Serie TV > Glee
Ricorda la storia  |      
Autore: Vals Fanwriter    17/11/2012    2 recensioni
La bambina dal viso impiastricciato si alzò in piedi, sorridente, girandosi completamente verso il padre: ‹‹Sono bella, papi?››; e Dave non sapeva se ridere, se darle corda o se rimanere lì impalato a formulare un rimprovero degno di un pater familias – ovviamente senza raggiungere i risultati sperati.
Kurtofsky, con accenni minuscoli Finchel | Big Damn Table: 028. Figli | Fluff, Sentimentale
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Dave Karofsky, Kurt Hummel | Coppie: Dave/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The Best Damn Thing'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Big Damn Table

028. Figli.

 

Tana per Lise

 

 

Per quanto a Jon facesse gran piacere sgambettare per casa, alla ricerca dei nascondigli più disparati e geniali di sua cugina, dai quali riusciva sempre ad imparare nuove strategie per il suo gioco preferito – nascondino – c’erano parecchie cose che non tollerava di quella bambina tutta frizzante e piena di energie. In primo luogo, il modo in cui gli parlava; come se lui, giacché era più piccolo d’età e maschio, non poteva in alcun modo sperare di proporre una seppur minima variazione al gioco – insomma, era sempre lui a contare, non era affatto giusto! In secondo luogo, vi era l’innata predisposizione ad addolcire sua madre; sua madre che, in genere, non aveva nessuna preferenza tra loro due, li trattava entrambi con eguale affetto, ma che comunque, delle volte, riusciva ad esaltarsi all’idea di vedere addosso a sua cugina Lise i vestiti di quando era bambina.

Tuttavia, non odiava Lise, anzi, amava un sacco averla per casa e poter giocare con lei, ogni volta che i suoi zii decidevano di far loro visita. Spesso sapeva essere molto affettuosa con lui, lo trattava come un fratellino piccolo, come se avesse la responsabilità di badargli e farlo sorridere. Quando il suo zio preferito comprava a sua figlia qualche caramella, lei divideva sempre il pacchetto per portare la metà più grande a Jon.

Era zio Dave il suo preferito; non che zio Kurt fosse meno affettuoso, anzi, ma era comunque lo zio Dave a venire a prenderlo all’asilo, ogni giovedì, per portarlo con lui agli allenamenti della sua squadra di hockey. A Lise non piaceva affatto restare sugli spalti a guardare tutta quella confusione composta da giocatori che, avanti e indietro per il campo, rischiavano di capitolare sul ghiaccio e farsi male; più che altro perché Lise non era un tipo che riusciva a stare fermo per più di due minuti. Si sarebbe sicuramente alzata, avrebbe raggiunto suo padre e gli avrebbe chiesto, con i suoi occhioni dolci e color del cielo, di portarla a mangiare un gelato; e Dave, intenerito come al solito da quegli occhi così simili a quelli dello zio Kurt, l’avrebbe accontentata, finendo per non fare nemmeno la metà del lavoro che spettava a lui e alla sua squadra. Ci aveva provato più volte a portarla insieme a lui sul campo, ma quando aveva capito che a lei non brillavano gli occhi, come invece accadeva a Jon, aveva convenuto che fosse il caso di lasciarla al suo roseo mondo di bambole, vestitini e braccialetti.

Zio Dave era quindi il suo idolo. Jon, col tempo, aveva iniziato a sognare di diventare anche lui come lo zio Dave, di diventare l’allenatore di una squadra tutta sua, di incitare i giocatori con la stessa passione con cui faceva suo zio. Era piccolo, certo, ma a sognare in grande aveva preso da sua madre – il papà glielo diceva sempre. Zio Dave gli aveva promesso spesso che un giorno lo avrebbe portato ad una partita vera e propria, e che avrebbe assistito alle urla festose e di giubilo di una squadra vincente. Glielo aveva promesso e Jon ci credeva tantissimo. Era questo il motivo per cui, ogni volta che i suoi zii venivano a casa sua, insieme a Lise, Jon si avvicinava quatto quatto allo zio Dave e gli chiedeva, in un sussurro complice, quando sarebbe successo, quando sarebbe andato con lui a vedere una squadra vincente; ed era da un po’ di tempo che Dave gli rispondeva, con un sorriso enorme e sincero, ‹‹Alla fine della stagione, campione.››; ma lui era un bambino e proprio non sapeva quando fosse la fine della stagione e così, col passare delle settimane la domanda di Jon era cambiata. Anche quel giorno, in cui lo zio Dave era rimasto a badare a lui e Lise, mentre sua madre e lo zio Kurt erano fuori a fare compere, Jon glielo chiese.

