- Hola girlssss!
- Scusate, avevamo detto cinque giorni e ne sono passati sei, mea culpa (di Fio xD); ho avuto un casino di cose da fare...
- Anyway ora siamo qui (fanculo Maya!!! u___u) a postare il secondo capitolo e a ringraziarvi per aver letto/recensito il primo e a aver aggiunto la storia tra le preferite e blabla...
- Come sempre, siamo felicissime di condividere qualche piccola storia con voi, quindi speriamo che vi piaccia ancora di più :)
- Vi lasciamo subito alla lettura!
- C'è
un suggerimento musicale dal secondo pov ;)
- Pov Kristen
- Non riuscivo a
staccare gli occhi dalla piccola figura che aveva attirato la mia
attenzione,
forse convinta di stare sognando, incredula davanti ai miei sogni e
alle mie
speranze che prendevano finalmente vita, proprio sotto i miei occhi.
- Possibile che,
per una
volta, il cielo avesse davvero ascoltato le mie preghiere, possibile
che
qualcuno lassù avesse davvero avvertito le mie grida
silenziose e disperate,
possibile che stesse davvero succedendo?
- Mi guardai
intorno
velocemente, per assicurarmi che non ci fosse nessuno, ma la spiaggia
era già
quasi totalmente buia e non si vedeva ombra di anima viva, eccetto
quella che
si muoveva con tranquillità e dolcezza dentro la malandata
barchetta di legno,
intrappolata tra le rocce in riva al mare.
- Per un secondo
solo
fui indecisa sul da farsi, ma mi bastò chinare nuovamente
gli occhi su quel
fagotto per realizzare che quello era il mio destino, che la svolta che
stavo
aspettando era arrivata e, prima ancora di prenderla tra le braccia,
sapevo che
avrebbe cambiato la mia vita per sempre.
- Mi chinai e
l’osservai
ancora per qualche istante, ascoltando bene i rumori provenienti dalla
sua
bocca; non era un pianto, quanto più un lamento, una tacita
e inconscia
richiesta di aiuto. Il genere di lamento di chi è perso e
non sa trovare la via
di casa e cerca qualcuno che lo guidi.
- Io sarei stato
quel
qualcuno per quella piccola, decisi senza pensarci mentre allungavo le
braccia
e, con estrema delicatezza, la tiravo su.
- Era
così piccola, −
non doveva avere più di un mese − soprattutto
avvolta in quell’ammasso di
coperte che sembrava inghiottirla, ma si riconoscevano facilmente i
lineamenti
di una bambina.
- “Da
dove vieni fuori
tu…?” sussurrai più a me stessa che a
lei e, senza nemmeno accorgermene, presi
a cullarla.
- Non so se il
movimento
la spaventò o se, chissà, le ricordasse il
dondolio del mare e delle acque che
l’avevano trasportata fin lì, ma iniziò
a piangere e mi sentii tremendamente in
colpa e spaventata.
- Che le avessi
fatto
qualcosa? E se aveva qualcosa di rotto o stesse male per altro?
- Cercai di fare
mente
locale velocemente e di pensare quanto più razionalmente
possibile, ma la
ragione aveva abbandonato la mia mente nel momento in cui i miei occhi
si erano
posati su di lei e sapevo che non l’avrei recuperata presto.
- Mi lasciai
guidare
dall’istinto e presi a dondolarmi di nuovo, canticchiando
parole dolci.
- Si
calmò un po’, con
enorme piacere e sorpresa, ma mi resi presto conto che non potevo
restare lì.
- Non potevo
rischiare
che qualcuno mi vedesse, inoltre il freddo della sera iniziava a farsi
sentire
decisamente troppo e non potevo tenere la bambina fuori più
di quanto,
probabilmente, non fosse già stata.
- “Sssh”
continuai a
cullarla. “Ora andiamo a casa. Tranquilla,
piccolina.”
- La strinsi a me,
diedi
un’ultima occhiata alle prime stelle nel cielo e poi voltai
le spalle per
dirigermi verso le strade in cemento.
- Mi affacciai
dietro
una delle case che davano sulla spiaggia per assicurarmi che non ci
fosse
nessuno per strada e, in effetti, erano totalmente vuote. Le poche
persone che
vi giravano prima dovevano essere rientrate in casa per prepararsi al
cenone
della Vigilia e per un attimo il mio pensiero andò a Rob, a
quello che stava
facendo, al fatto che sicuramente mi stava cercando e morendo non
avendo mie
notizie.
- Lasciai il
pensiero
andare via in fretta, troppo in fretta, e tornai a concentrarmi sulla
piccola,
infreddolita, tra le mie braccia.
- Camminai a passo
svelto, continuando a dare un’occhiata in giro, sentendomi
quasi una ladra,
finché non fui finalmente al sicuro nel piccolo giardino di
casa, poi sulla
veranda e infine dentro.
- Chiusi la porta
alle
mie spalle e mi sentii finalmente al sicuro. La bambina stretta al mio
petto e
i ricordi di un’intera vita sotto i miei occhi.
- Mi sentii per un
secondo
persa, senza Rob. Era la prima volta in cui vivevo qualcosa del genere
senza di
lui, senza la necessità di accendere il telefono e
parlargli, senza la voglia
di averlo accanto a me; non sapevo davvero il perché, forse
avevo semplicemente
paura che lui mi avrebbe portata alla realtà che odiavo
mentre io ne stavo già
costruendo un’altra.
- Ancora una
volta,
spensi tutto ciò che del mio corpo era collegato a lui e
pensai a una sola cosa
unicamente: la bambina e il fatto che in quella casa non avessimo
niente per
prendersi cura di un bambino.
- Non latte,
pannolini,
tutine calde, calzini, biberon… niente. Niente di niente.
- Ma non mi diedi
per
vinta, intenzionata a non essere per nulla una pessima madre ancora
prima di
cominciare. Quella era la mia chance, la mia svolta, la candela di
speranza che
si era finalmente accesa e aveva trovato la luce, e io non avrei
permesso a niente
e nessuno di farla spegnere. Non a Rob o chiunque altro né,
tanto meno, alle
mie insicurezze.
- Potevo farlo,
sapevo
che potevo.
