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Autore: Felya    28/12/2012    4 recensioni
Durante uno scontro Nami perde conoscenza e viene rapita da un uomo misterioso, che le fa credere di essere un'altra persona, ma mentre i Mugiwara la cercano disperatamente, i ricordi si faranno mano a mano strada nella sua mente. Dopotutto, non si possono dimenticare certi profumi.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Monkey D. Rufy, Nami, Un po' tutti | Coppie: Rufy/Nami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il rumore dei proiettili che si scontrano con le spade di Zoro, l’odore di zolfo, di ferro e di polvere, il sudore freddo sulla mia fronte, sulla sua fronte, e poi più nulla. Il buio.
Sento un dolore lancinante al fianco sinistro e le urla dei miei compagni.
Quel secondo di distrazione deve esser costato loro molto caro, perché li sento accasciarsi al suolo uno dopo l’altro; Zoro resiste stoicamente facendo scudo davanti a me e urlando cose che non riesco a capire, ma alla fine deve aver ceduto anche lui, o almeno così immagino, perché dopo pochi secondi crollo sul corpo privo di sensi del mio capitano.
  


Mi sveglia un tiepido raggio di sole che fa capolino dalla finestra di fianco a me. L’odore di disinfettante è così forte da farmi salire la nausea, così cerco di portarmi una mano al naso per tapparmelo, ma mi accorgo presto che qualcosa me lo impedisce. Abbasso lo sguardo e inorridisco: due spessi lacci di cuoio bianco mi fermano le braccia all’altezza dei polsi e il tubo della flebo è pieno di una strana sostanza trasparente. Provo a muovere le gambe ma spessi legacci inchiodano anche i piedi al lettino.
Dove diavolo mi trovo? Sono in una stanza con altri 5 letti, tutti vuoti, attrezzature e macchinari sono disposti per tutto il perimetro della sala e le finestre si trovano troppo in alto perché possano essermi d’aiuto nell’orientarmi.
Prima che possa anche solo cominciare a pensare ad un piano di fuga sento dei passi venire dal corridoio alla mia destra; la curiosità di sapere dove mi trovo ha il sopravvento su tutto e decido di farmi trovare sveglia e cosciente.
Un bizzarro ometto che mi arriverà sì e no all’altezza delle spalle sbircia dalla porta e, vedendo che sono sveglia, entra.
“Bene, bene! Sisisi! Ci siamo svegliati, vedo! Come si sente, signorina?” mi dice, con un ampio e rassicurante sorriso.
“Io.. beh, bene, direi. Mi gira un po’ la testa..”
“Sisisi, tutto nella norma direi.. sente male da qualche parte?”
“No, io.. credo di no.. non sento un granchè da nessuna parte, in verità. Dove sono?”
Intento a controllare la cartella clinica, mi lancia solo una veloce occhiata, prima di dire: “Si trova nella clinica privata dell’isola di Barrif.” Dopo qualche secondo di silenzio prosegue: “Non ricorda?” “E’ stata rapita da un gruppo di pirati! L’abbiamo recuperata per un soffio! Il Signor Noko è stato molto in ansia per lei.”
Devo avere proprio la faccia di una che cade dal pero, perché, dopo una seconda occhiata alla mia espressione, l’ometto decide di lasciar perdere con la cartella e di controllare la flebo, proseguendo. “Le hanno sparato, signorina. Ha sbattuto la testa, cadendo, ma non pensavamo che avrebbe dimenticato proprio..Tutto.”
“Sparato? Ma cosa..” Mi interrompo perché il medico, con un gesto vagamente spazientito e l’espressione preoccupata, scosta il sottile lenzuolo che mi copre. Mi accorgo di essere completamente nuda, ma lo sgomento non cede posto all’imbarazzo, bensì all’orrore: sul mio fianco destro, poco al di sotto dell’ultima costola, si stende una cicatrice di almeno una ventina di centimetri.
Un po’ in imbarazzo, il medico aggiunge: “Si, beh, abbiamo faticato non poco a tirarlo fuori, naturalmente. I proiettili di Noko non sono proiettili normali, sisisi!”
“COSA? Cosa sta dicendo?! Dove mi trovo e chi è questo Noko? Io non so nulla di nulla! Mi sleghi subito! Mi sleghi…”



Deve avermi sedata, perché quando mi risveglio è notte fonda.
Ho come la sensazione che mi manchi qualcosa, ma non saprei dire cosa.
Ho la mente completamente vuota e non riesco a pensare a nulla, il solo sforzo di cercare di ricordare mi provoca un gran mal di testa e una forte sensazione di nausea.
Noko..Noko… questo nome mi dice qualcosa, ma nel ripeterlo, più che un’immagine, ciò che si forma nella mia testa è la sensazione di fastidio, che si trasforma quasi subito in panico.
Mi riaddormento, esausta. I miei sogni sono costellati di pirati, urla, odore di ferro e zolfo, e sudore.
Quando mi sveglio è mattina inoltrata.
Verso mezzogiorno il medico, che dice di chiamarsi Sishinobi, torna a trovarmi.
Mi sorride rassicurante e mi annuncia che nel pomeriggio passerà a salutarmi Noko in persona.
 
Trascorro le ore seguenti a chiacchierare con una delle assistenti della clinica, una splendida ragazza di nome Noah, che è tanto pronta a raccontarmi della sua famiglia, della sua vita, tanto quanto a glissare sulla mia. Ogni qualvolta le chiedo di raccontarmi qualcosa di me, svia, dicendo: “Sono sicura che il signor Noko saprà essere molto più esauriente di me!”
Finalmente si sentono dei passi in corridoio ed entra il Sishinobi, il quale fulmina l’assistente con lo sguardo; la poverina in silenzio si alza e fa per andarsene, ma poco prima di varcare la soglia si ferma, fa un inchino profondo e la sento dire: “Buon pomeriggio, padrone.”
Sulla porta appare un uomo alto, con i capelli scuri e gli occhi verdi, porta uno splendido abito di sartoria come se non avesse mai portato altro in vita sua, sulle spalle un lungo cappotto nero.
Lancia uno sguardo indecifrabile alla ragazza, a metà tra l’interessato e il sospetto, sfodera un sorriso smagliante e risponde: “Buon pomeriggio a lei, mademoiselle!”.
Direi che come prima impressione, non è niente male.
Sishinobi attacca con una parlantina medica di cui capisco solo qualche parola sparsa: morfina, flebo, trauma.. alla parola cicatrice ho il terrore che possa sollevare nuovamente il lenzuolo, lasciandomi nuda come un verme davanti al nuovo ospite, ma fortunatamente non succede.
Per tutto il tempo sento gli occhi dell’uomo scivolarmi addosso come un serpente, indugiare troppo in punti del mio corpo irrilevanti nel discorso del medico, fissarsi sul mio collo e non staccarsi più.
Alla fine Sishinobi tace, forse rassegnato, e si mette ad armeggiare con un macchinario all’altro capo della sala.
“Devi sentirti stanca, mia cara. Dimmi: cosa ricordi?”
“Uhm.. non molto in realtà, solo urla, odore di zolfo e degli stani tizi; sembrerebbero i pirati di cui mi parlava il dottore…”
Noko annuisce con fare comprensivo, poi mi prende la mano, la porta alla bocca e, con la voce calda e suadente mi dice: “E’ tutto finito, mia dolce Fusha”
 
NdA: Dedico questa Fanfic alla più grande autrice di sempre di questo genere: Emanuela, creatrice del capolavoro non concluso che è "The Est Wind".
Non ti ringrazierò mai abbastanza per il tuo meraviglioso lavoro. Grazie.
  
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