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Autore: mischief managed    29/12/2012    6 recensioni
SOSPESA FINO A DATA DA DESTINARSI (ovvero fin quando l'ispirazione non tornerà a bussare alla mia porta)
Sono oramai cinque anni che James, Sirius, Remus e Peter condividono la stessa camera, dormono sotto lo stesso tetto, e mangiano alla stessa tavola. Ma ciò che condividono, di ancora più grande, è una bellissima amicizia. Quello che i Marauders ancora però non sanno (hehe...), è che molte cose, quest'anno, cambieranno. Ci sarà chi, come al solito, sarà sempre impegnato a correre dietro alle ragazze, magari questa volta con qualche risultato, chi sa? Chi si troverà ad affrontare una profonda crisi, che lo aiuterà a trovare il proprio posto nel mondo. Chi, invece, scoprirà qualcosa di più su se stesso, e chi si troverà a provare un sentimento nuovo per qualcuno di impensabile.
Come finirà? Ce la faranno i nostri Marauders a restare uniti, nonostante tutto questo?
Come disse il saggio, leggete e vedrete.
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Peter Minus, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily, Remus/Sirius
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Allora, questa è la prima fan-fiction che scrivo, perciò non ho idea di come verrà. Spero bene ovviamente!! :) L'unica cosa vi chiedo di recensire, perchè per me è davvero importante sapere cosa ne pensate!! Un abbraccio, un grazie, e buona lettura!! Audrey

QUANDO TUTTO CAMBIA...

 

CAPITOLO I

 

Preparativi

 

Sirius era seduto sul bordo del letto, lo sguardo perso nel vuoto. La schiena curva, le spalle incassate e i vestiti stropicciati facevano pensare a tutto tranne che ad un giovane mago appartenente alla nobile casata dei Black.

Nulla aveva in comune (come tendeva spesso a rimarcare lui stesso) con la sua famiglia. A parte la linea di sangue, si intende. Nulla, aveva in comune con quei genitori rigidi, freddi. Con quel suo fratello perfetto. Nulla aveva in comune con quella casa buia, immacolata, nella quale viveva. Che ironia. Si sentiva un estraneo. Nella sua casa, con la sua famiglia. “No.” pensò. “No, questa non è la mia casa, e tantomeno la mia famiglia.”
Subito la mente corse agli anni passati, alle scorribande notturne nella Foresta Proibita, durante la luna piena. Alle serate passate a parlare davanti al fuoco della sala comune di Grifondoro, agli scherzi, alle risate. A quel letto caldo e familiare che lo accoglieva ogni sera, dopo ogni stancante giornata. E ai suoi amici... A James, con la sua aria spavalda e arrogante, con i suoi occhiali sempre storti sul naso, con la sua faccia da schiaffi. A Peter, all'imbranato Peter, che non riusciva a muoversi senza far cadere qualcosa, e arrossire, immancabilmente. E a Remus. Al Remus che gli era sempre stato vicino. Al Remus che guardava con disapprovazione lui e James quando mettevano in atto qualche brutto tiro ad un Serpeverde, facendoli vergognare. Ai suoi occhi dorati, troppo spesso pieni di tristezza.

Hogwarts. Ecco, quella. Quella era la sua casa. E i suoi amici... loro erano la sua famiglia. Lo sguardo di Sirius Black si posò su una fotografia, scattata l'anno prima a Hogsmeade: un mantello di neve copriva la stradina, mentre in lontananza l'insegna della Testa di Porco dondolava al vento. In primo piano quattro ragazzi, dai volti ridenti. Il primo, sulla sinistra, aveva i capelli biondo sabbia. Sul viso si potevano scorgere delle sottili cicatrici ancora in via di guarigione. Remus non era mai riuscito a concludere indenne una delle loro “notti di gioco”, quando la luna piena svettava alta nel cielo, pensò Sirius divertito. Le labbra del ragazzo erano atteggiate ad un sorrisetto ironico, mentre con gli intensi occhi dorati guardava la scena che si svolgeva alla sua sinistra. Un ragazzo alto e moro gli cingeva le spalle con un braccio, mentre con l'altro era occupato a spettinare la zazzera scura di un mago occhialuto. Aveva i capelli mossi dal vento, coperti di minuscoli fiocchi di neve. Il viso era ridente e due grandi occhi grigio cenere fissavano con divertimento la sua povera preda. Il ragazzo che si dibatteva, cercando di liberarsi della sua mano fastidiosa, aveva invece gli occhi castani, incorniciati da un paio di occhiali rotondi senza montatura, ed i capelli neri e ricci (sempre spettinati, al di là del poco gradito intervento dell'amico). Sul suo viso, un'espressione (nonostante tutto) allegra. Al suo fianco un ragazzino paffutello e non troppo alto si teneva la pancia dalle risate, aggrappandosi con l'altra mano alla spalla del compagno martirizzato. Aveva i capelli lisci, di un castano spento. Gli occhi erano chiusi dall'eccesso di risa, ma ogni tanto si aprivano, lasciando intravedere un colore di un azzurrino acquoso. Il viso era adornato da una spruzzatina di lentiggini. Al collo di ognuno dei quattro ragazzi era avvolta la sciarpa rossa e oro di Grifondoro.