- Andai in salone
e,
continuando a tenere la bambina in braccio, aggiustai tutti i grandi
cuscini in
modo da formare una piccola fortezza in cui posi la piccola.
- Si era calmata,
e con
la luce potei notare i suoi occhi, blu come il mare, lucidi e le guance
arrossate. Chinai la fronte sulla sua e la sentii immediatamente calda.
Non mi
ci volle molto a capire che sicuramente doveva avere la febbre e non
potei fare
a meno di chiedermi cosa dovesse aver passato e quanto tempo fosse
stata
effettivamente fuori al freddo.
- Come ci era
arrivata
una bambina di un mese su una barca? Cosa ci faceva?
- O forse qualcuno
l’aveva semplicemente abbandonata lì…?
- Non seppi darmi
risposta a quelle domande, ovviamente, e decisi di non pormele
più. Non avevo
bisogno di avere una risposta al passato, ma solo di guardare al
presente e al
futuro.
- “Andrà
tutto bene,
piccola. Te lo prometto.”
- E, prima che
potessi
pensarci troppo sopra, uscii chiudendo la porta a chiave.
- Di certo non
avrei
trovato un supermercato aperto la vigilia di Natale ma anche su
un’isola doveva
esserci una farmacia di turno. Non avevo torto e, grazie a Dio, non mi
ci volle
nemmeno molto a trovarla. Misi su il cappuccio e la sciarpa fin sopra
la bocca
così che fosse impossibile riconoscermi, ed entrai.
- Il reparto
neonati era
più grande di quanto mi aspettassi da una farmacia e,
sebbene ce ne fosse
motivo, decisi di non soffermarmi troppo. Avrei avuto tempo per vedere
quali
pannolini erano più adatti o quali biscotti erano
più ricchi di vitamine.
- Al momento tutto
ciò
di cui avevo bisogno era di tornare a casa, da lei, col minimo
indispensabile.
Presi un pacco di pannolini, latte liofilizzato, un biberon, un ciuccio
dei più
piccoli, salviettine, un termometro auricolare e qualche paio di
calzini di
lana e di tutine invernali che non mi aspettavo di trovare
lì.
- Andai alla cassa
e mi
informai con la dottoressa di turno sul da fare con un neonato in caso
di
febbre.
- “I
neonati hanno di
norma una temperatura più elevata della nostra quindi se
sono decimi non c’è da
preoccuparsi. Se aumenta fino a 38 circa, gli dia una di queste.
Vedrà che
scenderà subito.”
- Sperai vivamente
che
avesse ragione mentre univa le supposte al conto e, uscita dalla
farmacia,
corsi letteralmente a casa.
- Entrai in un
piacevole
tepore e mi compiacqui di aver acceso i riscaldamenti appena arrivata
quel
pomeriggio. La piccola era, ovviamente, dove l’avevo lasciata
e sembrava stare
già molto meglio.
- Gli occhi blu
erano
più vispi e svegli e, non so se fu un caso, ma appena mi
vide affacciarmi su di
lei, prese a muoversi con più foga tra le sue copertine.
- Le tolsi
quell’ammasso
di pezze umide da dosso e rivelai la tutina che aveva. Era…
strana e
particolare, quasi antica. Certamente molto vecchio stile, viola e con
una
specie di salopette nera che rafforzava il tutto. Riscaldai i vestiti
nuovi
vicino a un termosifone per un paio di minuti prima di spogliarla
totalmente. Anche
i calzini erano particolari, di lana ma fatti a maglia. Si vedeva bene
senza
prestarvi nemmeno molta attenzione e il pannolino era un semplice panno
con due
spille attaccate alla vita, come quelli di anni ed anni prima.
- Quando fu
pronta,
sembrava un’altra bambina, la mia
bambina.
- Non mi vergognai
di
quel pensiero ma, anzi, mi riscaldò il cuore. La presi
finalmente di nuovo in
braccio e sentii il calore della sua guancia a contatto con la mia. Mi
ricordai
della febbre e gliela misurai subito ma non toccava i 38 quindi mi
rilassai e potei
finalmente prepararle il latte e darle da mangiare.
- Inizialmente
rifiutò
il biberon, ma quando pressai la tettarella per fare uscire un
po’ di latte,
sembrò intuire subito, spalancò gli occhi e vi si
avvinghiò come se non vedesse
cibo da giorni, e chissà se era effettivamente
così.
- Le diedi il
tempo di
respirare tra una poppata e l’altra per non farla strozzare,
calcolai le giuste
dosi e fui capace di farla digerire qualche minuto dopo.
- Incredibile come
tutto
mi venisse così spontaneo, nonostante non avessi mai davvero
avuto a che fare
con neonati prima, non in senso così stretto almeno, non
come dovrebbe una
madre.
- Chissà
che la mia
conoscenza non fosse dettata da tutto il tempo passato a leggere libri
ogni
volta che speravo di essere incinta, ogni volta che speravo di non
sentirmi
dire che, anche stavolta, l’embrione non si era creato.
- Ma quella
bambina,
quello scricciolo che si era addormentato tra le mie braccia, era la speranza. Era la prova che non
è vana,
che vale la pena esprimere un desiderio a una stella cadente ogni tanto.
- “Sei
con la mamma
adesso. Dormi tranquilla, amore mio…”
- È
possibile amare
qualcuno così tanto e così in fretta? La mia
storia con Rob non mi aveva mai
fatto mettere in dubbio l’amore a prima vista, ma questo era
qualcosa di
diverso.
- Qualcosa di
sublime e
imprescindibile. Qualcosa di mio, come niente lo era mai stato prima.
- Ero totalmente e
incondizionatamente innamorata di lei, e mentre le posavo un leggero
bacio
sulla fronte liscia, sapevo già che lei avrebbe riempito
tutti gli ovuli vuoti
che il mio corpo aveva ospitato negli anni.
- Non so quanto
tempo
restai ferma, immobile, davanti al camino, incantata dalla delicatezza
del suo
viso; sicuramente quanto bastasse per farmi abbassare ogni barriera,
perdere il
contatto con il mondo esterno e sussultare impaurita quando sentii il
campanello.
