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Autore: Lemon    21/11/2012    4 recensioni
New York City, la grande mela, la città del progresso.
Una piccola sciocca ragazzina che si perde nel bel mezzo del Polmone Verde di New York e riceve aiuto da chi mai si sarebbe potuta aspettare.
Genere: Fluff, Generale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Lennon , Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1977.
Questa non è una storia d'amore, non parla di una bellissima ragazza che incontra la sua anima gemella.
Non si tratta di una storia sul destino, sulla fortuna o vattelappesca. 
E' una storia di una ragazza sciocca e distratta e di un uomo trovatosi sul posto giusto al momento giusto. 
Solo una strana casuale amicizia. 
Ed era una calda giornata autunnale, le foglie cadevano, svolazzando sotto lo sfondo di una trafficante e sempre più viva New York. 
Seduta su una sedia, Diane beveva una tazza di tè, affondando con il viso sulla nuvoletta profumata di Earl Grey.
-Sicura che non vuoi che ti accompagni?- Chiese sua madre, aggiustandosi frettolosamente i capelli davanti lo specchio, mentre s'infilava le scarpe. 
La ragazza annuì, portandosi una biscotto alle labbra e la donna le posò un bacio sulla fronte, augurandole buona fortuna per il primo giorno di scuola, per poi sparire dietro la porta d'ingresso dopo essersi fatta strada tra i vari scatoloni. 
Appena fu certa che la madre era uscita dal palazzo, Diane si alzò silenziosamente e, frugrando tra una delle tante scatole d'imballaggio, tirò fuori un quarantacinque giri e lo infilò nel mangiadischi, sorridendo soddisfatta appena la prima canzone si diffuse per tutta la stanza.
-New York City- disse, chiudendo gli occhi e vestendosi con fretta e furia. Si piazzò davanti allo specchio e aprì la bocca, tenendo tra le mani una spazzola. 
-Que pasa en New York? Que pasa en New York?- cantò, attenta a tenere un basso volume di voce per non sovrapporla a quella del cantante. Rise e, facendo qualche buffa giravolta, si affacciò alla finestra. 
Guardò le strade affollate di persone che si apprestavano a correre al lavoro con in mano le loro ventiquattrore. Guardò i tassì gialli che si facevano strada nel traffico e guardò gli enormi grattacieli. I suoi occhi si spostarono sugli enormi cartelloni pubblicitari e sulle insegne dei locali che, sicuramente, la notte avrebbero abbagliato tutta la città. 
E, finalmente, Diane notò qualcosa che attirò la sua attenzione più di tutto quanto: a non molti passi da dove abitava, eccolo lì, il Central Park, il polmone verde della Grande Mela. 
La ragazza lo fissò per cinque minuti buoni, affascinata dagli alberi tinti di sfumature arancio e marroncine, poteva persino intravedere il famoso laghetto pieno di anatre.
Diane non vedeva l'ora di andarci, di perdersi tra i grandi viali, di vedere come sono fatti i newyorkesi, il Central Park per lei era sinonimo di vita. Portò poi lo sguardo sulla borsa scolastica, abbandonata a terra. 
Sbuffò e si avvicinò ad essa, afferrandola ed appendendosela alla spalla, per poi iniziare a camminare verso la porta. 
In un battito di ciglia già correva giù per le scale, mentre per tutto il palazzo riecheggiavano le note del Sometime in New York City. 
Era presto, avrebbe sicuramente svegliato mezza palazzina, ma non importava. 
Avrebbe saltato il primo giorno di scuola, ma non importava. 
Una volta uscita, perciò, passò velocemente la strada e, invece di prendere la stessa strada di tutti i ragazzini verso le scuole, continuò per conto suo, scalciando le foglie giallastre. 
 