La fotografia era in movimento, come del resto tutte le stampe e fotografie del mondo magico.

Sirius sorrise al ricordo di quella scena. Gli era servito spesso durante l'estate, guardare quella fotografia. Scacciava via tutti i pensieri, la rabbia e la tristezza delle litigate con suo padre, le urla di sua madre e gli sguardi di superiorità di suo fratello, Regulus. Gli ricordava che c'era un posto in cui lui era amato, apprezzato. E lo aiutava a far passare più in fretta l'estate, a tornare da sua madre con il sorriso sulle labbra, scusandosi gentilmente della scenata fatta. Niente di più e niente di meno di ciò che lei si aspettava. Senza accorgersene si era alzato, per andare ad osservare la foto da vicino.

Con un sospiro si buttò sul letto, facendo cigolare le molle. Si girò a pancia in su, facendo vagare lo sguardo per la sua stanza. I muri erano tappezzati di poster rossi e oro con lo stemma di Grifondoro, o raffiguranti la sua squadra di Quidditch preferita, i Cannoni di Chudley, saette arancioni che sfrecciavano sui loro manici di scopa. In un angolo, la sua mazza da Battitore, accanto alla sua divisa di Quidditch, e un po' più in là, la sua Nimbus 1000, considerato il manico di scopa più veloce al mondo. Su una parete c'era una libreria stracolma di libri e riviste, e un album con le figurine delle Cioccorane era aperto lì vicino. In un mucchietto disordinato, sul pavimento, un numero infinito di cartacce, fogli strappati e spazzatura, che Sirius usava alternativamente al cestino. Tanto, poi ci pensava Kreacher a pulire. Kreacher era il loro elfo domestico. Una creatura ripugnante e infida, che Sirius non aveva mai sopportato, fin da bambino. Ma, finchè puliva...

Sulla sua scrivania erano accatastati tutti i libri ed il materiale scolastico, ed ai piedi del letto c'era il suo baule, spalancato. E completamente vuoto. Guardò il suo orologio: le cinque e mezza. Sirius sbuffò. Solo mezz'ora e sarebbero venuti a chiamarlo per la cena. E lui non aveva ancora fatto il baule. La mattina dopo, alle undici precise, l'espresso per Hogwarts sarebbe partito dalla stazione di King's Cross. Sirius non stava nella pelle. Avrebbe rivisto i suoi amici! La bolla di solitudine, rabbia ed indifferenza che ogni estate si costruiva per poter sopravvivere in quella casa, sarebbe potuta sparire. Già pregustava il nuovo anno scolastico. Così, decise che, per iniziarlo bene, sarebbe arrivato alla stazione, il mattino dopo, con i suoi effetti ordinatamente riposti nel baule. Era un obbiettivo a dir poco ambizioso per lui, e lo sapeva, ma era una nuova sfida, e Sirius, le sfide le adorava.

  • Bene! - disse battendo le mani. - Cominciamo!