- Il terrore si
impossessò di me davanti all’eventuale
possibilità che potesse essere la
polizia.
- Non
può essere. Nessuno ti ha vista. Stai tranquilla, non hai
fatto nulla di male.
- Eppure il
campanello
suonò di nuovo e io sobbalzai proprio come prima, svegliando
la bambina.
Accarezzai l’idea di lasciarlo lì a suonare da
solo, con chiunque fosse dietro
quella porta, ma sapevo che non era saggio. Chiunque fosse, sapevo,
sarebbe
tornato a cercarmi.
- Io e Rob non
avevamo
amicizie sull’isola e lui aveva le chiavi e poteva benissimo
aprire da solo se
avesse intuito dove fossi.
- Adagiai la
piccola
nella fortezza costruita prima sul divano e chiusi le vetrate
scorrevoli e
colorate del salone alle mie spalle mentre andavo verso la porta
d’ingresso.
- Qualunque cosa
sia, nega. Nega tutto. Nessuno lo verrà mai a
sapere.
- Promisi a me
stessa
mentre, tremante, camminavo lenta.
- Nega, nega
tutto. Non hai notato né sentito niente di strano.
Non hai visto né preso nessuna bambina. Non ne sai nulla.
- Il campanello
suonò
ancora una volta proprio mentre la mia mano girava le chiavi nella
serratura.
- “Kristen!”
- La voce di Rob,
come
una doccia d’acqua calda dopo ore di pioggia,
attraversò la porta ed ebbe il
potere di calmarmi e rilassarmi istantaneamente.
- Non sapevo
ancora bene
come affrontarlo ma certo era un sollievo in confronto al pensiero di
dover parlare
con la polizia.
- Aprii la porta e
me lo
trovai davanti, con le mani rosse dal freddo, il viso esausto e
terrorizzato e
i capelli umidi. Entrò in casa in un passo solo e mi
abbracciò come se non ci
fosse un domani, salvo poi lasciarmi andare un secondo dopo e assumere
uno
degli sguardi più duri che gli avessi mai visto in tanti
anni.
- Prese
l’iPhone dalla
tasca e scrisse qualcosa velocemente – immaginai fosse un
messaggio per
avvisare gli altri che mi aveva trovata e che stavo bene –
per poi tornare a
fissarmi, più scosso e duro di prima.
- “Che
cazzo ti passa
per la testa!? Me lo spieghi!?” prese ad urlare,
costringendomi a stringere gli
occhi per un paio di secondi. “Sai cosa vuol dire lasciarti
casa libera per
farti respirare e non trovarti dentro quando torno?! Lo sai che vuol
dire?! Non
trovare i tuoi vestiti, non riuscire a raggiungere il tuo cellulare,
non avere
la minima idea di cosa possa esserti passato per la testa?”
- “Mi
dispiace…”
sussurrai, sentendo improvvisamente addosso tutta la colpa che avevo
cercato di
scaricare altrove.
- “Non
me ne fotte che
ti dispiace! Non bastano le scuse, Kristen, cazzo! Lo sai dove sono
andato
prima di venire qui? Lo sai il primo posto che mi è venuto
in mente? Il Tamigi.
Sono andato al Tamigi e ho pregato di non vedere polizia e gente
affollata
attorno al punto da cui una donna si era appena buttata nel fiume. Sai
che
cazzo vuol dire temere che la persona che ami di più al
mondo si sia uccisa?”
- Un brivido mi
percosse
la spina dorsale al pensiero. “Rob… non lo farei
mai. Lo sai.”
- Si
portò le mani in
viso e asciugò il sottile strato di lacrime che gli
inumidiva gli occhi.
- Le presi tra le
mie e
sentii il gelo percorrere i nostri corpi.
- “Ho
temuto il peggio”,
disse con voce rotta dalla paura.
- “Non
sono a quel
punto, Rob. Davvero. Sto bene. E poi sai che non amo nuotare, se
proprio
volessi, farei un salto da qualche altra parte…”
- “Kristen…”
ringhiò, e
capii che non era il momento di sdrammatizzare con scherzi. Non era il
momento
di sdrammatizzare affatto. Era morto di paura per me e non potevo
dargli torto.
Mi ero comportata da egoista ma, in fondo, ne era valsa la pena e
l’avrei
rifatto altre mille volte sapendo l’esito.
- “Rob,
guardami.”
Ubbidì. “Non voglio lasciarti, in nessun modo, e
ora più che mai voglio
sentirti vicino.”
- “Sono
qui, amore. Sono
qui, lo sai…” chinò la sua fronte
contro la mia e restammo immobili per un paio
di minuti prima che io sentissi un flebile vagito provenire
dall’altra camera.
Alzai gli occhi per notare una qualche reazione di Rob ma li teneva
ancora
chiusi. Era evidente che non doveva averci fatto caso, soprattutto
perché non
poteva certo immaginare che nella camera appena adiacente ci fosse un
neonato;
ma io che lo sapevo, lo avevo sentito eccome.
- “Tu lo
vuoi un
bambino, Rob?”
- Alzò
il viso e prese
il mio tra le sue mani ancora infreddolite. “Io voglio
te.”
- “Non
è la riposta alla
domanda.”
- “Kristen…”
- “Rispondi
e basta, sì
o no. In tutta onestà.”
- Sospirò.
“lo avremo,
Kristen. Te lo prometto. In un modo o nell’altro.”
- “La
domanda, Rob. Sì o
no?” incalzai.
- “Sì,
lo voglio. Sai
che è così.”
- “E…
cosa faresti per
averne uno?”
- Sembrò
indugiare un
po’ prima di rispondere. “Qualunque
cosa…”
- “Me lo
prometti?”
- “Sì,
certo. Te lo
prometto.”
- E sorrisi,
sperando
che non si pentisse presto di quella risposta.
- “Okay.
Devo
presentarti qualcuno.”
- E non potei
descrivere
le espressioni che dovette assumere il suo viso perché non
permisi nemmeno a me
stessa di vederle, o non sarei stata capace di spiegargli tutto.
- Lui doveva vedere prima di sapere;
doveva innamorarsi proprio come era capitato a me e doveva
sentire di non aver bisogno di risposte. Era l’unico modo.
