Anime & Manga > Inazuma Eleven
Segui la storia  |       
Autore: Eternal_Blizzard    16/12/2012    1 recensioni
Endou Mamoru non ha mai potuto possedere una sua squadra di pokèmon per i divieti imposti dalla madre, ma il suo sogno è da sempre seguire le orme del defunto nonno e diventare l'allenatore più forte del paese. Il suo intento è riuscire a creare la squadra migliore che possa fare, con l'aiuto dei suoi amici Handa Shin'Ichi e Someoka Ryuugo, inseparabili fin da bambini.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Goal #2_A Bag Full of Objects
«Questo è… un Galvantula..?»

Non poteva essere vero. Insomma, dalla pokèball di suo nonno – vecchia e logora come poche cose al mondo – era uscito un enorme, maestoso Galvantula.  Tutti e tre i ragazzi erano rimasti con le bocche e gli occhi spalancati, increduli di fronte alla creatura gialla che, guardinga, ispezionava i dintorni con lo sguardo, attento.  Si guardarono, sbigottiti, senza dire nulla dato lo stupore generale; Endou fu il primo a riprendersi dalla meraviglia e spostò lo sguardo sulla sfera che stringeva tra le mani, tremanti per l’eccitazione. «M-ma è uscito da qui?» chiese voltandosi verso gli amici ed indicandogli la sfera. Handa annuì.
«Scusa… da quanti anni… hai detto di averla?» chiese. «Quella sfera, intendo» indicò l’oggetto a sua volta. Il ragazzo con la fascia arancione fece un rapido calcolo muovendo le dita della mano per accompagnare il conto mentale senza aver davvero bisogno di farlo.
«Eh. Beh, o-otto» sorrise ebete, ancora incredulo e lo stesso fece l’amico di rimando.
«Ma sei scemo o cosa?!» sbottò invece Someoka. «Otto anni! Dico, sono otto anni che hai quella sfera e ti accorgi solo ora che aveva un pokèmon al suo interno!?» sbraitò, più sorpreso di quel fatto piuttosto che dell’apparizione della creatura in sé. «Otto anni!» ripeté.
«Ma scusa! Hai visto anche tu in che condizioni era, come potevo pensare che ci fosse ancora qualcuno dentro!» si difese il castano inarcando le sopracciglia.
«Sì, ma se io, ragazzino, avessi trovato una vecchia pokèball, la prima cosa che avrei fatto sarebbe stata tirarla! Vedere se effettivamente era o no vuota!» continuò il ragazzo dai capelli rosa.
«Beh, Someoka non ha tutti i torti eh…» intervenne Handa, ravvivandosi la folta chioma castana.
«Vabbè ho sbagliato, scusate!» scoppiò il ragazzino con la sfera in mano, deciso a porre fine a tutte le discussioni al riguardo. Imbronciato, spostò lo sguardo sul grande pokèmon giallo e ritrovò istantaneamente il sorriso, squadrandolo per benino: sembrava un esemplare in perfetta forma nonostante l’età che avrebbe dovuto avere, dal pelo lucido e gli occhi blu estremamente vispi mentre scrutavano i movimenti del rattata rimasto paralizzato dal terrore. Appena quello fuggì, il ragno si voltò guardingo verso Handa e Someoka, muovendo le due appendici gialle che aveva di fronte al muso per analizzare l’aria e il luogo circostante a lui poco familiari. Quando si sentì chiamare a gran voce dal un terzo ragazzo si voltò ancora e sembrò quasi rimanere stupito; infatti sobbalzò facendo un piccolo saltino all’indietro e fece vibrare l’addome per qualche istante, mentre inquadrava al meglio quel tipetto dal viso così simile a quello del suo precedente allenatore. Rimase all’erta sull’attenti per qualche istante ed Endou, dopo una rapida occhiata scambiata con gli amici, fece per avvicinarsi, ma il pokèmon materializzò una palla carica d’elettricità di fronte a sé e la scaraventò ai piedi dell’umano, facendolo cadere all’indietro. «Aspetta, che fai?!» gridò, vagamente spaventato.
«Era un’Energisfera quella?!» chiese allarmato il secondo castano, correndo accanto all’amico a terra senza staccare gli occhi dal pokèmon per evitare un eventuale secondo attacco. Mentre lo faceva rialzare, Someoka si portò una mano alla cintura afferrando la propria pokèball.
«Bene, se è la lotta che vuole, direi di accontentarlo!» ringhiò, ma prima che potesse far uscire il suo Axew la voce di Endou s’impose su ogni rumore lì presente, così da attirare tutta l’attenzione su di sé.
«Non devi attaccarlo!» urlò. «Non voglio che pensi che siamo suoi nemici! Se avesse voluto farci male avrebbe continuato ad attaccare, no? Invece si limita a fissarci…» fece notare, indicandolo. «Forse, semplicemente non vuole che mi avvicini. È anche normale, non mi conosce…» ridacchiò.