Prima cominciò dai libri. Aveva visto Moony mettere in ordine il suo baule più di una volta, e aveva sempre cominciato dai libri. Trasfigurazione, Incantesimi, Pozioni, e via dicendo, in una pila ordinata, sulla destra. A sinistra ci mise il calderone, nel quale decise di mettere anche tutti i piccoli oggetti utili, come il calamaio, la piuma, ingredienti vari... solo al pensiero si sentiva stanco. Guardò con aria annoiata il baule, emettendo un verso piagnucoloso. Ma, d'altronde, aveva cominciato, e doveva finire. Stava proprio per cominciare a riempire il calderone, che Kreacher bussò alla porta della sua stanza, infilando dentro la testa, e, solo dopo aver guardato prima la stanza, poi Sirius con aria disgustata, disse con tono viscido:- Padroncino Sirius, la cena è servita.

Beh,” pensò il giovane, “si vede proprio che non era destino!”, e uscì dalla sua stanza con un sorriso furbesco sulle labbra. Dopo cena, sarebbe stato troppo tardi per dedicarsi al baule con tutta la perizia a cui si era predisposto, e quindi gli sarebbe toccato accatastare tutto al suo interno come al solito. “Oh beh! Sarà per la prossima volta!” , si disse, e non potè impedirsi di sghignazzare.

 

* * *

 

James stava volando. Il vento lo colpiva in faccia con forza, ogni qual volta si lanciava in picchiata per prendere il boccino. Boccino che, per altro, lui non avrebbe dovuto possedere. Se ne era appropriato dopo aver vinto la Coppa di Quidditch, due anni prima. Tanto non se ne sarebbero fatti niente comunque. I Boccini hanno la memoria tattile, ovvero riconoscono il loro padrone in base a chi li ha toccati per primo, e per questo è necessario che, ogni nuova partita, ci sia in campo un nuovo boccino.

Così, lui aveva salvato quella “piccola svolazzante portatrice di gioia e felicità” dalla fusione, o almeno questo era ciò che si ostinava a dire a Moony, quando lo guardava con disapprovazione giochicchiarci tra una lezione e l'altra, facendo ridere Sirius e Peter. Così, quando era a casa per le vacanze, James tirava fuori la divisa da Quidditch, il boccino ed il manico di scopa e si allenava, perchè “niente aiuta a combattere la noia come una sana dose di allenamento giornaliero”. Erano ore che era fuori oramai, e, nonostante ci fosse ancora luce, si avvertiva dall'aria più fredda che stava scendendo la sera. Atterrò, e, una volta riposti manico e divisa, si avviò, con il boccino che lo seguiva svolazzando, in camera sua, a fare i bagagli.

Dopo aver messo tutto quanto nel baule, preparato i vestiti per il giorno dopo, aver controllato di non aver lasciato niente in giro, e (grazie a quest'ultimo controllo) aver raccolto l'ultimo paio di calzini rimasti da sotto il letto, James decise che poteva godersi qualche attimo di meritato riposo. La sua attenzione fu attirata da una pila di lettere accatastate sul suo comodino. Così le prese e cominciò a leggerle. Erano le lettere che lui, Remus, Sirius e Peter si erano mandati durante l'estate. Mano a mano che le leggeva, gli tornavano tutte alla mente. Quell'estate, i quattro Marauders avevano sperimentato un nuovo modo di comunicare. L'idea era venuta a Remus, e consisteva nell'usare una specie di posta continuata, in modo da poter parlare tutti e quattro insieme, anziché due a due. In pratica, il gufo di Remus aveva portato la lettera da lui scritta prima a Peter, che, una volta risposto, aveva riconsegnato la lettera al gufo. Il rapace aveva a questo punto recapitato la lettera a Sirius, e, successivamente, a James.

Quest'ultimo aveva offerto asilo al povero rapace stremato, e, una volta risposto alla lettera, aveva mandato il suo allocco a completare il giro, e ad iniziarne uno nuovo. E così via, a rotazione.

Si era rivelato un sistema eccellente, e più di una volta James si era chiesto per quale motivo non gli fosse mai venuto in mente, prima di allora.

Certo, forse per i rapaci era meno comodo, ma, una volta aver finito il loro giro, avevano tempo per rifocillarsi, dormire, e poi tornare a casa loro. Anche se, in realtà, più di una volta ai ragazzi era capitato di dover sfrattare un gufo particolarmente approfittatore, che, dopo una settimana di coccole e servizi di ogni genere, era ben poco intenzionato ad andarsene.