- Presi la
bambina,
ormai completamente sveglia, e tornai da lui.
- Vidi il suo
sguardo
passare dall’incerto al pensieroso, all’incredulo,
ad altre tremila emozioni a
cui non avrei saputo nemmeno dare un nome.
- “Kristen…”
- “Non
è bellissima?”
- Mi avvicinai e
gli
permisi di guardarla meglio. Lui chinò il viso e un sorriso
perfetto fece da
arco agli angoli della sua bocca, mentre con un dito sfiorava le guance
calde
della bambina. “Lo è…”
sussurrò, specchiandosi in quegli occhioni blu,
così
simili ai suoi.
- “Ma
cosa…? Chi è?”
- “È
un miracolo, Rob. È
un segno… lo capisci?”
- “Veramente
no. Di chi
è?”
- “Dovevo
farlo. Lei era
lì, e sarebbe morta se non l’avessi
presa… Non potevo lasciarla lì, dovevo
farlo. Era la cosa giusta da fare. E ha un po’ di febbre ma
starà bene. Andrà
tutto bene.”
- “Kristen”
la voce di
Rob divenne sempre più seria e incerta, incapace di capire
una sola parola di
quello che stavo dicendo. “Mi spieghi, per favore? Di chi
è questa bambina?”
- “Non
lo so” dissi con
un filo di voce, esasperata. “Era in una barca abbandonata,
sulla spiaggia.
Freddissima, sola. Piangeva ed io ero lì. Dovevo farlo,
capisci?”
- Continuavo a
ripetere
le stesse parole sperando che, col tempo, avrebbero assunto un senso
per Rob ma
era evidente dal suo viso che stavo fallendo miseramente.
- Dovetti
spiegargli per
filo e per segno come si era svolta la mia giornata fino al momento del
suo
arrivo.
- “D’accordo.
Hai fatto
la cosa giusta. Ora dovremmo portarla alla polizia
dell’isola.”
- “NO!”
non controllai i
decibel della mia voce né il movimento protettivo che
automaticamente mi fece
indietreggiare da Rob.
- “Kristen…?”
- “No!”
ripetei.
- “D’accordo,
magari
stasera no. Andremo domani.”
- “No,
Rob. Non la
porteremo a nessuna polizia. Né stasera, né
domani, né mai.”
- E forse quello
fu il
momento in cui lui capì quali fossero davvero le mie
intenzioni; quello che
ancora non sapeva era la mia determinazione a fare in modo che nessuno
le attaccasse.
- “Che
intenzioni hai?”
chiese in ogni caso.
- “La
terremo noi. Starà
con noi e crescerà con due genitori che la amano.”
- Vidi il suo viso
aprirsi in un moto di compassione che, con me, non aveva mai avuto.
“Kristen…
sai che non possiamo…”
- “Sì
che possiamo. Lo
desideriamo e abbiamo la possibilità di mantenere un
bambino. Possiamo.”
- “Non
si tratta di
possibilità! Ti rendi conto di quello che dici?”
- Avanzò
verso di me ma
io indietreggiai ancora.
- “Si
tratta proprio di
possibilità. Questa è la mia e non la
lascerò andare.”
- “E
come pretendi di
fare? Dire che hai partorito una bambina in una notte?”
- “Diremo
che l’abbiamo
adottata, e da quando ti importa di quello che pensano gli
altri?”
- “Kristen,
ma che cazzo
dici? Ti rendi conto di quello che esce dalla tua bocca?”
- “Rob,
hai promesso che
avresti fatto di tutto!”
- “Era
prima che mi
proponessi di rubare un neonato!”
- “Ma
non si tratta di
rubare! L’abbiamo trovata, è diverso!”
- “Trovata
in una barca,
su una spiaggia. Potrebbe avere dei genitori là fuori! Dei
parenti, un padre! Una
madre!”
- “Sì,
una madre tanto
brava che l’ha lasciata in mezzo
all’oceano!”
- “Non
sappiamo quello
che è successo e non sta a noi saperlo! Dobbiamo denunciare
la cosa e lasciare
che si occupino della bambina!”
- “Per
farla passare da
un istituto all’altro in attesa che qualcuno venga a
reclamare la sua
scomparsa? O magari in affidamento, in qualche casa in cui rappresenti
solo un
buono pasto? Come puoi essere così meschino, Rob?”
- “Dio
santo, non sono
meschino! Sono solo realista, a differenza tua. Stai perdendo il
contatto con
la realtà. Ti prego, ascoltami! Non possiamo tenerla senza
dire niente, te ne
rendi conto? Chiederanno, faranno mille domande. Come si fa a tenere
segreta
una bambina? Senza contare che se un giorno dovesse presentarsi
qualcuno e si
scoprisse tutto rischieremmo di finire in carcere, non so se ti
è chiara la
situazione.”
- “È
un rischio che sono
pronta a correre.”
- “Non
con il mio
appoggio!”
- “Non
ti sto chiedendo
il permesso, Rob. Lei è mia.”
- “Cristo
Santo,
Kristen! Ora smettila! Lei non è tua!”
urlò così forte da far pianger persino
la bambina.
- Ormai eravamo
distanti
anni luce e io non ascoltavo nemmeno più quello che diceva,
tanto ero presa dal
desiderio di proteggere la piccola.
- “Non
voglio più
parlare. Sono stanca.”
- “Ah,
sei stanca? Ti ho
cercata per un intero pomeriggio, sono quasi morto dalla paura di
quello che
poteva esserti successo, vengo qui e mi trovo a dover combattere con te
e tu
sei stanca?”
- “Ho
detto che non mi
va di parlare!”
- “E
quando vorresti
parlare? Sentiamo!”
- “Ah,
non lo so! Magari
tra una ventina d’anni, quando Hope sarà cresciuta
e non sarà più messo in
dubbio che è mia.”
- “Hope?
Kristen, non
puoi averle dato un nome!”
- “Invece
l’ho fatto, e
l’ho fatto da sola come, a quanto pare, dovrò fare
molte altre cose, ma non
importa. Ce la farò anche da sola, Robert. Non credere certo
che le mie
decisioni dipendano da te!”
- “Devono
farlo, invece!