«Senza contare che Axew è praticamente appena nato, mentre lui, essendo un Galvantula dovrebbe già essere ad un livello abbastanza alto. Se poi consideriamo che era il pokèmon più forte del nonno di Endou…» lo fece ragionare Shin’Ichi, portandosi una mano al fianco. Il rosato tendeva a scaldarsi troppo in fretta per un nonnulla e finché si trattava di “liti” tra amici era un conto, ma se si trattava di una lotta era tutto un altro paio di maniche. Specie perché avevano letto diversi libri su quei mostriciattoli e da quel che avevano imparato sapevano che quelli si evolvevano una volta raggiunto un certo livello; i Joltik ad esempio diventavano Galvantula al trentasei e quindi anche solo per quello era decisamente troppo per la loro portata. «Comunque… che devi fare?» gli chiese, ammiccando al ragno e l’altro fece spallucce. Mamoru fece per muovere un passo in avanti come prova, ma vedendo che la creatura alzava l’addome come se volesse sferrare un altro attacco riportò indietro il piede, fissandolo.
«Hai paura di me? O non ti fidi?» domandò, ma non ottenne alcuna risposta. «Eri tu il pokèmon più forte di Endou Daisuke, vero?» continuò e sentendo quel nome il Galvantula sobbalzò una seconda volta, per poi tornare rigido e immobile. «Sappi che io sono suo nipote! Siamo parenti!» gli spiegò e quello mosse le zampe, indeciso sul da farsi. Certo, era innegabile che fosse tale e quale al suo allenatore, ma non se la sentiva di dargli fiducia. Non ancora. Si fece più alto possibile distendendo al meglio le zampe e si girò più volte su se stesso, come se avesse iniziato a cercare qualcosa, o forse qualcuno. «Ecco… se cerchi nonno…» iniziò a dire Endou, grattandosi la testa. «Purtroppo non c’è più…» l’informò con tono triste. A quella parole il ragno si bloccò di colpo e non diede più cenni di vita fino a qualche minuto più tardi. Guardò i tre ragazzi e poi sembrò rilassarsi, anche se apparve piuttosto rattristato dalla notizia. Per la prima volta da quand’era uscito dalla sua sfera emise il suo verso, come se volesse domandare qualcosa al ragazzetto con la fascia arancione, ma quello non capì. «Posso avvicinarmi?» chiese prima di tutto, ma vedendo che il pokèmon tornava ad irrigidirsi decise di evitare. «Allora… Io non capisco quel che dici, ma so che prima o poi sarò in grado di farlo. Questo, però, solo se me lo permetterai…» gli disse, tendendogli una mano e sorridendogli. La creatura voltò leggermente il corpo, scocciata dalla sfacciataggine che quel tipino le rivolgeva. «Lo so, lo so. Nonno era un allenatore formidabile, tu sei abituato al meglio… Ma mi dimostrerò degno di lui! Non so se sarò alla sua altezza, ma posso assicurarti che mi impegnerò al massimo per esserlo. Siccome rimani comunque un suo pokèmon, a mio avviso, non voglio forzarti a viaggiare con me, ma… ci terrei davvero se tu accettassi di farti allenare da me» espose, ancora sorridente ma serio. «Che ne dici?» chiese infine, speranzoso. Terminato il suo discorso era calato il silenzio, in quanto i due umani con lui non avevano intenzione di parlare e quindi disturbare la “trattativa” tra i due, mentre il ragno stava seriamente riflettendo all’idea di poter diventare il pokèmon del nipote di Endou Daisuke. Perché quel ragazzino, anche se non aveva l’aria troppo sveglia, aveva detto una cosa sacrosanta.
Lui era il pokèmon di Endou Daisuke.
Era il suo migliore amico.
Era di Daisuke e nessun altro.
Per essere allenato da qualcuno al di fuori del suo amatissimo allenatore non bastava essere un suo parente. Su quello era sicuro, eppure… Il suo istinto gli diceva che poteva fidarsi, che quel ragazzino non era così simile a lui solo nell’aspetto. Tastò la terra un paio di volte con le zampe e disse qualcosa che risultò nuovamente incomprensibile ai tre umani, per poi emettere un filo di tela che lanciò verso la sua pokèball, tirandola infine a sé in modo da colpirsi in testa. Mentre veniva avvolto dal fascio di luce rossa lo si vide annuire, per poi sparire all’interno della sfera. E ricadde il silenzio.
«Non ho capito… ti ha detto sì?» chiese sbigottito Someoka, raggiungendo i due amici altrettanto sbalorditi.
«Io l’ho visto annuire… Ma magari l’ho immaginato per l’emozione? Non saprei…» si grattò il naso Endou.
«Veramente è sembrato anche a me che lo facesse…» confermò Handa.
«Idem!» aggiunse poi il rosato, annuendo.
«Ah…» si morse il labbro il castano. «E così, non l’ho immaginato…» si ripeté più per autoconvincersene che altro. «Lo ha fatto… davvero…» continuò mentre la pressione sul suo labbro si faceva più forte e gli angoli della bocca gli si alzavano addirittura più del normale senza che se ne rendesse conto. Quando iniziò a sentire del dolore a causa del morso saltò euforico, abbracciando gli amici. «Non è un sogno! Ho un pokèmon! Ho davvero il mio primo pokèmon!» gridò entusiasta.