Era probabilmente un'oretta che Diane camminava, affascinata da tutto ciò che aveva intorno; ogni tanto si fermava, magari appoggiandosi ad un albero o un palo e guardava le persone passare. Semplicemente se ne stava ad osservare i gruppetti che facevano jogging, i bambini che camminavano tenendo per mano i loro genitori e le coppiette uscite per una passeggiata mattutina. Beh, per essere mattina ce n'era di gente al Central. 
Sembrava tutto così perfetto, e la ragazza si stava veramente divertendo a gironzolare di qua e là, fino a che si accorse di un orribile dettaglio: non aveva la più pallida idea di come tornare indietro. 
Aveva camminato tanto e Diane non era una persona con una favolosa memoria, anzi, il contrario. Spaesata e, per la prima volta, infastidita da tutte quelle persone, che fino a poco fa le sembravano felici e di bell'aspetto. Presa dal panico, camminò spedita avanti, in cerca di un posto dove sedersi e magari chiarirsi le idee. 
Ed eccola lì, una piccola piazzetta isolata accerchiata da alberi dalle chiome gialle ed arancioni. Se non fosse stata così impaurita, la ragazza avrebbe sicuramente apprezzato quel luogo, magari avrebbe tirato fuori la sua macchinetta fotografica e avrebbe scattato qualche foto.
Si guardò più volte attorno e, finalmente, si sedette su una panchina, incrociando le gambe e coprendosi il viso. Non aveva la minima idea di dove era finita, non si era portata neanche una mappa dietro e, improvvisamente si sentì davvero stupida. 
-Questa è la mia panchina- Una voce interruppe i suoi pensieri scombussolati, ma lei non alzò neanche lo sguardo, parlando con voce leggermente tremante. -Non vi è mica scritto il suo nome- Rispose giustamente e sentì una risata dietro di sé. Quella voce era così familiare, ma non ci fece mica molto caso.
-Mi sembri un poco disorientata, non dovresti essere a scuola?- Parlò ancora e Diane sentì la figura estranea sedersele accanto, si limitò a serrare di poco le labbra, rispondendogli con un secco "E lei non dovrebbe essere a lavoro?".
Di nuovo una risata, era particolarmente bella, pensò la ragazza, alzando il viso dalle mani e lo voltò per poter guardare l'uomo. 
"No, non è possibile" Pensò subito. E non era possibile affatto. Guardò e riguardò più volte l'uomo che le stava seduto accanto. I capelli castani, un poco tendenti al rosso, il naso diritto ed aquilino, le labbra sottili e gli occhi piccoli e di un color nocciola. Non era possibile, quell'uomo era la copia sputata di John Lennon. 
-Che c'è?- Le domandò, accennando un sorriso, mentre la guardava confuso e lei scosse velocemente il capo, arrossendo per la vergogna e chinando di scatto il viso a guardarsi le scarpe. Diane si convinse mentalmente che quell'uomo non era John Lennon. 
Dopotutto, pensò, era da circa due o forse tre anni che il cantante inglese si era ritirato dalla scena per la nascita di suo figlio, Sean, e sicuramente era cambiato nell'arco di questo tempo e magari il John Lennon del millenovecentosettantasette non assomigliava minimamente all'uomo che aveva accanto. 
-Niente- Rispose quindi dopo un silenzio imbarazzante, arricciando le labbra in una smorfia pensierosa. -Mi sono persa- Continuò poco dopo Diane, grattandosi la nuca in imbarazzo, si sentiva un poco sciocca a confidarsi con un perfetto sconosciuto. -Il fatto è che sono nuova di New York e sono confusa-. 
L'uomo rise ancora e alzò lo sguardo verso il cielo, i capelli gli si scompigliarono per la brezza del vento autunnale. 
-Capisco- Disse ed appoggiò una mano sullo schienale della panchina. -Beh, diciamo che New York è un po' come una griglia, hai presente?- Le chiese, dopo essersi schiarito la voce e lei annuì. -Ecco, da sud a nord partono le strade, che sono numerate. Qui siamo verso la settantaduesima strada, ragazza. Sopra al Central Park le strade vengono meglio conosciute per nome, come Lenox Avenue o Amsterdam Avenue, mi segui? Questo parco è davvero grande, inizia dalla cinquantanovesima strada e finisce verso la centodecima strada- 
-Aspetta, aspetta, settantaduesima strada, dici?- Diane lo interruppe, spalancando gli occhi. Il tizio annuì, leggermente irritato per essere stato interrotto durante la sua spiegazione, però trovava buffa quella ragazzina. -Io però non ricordo in che strada vivo!- Esclamò in un singhiozzo e gli occhi le si riempirono di lacrime, l'uomo le portò subito una mano sulla schiena per consolarla e scosse il capo, cercando di aiutarla. 
-Hey, hey, ricordi se c'era qualcosa nei dintorni? Qualcosa di particolare? Così magari ti riesco a dire in che strada vivi- L'uomo le parlò con voce gentile, mordicchiandosi piano il labbro.
-Beh...- Sussurrò pensierosa e si passò una mano sotto gli occhi, asciugandosi le lacrime. -C'era una chiesa, una grande chiesa, credo, non so se era una chiesa, a me sembrava una chiesa- Gesticolò con le mani e gli occhi dell'uomo s'illuminarono, portando un po' di speranza nel viso della ragazzina. 
-Credo tu viva nella sessantacinquesima strada, o giù di lì nei dintorni, ragazza- Affermò, convinto della sua deduzione e la bionda alzò un sopracciglio, lamentandosi che era piuttosto lontano. 
-Potrei accompagnarti, fino ad un certo punto, sono venuto a farmi due passi, mica mi dispiace- Le propose, non che ci tenesse tanto, ma si annoiava davvero tanto e farsi una passeggiata non gli dispiaceva. -Me lo dici il tuo nome?- Le chise subito dopo. 
-Diane- Rispose lei e le guance le si arrossarono un poco, senza motivo. -Solo Diane-.
-Io mi chiamo John, John Lennon, ragazza-. 


QUE PASA EN NEW YORK? QUE PASA EN NEW YORK? EEEEEH. 
Okay, forse ci ho messo un tantino tanto per aggiornare, chiedo UMILMENTE perdono. 
Ringrazio tutte le donnicciuole che hanno recensito il primo capitolo, siete state troppo simpy. -regala una caramella alle tipe che hanno recensito-.
FACCIAMO COSì, SE RECENSITE VI REGALO A TUTTE QUANTE UNA CARAMELLA DAI.
Okay, sclero. 
Vorrei farvi notare che per capire come diavolo funziona New York ci ho messo tre quarti d'ora. 
Grazie a Wikipedia e a Yahoo Answer 

CIAU CIAU A TUTTI. 


Peace,
Lemons
   
 
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