Tu devi rendermi conto se decidi di rovinare la tua vita! Siamo
sposati,
cazzo!”
- “Allora,
forse,
dovremmo lasciarci, perché io non cambio idea!”
- Iniziai a salire
la
scale che davano al piano di sopra, cercando disperatamente di calmare
la
piccola.
- “Sì,
brava! Lasciamoci
pure! Che importanza ha! In fondo è quello che fai ogni
volta che abbiamo dei
problemi. Tu scappi e mi escludi dalla tua vita pensando che non possa
capire
come ti senti o cosa provi. Ti chiudi in te stessa pensando di avere
ogni
ragione del mondo e mi sbatti in faccia ogni porta che cerco di aprire
per
venire da te, proprio come quando-”
- “Eravamo
d’accordo di
non parlarne più.”
- Mi ero fermata
di
scatto ma non avevo girato il viso. Fissavo le scale di legno sentendo
quel
tasto tornare a schiacciare forte contro ogni parte di me e dolere come
un cuore
stretto in un pugno.
- “Il 13
Settembre 2012,
tu mi hai guardata negli occhi e mi hai detto: non parliamone mai
più.”
- “Mi
dispiace, non
volevo dirlo…”
- Un sorriso amaro
mi
dipinse il viso mentre cercavo di trovare la forza per sputargli in
faccia
qualcosa di molto cattivo.
- Mi voltai e
affrontai
il suo viso. “Sai una cosa? Invece penso proprio che volessi
dirlo.”
- “No,
Kristen. Non
avrei aspettato tre anni per parlarne se avessi ancora avuto problemi
con
quella storia. Era un modo stupido per farti capire che-”
- “Cosa,
Rob? Per farmi
capire cosa? Che qualunque cosa faccia, io sbaglio sempre? Io sono
quella che
ci mette due anni per prendere una decisione, io sono quella che si
lascia
incastrare, io sono quella che bacia un quarantenne in una stupida
macchina in
mezzo alla strada, io sono quella che tradisce il ragazzo migliore del
mondo,
io sono quella che non può avere bambini, io sono quella sbagliata!”
- Rob mi
fissò truce e
ferito per qualche secondo.
- “Mi
stai mettendo in
bocca parole non mie.”
- “Ti
sto mettendo in
bocca quello che leggo tra le righe.”
- I nostri occhi
si
sfidarono, i miei seri e carichi di rabbia; i suoi esausti
e… dispiaciuti.
- Sembravano
chiedere
solo riposo ma non avrei mai potuto concederglielo, non se significava
rinunciare a Hope. Avevo preso la mia decisione e non l’avrei
abbandonata.
- “Kristen…”
- “Chissà,
magari è
meglio così. Forse, dopotutto, sono davvero sbagliata. Forse
non vado più bene
per te, non funzioniamo più…” una
lacrima mi scese sul viso al solo pensiero
delle parole che stavano per uscire, incontrollate, dalla mia bocca.
- Rob la
notò. “Amore…”
- “Io…
io mi sono rotta,
Robert. Mi sono rotta e noi non ci incastriamo
più…”
- “Io mi
incastrerò
sempre a te, mi adatterò sempre, lo sai.”
- “Ed
è questo che non
va bene. Tu… sei come succube. L’amore per me ti
rende cieco.”
- “Se mi
rendesse cieco,
ti appoggerei senza combattere questa guerra.”
- “Io ti
ho tradito,
Robert. Dovresti… odiarmi. Avresti dovuto sputarmi in
faccia, lasciarmi e non
tornare mai più.”
- “Non
era così
semplice. Lo sappiamo entrambi.”
- “Perché
tu non hai
voluto che fosse semplice!”
- “Certo!
Perché farei
di tutto per te, ma non perché sono tuo succube o incapace
di ragionare con la
testa piuttosto che col cuore. Non lo faccio perché non ho
scelta, lo faccio
proprio perché ne ho una e scelgo te. Sceglierò
sempre te.”
- “Non
stavolta, a
quanto pare.”
- “Ti
sbagli. Sto
scegliendo te anche questa volta. Sei tu che stai mettendo altro prima
di noi.”
- “Sto
mettendo un
figlio prima di noi.”
- “Pensi
che non lo
voglia anche io? Pensi che non desideri crescere un figlio con te? Ma
voglio
farlo alla luce del sole e senza il timore che qualcuno possa
portarmelo via
nel cuore della notte. Potrei essere egoista ed appoggiarti in questa
pazzia ma
non lo faccio perché so che ci rovinerà. Se non
ti fermi, ti rovinerà.”
- Mi fermai a
riflette per
la prima volta da quando avevamo iniziato quella estenuante
conversazione; ma
le sue parole volavano via come foglie al vento e la loro consistenza
semplicemente non reggeva il confronto col peso che avevo tra le
braccia. E
forse aveva ragione lui, forse sarebbe stata una rovina, ma quale
rovina
maggiore poteva esserci per una donna del vedere il desiderio di
diventare madre
svanire ogni giorno di più?
- Rob non lo
capiva
perché non poteva provare quello che provavo io, ma ero
già rovinata. Non avevo
nulla da perdere.
- “Io
terrò questa
bambina, Robert. Con o senza di te.”
- E salii le scale
senza
aspettare la sua reazione.
- Istintivamente
andai
nella nostra camera e, stringendo Hope, lasciai che qualche lacrima
copiosa
scendesse lungo le guance mentre vedevo, dalla finestra, le stelle in
cielo,
proprio sopra il nostro posto speciale.
- Non potei fare a
meno
di pensare a come sembrasse triste il cielo quella sera, nuvoloso, come
se le
stelle stesse fossero spente: nessuna bruciava, nessuna cadeva. Non
c’erano più
desideri da esaudire lassù e mi convinsi di stare facendo la
cosa giusta.
- “Tranquilla,
piccolina. Starai con me…” sussurrai a Hope per
farla calmare, mentre guardavo
i suoi occhietti colmi di lacrime chiudersi pian piano.
- Non contai i
minuti,
ma non passò molto prima di sentire i passi di Rob nella
stanza. Non mi voltai,
non fiatai, non feci nulla se non continuare a guardare il cielo scuro
e quel
posto sotto di esso.