«Endou, è magnifico!» risero con lui gli amici, condividendo la sua stessa gioia ed andarono a raccogliergli la pokèball di Galvantula, per poi porgergliela con un sorriso a trentadue denti.
«Sapete questo che significa..?» chiese il neo allenatore riprendendosi la sfera e tremendo per l’eccitazione.
«Che questa è la nostra ultima notte a Raimon City…» iniziò Handa, fremendo come il compagno.
«…e domani si parte per la nostra avventura!» saltò Someoka, concludendo la frase di Shin’Ichi. «Endou, tu corri subito ad avvertire tua madre e fare le valigie. Handa, anche noi dobbiamo sbrigarci a farle e mi raccomando… a letto presto!» ordinò, iniziando a correre verso casa propria.
«Scherzi? Io ci vado subito dopo cena, domani mattina voglio partire prestissimo!» concordò Handa, imitandolo.
«Perché, voi due riuscirete a dormire?! Io no di certo!» rise Endou, facendo lo stesso.
«A domani! Puntuali!» si dissero infine all’unisono e non ci volle molto perché ognuno sparisse dietro l’uscio della propria abitazione.
 
«Avremo fatto bene? Dico, a dargli il permesso di partire…» domandò Atsuko massaggiandosi la fronte con tre dita di una mano, mentre cercava di scacciare la preoccupazione che le impediva di bere il caffè nella tazzina poggiata sul tavolo di fronte a lei. «Sei sicuro che sia la cosa giusta..?» continuò, poggiando entrambi gli avambracci al mobile, puntando gli occhi dritti in quelli del marito che le sorrise pacato.
«Amore, sai come la penso. Se lo chiedi a me, sì, ti risponderò sempre che abbiamo fatto bene ed è la cosa giusta» le disse, abbassando il giornale che stava leggendo.
«Ma ha tredici anni… E anche i suoi amici. Non ci saranno adulti con loro… La cosa non ti preoccupa nemmeno un po’?» insistette, mettendo dello zucchero nella sua tazzina e girandolo, nervosa.
«Certo, ma so che alcuni partono anche prima. Guarda tuo padre: da quel che mi hai detto, è partito che era più piccolo di loro, o sbaglio?» domandò, ricevendo un pugno sul tavolo come risposta.
«Quello è l’esempio peggiore che potessi fare! E poi sbagli, è partito alla loro stessa età!» sbottò la donna, aggiungendo altro zucchero e prendendo a girare con talmente tanta foga che rischiava di far volare via il caffè.
«Scusami, hai ragione… Comunque, non dobbiamo preoccuparci, Atsuko» ribadì, osservando i movimenti della donna. «E avevi già messo lo zucchero» l’avvertì.
«Sai cosa? Io non conosco bene i pokèmon di mio padre, ma quel Galvantula non mi convince…» disse. Ad ogni frase ripeteva il gesto di aggiungere zucchero e mescolare, che ormai le veniva automatico.
«Perché? Ieri quando gli hai chiesto di fartelo vedere, Mamoru l’ha tirato fuori dalla sfera e se n’è stato buono buono fermo in angolo, no?» ricordò, posando del tutto il giornale ed indicandole il contenitore dello zucchero arrivato a metà da pieno che era. «Atsuko, fermati…» le disse ancora, venendo ignorato.
«Vero. Io lo conosco quel Galvantula da quand’ero piccola, anche se allora era solo un Joltik. Mi ricordo che era, così come gli altri suoi cinque pokèmon, uno scalmanato, un pazzo. Ok che a quel tempo era appena uscito dall’uovo, ma… Se gli facesse male?!» chiese, seriamente allarmata all’idea.
«Noi invecchiamo, i pokèmon si evolvono. In entrambi i casi, andando avanti con l’età – e con il livello per loro, suppongo – si matura. Quindi anche se da Joltik era vivace, adesso hai visto anche tu che si è calmato, quindi stai tranquilla, ok?» le disse, dolce.
«Ok, ma… Ma…» balbettò, finendo di versare nel caffè che non era più tale l’intero contenuto della vaschetta dello zucchero. Prese un bel respiro e si calmò. «Quel Galvantula è un buon pokèmon, vero..?» cercò la conferma riguardando il marito, che annuì con un sorriso. Ciò servì a calmarla del tutto. «Hai ragione, scusa la scenata… è che lo sai, è il nostro unico bambino…» incassò la testa tra le spalle, vagamente imbarazzata. «Comunque, con lui c’è Handa, che è un ragazzo con la testa sulle spalle… Mentre Someoka, con quell’aria truce terrà lontani tutti i malviventi… Mi sento più tranquilla, ora…» sospirò. «A proposito, non dovrebbe già essere uscito? Bevo questo caffè e corro a svegliarlo, che altrimenti non fa in tempo» si alzò dalla sedia, portando la tazzina colma di zucchero e un goccio di caffè alla bocca.