‹‹Quanto ci vuole ancora per la fine della stagione, zio Dave?››

Se ne stava seduto sulle ginocchia dello zio, con gli occhi nocciola che brillavano di emozione, in attesa della risposta che tanto gli premeva ricevere.

Dave gli passò una mano tra i capelli, tutti arruffati per la corsa che aveva fatto nel raggiungerlo – aveva lasciato Lise a nascondersi da qualche parte per la casa, fingendo di stare contando, ed era sceso di sotto per fare a suo zio la fatidica domanda.

Lui gli rispose, col solito tono tranquillo e dolce che riservava ai due bambini: ‹‹Ancora un mese, gnometto.››

‹‹Quanto è un mese, zio?›› Jon aveva bisogno di tutte le informazioni necessarie per ridefinire quel piccolo pezzetto di sogno e per immaginare come sarebbe stato.

‹‹Conta trenta giorni a partire da oggi.››

Jon aggrottò la fronte ed aprì le manine davanti agli occhi, studiandole ed iniziando ad abbassare le dita una per una. Arrivato all’ultimo, assunse un’espressione triste e il labbro cominciò a tremargli leggermente. Guardò suo zio di sottecchi: ‹‹Ho finito le dita.›› mormorò mortificato, come se quello avesse potuto deludere il suo idolo.

Dave gli rivolse uno sguardo intenerito, dopo di che si mise a ridere e gli pizzicò una guancia: ‹‹Ti presto le mie, se vuoi, orsetto.›› e gli porse le sue mani grandi grandi.

Sul viso di Jon si aprì di nuovo un sorriso gioioso, mostrante alcuni dentini mancanti, e il piccolino afferrò le mani dello zio per piegare anche le sue dita.

‹‹Quanti dieci servono per fare trenta?›› esclamò allegro, ma la risposta dello zio non venne e anche Jon si dimenticò di quello che stava facendo, quando sentì un rumore proveniente dal piano superiore, il tonfo di un mucchietto di cose che cadeva e rotolava sul pavimento.

Jon e suo zio si guardarono negli occhi e giunsero entrambi alla stessa conclusione, all’unisono: ‹‹Lise.››

Il piccolino fu il primo a scattare per andare a controllare cosa stava accadendo al secondo piano. Corse su per le scale, mentre Dave, con pazienza, si alzava dalla poltrona e lo seguiva, per andare ad accertarsi che la sua bambina non avesse fatto eccessivi danni irreparabili, che comunque – ne era certo – non avrebbero fatto infervorare Rachel, dato che Lise era senza dubbio il suo punto debole. Si preoccupava più che altro per Kurt; dio solo sa cosa avrebbe potuto fargli se avesse scoperto che si era distratto un momento, lasciando la loro figlia alla mercé del suo stesso carattere scalmanato.

Un nuovo rumore, meno chiassoso del precedente, indusse il piccolo Jon a voltarsi verso suo zio, ancora in fondo alle scale, e a puntare l’indice verso una porta di mogano a metà del corridoio dinanzi a lui: ‹‹Viene dal bagno, zio!›› strillò, tutto eccitato – si sentiva tanto un detective in quella situazione e lo zio era di sicuro il suo fidato assistente.

‹‹Sto arrivando, Jon.›› gli rispose Dave e, successivamente, Jon lo sentì borbottare, ‹‹Questa volta Elisabeth mi sente.›› ma sapeva meglio di suo zio che non sarebbe stato così; qualunque cosa avesse combinato sua cugina, Dave l’avrebbe perdonata per forza di cose, perché era la sua piccola e perché sapeva farsi adorare.

Ad ogni modo, Jon lo precedette nuovamente. Aveva visto un sacco di polizieschi insieme a suo padre, sebbene la mamma non fosse molto d’accordo, perciò non gli risultò difficile immaginare di avere una pistola tra le mani e strusciare lungo il muro del corridoio fino alla porta del bagno. Era socchiusa e così la spinse leggermente con la manina, e sbirciò all’interno per individuare Lise. Era seduta a terra con le gambe incrociate e sul pavimento vi erano sparsi tutti quei colori strani che sua mamma usava per dipingersi la faccia. Sbuffò e smise di far finta di essere un detective, aprì del tutto la porta e stavolta fu lui a prepararsi a fare da fratello maggiore a sua cugina.