- Dove eravamo
finiti?
- Avvertii le mani
di
Rob sui miei fianchi e mi sentii subito meglio. La sua voce calda
iniziò a
sussurrare al mio orecchio: “Scusami, scusami,
scusami…”
- Appoggiai la
schiena
al suo petto e lasciai che mi stringesse tra le sue braccia. Non ci fu
bisogno
di dire altro, sapevo per cosa erano quelle scuse così come
sapevo che non
significavano un suo cambiamento di idea, ma decisi di approfittare
della
momentanea conciliazione per prendere un po’ di tempo.
- “Rob…”
- “Mmh…?”
- “Lo so
che è una
pazzia ma, ti prego, non portarmela via ora che l’ho trovata.
Non… non farlo…”
- Sentii il suo
respiro
caldo schiudersi in un sospiro sul mio collo.
“Kristen…”
- “Un
paio di giorni.
Solo un paio di giorni! TI prego… Due giorni per valutare le
opzioni…”
- Sembrò
molto incerto
ma, quando perse i suoi occhi nei miei, cedette.
- “D’accordo,
un paio di
giorni…” acconsentì, e io mi lasciai
cullare dalla speranza che passando anche
una sola ora con quella bambina se ne sarebbe innamorato come era
successo a
me, ma avrei pagato oro per sapere quello che davvero gli passava per
la testa.
- “Vuoi
tenerla un po’?”
- “N…
non importa. Non
voglio…”
- “Dai,
Rob. Non morde
mica! Sta dormendo, fai attenzione a non svegliarla” lo
interruppi prima che
potesse spezzare i miei intenti e con un movimento fluido e calcolato,
gli misi
la piccola tra le braccia.
- Le sue mani
corsero
subito al posto giusto, proprio come avevano fatto le mie, e lo vidi,
nei suoi
occhi, quel luccichio che gli avevo visto solo quando gli avevo detto
che
aspettavo un bambino.
- “Stai
benissimo con un
bimbo in braccio…”
- “Sì,
eh?” si aprì in
un sorriso che mi scaldò il cuore. Annuii, emozionata, e non
potei fare a meno
di sporgermi e baciarlo. Un tacito grazie, una preghiera che tutto
andasse per
il verso giusto.
- Ci stendemmo sul
letto; lui continuava a tenere Hope tra le braccia, io mi stesi accanto
a lui e
mi lasciai cullare dalla sua ninna nanna.
- “Mi
dispiace,
piccola…” furono le ultime parole che sentii, ma
ero già troppo catturata dal
mondo dei sogni per capire che non erano rivolte a me.
- Pov Robert (suggerimento
musicale)
- “Cosa ne sarà di lei?”
- “Beh,
per il momento
se ne prenderanno cura gli assistenti sociali, mentre noi cerchiamo di
rintracciare i genitori o i parenti più prossimi.”
- Annuii.
“E se… se non
si trovasse nessuno?”
- “In
quel caso andrebbe
in affidamento.”
- Sentii un
brivido
percorrermi la schiena e provai un senso di colpa improvviso e
inaspettato.
“Capisco… Senta, io le lascio il mio numero di
telefono. La prego di chiamarmi
se ci sono problemi o qualsiasi novità. Se
c’è bisogno di soldi… qualsiasi
cosa…”
- Scrissi
velocemente il
numero su un pezzo di carta trovato sulla scrivania e lo lasciai al
poliziotto
al quale avevo spiegato la faccenda fino ad ora.
- “Certamente.
Non
esiterò.”
- Sospirai
pesantemente
e guardai dentro la cesta che avevo utilizzato per trasportare la
piccola fino
alla centrale di polizia.
- Aveva gli occhi
completamente aperti e mi guardava come a chiedermi cosa ci facessimo
lì. Mi
chinai quel poco che bastava per baciarle la piccola fronte e lei
afferrò il
mio dito fermo sulle sue coperte.
- “Buona
fortuna,
piccolina…”
- Salutai il
poliziotto
velocemente e uscii prima di commettere un crimine e rapire davvero
quella
bambina. Passeggiai a lungo sulla spiaggia e mi fermai ad osservare le
prime
luci dell’alba prima di tornare a casa.
- Non ero pronto
ad
affrontare Kristen. Non ero pronto a difendermi dai suoi attacchi sulle
mie
bugie; le avevo promesso un paio di giorni e invece avevo approfittato
del suo
sonno per fare proprio ciò che mi aveva pregato di non fare,
ma non avevo avuto
scelta.
- Era
così accecata dal
desiderio di diventare madre, dalla rabbia contro se stessa e dal
dolore che la
notizia di non poterlo mai essere le aveva creato, da perdere
totalmente il
contatto con la realtà. E se lei volava troppo in alto,
toccava a me restare
con i piedi per terra e tirarla giù, prima che si
avvicinasse al sole e si
scottasse troppo.
- Hai fatto la
cosa giusta, mi convinsi
mentre entravo in casa e prima o poi
Kristen lo avrebbe capito, pensai.
- Ma dovetti
ricredermi
quando la vidi di fronte a me, sulla porta di ingresso, pronta ad
accogliermi.
- “Dov’è?”
- Non risposi.
- “Robert,
dov’è la
bambina? Dove sei stato?”
- La voce le
tremava
dalla rabbia e sapevo
che non sarei
durato ancora a lungo.
- “Robert,
dove sei
stato!?” urlò, stringendo i pugni.
- “Mi
dispiace, amore.”
- Spalancò
gli occhi
pian piano e strinse la mascella. Ogni parte del suo corpo fremeva e si
avvertiva anche a distanza.
- “Che
cosa hai fatto…?
Che cosa…”
- “Era
la cosa giusta da
fare…”
- “CHE
COSA HAI FATTO!?”
- “Kristen!”
- “Ridammela!
Ridammi la
mia bambina! Riportala qui!”
- “Non
posso, Kristen!
Non posso io e non puoi tu! Quella bambina non appartiene a
te!”
- “E a
chi allora? Allo
Stato? Al mare? A due genitori che si sono messi in mare con una
bambina di un
mese?”
- “Non
è una cosa che ti
riguarda.”