«…non so se sia carino quello che hai detto nei confronti di Someoka…» ridacchiò l’uomo, per poi sgranare gli occhi vedendo l’oggetto che si avvicinava sempre di più alle labbra della moglie. «Non ber-»
«Mamma, papà! Io vado!» gridò Mamoru spuntando all’improvviso sulla porta della cucina bloccando e facendo sobbalzare il padre, mentre la madre sputò rapida il liquido appena ingerito. «Mamma, scusami… Ti ho spaventata?» domandò dispiaciuto, entrando nella stanza.
«Macché spaventata» si sbrigò a dire con tono disgustato mentre si portava una mano alla bocca e con l’altra posava repentinamente la tazza sul tavolo. Sarebbe andata subito a svuotarla nel lavandino, ma prima prese dei tovaglioli ed asciugò il mobile. «Stamattina è venuto imbevibile. Mi sa che la macchinetta ha qualcosa che non va…» sospirò, scuotendo la testa.
«Io ti avevo avvertita, tesoro…» le disse l’uomo, che poi si voltò verso il figlio. «Allora? Pronto?» chiese ed il piccolo annuì con foga ed il suo solito sorriso.
«Certamente! Solo che sono già in ritardo, quindi vi saluto qui e raggiungo gli altri!» corse accanto alla madre e le diede un bacio sulla guancia con tanto di schiocco, cosa che poi fece anche con il padre. Gli mostrò un ultimo sorriso smagliante e poi saettò verso l’ingresso, venendo però bloccato quando aprì la porta.
«Aspetta, tesoro!» chiamò la madre, rincorrendolo. Con più calma li raggiunse anche il padre, annuendo allo sguardo interrogativo del figlio. «Prima che andiate… Sappi che ci siamo messi d’accordo con i genitori di Shin’Ichi e Ryuugo. Non potete partire così, senza niente, quindi abbiamo provveduto noi» gli disse, facendo cenno al marito di andare a prendere qualcosa nella stanza accanto.
«”Senza niente” cosa? Abbiamo i ricambi, un po’ di soldi, un pokèmon… Il necessario» fece spallucce il più piccolo provocando un sospiro nella donna. Prima di rispondere, quella aspettò il ritorno del compagno che arrivò in pochi minuti, porgendole un sacchetto.
«Con un pokèmon non si va poi così lontano, o sbaglio?» domandò retorica, ma il figlio rispose comunque con un “dipende”, che però venne ignorato. «Allora, ti abbiamo comprato cinque pokèball, tanto per cominciare. E poi… Non potendo comprare tutto, noi sei genitori abbiamo deciso di “spartire” tra di voi gli oggetti utili in questi tipi di viaggi» iniziò a spiegare. «Ognuno di voi avrà un suo pokèdex, perché dovete conoscere i pokèmon, altrimenti rischiate» disse con tono duro mentre il figlio roteava gli occhi annuendo abituato alla solfa della pericolosità di quelle creature. «Poi… Non ricordo il nome degli strumenti di Ryuugo e Shin’Ichi, quindi dovrai farteli dire da loro. Per te, invece, abbiamo preso un PokèKron!» sorrise. Non aveva idea di cosa fosse, ma doveva avere una sua utilità, per qualcosa… no? «E poi dentro c’è anche un bigliettino che dovrai dare a Shin’Ichi…» aggiunse. Mamoru osservò la madre sbalordito, correndo a prendere il sacco che la donna gli stava porgendo da qualche secondo.
«Un PokèKron?! Sul serio?!» esultò. Era uno strumento fatto principalmente per passare il tempo a suo avviso, ma preferiva decisamente oggetti così, semplici, piuttosto che chissà qualche ultima meraviglia della tecnologia. «Grazie mille!» li abbracciò pimpante. «Ma quando li avete..?»
«Beh… Sarà presto per i tuoi standard, ma in realtà son già le dieci e mezza. Stamattina sono uscito e…» informò il padre, accarezzandogli la testa sorridente.
«Forza…» sospirò la donna, ricambiando l’abbraccio e ridacchiando un minimo. «Non dicevi di essere già in ritardo?» incalzò, indicandogli la porta rimasta aperta. Il giovane si girò per osservare l’uscio e poi annuì, sorridente. Salutò  un’altra volta accompagnando il tutto da un secondo abbraccio e schizzò fuori dalla casa.
Corse più forte che poteva, infilando alla buona il sacco appena preso nella borsa – ci avrebbe pensato più tardi a sistemare tutto al meglio – e raggiunse il luogo d’incontro dove però trovò solo Someoka, evidentemente scocciato. «Endou, alla buon’ora!» ringhiò, battendo velocemente il piede per terra più volte, scocciato.
«S-sì, scusami…» ridacchiò grattandosi la testa, per poi guardarsi intorno leggermente confuso. «Aspetta… E Handa?» chiese non vedendolo in giro nonostante di solito fosse estremamente puntuale.
«Appunto!» sbottò ancora il rosato. «Non c’è nemmeno lui! E dire che ci eravamo raccomandati tutti e tre di essere puntuali!» schioccò la lingua, tirando un calcio all’aria.
«Endou! Someoka!» chiamò a gran voce l’ultimo arrivato, smettendo di correre appena i due entrarono nel suo campo visivo. «Scusate il ritardo… Sarei arrivato puntuale, ma i miei mi hanno caricato di strumenti…» disse, raggiungendoli con calma, per riprendere fiato.