‹‹Lise, guarda che hai fatto.›› la rimproverò, portandosi le mani sui fianchi e assumendo un tono autoritario, ‹‹Quelli sono i colori di mia mamma, lo sa-?››

Rimase folgorato quando sua cugina – o almeno credeva che fosse sua cugina, non ne era poi tanto sicuro – si voltò a guardarlo con un sorrisino compiaciuto. Un brivido gli attraversò la schiena, mentre contemplava un viso irriconoscibile, e il sorriso gli si spense gradualmente nel fare un paio di passi indietro. Deglutì e poi girò i tacchi e sfrecciò via, superando suo zio Dave senza neanche vederlo e fiondandosi di nuovo al piano di sotto.

‹‹…mostrooo!›› riuscì a recepire Dave, la voce di Jon già lontana, in salotto.

Inarcò un sopracciglio divertito e si preparò mentalmente al disastro che lo aspettava. Raggiunse la porta del bagno, stette a guardare la figura di sua figlia, ancora comodamente seduta a terra, e scosse la testa.

‹‹Lise, come ti sei combinata?››

La piccola Lise ammirava moltissimo sua zia Rachel, sia per la persona che era e sia perché la trovava bellissima; adorava alla follia il modo in cui i suoi trucchi riuscivano ad incrementare la sua bellezza. Di conseguenza, aveva una passione indescrivibile per quelle scatole tutte colorate e luccicanti che possedeva e cercava fin troppo spesso di sgraffignarsele ed usarle a suo più completo piacimento. Quella volta, ci era riuscita e il risultato non era dei migliori: il rosso delle sue scocche era stato accentuato talmente tanto da rasentare quasi il bordeaux, sulle palpebre troneggiava un verde decisamente troppo appariscente e le labbra erano state dipinte malamente di rosso.

La bambina dal viso impiastricciato si alzò in piedi, sorridente, girandosi completamente verso il padre: ‹‹Sono bella, papi?››; e Dave non sapeva se ridere, se darle corda o se rimanere lì impalato a formulare un rimprovero degno di un pater familias – ovviamente senza raggiungere i risultati sperati.

‹‹Amore, perché Jonathan sta piangen-?››

E ora erano in due ad essere senza parole, davanti a una figlia truccata da clown che se la rideva per le loro facce esilaranti.

‹‹Ehm, sei tornato presto.›› rantolò Dave, rivolgendo un sorriso incerto e ansioso a suo marito, due passi dietro di lui.

Kurt incrociò le braccia al petto e lo guardò in tralice: ‹‹Questo perché dovevi tenerla d’occhio.››

Il marito allargò le braccia e assunse un’espressione scoraggiata: ‹‹Li ho lasciati che giocavano a nascondino, non prendertela con me.››

Come risposta, Dave ricevette un’alzata d’occhi, mentre le labbra di Kurt si sforzavano di non incurvarsi in un sorrisino divertito. Quest’ultimo si fece spazio ed entrò in bagno, accostandosi alla sua bambina, e dopo aver recuperato dalla mensola sul lavandino una scatola di salviette imbevute, si chinò sulle ginocchia per raggiungere l’altezza della piccola Lise.

‹‹Sono bella, papà?›› ripeté Lise, ansiosa di conoscere la risposta.

Kurt prese una salvietta e la avvicinò al suo viso, rispondendole dolcemente: ‹‹La mia principessa è bella anche senza tutta questa robaccia sulla faccia.››

Iniziò a ripulirla con delicatezza e Lise mise su un broncio tenerissimo: ‹‹Ma la zia Rachel si trucca sempre ed è sempre bella.›› ragionò.

‹‹Ma tu sei di gran lunga più bella della zia Rachel, per questo non hai bisogno dei trucchi.›› le confidò in un sussurro, come se quello fosse un piccolo segreto solo per loro.

Dave sorrise teneramente a quella scena e Lise se ne accorse, perché chiese immediatamente il suo parere: ‹‹Sono più bella della zia Rachel, vero, papi?››

Suo padre si avvicinò e si chinò per posarle un bacio tra i capelli: ‹‹Sei la bambina più bella del mondo, tesoro.›› e i suoi occhi non incontrarono quelli di Lise, bensì quelli adoranti del marito. Succedeva sempre così, si scambiavano amore ogni giorno tramite sguardi e Lise amava scorgere quel bagliore innamorato negli occhi dei suoi papà.

