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Autore: ValeDowney    25/11/2012    2 recensioni
Terzo capitolo della serie con protagonista la figlia di Severus Piton e Lily Evans. Un pericoloso mago, fuggito da Azkaban, é sulle tracce di Clarice ? Come mai ? Vorrà ucciderla o no ?
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Come ogni anno, l’estate di Clarice era passata in modo noioso e male, visto che suo cugino Dudley ed i suoi zii, non facevano altro che trattarla male. Un giorno, quando fu quasi sera, Clarice non sapeva che fare ed era, anche piuttosto giù di morale visto che, fuori, il tempo era molto nuvoloso e rischiava di piovere da un momento all’altro, al contrario, invece, di lei, Hedwige, la sua civetta bianca, ed Artemisia, il suo furetto, regalo di suo padre che, si stavano muovendo nelle loro rispettive gabbie, mangiando il loro mangime; per questo motivo prese il suo libro di Incantesimi e lo aprì alla pagina, alla quale era arrivata a studiare precedentemente; per non farsi sentire dai suoi zii, si nascose sotto le coperte, mettendosi come se fosse stata sotto ad una tenda da campeggio, per poi, aprire il libro, alla pagina selezionata, davanti a lei; poi, dopo aver preso la sua bacchetta magica, disse: “ Lumos !” e la sua bacchetta si illuminò, per poi spegnersi. “ Lumos !” e la bacchetta si illuminò nuovamente ma, questa volta, più intensamente, tanto da illuminare tutta la stanza. Ad un certo punto, Hedwige ed Artemisia voltarono lo sguardo verso la porta sentendo dei rumore; quindi, Clarice, sentendo, anche lei, questi rumori, chiuse il libro e, velocemente, si mise sotto le coperte, dando di schiena alla porta; proprio quest’ultima, si aprì, rivelando zio Vernon, il quale si guardò intorno, come se avesse sentito qualcosa ma, poi, vedendo che tutto era tranquillo, richiuse la porta, uscendo dalla camera da letto. Dopo essersi accertata che suo zio Vernon se ne fu andato, Clarice si rimise sotto le coperte e, dopo aver aperto il libro, disse: “ Lumos !” e la sua bacchetta si illuminò di nuovo e, ciò, andò avanti fino all’ora di cena, quando Clarice scese a cenare con i Dursley, anche se le cose che mangiava, non erano buone come le faceva il suo papà. La serata trascorse come tutti i giorni: i Dursley si misero, in salotto, a guardare la televisione, mentre Clarice venne cacciata in camera sua; ma, lei, lì, si trovava bene, perché poteva riguardare il piccolo album che le aveva regalato Hagrid e, inoltre, anche una foto che le aveva spedito suo padre: la stessa foto che aveva visto al Maniero e nei sotterranei, che ritraeva suo padre e sua madre, più giovani, mentre danzavano sotto le foglie che cadevano. L’aveva messa sul comodino così, ogni sera, prima di addormentarsi, la guardava sospirando, nel rivedere sua madre, ormai morta da tanti anni, e suo padre, che poteva rivedere solo ad Hogwarts; e, neanche quella sera, fu diversa: dopo essersi messa il pigiama, diede la buona notte ad Hedwige ed Artemisia: quindi, si mise sotto le coperte e, dopo essersi tolta gli occhiali, mettendoli sul comodino, guardò la foto dei suoi genitori, dicendo: “ Buona notte, mamma e papà” e chiuse gli occhi. Il mattino seguente, mentre i Dursley stavano mangiando e Clarice stava servendo loro la colazione, arrivò il postino; quindi, Petunia disse, rivolta a Clarice e con tono poco cordiale: “ Va subito a prendere la posta !”