«Almeno abbi la decenza di continuare a correre finché non arrivi qui!» lo rimproverò Someoka, mentre il castano gli diceva di non preoccuparsi perché anche lui era appena arrivato. «Piuttosto, quanti strumenti possono averti dato, per averti fatto tardare così?» sbuffò, avvicinandoglisi.
«Beh… Un pokèdex, ma questo suppongo già lo sappiate…» alzò l’indice mentre lo diceva, come per contare il numero uno. «Poi, a me è spettato l’InterPokè…» informò, alzandosi la manica sinistra che nascondeva l’oggetto così simile ad un orologio digitale. Subito dopo afferrò la sua borsa con un sospiro e l’aprì, piegandola verso i due amici in modo da farne vedere il contenuto: una pietra focaia, una idrica, una tuono, per poi passare a quella brillo, una neropietra, una pietrastante, una lunare ed una solare. «Hanno insistito affinché le portassi con me… Sapete, per Max» fece spallucce. In realtà solo le prime tre o male che andava la pietrastante sarebbero servite per l’Eevee, ma le altre pietre potevano risultare utili dopo altre catture.
«Ti perdono se ce le presti, in caso» tamburellò con le dita sul braccio il ragazzo più alto, mentre il compagno annuiva tranquillo richiudendo la borsa.
«Certo, se vi servono ve le do» disse tranquillo; sottointeso “altrimenti giù le mani”. Prima che potesse andare avanti, la conversazione fu bloccata dal ragazzo in fascia arancione, che afferrò le mani dei due amici e li trascinò verso la Route 1 con forza ed entusiasmo. Appena vide che i due avevano preso a camminare, Endou iniziò a correre, precedendoli senza curarsi se effettivamente gli stessero dietro o meno, girandosi solo di tanto in tanto per controllare. Andò avanti così, mentre gli amici ridevano indicandolo, divertiti dall’euforia quasi bambinesca del compagno. Solo quando quello si decise a fermarsi e poi riprendere a camminare a passo normale, riuscirono ad intavolare seriamente un discorso.
«Certo che è strano. Ieri ero tutto contento di partire, ero eccitatissimo, ma… Credo fosse per l’influenza di Endou, sapete?» chiese retorico Shin’Ichi, alzando lo sguardo verso un punto indefinito.
«Non capisco, che intendi?» interrogò allora Someoka, inclinando il capo di lato.
«Intendo che… non lo so, d’un tratto mi è passata la voglia di viaggiare…» si massaggiò la fronte. «Adesso sapete quante cose dobbiamo fare? A parte l’andare in giro, dico…» borbottò.
«Beh, dobbiamo comprarci un portamedaglie» disse ovvio Endou, facendo spallucce. «Poi qualcosa per i pokèmon, tipo pozioni, accessori utili in battaglia… cibo…» elencò tranquillo, portandosi le mani dietro alla nuca. In quel momento Ryuugo si bloccò di colpo, sbiancando.
«Ecco appunto, vedi? Che poi non è mica detto che tutti vogliamo battere le palestre…» sospirò Handa prima di fermarsi a sua volta per vedere cosa non andasse nel compagno di viaggio.
«Fermi tutti. Io non so cucinare per gli umani, figuriamoci per i pokèmon!» disse, vagamente allarmato. Ripeté la frase accompagnato dal grido concorde di Mamoru, che lo strattonò per un braccio. Lui non era preoccupato tanto per se stesso quanto per il suo Galvantula. Era il pokèmon di suo nonno, non poteva farlo morire di fame, povera creatura! Il secondo castano alzò una mano sconsolato.
«Io in cucina me la cavo… Se ci fermiamo a comprare un libro che spiega come cucinare anche per i pokèmon, posso provare a provvedere anche a loro, ma non assicuro nulla. Più che altro, non vedo altra scelta» bofonchiò. «Solo, non aspettatevi che faccia piatti diversi a seconda del tipo!» sottolineò, serio. Del resto aveva detto che se la cavicchiava, non che fosse chissà quale grande chef.
«Tanto andrà a finire che ci prendi gusto e lo farai» rise Endou, dandogli una pacca sulla spalla. «Piuttosto!» gridò poi, facendo sobbalzare entrambi mentre iniziava a frugare nel sacco all’interno della sua borsa senza estrarlo da lì e quindi con non poche difficoltà. «Mamma ha detto che dovevo darti… qualcosa…» biascicò senza interrompere la ricerca. Quando con la mano arrivò a toccare un foglietto di cui non riconosceva la forma l’estrasse con rapidità alzandolo come se avesse appena sfilato Excalibur dalla leggendaria roccia, mostrandolo con un sorriso trionfante. «Ecco a te!» glielo porse e l’altro lo prese con non poca confusione.
«Perché tua madre dovrebbe dare un bigliettino a me?» chiese lanciando un’occhiata dubbiosa all’amico mentre iniziava ad aprirlo. «Sicuro di aver capito bene?»
