispose, col solito tono
tranquillo e dolce che riservava ai due bambini: ‹‹Ancora un mese, gnometto.››
‹‹Quanto è un mese, zio?›› Jon aveva bisogno di tutte le informazioni necessarie per
ridefinire quel piccolo pezzetto di sogno e per immaginare come sarebbe stato.
‹‹Conta trenta giorni a partire da
oggi.››
Jon
aggrottò la fronte ed aprì le manine davanti agli occhi, studiandole ed iniziando
ad abbassare le dita una per una. Arrivato all’ultimo, assunse un’espressione
triste e il labbro cominciò a tremargli leggermente. Guardò suo zio di
sottecchi: ‹‹Ho finito le dita.›› mormorò mortificato, come se quello avesse
potuto deludere il suo idolo.
Dave
gli rivolse uno sguardo intenerito, dopo di che si mise a ridere e gli pizzicò
una guancia: ‹‹Ti presto le mie, se vuoi, orsetto.›› e gli porse le sue mani
grandi grandi.
Sul viso di Jon
si aprì di nuovo un sorriso gioioso, mostrante alcuni dentini mancanti, e il
piccolino afferrò le mani dello zio per piegare anche le sue dita.
‹‹Quanti dieci servono per fare
trenta?›› esclamò allegro, ma la risposta dello zio non venne e anche Jon si dimenticò di quello che stava facendo, quando sentì
un rumore proveniente dal piano superiore, il tonfo di un mucchietto di cose
che cadeva e rotolava sul pavimento.
Jon
e suo zio si guardarono negli occhi e giunsero entrambi alla stessa
conclusione, all’unisono: ‹‹Lise.››
Il piccolino fu il primo a scattare
per andare a controllare cosa stava accadendo al secondo piano. Corse su per le
scale, mentre Dave, con pazienza, si alzava dalla
poltrona e lo seguiva, per andare ad accertarsi che la sua bambina non avesse
fatto eccessivi danni irreparabili, che comunque – ne era certo – non avrebbero
fatto infervorare Rachel, dato che Lise era senza
dubbio il suo punto debole. Si preoccupava più che altro per Kurt; dio solo sa
cosa avrebbe potuto fargli se avesse scoperto che si era distratto un momento,
lasciando la loro figlia alla mercé del suo stesso carattere scalmanato.
Un nuovo rumore, meno chiassoso del
precedente, indusse il piccolo Jon a voltarsi verso
suo zio, ancora in fondo alle scale, e a puntare l’indice verso una porta di
mogano a metà del corridoio dinanzi a lui: ‹‹Viene dal bagno, zio!›› strillò,
tutto eccitato – si sentiva tanto un detective in quella situazione e lo zio
era di sicuro il suo fidato assistente.
‹‹Sto arrivando, Jon.›› gli rispose Dave e,
successivamente, Jon lo sentì borbottare, ‹‹Questa
volta Elisabeth mi sente.›› ma sapeva meglio di suo
zio che non sarebbe stato così; qualunque cosa avesse combinato sua cugina, Dave l’avrebbe perdonata per forza di cose, perché era la
sua piccola e perché sapeva farsi adorare.
Ad ogni modo, Jon
lo precedette nuovamente. Aveva visto un sacco di polizieschi insieme a suo
padre, sebbene la mamma non fosse molto d’accordo, perciò non gli risultò
difficile immaginare di avere una pistola tra le mani e strusciare lungo il
muro del corridoio fino alla porta del bagno. Era socchiusa e così la spinse
leggermente con la manina, e sbirciò all’interno per individuare Lise. Era
seduta a terra con le gambe incrociate e sul pavimento vi erano sparsi tutti
quei colori strani che sua mamma usava per dipingersi la faccia. Sbuffò e smise
di far finta di essere un detective, aprì del tutto la porta e stavolta fu lui
a prepararsi a fare da fratello maggiore a sua cugina.
‹‹Lise, guarda che hai fatto.›› la
rimproverò, portandosi le mani sui fianchi e assumendo un tono autoritario, ‹‹Quelli
sono i colori di mia mamma, lo sa-?››
Rimase folgorato quando sua cugina
– o almeno credeva che fosse sua cugina, non ne era poi tanto sicuro – si voltò
a guardarlo con un sorrisino compiaciuto. Un brivido gli attraversò la schiena,
mentre contemplava un viso irriconoscibile, e il sorriso gli si spense
gradualmente nel fare un paio di passi indietro. Deglutì e poi girò i tacchi e
sfrecciò via, superando suo zio Dave senza neanche
vederlo e fiondandosi di nuovo al piano di sotto.