- “Lo
è eccome, invece!”
mi aggredì, ringhiando mentre si avvicinava sempre
più minacciosa. “L’ho
trovata io, Robert! Io! Non tu né nessun altro. Sarebbe
morta senza di me, la
sua vita dipende dalla mia e la mia dalla sua. Ma tu non lo capisci
questo,
vero? Tu non puoi capire cosa si prova perché il problema
non sei tu, sono io.
Sono io che sono vuota, senza senso, sterile”
calcò l’ultima parola con così tanto
schifo e ribrezzo da farmi accapponare la pelle
per la rabbia che provava nei confronti della sua condizione.
- “Lo
capisco, invece.
Lo capisco perché io sono l’altra metà
di te. La tua gioia è la mia e il tuo
dolore è il mio! Lo capisco meglio di quanto credi, Kristen.
Ed è proprio il
dolore che provi che dovrebbe aprirti gli occhi. Pensa se avessi perso
tua
figlia e qualcuno se la prendesse senza nemmeno assicurarsi della tua
esistenza. Come ti sentiresti? Non c’era pace in quella
bambina, non ci sarebbe
stata pace d’animo con lei, non in questo modo e so che fa
male ma è stato
giusto così.”
- “Smettila
di dire che
è giusto così, smettila! Cosa
c’è di giusto in tutto questo? Spiegamelo, Rob,
perché io non lo so.”
- “È
giusto dare a
quella bambina la possibilità di trovare i suoi
genitori.”
- “E i
nostri bambini
mai nati? Anche quello è giusto? I miei ovuli vuoti, sono
giusti? I nostri
sogni, la cameretta arancione, il mio ventre piatto…
è tutto giusto?” scosse il
capo con un’espressione di rammarico. “Niente di
tutto questo è giusto Robert,
niente.”
- Mi
passò davanti ed
aprì la porta.
- “Dove
vai?”
- “A
riprendermi mia
figlia.”
- “Kristen,
non dire
cazzate! Vieni qui! Non puoi!” l’afferrai per un
braccio e la strinsi a me, ma
fu la goccia che fece traboccare il vaso. Mi allontanò di
scatto e prese a
prendermi a pugni sul petto.
- “LASCIAMI
STARE!
LASCIAMI STARE, HO DETTO!”
- Ma io non esitai
a
stringerla ancora di più a me, facendo forza contro i suoi
schiaffi.
- “Lasciami
andare! Devo
andare da lei! Tu me l’hai portata via! Ridammi la mia
bambina! Avevi promesso,
Roberto! Io ti odio! Ti odio! Lasciami stare! Ti odio… ti
odio… Io ti odio…”
scoppiò in lacrime e, sfinita, si accasciò per
terra.
- Di tutte le
possibilità che avevo vagliato su come avremmo passato
questo Natale, quella di
stare seduto sul divano a fissare il fuoco mentre mia moglie passava la
giornata a piangere nel letto, senza rivolgermi la parola, senza dubbio
era la
più remota.
- Continuavo ad
osservare le fiamme, ipnotizzato dal rumore scoppiettante della legna
secca che
continuavo ad aggiungere imperterrito, sperando che quel calore
placasse almeno
minimamente il gelo che era calato in casa.
- Era quasi sera e
Kristen non si era alzata dal letto, nemmeno per mangiare.
- Mi ero
affacciato alla
camera diverse volte per trovarla sempre nella stessa posizione; decisi
di
provare ancora ma non ebbi maggiore fortuna.
- Tuttavia
stavolta ero
determinato a non limitarmi a guardarla solo dalla porta. Entrai e mi
sedetti
sul bordo del letto, dal lato in cui era girata, solo per vedere il suo
sguardo
spento e vuoto.
- “Amore,
vieni a
mangiare qualcosa, ti prego…”
- “Non
ho fame…”
- Le carezzai una
guancia col dito e bastò a farle cambiare posizione per
farmi le spalle.
- “Kristen,
ti prego,
non fare così…”
- “Non
voglio parlare,
Rob. Vattene via.”
- “Kris…”
- “VIA!”
- Il suo tono non
poté
non scuotermi e fui costretto ad ubbidire. L’ultima immagine
che conservai
prima di addormentarmi sul divano, fu il suo viso distrutto dal dolore
mentre
affondava in lacrime nel cuscino.
- Quando mi
svegliai,
fuori era ormai totalmente buio.
- Preparai a
Kristen
qualcosa di caldo ma le mie buone intenzioni divennero vane quando
entrai in
camera e tutto ciò che restava di lei era un cuscino ancora
umido.
- La chiamai e la
cercai
per casa prima di uscire e cercarla nell’unico posto in cui,
sapevo, doveva
essere andata.
- Uscii dal retro
e
percorsi il vialetto che portava alla spiaggia e poi quello
più disconnesso che
saliva fino a una piccolissima altura che avevamo scoperto la prima
volta che
eravamo arrivati sull’isola.
- Non era niente
di
particolare, semplicemente una roccia piatta, e lontana dalle luci
misere della
città, che permetteva di guardare ogni stella cadente nel
cielo mentre il mare
si infrangeva sugli scogli proprio sotto.
- La trovai
lì, in quel
posto in cui avevamo riposto ogni nostra speranza, in cui avevamo
espresso ogni
desiderio fino ad allora taciuto.
- Ed era
lì che, l’8
Dicembre 2012, il mio più grande desiderio si era avverato.
- “Un’altra!
Non parlare, non pensare! L’ho vista prima io!”
- “Io lo
esprimo lo stesso! Mi serve!”
- “Rob,
no! Sei un bastardo se lo fai!”
- “Ti
giuro che è per una buona causa…questo
è un gran bel
desiderio!”
- “Non
me ne importa. Non funziona così! Chi la chiama, esprime
il desiderio. Io l’ho chiamata quindi tu ti freghi.”
- “Però,
bello spirito di condivisione.”
- “Con
le stelle cadenti non si scherza. Aspetta la prossima.”
- “Sì
sì, okay. Ti muovi con questo desiderio?”
- “Hey,
devo pensarci bene. Chiudi il becco.”
- E lo chiusi il
becco, ma non potei fare a meno di baciarla
mentre la vedevo, tenerissima, con gli occhi chiusi e lo sguardo verso
il
cielo.
