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Autore: Glasscompass    15/06/2007    1 recensioni
Picto corre, mentre in un borgo qualsiasi, un'ombra senza nome nè volto intraprende il proprio viaggio. Strade parallele o coincidenti?
Genere: Avventura, Fantasy, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’ombra che durante la notte era partita da Bruma, aveva serpeggiato con passo impercettibile da fantasma per miglia e miglia,

L’ombra che durante la notte era partita da Bruma, aveva serpeggiato con spettrale, impercettibile passo per miglia e miglia, lontano da quell’ inferno. Come l’umidità sospesa, sul far del mattino, si spruzza tangibile in frizzanti gocce d’acqua sparse sulle foglie, così l’ombra rassegnatasi all’ accaduto, si era condensata, “assumendo” una forma umana. Cosa restava di quella notturna visione apocalittica? Fuliggine, sugli abiti, sulla pelle, nelle narici. I passi risoluti si erano fatti, con il passare delle ore, stanchi e strascicati. Camminare tra i sassi appuntiti e la neve con le misere calzature di stoffa l’avevano resa insofferente. I polpacci le facevano male dalla lunga marcia, ma ormai andava avanti per inerzia e per nulla al mondo si sarebbe fermata. Finché tra lei e il proprio borgo natale non si fossero accumulati monti e pianure, selve e laghi in abbondanza non si sarebbe fermata. Stanca, stanca, ma risoluta. Le gambe di piombo, la testa, evanescente, iniziò a girarle per la stanchezza.  Si fermò e decise di lasciarsi andare per riprendere l’energie perse. Cadde in ginocchio, con uno sbuffo di neve. Tra lei e Bruma c’erano ormai fili d’erba a sufficienza. Il respiro era regolare, ma la testa e quello che c’era dentro rimbalzava come una palla, sbatacchiando di qua e di là. Serrò gli occhi con forza, credendo che questo bastasse per imbrigliare sotto le palpebre il turbine mentale. All’improvviso quello che era in movimento e che in realtà non s’era mai mosso, si fermo gradatamente. Tre, ancora due giri turbinosi e i pensieri smisero di ballare la loro danza conturbante. Aprì gli occhi. Dove si trovava? Ah, mistero. Ma poco importava, da qualche parte i suoi piedi l’avrebbero condotta. Abbassò lo sguardo sulla manica che copriva il polso sinistro, la scostò e vide il familiare tatuaggio che da 30 giorni dopo la sua nascita l’accompagnava: un piede stilizzato. Sorrise. Subito però le tornarono in mente le fiamme divoratrici di quella notte. Quell’ immagine, ignorata a forza durante l’intero cammino, non era stata riposta in un angolo. Aveva invece fatto da sfondo a qualunque pensiero le venisse in mente. Tutto doveva confrontarsi con quell’immagine. Botteghe costruite con fatica e gioia corrose, pietre sacre annerite in profondità. Lussureggianti campi fioriti divenuti cenere. Qualcosa all’improvviso si mosse poco lontano. Un barlume. No, fuoco, ancora! Non ne sopportava più la vista e con rabbia s’alzò. Fronteggiò col mento alto e lo sguardo aguzzo il barlume d’orato, nemico. Rifletteva su vetri sporchi, ma colorati... Una locanda! Alla cieca le corse con foga incontro inciampando, graffiandosi. I piedi l’avevano condotta lì e lì avrebbe fatto la prima sosta.

  
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