. Clarice, quindi, andò davanti alla porta e, dopo aver preso le lettere in mano, ritornò in cucina, mettendole sulla tavola: “ Ritorna a preparare la colazione e vedi di non bruciare niente !” replicò Petunia. “ Sì, zia Petunia” disse Clarice e ritornò dietro ai fornelli. Vernon aprì la prima lettera, visto anche che era indirizzata a lui e, dopo averla letta, entusiasta disse: “Oh, che bello: mia sorella Margie viene a farci visita”. “Che meraviglia: e c’è scritto quando viene ?” domandò Petunia. “Verrà domani” rispose Vernon, rimettendo la lettera sul tavolo. “Domani ?! Ma, allora, dobbiamo preparare tutto” disse Petunia, tutta contenta, alzandosi dalla tavola. “Tutto deve essere perfetto, quando arriverà mia sorella, quindi…” iniziò a dire Vernon; poi, voltando lo sguardo verso Clarice, continuò dicendo: “…chi non è della famiglia, non deve fare brutta figura”. “Non la farò, stanne certo, perché me ne starò in camera mia, come se non esistessi” disse Clarice. “No, invece tu sarai con noi e vedi di portarle rispetto, ragazzina !” replicò Vernon e se ne andò da un’altra parte della casa. “Vedi, soprattutto, di non combinare pasticci !” aggiunse replicando Petunia e seguì il marito, lasciando da sola Clarice con Dudley, il quale stava continuando a mangiare la sua colazione; quindi, Clarice risalì in camera, per vedere un gufo alla sua finestra: l’aprì e, dopo che il gufo le ebbe lasciato una lettera, se ne volò via. Clarice, allora, aprì la lettera e ne lesse il contenuto:

Cara Signorina Piton, la informiamo che, quest’anno, come ben lei saprà, saranno presenti materie facoltative che, se lei vorrà, potrà scegliere; esse sono: Babbanologia; Rune Antiche; Cura delle Creature Magiche; Divinazione ed Aritmanzia. Se desiderasse scegliere una o più tra queste materie, non deve fare altro che informarci mandandoci una lettera con il suo gufo. Successivamente sarà suo padre, il Professor Severus Piton, a darle l’orario completo delle lezioni, come prestabilito con il Preside Silente. Inoltre, la informiamo che, in allegato, troverà il permesso per Hogsmeade, da far firmare esclusivamente ad uno dei suoi zii, in quanto suoi legali guardiani. Per tanto, nell’attesa di una sua lettera, le porgo i miei più distinti saluti. La Professoressa Minerva McGranitt, Vice Preside”.

Clarice mise da una parte la lettera, per prendere in mano il permesso per Hogsmeade; quindi, disse: “ Mah, secondo me, ora che verrà la sorella di zio Vernon, nessuno mi firmerà questo permesso. Forse, se non me lo firmeranno loro, potrei sempre farlo firmare dal papà o dalla nonna: tanto, credo che possa andare bene lo stesso”; poi, si mise alla scrivania e, dopo averci pensato un po’ su, scrisse una lettera di risposta, nella quale specificò le materie facoltative che aveva scelto e, dopo che ebbe finito di scriverla, aprì la gabbia di Hedwige e, mentre la civetta uscì, andandosi a mettere sul davanzale della finestra, le disse: “ Consegna questa lettera ad Hogwarts; poi, ritorna subito indietro: non voglio che zio Vernon, scopra che ti ho lasciata uscire” e, dopo che Hedwige ebbe preso la lettera nel becco, se ne volò via. Il resto della giornata, trascorse normalmente: Hedwige ritornò, velocissima, nella stanza di Clarice, la quale la rimise subito nella sua gabbia; successivamente, Vernon e Petunia stavano preparando il tutto per l’arrivo di zia Marge e, purtroppo, quel giorno arrivò.