‹‹…mostrooo!››
riuscì a recepire Dave, la voce di Jon già lontana, in salotto.
Inarcò un sopracciglio divertito e
si preparò mentalmente al disastro che lo aspettava. Raggiunse la porta del
bagno, stette a guardare la figura di sua figlia, ancora comodamente seduta a
terra, e scosse la testa.
‹‹Lise, come ti sei combinata?››
La piccola Lise ammirava moltissimo
sua zia Rachel, sia per la persona che era e sia
perché la trovava bellissima; adorava alla follia il modo in cui i suoi trucchi
riuscivano ad incrementare la sua bellezza. Di conseguenza, aveva una passione
indescrivibile per quelle scatole tutte colorate e luccicanti che possedeva e
cercava fin troppo spesso di sgraffignarsele ed usarle a suo più completo
piacimento. Quella volta, ci era riuscita e il risultato non era dei migliori:
il rosso delle sue scocche era stato accentuato talmente tanto da rasentare
quasi il bordeaux, sulle palpebre troneggiava un verde decisamente troppo
appariscente e le labbra erano state dipinte malamente di rosso.
La bambina dal viso impiastricciato
si alzò in piedi, sorridente, girandosi completamente verso il padre: ‹‹Sono
bella, papi?››; e Dave non sapeva se ridere, se darle
corda o se rimanere lì impalato a formulare un rimprovero degno di un pater familias – ovviamente senza raggiungere i risultati
sperati.
‹‹Amore, perché Jonathan sta piangen-?››
E ora erano in due ad essere senza
parole, davanti a una figlia truccata da clown che se la rideva per le loro
facce esilaranti.
‹‹Ehm, sei tornato presto.››
rantolò Dave, rivolgendo un sorriso incerto e ansioso
a suo marito, due passi dietro di lui.
Kurt incrociò le braccia al petto e
lo guardò in tralice: ‹‹Questo perché dovevi tenerla d’occhio.››
Il marito allargò le braccia e
assunse un’espressione scoraggiata: ‹‹Li ho lasciati che giocavano a
nascondino, non prendertela con me.››
Come risposta, Dave
ricevette un’alzata d’occhi, mentre le labbra di Kurt si sforzavano di non
incurvarsi in un sorrisino divertito. Quest’ultimo si fece spazio ed entrò in
bagno, accostandosi alla sua bambina, e dopo aver recuperato dalla mensola sul
lavandino una scatola di salviette imbevute, si chinò sulle ginocchia per
raggiungere l’altezza della piccola Lise.
‹‹Sono bella, papà?›› ripeté Lise,
ansiosa di conoscere la risposta.
Kurt prese una salvietta e la avvicinò
al suo viso, rispondendole dolcemente: ‹‹La mia principessa è bella anche senza
tutta questa robaccia sulla faccia.››
Iniziò a ripulirla con delicatezza
e Lise mise su un broncio tenerissimo: ‹‹Ma la zia Rachel
si trucca sempre ed è sempre bella.›› ragionò.
‹‹Ma tu sei di gran lunga più bella
della zia Rachel, per questo non hai bisogno dei
trucchi.›› le confidò in un sussurro, come se quello fosse un piccolo segreto
solo per loro.
Dave
sorrise teneramente a quella scena e Lise se ne accorse, perché chiese
immediatamente il suo parere: ‹‹Sono più bella della zia Rachel,
vero, papi?››
Suo padre si avvicinò e si chinò
per posarle un bacio tra i capelli: ‹‹Sei la bambina più bella del mondo,
tesoro.›› e i suoi occhi non incontrarono quelli di Lise, bensì quelli adoranti
del marito. Succedeva sempre così, si scambiavano amore ogni giorno tramite
sguardi e Lise amava scorgere quel bagliore innamorato negli occhi dei suoi
papà.
‹‹Sono la più bella del mondo
perché sono uguale a papà, vero?››
Perspicace
e peperina come suo padre, pensò Dave,
senza distogliere lo sguardo da Kurt, mentre il sorriso gli si allargava fino a
scoprire i denti.