- “Rob!”
- “Cosa?
Pensavo stessi desiderando le mie labbra.”
- “Pensavi
male, caro.”
- “Quindi
non desideri le mie labbra?”
- “Sì,
ma non ho bisogno di una stella cadente per averle.”
- E si sporse per
baciarmi, lentamente e con molta dolcezza.
- “Cosa
hai espresso?”
- “Non
si dice, lo sai, se no non si avvera.”
- “Ma io
posso avverare tutti i tuoi desideri, lo sai.”
- “Lo
spero…” sorrise quasi timida e insicura.
- E quello fu il
momento
in cui capii che Kristen aveva desiderato di essere incinta, per la
prima
volta. Forse non subito, forse non in un futuro prossimo, ma prima o
poi… E il
suo desiderio alla fine si era avverato, salvo poi essere distrutto due
mesi
dopo da un’ecografia e da un ventre vuoto.
- “Okay,
ma ora tu chiudi gli occhi così non mi freghi la
prossima!”
- “Cosa?
No!”
- Ma prima che
potesse ribellarsi la intrappolai con le braccia
in modo che tenesse il viso totalmente chino sul mio petto.
- “Fai
la brava o ti butto a mare.”
- “Pfft,
non camperesti un giorno senza di me!” disse con voce
soffocata contro la mia giacca, ed aveva ragione; ecco
perché avevo bisogno di
una stella proprio in quel momento.
- E come se il
cielo mi stesse ascoltando, la stella più
luminosa di quella notte squarciò il cielo lasciando una via
luminosa ed io
espressi il mio desiderio.
- “Okay,
puoi aprirli.”
- “Espresso
il gran bel desiderio?”
- Annuii,
sorridendo. “Sposami, Kristen.”
- “C…
cosa?” sbarrò gli occhi, presa totalmente alla
sprovvista.
- “Sposami.”
- “Sì,
okay, in futuro.”
- “No,
presto. Il venti di questo mese.”
- “Rob…”
- “Siamo
a Dicembre del 2012. Voglio sposarti prima che finisca
il mondo.”
- Rise.
“Rob, non dire sciocchezze, dai. Il mondo non
finirà.”
- “E se
finisse?”
- “E se
finisse, vorresti sposarmi solo per quello?”
- “E
perché ti amo e voglio passare il resto della mia vita con
te…”
- Capì,
finalmente, che ero serio e non scherzò più.
“Dici
davvero?”
- “Dico
davvero…”
- Il 2012 era
stato un anno un po’ particolare per noi, pieno
di alti e bassi, ma se ne avevo tratto qualcosa era la sicurezza. Ero
sicuro di
voler passare la mia vita con quella donna e avevo desiderato che per
lei fosse
lo stesso.
- Sorrise.
“Sei un grande idiota.”
- “Perché?”
- “Perché
non avevi bisogno di una stella cadente perché ti
dicessi di sì…”
- Non avevamo mai
conosciuto i desideri dell’altro ma da due anni, seppure non
l’avessimo detto,
entrambi sapevamo che stavamo desiderando la stessa cosa,
l’unica cosa di cui
sentivamo la mancanza, l’unica cosa che, quel giorno, le
avevo portato via.
- Di certo non
avevo
bisogno di chiedere cosa stesse desiderando in quel momento ma sembrava
che le
stelle fossero troppo poche per cadere per lei.
- Mi avvicinai e
le misi
una coperta sulle spalle. Lei non mosse un muscolo mentre mi sedevo
accanto a
lei.
- “Buon
Natale, amore…”
- “Mi
hai mentito, Rob”
rispose, prendendomi totalmente alla sprovvista. “Mi fidavo
di te… E tu mi hai
guardato negli occhi e mi hai mentito. Mi hai preso in giro.”
- “L’ho
fatto per te.
Non ho avuto scelta.”
- “L’hai
avuta, invece.
L’hai detto tu stesso. Stai con me perché lo
scegli e sceglierai sempre me.”
- “Ed
è così.”
- Lei
chinò il viso e
per secondi interminabili guardò la roccia scura su cui
eravamo seduti.
- “Ma
stavolta hai
scelto male, Rob. Voglio il divorzio.”
- Le sue parole
arrivarono come una doccia gelata in pieno inverno: inaspettate,
pungenti,
dolorose e insopportabili.
- Si
alzò senza
aggiungere altro, lasciandomi solo a metabolizzare il significato di
quelle
parole dettate, senza dubbio, dalla rabbia ma comunque pesanti.
- Alzai gli occhi
al
cielo lentamente, in tempo per vedere una delle poche stelle in cielo
cadere
davanti ai miei occhi, e desiderai che fosse tutto un brutto incubo.
- Ma cosa poteva sperare
di ottenere da delle stelle che non esaudivano più nulla da
tempo?
- _______________________
- Ebbene sì, Kristen è leggermente impazzita, lo sappiamo anche noi... Ma abbiate pietà, povera cucciola :(
- Oddio, dovevo scrivere un casino di cose ma ora ho la mente vuota .___. E' Cloe quella brava a fare le note introduttive e finali ç___ç
- Vabbè, intanto... chi indovina come ci è finita Hope in mezzo al mare e qual è la storia dietro?
- Un capitolo intero come premio a chi ci arriva *-* (tanto nessuno ci arriverà mai muhahuahua siamo state le ore a elaborare qualcosa di sensato huahua).
- Aw, ma immaginate se Rob avesse davvero chiesto a Kristen di sposarlo prima della fine del mondo? ç_ç A quest'ora lei sarebbe Mrs. Pattinson... asdkhaks *-*
- Okay, basta con gli scleri... E approposito di fine del mondo (AHAHAHA facciamoci na grossa risata a riguardo AHAHA), ho scritto una piccola shot a tema, passate se vi va :)
- Okay, dovrebbe essere tutto.
- Vi salutiamo e vi "diamo appuntamento" tra cinque giorni.
- Buon Natale a tutti e buone feste *-*
- Cloe & Fio xoxo (è finito Gossip Girl ç___ç <--- il pianto è un pò finto perchè a me non piace poi chissà quanto ma vi sono vicina u.u ahahaha)