Di fatti, a sera del giorno successivo, un giorno molto piovoso, suonò il campanello; quindi, Petunia disse, sempre con poca nonchalance: “ Clarice ! Clarice ! Clarice ! Apri la porta !”. Clarice, allora, mentre teneva in mano il permesso di Hogsmeade, scese velocemente le scale, andò ad aprire la porta ma, appena l’aprì, zia Marge entrò in casa, dando l’ombrello tutto bagnato a Clarice, senza neanche guardarla. Dietro di lei, vi fu il suo brutto cane e, per ultimo, entrò Vernon e Clarice poté chiudere la porta. Marge andò in salotto, dove abbracciò una Petunia molto entusiasta di rivederla e, successivamente, abbracciò Dudley, il quale non si era nemmeno accorto del suo arrivo, perché era intento a guardare la televisione. Mentre Vernon si toglieva la giacca, Clarice disse, aprendo il permesso per Hogsmeade: “ Zio Vernon, mi devi firmare questo permesso”. “Che cosa è ?” chiese seccato Vernon. “Niente: cose di scuola” rispose Clarice. “Più tardi, forse, se farai la brava” disse Vernon, andando in salotto. “Lo farò: dipende da lei” disse Clarice, seguendolo, ma fermandosi all’entrata del salotto. Marge smise di coccolare Dudley e, guardando verso la porta, la sua espressione tramutò da contentezza a disgusto nel vedere Clarice; quindi, disse: “ Ah, sei ancora qui, vedo”. “Sì !” replicò Clarice. “E non dire “sì” con quel tono da ingrata ! Troppo buono mio fratello, a tenerti” replicò Marge; poi, rivolta a Vernon, aggiunse dicendo: “ Finiva dritta all’Orfanotrofio, se la mollavano davanti a casa mia”. “La valigia di Marge: portala di sopra !” replicò Vernon. “ Va bene” disse Clarice e, dopo aver preso la grossa valigia, la portò di sopra, mettendola nella camera degli ospiti. Prima di scendere, però, andò in camera sua e, vedendo che Artemisia era piuttosto agitata, perché si muoveva a destra ed a sinistra nella sua gabbia, le disse: “ Cerca di non fare troppo rumore: di sotto, è appena arrivata la sorella dello zio Vernon e, da quanto ho già potuto constatare, è tale uguale a lui”. Artemisia emise dei versetti, quindi Clarice, dopo aver aperto la gabbia, l’accarezzò, dicendole: “ Stasera tutte e due dobbiamo fare le brave: tu, perché te lo ha detto papà ed io, perché se non la faccio, poi zio Vernon non mi firmerà il permesso per andare ad Hogsmeade”. Stava continuando ad accarezzare il suo adorato furetto, quando, dal piano di sotto, si sentì gridare: “ Clarice Piton ! Vieni subito giù !”. “Incomincia l’incubo” disse Clarice e corse di fuori. Ma, nella fretta di andare giù, aveva lasciato, sbadatamente, aperta la gabbia di Artemisia: approfittandone di questa preziosa occasione, Artemisia uscì dalla sua gabbia e, stava per uscire dalla camera da letto della sua padroncina, quando Hedwige emise i suoi versetti, come se le dicesse che, uscire, avrebbe voluto dire cacciare nei guai Clarice; ma Artemisia se ne infischiò degli avvertimenti della civetta e, quindi, uscì dalla camera, scendendo lungo le scale ma, fermandosi in salotto e, senza farsi vedere, se ne stette ferma, accanto alla poltrona, ben nascosta. I Dursley, con l’aggiunta di Marge, stavano mangiando attorno al tavolo in cucina, mentre Clarice era dietro ai fornelli, intenta a pulire alcuni piatti: “ Finiscilo per mammina” disse Marge, mettendo il suo piatto per terra ed il suo brutto cane leccò ciò che c’era rimasto. “Posso tentarti, Marge ?” domandò Vernon, mentre teneva in mano una bottiglia di vino. “Solo un goccio” rispose Marge; poi, rivolta a Petunia, aggiunse dicendo: “ Eccellente pranzetto, Petunia”. Vedendo, poi, Clarice che stava prendendo alcuni piatti, si rivolse a lei scrocchiando le dita, proprio come se fosse stata una cameriera, e