«Ah boh? Non ho idea di cosa sia» ammise l’altro ridacchiando. «E comunque sì. Ha detto “Shin’Ichi”» annuì. «Allora? Che dice?» domandò affacciandosi in modo da poter leggere, specie contando il fatto che vedendone il contenuto l’amico non aveva trattenuto un sorriso e un “pf”.
«Niente, devo registrare casa tua sull’InterPokè, così puoi dare un colpo di telefono ai tuoi» informò iniziando ad inserire il numero sull’apparecchio. «Mamma mi ha detto che anche i vostri genitori hanno registrato quest’InterPokè, quindi…» disse ai due, per poi porgere il polso con l’oggetto ad Endou. «Fatto. Vedi?»
«Senti… non è che faresti registrare anche il mio, di numero?» s’intromise poi Someoka. «Sai, loro hanno il tuo, ma vogliono che sa io a chiamare di tanto in tanto» storse le labbra.
«No problem» annuì, registrando anche il numero del terzo ragazzo. «Ecco qua» alzò il braccio all’altezza del viso, a mostrare la buona riuscita dell’azione.
«Piuttosto Someoka, tu non ci hai detto che strumento hai ricevuto dai tuoi» asserì Endou, curioso. Come aveva fatto poc’anzi Shin’Ichi mostrò un apparecchio piuttosto grande, sollevando l’estremità inferiore della maglietta.
«È un PokèNav» affermò, tronfio nonostante l’apparenza indifferente.
«Ma scusa, con quello chiami anche!» brontolò il proprietario dell’InterPokè, ma il rosato scosse la testa.
«I miei l’hanno trovato solo usato. Ho la mappa, potrò registrare gli allenatori quando ne incontreremo e… Beh, qui mi da anche notizie su Acume, Grazia e non ricordo che altro, ma sinceramente non so di che si tratta e nemmeno mi interessa. Quel che importa saranno le statistiche dei pokèmon che registrerò!» affermò infervorato. «Questo coso sarà utilissimo per le lotte!» ribadì evidentemente contento.
«Però ricordatevi che i nostri genitori li hanno comprati perché li condividessimo! Quindi in fondo è tutto di tutti, un minimo!» annuì Endou. «Ovviamente, vale anche per il mio PokèKron» sorrise, mettendolo in mostra a sua volta. Poi però capovolse leggermente il sorriso, iniziando a premere il pulsante del suo apparecchio. «Solo che per adesso non ha moltissime applicazioni…» confessò.
«E che problema c’è. Pian piano le sblocchi. O le compri, non so come funziona» rise l’altro castano.
«Vero, otterrai tutte le funzioni che vuoi!» rassicurò Someoka alzando il pugno. Alla fin fine erano tutti soddisfatti dei propri strumenti: con il PokèNav, Ryuugo poteva prepararsi al meglio per le lotte che non vedeva l’ora di fare; l’InterPokè di Shin’Ichi era semplice ed aveva solo la funzione di chiamata, ma lui l’adorava lo stesso perché alla fine gli sarebbe servito tenersi in contatto oltre che con le famiglie con i futuri allenatori che avrebbero incontrato durante il viaggio; infine per Mamoru lo strumento migliore era sicuramente il PokèKron siccome a lui non interessavano gli ultimi ritrovati della tecnologia, ma solo i pokèmon. Gli bastavano quelli e nient’altro, quindi quell’oggetto più simile ad un giochino per passare le ore piuttosto che qualcosa da usare quotidianamente era perfetto.
Ripresero a camminare, decisi come non mai a trovare un Pokèmon Market così da comprare alcuni degli oggetti che gli servivano – non avendo ancora troppi soldi da spendere – ma la Route 1 era più lunga di quel che avessero pensato. Più che altro il cammino era leggermente difficoltoso a causa di alcuni pokèmon che non smettevano di tagliarli la strada per scappare da loro spaventati. Principalmente si trattava di Rattata, Bidoof e simili, ma riuscivano comunque a risultare estremamente fastidiosi.
«Fatemi il favore di non catturare il primo pokèmon che vi appare davanti, d’accordo? Dopotutto, a Endou vanno bene tutti e questi son tutti di tipo normale…». La frecciatina ironica rivolta ai due da Someoka cadde nel vuoto, siccome entrambi decisero di ignorarlo ridacchiando – uno ingenuamente, uno velatamente irritato dalla battutina. Proprio quando finalmente il via vai di pokèmon con lo sfoltirsi dell’erba stava diminuendo, sentirono una voce imporsi alla loro destra.
«Quando lo sguardo di due allenatori s’incontrano, parte la sfida!» gridò una vocetta squillante. I tre ragazzi si voltarono, notando un ragazzetto bassino e mingherlino, dagli occhi molto piccoli dietro un paio di occhiali da vista decisamente troppo grandi per la forma del suo viso. Endou, dopo un’occhiata sconcertata scambiata con i due amici, alzò l’indice della mano destra, interdetto.
«Ma… Noi siamo quattro. E… i nostri sguardi non si sono incrociati» abbozzò un sorriso, non sapendo se fosse la cosa giusta da rispondere in quel momento a quello sconosciuto.