Dopo aver riletto tutte le loro lettere, o perlomeno quelle il cui foglio era finito proprio quando toccava a lui rispondere e perciò se le era dovute tenere, iniziandone una nuova, le ripose accuratamente nel cassetto del suo comodino.

Cominciava già a scurire quando sua madre lo chiamò per la cena, dal piano di sotto.

 

* * *

 

Peter stava guardando la televisione, in salotto. Suo padre aveva insistito perchè la comprassero, per poter seguire le partite di calcio ed il telegiornale. Erano cose importanti al giorno d'oggi, diceva. Peccato che la maggior parte delle volte in cui Pete entrava in salotto, vi trovasse suo padre a guardare tutt'altro. Così si era incuriosito. Inizialmente solo della dinamica. Come facevano i Babbani a far muovere delle persone virtuali senza usare la magia? Ben presto però, aveva cominciato, come la maggior parte delle persone prima o poi, ad esserne talmente affascinato da restare lì seduto a guardarla per ore, senza magari che ci fosse qualcosa di particolarmente interessante.

- I leopardi, sono animali solitari, - diceva il presentatore di un documentario.

- Non amano la vita di gruppo. Quando giunge la stagione degli amori, il maschio mette incinta la femmina, ma non resta a prendersi cura dei cuccioli. Dopo che la mamma leopardo partorisce, lo svezzamento dura parecchi mesi, nei quali i piccoli restano protetti o da una tana sotterranea, che le femmine preferiscono per i primi mesi di vita della prole, o successivamente in posti elevati, come un albero. Intorno all'anno di vita i giovani leopardi cominciano ad osservare la mamma cacciare, finchè, verso l'anno e mezzo, non provano loro stessi. Quando sono in grado di procurarsi il cibo da soli, e questo solitamente avviene intorno ai due anni di vita, la mamma smette di prendersi cura di loro, lasciandoli liberi per il mondo.

Il presentatore aveva smesso di parlare, e ora la Televisione mostrava immagini di leopardi e altri animali.

Ma pensa un po'! Chi l'avrebbe mai detto...” si disse Peter sgranocchiando delle patatine. Ora il programma era finito, e c'erano i Titoli di Coda. Così aveva detto suo padre che si chiamavano tutti quei nomi bianchi su sfondo nero, messi in colonna, alla fine di un film o di un programma televisivo.

Peter sbadigliò... la stanchezza cominciava a farsi sentire, e aveva gli occhi affaticati.

- Peter! Vai a letto che domattina devi alzarti presto!-, gli giunse la voce di sua madre dalla cucina. Eh già! Il giorno dopo ricominciava la scuola! Di malavoglia spense la TV, e poi salì, trascinando i piedi, fino in camera sua.

Si mise il pigiama, si lavò i denti, e, appena poggiata la testa sul cuscino, si addormentò...

 

* * *

 

Remus era stravolto. Si sentiva come se una carica di Troll imbestialiti gli fosse appena passata sopra. Non poteva muovere un muscolo senza che sentisse un dolore tremendo, ed anche ogni minimo gesto gli costava uno sforzo sovrumano. Questo era il bel regalino che la luna piena di due notti prima gli aveva lasciato. Questo, oltre ad una serie innumerevoli di graffi, per fortuna decisamente superficiali. Fece una smorfia di dolore quando, nel togliersi la maglietta, mosse il braccio troppo velocemente, causando una tremenda fitta alla spalla. Imprecando sotto voce, si sfilò il resto della maglia.

Cautamente, si alzò ed andò in bagno. Lo specchio era grande, e gli permetteva di vedersi il torace interamente. Era costellato da lunghe cicatrici, di cui le più recenti ancora rosse. Quasi nessuna di quelle era in rilievo, perchè quelle che ancora si vedevano appartenevano ad un periodo della sua vita più recente, ovvero gli ultimi sei anni, da quando aveva cominciato a frequentare Hogwarts. Ciò implicava il fatto che, dopo ogni notte di luna piena, fosse sottoposto alle premurose cure di Madama Chips, che, famosa per la sua bravura, faceva si che sul corpo del ragazzo non restasse più che un segno chiaro. Solo una cicatrice era in rilievo, ed era quella che lui più odiava.