indicandole il piatto, che stava finendo di leccare il suo cane. Clarice, allora, andò accanto a lei e, mentre prendeva il piatto da per terra, con grande rabbia da parte del cane, perché non aveva ancora finito la sua “cena”, Vernon versò il vino nel bicchiere di Marge il quale, lo diede al suo cane, dicendogli: “Vuoi un goccino di Brandy ?” e Clarice, che nel frattempo era andata dietro ai fornelli a mettere giù i piatti che aveva preso, la guardò disgustata. Marge alzò lo sguardo verso di lei, chiedendole: “ Cos’è quella faccia ?!”, ma Clarice non rispose: quindi, Marge domandò: “Dove è che mandi la ragazza, Vernon ?”. “Oh…a San Bruto: è un ottimo Istituto per casi disperati” rispose Vernon. “Usano il bastone, a San Bruto, ragazza ?” chiese Marge, rivolta a Clarice la quale, prima di dare una risposta, guardò sia Vernon, poi Petunia; poi, disse: “ Oh…sì…sì: mi hanno picchiata tante volte”. “Benissimo” disse Marge ma, appena Clarice si mise di schiena, continuò dicendo: “ Non accetto questa idea smidollata e mollacciona di non punire le persone che lo meritano. Non devi rimproverarti, caro Vernon, per come, alla fine, è venuta su questa qui: dipende tutto dal sangue; cattivo sangue, non mente mai !”. Clarice si stava arrabbiando, perché nessuno doveva parlare male dei suoi genitori; poi, Marge domandò: “ Che cosa si occupa suo padre, Petunia ?”. “Di niente: non lavorava; era disoccupato” rispose fingendo Petunia. “E anche ubriacone, immagino” disse ridendo Marge. “Questa è una bugia !” replicò Clarice. “Cosa hai detto ?” chiese Marge. Clarice si voltò e, arrabbiata, rispose: “Mio padre non è un ubriacone” ed il bicchiere, che teneva in mano Marge, si ruppe in mille pezzi, facendo finire il vino dovunque. Gli altri quattro si spaventarono, ma Marge disse, rivolta a Petunia: “Sta tranquilla; non agitarti, Petunia: io ho una stretta solidissima”. Petunia e Vernon guardarono malamente Clarice, avendo capito che, naturalmente, era stata lei a far scoppiare il bicchiere; quindi, Vernon le disse: “Credo che sia l’ora che, tu, vada a letto”. “Zitto, Vernon !” replicò Marge; poi, rivolta a Clarice, aggiunse ordinandole, sempre scrocchiando le dita: “ Tu: pulisci !” e, dopo aver preso una straccio, Clarice si avvicinò alla tavola e pulì tutto il vino che era caduto.

Nel frattempo, il brutto cane di Marge aveva fiutato qualcosa e, quindi, seguì l’odore per il salotto: Artemisia, nel vedere che il cane stava avanzando verso di lei, si spostò, senza farsi sentire, dietro alla poltrona, proprio mentre il cane, si fermò nella posizione nella quale vi era prima lei. Mentre Clarice puliva il vino, Marge disse: “ In effetti, non centra niente il padre: tutto dipende dalla madre; lo vediamo sempre con i cani: se c’è qualcosa che non va con la cagna, c’è qualcosa che non va con il cucciolo”. “Ora basta ! Ora basta !” gridò arrabbiata Clarice, gettando per terra lo straccio. Nella stanza calò il silenzio e, la sola cosa che si poté vedere, fu la luce che andava e veniva: Petunia e Vernon capirono subito che, se c’era quello sbalzo di corrente, era perché Clarice si era molto arrabbiata e, i suoi poteri, si stavano manifestando. “Bene: ti dico una cosa…” iniziò a dire Marge, ma si fermò, quando notò che il suo dito si era gonfiato. Anche gli altri lo notarono e, la cosa, non passò certo inosservata visto che, ciò che successe subito dopo, fu che Marge si gonfiò come un grosso pallone: “Vernon ! Vernon, fa qualcosa !” disse Marge. Vernon si alzò dalla sedia, ma fu proprio in quel momento che il cane, nel trovare Artemisia, le incominciò a correre dietro: “Artemisia ?!” disse stupita Clarice, nel vedere il suo furetto in salotto. Artemisia