«Sono modi di dire!» s’inalberò quello, battendo un piede a terra. Si diede rapidamente un contegno e si sistemò gli occhiali sul naso, schiarendosi la voce. «Ecco… Voi venite da Raimon City, vero?» domandò con espressione e tono saccente, annuendo appena vide che i tre acconsentivano con un cenno del capo. «Lo sapevo. Beh… Io sono Megane. Vi concederò il grande onore di essere il primo sfidante di uno di voi» affermò con tono solenne. «Sappiate solo che sono probabilmente l’allenatore migliore della zona, quindi… a vostro rischio e pericolo» volle aggiungere alla fine, mostrando un sorrisetto sicuro.
«Sì, immagino quanto lo sia…» roteò gli occhi il futuro domadraghi.
«Già… dall’aspetto non si direbbe, ma in fondo non è lui a dover combattere. Che ne sai che non tiri fuori un pokèmon fortissimo?» fece spallucce Handa, anche se lui stesso era poco convinto. Aveva detto una cosa giusta, ma… In tv aveva visto diverse volte programmi dove gli allenatori avevano pokèmon decisamente simili a loro per aspetto o per carattere.
«Io! Io! Ci combatto io con te!» alzò una mano Endou, saltellando per enfatizzare il tutto. Non aveva minimamente pensato alla forza dell’avversario: quel che aveva di fronte agli occhi in quel momento era solo “la sua prima sfida”. Non credeva che avrebbe incontrato un avversario così presto lungo il suo cammino e la cosa lo riempiva di gioia all’inverosimile. «Forza, Megane! Sfidiamoci!» continuò, al settimo cielo.
«No, mi rifiuto» replicò secco il ragazzino appena arrivato, voltando scocciato la testa con espressione offesa. «I tuoi amichetti mi hanno mancato di rispetto, non meritate che io sprechi il mio tempo per dei tipi come voi!» disse inacidito, sistemandosi nuovamente gli occhiali.
«Che cosa?! Ma loro non l’hanno fatto con cattiveria!» piagnucolò Endou. «Davvero, perdonali, sfidaci!» insistette, avvicinandosi al ragazzetto con gli occhi che brillavano imploranti. Il piccoletto, preso in contropiede, indietreggiò appena deglutendo. Interdetto, lanciò un’occhiata di sbieco ai due compagni di quel tipo che lo stava pregando e poi fissò gli occhi sul castano di fronte a sé, espirando pesantemente dal naso.
«E va bene, ma solo perché sono troppo buono…» concesse con un sospiro. «Però sfiderò solo uno di voi! Non vi meritate una tripla sfida!» sbottò, per poi fulminare con lo sguardo Handa quando quello sibilò un “che gran perdita” con aria seccata. «Forza, deduco che sarai tu il mio avversario per oggi» disse superiore, indicando il ragazzo in fascia arancione che annuì esaltato.
«Esatto! Ti affronto io, se per loro va bene!» guardò gli amici, che gli fecero cenno di farsi avanti senza problemi.
«Perfetto. Allora, ecco a te il mio pokèmon» dichiarò fiero lanciando la sfera pokè dalla quale uscì un Baltoy. Era piuttosto orgoglioso del suo pokèmon in quanto era un tipo raro in quella zona e sicuramente, essendo nuovi viaggiatori, quei tre non avevano speranze di batterlo.
«Fantastico! Non ho idea di che pokèmon sia!» confessò Mamoru, mostrando il suo solito sorrisone. «Adesso ti mostro il mio compagno!» esordì, lanciando a sua vola la sfera dalla quale apparve il maestoso ragno giallo. Questo si guardò intorno annoiato, voltandosi ora qui, ora lì, cercando qualcosa che potesse giustificare la sua presenza lì. Quando notò il Baltoy di fronte a sé mosse le appendici come se stesse sbuffando e gli diede le spalle, chiedendo spiegazioni ad Endou con lo sguardo. «Questa è la nostra prima lotta, Galvantula! Sconfiggiamo quell’allenatore e proseguiamo il nostro viaggio!» incalzò, ma il ragno sbuffò ancora. Nel mentre, Megane era sbiancato, totalmente spiazzato dalla mole del pokèmon apparsogli davanti. Tutto si sarebbe aspettato, ma non una creatura già evoluta e, si presupponeva, potente.
«Ahahah… Baltoy è un tipo terra… U-un tipo elettro come il tuo gli fa ben poco…» ridacchiò nervoso l’occhialuto, sgranando gli occhi quando sentì Endou gridare un infervorato “segnoraggio”. «A-aspetta! Aspetta! Aspetta! Aspetta!» gridò, agitando le mani di fronte al volto spaventato per l’incombente attacco. Anche il suo pokèmon parve terrorizzato, poiché saettò all’indietro quasi fino a raggiungere l’allenatore, che si coprì gli occhi con le mani. Dopo pochi istanti di silenzio se ne scoprì uno, titubante, per vedere come mai non avesse sentito partire l’attacco: l’allenatore del mostro elettrico era rimasto fermo con il braccio alzato dopo che aveva dato l’ordine che però non era stato eseguito. Il pokèmon, infatti, era rimasto immobile a fissare il ragazzino, dubbioso.