‹‹Sono la più bella del mondo perché sono uguale a papà, vero?››

Perspicace e peperina come suo padre, pensò Dave, senza distogliere lo sguardo da Kurt, mentre il sorriso gli si allargava fino a scoprire i denti.

‹‹Naturalmente, tesoro. Sei bellissima come tuo padre.›› Puntò gli occhi sul viso affascinato di Lise, rimasto per metà truccato, e si rese conto che la mano di Kurt aveva smesso di ripulirlo. Prese la salvietta dalle mani del marito, completamente smarrito da qualche parte tra le parole dolci di Dave, e gli mormorò: ‹‹Ci penso io.››

Lise si dimostrò bendisposta dal farsi struccare dal padre, mentre lo sguardo di Kurt permaneva, totalmente assorto, su Dave.

‹‹Lo sai che hai spaventato Jon?›› ridacchiò quest’ultimo, rimuovendo il rossetto dalle labbra della figlia che si mise a ridere a sua volta, rendendogli il lavoro un pochino più arduo, ‹‹Dovrai chiedergli scusa.››

Furono vani i tentativi di fare i genitori severi, quel pomeriggio; per Dave perché, di fronte alla faccetta birichina di Lise, proprio non sapeva far sparire il sorriso ed essere duro; per Kurt perché l’amabilità del marito nei confronti di sua figlia, nonché nei suoi, riusciva solo a renderlo più soddisfatto e felice del futuro che gli era stato riservato.

Fine.

 

**

Boh, eccomi con un’altra mezza Kurtofsky, mezza perché i protagonisti sono per lo più Jon e Lise (Jonathan Hudson – ebbene sì – ed Elisabeth Karofsky-Hummel) che non mancano di riempire di zucchero e miele queste quattro pagine insensate. E ovviamente, in quanto parte della BDT, non potevano mancare Kurt e Dave nella storia, in veste di genitori. ♥

Al solito, ringrazio Robs per i pareri che mi ha dato, adorabili come sempre, e ne approfitto per mandarle l’ennesimo grosso abbraccio da orso, perché ci sta e perché è un tesoro.

A voi auguro un buon sabato, invece, con la speranza che Lise vi abbia colorato la giornata – nel vero senso della parola, lol.

Baci a tutti.

Vals

**

 

BIG DAMN TABLE

001. Inizio.

002. Intermezzo.

003. Fine.

004. Interiorità.

005. Esteriorità.

006. Ore.

007. Giorni.

008. Settimane.

009. Mesi.

010. Anni.

011. Rosso.

012. Arancione.

013. Giallo.

014. Verde.

015. Blu.

016. Porpora.

017. Marrone.

018. Nero.

019. Bianco.

020. Senza colori.

021. Amici.

022. Nemici.

023. Amanti.

024. Famiglia.

025. Estranei.

026. Compagni di squadra.

027. Genitori.

028. Figli.

029. Nascita.

030. Morte.

031. Alba.

032. Tramonto.

033. Troppo.

034. Troppo poco.

035. Sesto Senso.

036. Olfatto.

037. Udito.

038. Tatto.

039. Gusto.

040. Vista.

041. Forme.

042. Triangolo.

043. Diamante.

044. Cerchio.

045. Luna.

046. Stelle.

047. Cuori.

048. Quadri.

049. Fiori.

050. Picche.

051. Acqua.

052. Fuoco.

053. Terra.

054. Aria.

055. Spirito.

056. Colazione.

057. Pranzo.

058. Cena.

059. Cibo.

060. Bibite.

061. Inverno.

062. Primavera.

063. Estate.

064. Autunno.

065. Mezze stagioni.

066. Pioggia.

067. Neve.

068. Lampo.

069. Tuono.

070. Tempesta.

071. Rotto.

072. Riparato.

073. Luce.

074. Oscurità.

075. Ombra.

076. Chi?

077. Cosa?

078. Dove?

079. Quando?

080. Perché?

081. Come?

082. Se.

083. E.

084. Lui.

085. Lei.

086. Scelte.

087. Vita.

088. Scuola.

089. Lavoro.

090. Casa.

091. Compleanno.

092. Natale.

093. Ringraziamento.

094. Indipendenza.

095. Capodanno.

096. Scelta libera.

097. Scelta libera.

098. Scelta libera.

099. Scelta libera.

100. Scelta libera.

 

Link utili: Facebook | Twitter

 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: Vals Fanwriter