‹‹Naturalmente, tesoro. Sei
bellissima come tuo padre.›› Puntò gli occhi sul viso affascinato di Lise,
rimasto per metà truccato, e si rese conto che la mano di Kurt aveva smesso di
ripulirlo. Prese la salvietta dalle mani del marito, completamente smarrito da
qualche parte tra le parole dolci di Dave, e gli
mormorò: ‹‹Ci penso io.››
Lise si dimostrò bendisposta dal
farsi struccare dal padre, mentre lo sguardo di Kurt permaneva, totalmente
assorto, su Dave.
‹‹Lo sai che hai spaventato Jon?›› ridacchiò quest’ultimo, rimuovendo il rossetto dalle
labbra della figlia che si mise a ridere a sua volta, rendendogli il lavoro un
pochino più arduo, ‹‹Dovrai chiedergli scusa.››
Furono vani i tentativi di fare i
genitori severi, quel pomeriggio; per Dave perché, di
fronte alla faccetta birichina di Lise, proprio non sapeva far sparire il
sorriso ed essere duro; per Kurt perché l’amabilità del marito nei confronti di
sua figlia, nonché nei suoi, riusciva solo a renderlo più soddisfatto e felice
del futuro che gli era stato riservato.
Fine.
**
Boh,
eccomi con un’altra mezza Kurtofsky, mezza perché i
protagonisti sono per lo più Jon e Lise (Jonathan
Hudson – ebbene sì – ed Elisabeth Karofsky-Hummel)
che non mancano di riempire di zucchero e miele queste quattro pagine
insensate. E ovviamente, in quanto parte della BDT, non potevano mancare Kurt e
Dave nella storia, in veste di genitori. ♥
Al
solito, ringrazio Robs
per i pareri che mi ha dato, adorabili come sempre, e ne approfitto per
mandarle l’ennesimo grosso abbraccio da orso, perché ci sta e perché è un
tesoro.
A
voi auguro un buon sabato, invece, con la speranza che Lise vi abbia colorato
la giornata – nel vero senso della parola, lol.
Baci
a tutti.
Vals
**
BIG DAMN TABLE |
||||
002. Intermezzo. |
003. Fine. |
004. Interiorità. |
005. Esteriorità. |
|
006. Ore. |
007. Giorni. |
008. Settimane. |
009. Mesi. |
010. Anni. |
011. Rosso. |
012. Arancione. |
013. Giallo. |
014. Verde. |
015. Blu. |
016. Porpora. |
017. Marrone. |
018. Nero. |
019. Bianco. |
020. Senza colori. |
022. Nemici. |
023. Amanti. |
024. Famiglia. |
025. Estranei. |
|
026. Compagni di squadra. |
027. Genitori. |
028. Figli. |
029. Nascita. |
030. Morte. |
031. Alba. |
032. Tramonto. |
033. Troppo. |
034. Troppo poco. |
035. Sesto Senso. |
036. Olfatto. |
037. Udito. |
038. Tatto. |
039. Gusto. |
040. Vista. |
041. Forme. |
042. Triangolo. |
043. Diamante. |
044. Cerchio. |
045. Luna. |
046. Stelle. |
047. Cuori. |
048. Quadri. |
049. Fiori. |
050. Picche. |
051. Acqua. |
052. Fuoco. |
053. Terra. |
054. Aria. |
055. Spirito. |
056. Colazione. |
057. Pranzo. |
058. Cena. |
059. Cibo. |
060. Bibite. |
061. Inverno. |
063. Estate. |
064. Autunno. |
065. Mezze stagioni. |
|
066. Pioggia. |
067. Neve. |
068. Lampo. |
069. Tuono. |
070. Tempesta. |
071. Rotto. |
072. Riparato. |
074. Oscurità. |
075. Ombra. |
|
077. Cosa? |
078. Dove? |
079. Quando? |
080. Perché? |
|
081. Come? |
082. Se. |
083. E. |
084. Lui. |
085. Lei. |
086. Scelte. |
087. Vita. |
088. Scuola. |
089. Lavoro. |
090. Casa. |
091. Compleanno. |
092. Natale. |
093. Ringraziamento. |
094. Indipendenza. |
095. Capodanno. |
096. Scelta libera. |
097. Scelta libera. |
098. Scelta libera. |
099. Scelta libera. |
100. Scelta libera. |
Link
utili: Facebook
| Twitter