«Galvantula… cos’hai?» domandò l’umano. «Forza, attacca… altrimenti come vinciamo?» domandò, indicando nuovamente il pokèmon tipo terra. Quello elettrico, però, scosse il capo con veemenza. «Qual è il problema?! Stiamo per fare una lotta e io sono il tuo allenatore, devi eseguire i miei comandi!» s’impuntò, ma la creatura “rise”, scuotendo ancora la testa. «Perché no?! Sono il tuo allenatore!» ripeté per rendere chiaro il concetto, ma lo scuotimento di testa dell’altro si fece anche più vigoroso.
«Pare che non ti accetti, eh? Peccato, sembra che non potrai disputare la sfida…» decretò Megane, saccente. «Però ormai mi sono scomodato, quindi… Mi sfidi uno di voi due» indicò Handa e Someoka con aria superba.
«Io non ho intenzione di muovermi» alzò una mano Handa, annoiato. «Non so se Someoka vuole prendere il suo posto…» fece spallucce, spostandosi per farlo passare eventualmente. Il rosato storse il naso e poi scosse la testa, portandosi le mani ai fianchi. Quel ragazzino evidentemente codardo non gli interessava per niente.
«Capisco, quindi siete due debolucci anche voi… Accidenti, che avversari scadenti che mi sono capitati oggi» recitò il quattrocchi, fintamente deluso.
«Aspetta, adesso mi farò obbedire e ti sfiderò io!» ribadì Endou e quella frase fece sospirare il Galvantula, che si appoggiò a terra come se volesse riposare. «Collabora…» piagnucolò il giovane.
«Accidenti, sembra che tu non sia proprio tagliato per fare l’allenatore, eh? Immagino che anche gli altri due non vogliano sfidarmi per la troppa paura che gli incuto… E poi, il mio Baltoy è invincibile, vero?» sghignazzò mentre il pokèmon annuiva con la stessa aria superiore del padrone.
«Comincia ad essere irritante, questo suo modo di fare» soffiò Someoka, battendo il piede per terra.
«Solo perché sai che dico la verità» gonfiò le guance Megane.
«Ma se prima quando doveva arrivare il segnoraggio te la sei fatta addosso» roteò gli occhi Handa, portandosi una mano al fianco. «Endou, abbiamo delle cose da comprare ti ricordo, sbrighiamoci ad andare, avrai altre occasioni per lottare…» incalzò, facendogli cenno con la testa di andare.
«Va bene… Ma io ci tenevo, era la nostra prima battaglia…» sospirò sinceramente dispiaciuto.
«Non me la stavo facendo addosso!» s’intromise il più piccolo di tutti e quattro i presenti, arrossendo vistosamente all’accusa rivoltagli.
«Come no, come no… Forza, andiamo» ordinò Ryuugo con uno sbuffo iniziando a camminare. Quel tipo iniziava seriamente a dargli sui nervi; un istante di più e non avrebbe retto.
«Ecco bravo! Grande, grosso e fifone! Fuggi finché puoi, mammoletta!» gli gridò alle spalle il castano dagli occhiali, che sobbalzò appena lo sentì posare il piede in terra talmente pesante da fare un suono potente nonostante fosse su del semplice terriccio. Deglutì, vedendolo voltarsi lentamente per mostrargli pian piano l’espressione furiosa degna di un demone.
«Basta. Adesso basta» sibilò, finendo di girarsi. «Quel che è troppo è troppo, mi dai davvero fastidio, lo sai?» ringhiò, andando a posare una mano sulla spalla di Shin’Ichi per farlo scansare. «Hai davvero esagerato. Endou, Galvantula, levatevi da lì che ci pensiamo io ed Axew a far abbassare la cresta a questo tipino!»!!


----------------------------------------
Che. Agonia.
Ciao a tutti! Allora... innanzitutto chiedo scusa per il ritardo. E' che la vita reale (?) mi sta dando parecchi grattacapi e... il tempo che passo al pc è diventato minimo. Comqunue, ecco il terzo, inutilissimo capitolo!
Spero non vi abbia deluso... Solo che ho voluto introdurre gli oggetti che utilizzeranno in viaggio i ter ragazzi e... beh, questo era l'ultimo "capitolo introduttivo", finalmente dal prossimo inizierà la vera storia! In realtà, dovevano succedere altre cose in questo capitolo, ma... Ho scoperto che erano venute otto pagine e non sei come credevo, quindi ho bloccato qui la cosa. Beh, il prossimo capitolo si aprirà con una battaglia, yay! (?) Odio descrivere le batt- Sssssì.
Ok, perdonatemi, a dovevo averlo postato già una settimana e mezzo fa, ma ho avuto impedimenti e ora è l'una e mezza di notte con altre mille cose che dovrei fare e le spalle bloccate, quindi... meglio che mi dilegui @@ Anche perché non ho molto da dire sul capitolo. Credo. Semmai chiarisco nelle risposte ad eventuali recensioni-- Scusatemi, lo so che è un capitolo orribile;_;" Il prossimo sarà migliore, prometto!
Ryka
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inazuma Eleven / Vai alla pagina dell'autore: Eternal_Blizzard