si arrampicò lungo i pantaloni di Vernon ed il cane, nel tentativo di acchiapparla, morse il calzino di Vernon il quale disse: “ Ahia, Squarta: lasciami subito andare” e non riuscì a prendere sua sorella che, visto che ora era diventata come un grosso pallone ad elio, cominciò a fluttuare verso il soffitto, trascinandosi a dietro anche la sedia sulla quale era seduta visto che, ora, vi era praticamente incastrata. Dudley e Petunia erano rimasti immobili e terrorizzati da ciò che stava accadendo, mentre Vernon cercava di togliersi sia il cane, che Artemisia che, in quel momento, era andata nel suo maglione: “Maledetto topo troppo cresciuto ! Se ti acchiappo, giuro che ti faccio arrosto !” replicò arrabbiato Vernon, cercando di prendere Artemisia. “Tu non farai del male al mio furetto ! Lasciala stare !” replicò Clarice, correndo da Vernon, cercando di bloccarlo. Ad un certo punto, la sedia si ruppe e Marge volò fuori dalla casa: Vernon buttò a terra Clarice e, con un gesto veloce, riuscì a prendere sia Artemisia, gettandola accanto a Clarice, e scalciare, da una parte, il cane; poi, si buttò letteralmente da sua sorella, riuscendo a prenderle entrambe le mani: “Ti tengo, Marge ! Ti tengo !” disse Vernon, mentre la teneva stretta. Artemisia, dopo essersi ripresa, corse fuori in giardino, perché il cane la inseguì nuovamente: “Artemisia ! Torna qua !” disse Clarice, cercando di fermare il suo furetto ma, era troppo tardi: Artemisia passò sotto le gambe aperte di Vernon; come volevasi dimostrare, il cane la seguì, passando, anche lui, sotto le gambe di Vernon, il quale cadde all’indietro, perdendo il controllo di Marge, la quale se ne volò nel cielo di Privet Drive, mentre sotto di lei, Vernon chiamava il suo nome ed il cane, abbaiava verso la sua padrona. Intanto, Artemisia si andò a mettere sulla spalla di Clarice, con sguardo fiero per averla fatta in barba a quel cane, ma, appena ricevette lo sguardo minaccioso da parte di Clarice, abbassò le orecchie tristemente. In cucina regnava il caos più totale: solo Dudley, stupido com’era, sembrava non essersi, ancora, accorto di ciò che era appena successo. Clarice, corse velocemente in camera sua e, dopo aver sbattuto la porta, diede un calcio sulla scrivania e si sedette sul letto, per poi, guardare la fotografia dei suoi genitori, che c’era sul comodino. Avendo capito di aver già provocato troppi guai, Artemisia, sempre con le orecchie abbassate per la tristezza, scese dalla spalla della sua padroncina, sul pavimento e, con la coda fra le gambe, si arrampicò di fianco alla gabbia di Hedwige. Clarice era arrabbiata ma, allo stesso tempo, anche triste, perché avendo manifestato la magia nel mondo dei babbani, poteva rischiare benissimo l’espulsione; ma, la sorella di Vernon, in fin dei conti, aveva avuto ciò che si meritava: nessuno, poteva parlare dei suoi genitori, gli unici che l’avevano trattava con affetto e che, tuttora, faceva ancora suo padre: “Questo non è il mio posto: il mio posto è Hogwarts, con i miei amici ed il mio papà” disse Clarice e, dopo aver preso una decisione, si alzò da letto e, dopo aver aperto il suo baule, vi mise dentro tutto ciò che guardava, questo sotto lo sguardo di Artemisia, la quale si sentiva ancora in colpa per ciò che era successo prima. Dopo che ebbe chiuso il baule, mettendoci dentro anche la foto dei suoi genitori, si avvicinò alla gabbia di Hedwige e, dopo averla aperta, le disse: “Vola via, Hedwige: ci rivedremo ad Hogwarts” e la civetta, dopo essersi strofinata contro di lei, se ne volò fuori dalla finestra. Clarice, poi, voltò lo sguardo verso Artemisia, dicendole: “Non ce l’ho con te, Artemisia: hai fatto la cosa giusta. Sono molto orgogliosa di te e, credimi: non mi dimenticherò di dirlo a papà”. Artemisia ritornò di buon umore e, dopo essere salita sulla spalla destra di Clarice, si strofinò contro di lei, scodinzolando allegramente la coda. “Ok, ora andiamo” disse Clarice e, dopo aver preso la sua bacchetta magica dal comodino, scese lungo le scale, trascinandosi a dietro il baule, quando venne fermata da Vernon, il quale gridò: “Riportala qui ! Riportala subito qui, così come era !”