Il segno del morso, tra il collo e la spalla. Due fori, netti. I canini erano penetrati a fondo nella sua carne, prima che l'animale lo lasciasse andare. Remus sfiorò il segno con le dita. Lì la pelle era più dura che nel resto del suo corpo. Ne seguì i contorni circolari, lentamente. Erano passati undici anni ormai, da quando Fenrir Grayback lo aveva morso, trasmettendogli la maledizione che lo aveva condannato ad una vita di dolori e sofferenze.

Ad una vita di solitudine.

No”, pensò poi. “Tu non sei solo.”

Ed era vero. Lui non era solo. Perchè aveva degli amici, amici che gli volevano bene, amici che lo amavano, amici disposti a trasformarsi in un cane, un cervo ed un topo, per correre con un lupo mannaro, una volta al mese. Per correre con lui. Per non lasciarlo solo.

Sorrise. Ed era un sorriso pieno di affetto, pieno di riconoscenza e gratitudine, verso quelle persone a cui, in un certo senso, doveva la vita.

Tornò in camera sua, muovendosi lentamente. Si sfilò i jeans e si mise i pantaloni del pigiama, con i quali dormiva. Guardò fuori dalla finestra, nella notte. La luna, si mostrava pallida, nel suo vestito di luce. Almeno per un po', gli avrebbe dato tregua. Si avvicinò al suo gufo, gli diede un buffetto affettuoso sul petto, sussurrò un “buonanotte” e si infilò sotto le coperte.

Nemmeno un minuto dopo sentì bussare alla porta.

  • - Remus? - era la voce di sua madre.

  • - Si? - sussurrò lui.

La porta si aprì e il viso della madre fece capolino, accompagnato da un fascio di luce gialla. Quando lo vide sorrise, premurosa. Sorriso che il ragazzo ricambiò.

  • - Ti ho portato un antidolorifico. Ti ho sentito lamentarti e così...

  • - Grazie...- rispose subito lui, gli occhi colmi di gratitudine.

  • - Figurati. Buonanotte amore mio. Dormi bene.- disse lei, scoccandogli un bacio sulla fronte.

Lui sorrise e lei uscì, lasciandolo al buio. Remus bevve l'antidolorifico, e si rimise a letto. No. Decisamente non era solo. Si mise meglio sotto le coperte e si addormentò, il sorriso ancora sulle labbra.



 

 

Allora, adesso dovrei rispondere alle recensioni penso...

Ok, proviamo:

 

@IlMagnificoMe: Grazie! Sono davvero felice che il capitolo ti sia piaciuto! In effetti ciò che volevo far capire erano le emozioni dei quattro protagonisti, volevo dare ampio spazio a loro e ai loro sentimenti, alle loro idee. Comunque come coppia ho scritto Remus/Sirius, e non vedo l'ora di sapere io stessa cosa succederà XD Ho già qualche idea, ma è ancora tutto da vedere :)))

 

@CarlottaM_1D: Wow!! Quanti complimenti!! Mi fa davvero piacere sapere che ti piace ^-^

Allora, risponderò alle tue domande :D

Loro hanno 16 anni, ovvero stanno per frequentare il sesto anno a Hogwarts, e i loro soprannomi li ho lasciati in inglese perchè... beh, mi piacevano decisamente di più :)) Per quanto riguarda invece gli altri nomi di personaggi o luoghi (come la Foresta Proibita e Severus Piton) li ho lasciati in italiano perchè sono sinceramente ormai abituata a sentirli così, e mi fa strano dire "Forbidden Forest" o "Severus Snape"... O.o Perciò lascerò in italiano anche i nomi per esempio di Silente (che sarebbe Dumbledore altrimenti) e della McGrannitt (McGonagall).

Poi l'ultima domanda, ma non meno importante, anzi: allora, sì, scriverò più di un punto di vista differente per capitolo, ora non so dire se sempre quattro o meno, ma magari ci saranno dei capitoli (soprattutto verso la fine) in cui mi concentrerò maggiormente su un personaggio, magari dedicandomi agli altri nei capitoli successivi.

Spero di averti chiarito tutto!! Continua a recensire mi raccomando!!!! ^o^

 

 

 

  
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