. “No: ha avuto quello che si meritava !” replicò Clarice. Vernon perse la pazienza e, stava per spingere Clarice contro la parete, quando essa prese fuori la sua bacchetta magica e, mentre gliela puntava contro, contemporaneamente ad Artemisia che gli ringhiava contro, disse: “ Fermati ! Non ti avvicinare !“. Vernon indietreggiò e disse, con un po’ di paura: “Non puoi fare magie fuori dalla scuola”. “Dici ?! Proviamo” disse Clarice, scendendo gli ultimi gradini, mentre Artemisia continuava a ringhiare contro i Dursley. “Non ti faranno più tornare, ora; non hai dove andare; nemmeno dal tuo caro paparino” disse Vernon. “Non mi importa: dovunque è meglio di qui” replicò Clarice e, dopo aver aperto la porta, uscì, sbattendola.

Mentre camminava, tra le strade poco illuminate di Privet Drive, in cielo Marge continuava a fluttuare e, fortunatamente, nessuno era lì, in quel momento, per vederla. Clarice stava continuando a camminare lungo le strade, maledicendo di quello che aveva fatto quella sera: “ Perché ?! Perché tutte a me devono succedere ?! Ogni anno, inizia sempre male !” disse Clarice. Artemisia emise i suoi versetti; quindi, Clarice disse: “Hai ragione, Artemisia: le cose si aggiusteranno…spero”. Camminò, finché non si fermò accanto ad un parco giochi: c’era il silenzio più totale e tirava un’aria piuttosto fredda che rendeva il tutto, un po’ spettrale. Si sedette, quindi, sul ciglio del marciapiede, mettendo, prima, il baule accanto a se e, poi, prendendo tra le mani Artemisia e, mentre la guardava, disse: “ Che cosa ho combinato, Artemisia ?! Ora, perché ho utilizzato la magia, non mi faranno più ritornare ad Hogwarts. Però, la sorella di zio Vernon, se l’è proprio meritato: nessuno deve parlare male di mamma e papà, vero ?” e rise un po’; finché, all’improvviso, la luce nel lampione dietro di lei, andava e veniva, finché non si spense; poi, si sentì cigolare: Clarice ed Artemisia guardarono dietro di loro, per vedere le altalene, la giostrina ed il pinco - panco, che si muovevano da sole. “Qui, c’è qualcosa che non va” disse Clarice, con un po’ di paura. All’improvviso, si sentì un rumore di foglie e, dalla siepe davanti a loro, comparve un grosso cane nero; Clarice si alzò, lentamente in piedi ed Artemisia ritornò sulla sua spalla. Il grosso cane nero abbaiò ed Artemisia gli ringhiò contro; per la paura, Clarice estrasse velocemente la sua bacchetta magica ma, nel farlo, perse l’equilibrio e, prendendo contro il suo baule, cadde all’indietro, proprio sul marciapiede; Artemisia si dovette tenere, ben stretta alla sua padroncina, per non cadere, anche lei, per terra. Il grosso cane nero sembrava che stesse, quasi, per attaccarle, quando scappò, alla vista di due fari luminosi ed un rumore assordante. Clarice ed Artemisia voltarono lo sguardo alla loro destra, per vedere un grosso ed alto bus blu, fermarsi proprio davanti a loro. Che cosa era esattamente quel bus ? E perché c’era quel grosso cane nero ? E Clarice verrà espulsa dalla Scuola di Hogwarts, oppure no ? Per scoprirlo, non ci resta che aspettare il prossimo episodio, intitolato: “ IL NOTTETEMPO ED AL PAIOLO MAGICO”.

  
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