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Autore: koopafreak    29/12/2012    4 recensioni
Aspettando come al solito l'arrivo del suo salvatore, Peach ha un'intera giornata da trascorrere in compagnia del koopa che per anni si è divertito a stravolgere la monotona routine nel Regno dei Funghi fino a diventarne paradossalmente un elemento quasi caratteristico. I progetti tuttavia non seguono il corso prospettato nell'agenda e le domande senza risposta troppe volte rimandate o trascurate dovranno trovare finalmente un chiarimento. Forse BowserxPeach, ad interpretazione del lettore.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bowser, Peach
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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« Non trovate che sia uno spettacolo incantevole, Principessa? » La domanda era meramente retorica perché la risposta si manifestava smagliante intorno a loro in tutto lo splendore mattutino del manto innevato che aveva coperto l'intero panorama del regno.

Peach aveva guardato a lungo i fiocchi grandi come fiori di ciliegio cadere fuori dalla sua finestra prima di coricarsi sperando con la stessa intensità di quando era ancora una bambina che la mattina seguente, appena si fosse di nuovo precipitata al vetro increspato dai cristalli di gelo, avrebbe avuto davanti esattamente quella scena. Amava la neve. Ne amava il suono quando vi affondava le galosce. Ne amava l'ingannevole consistenza stringendola tra le dita. Ne amava l'effetto che dava sopra anche gli alberi più scevri e le statue più rovinate.

E anche quando il tempo di restare ad abbellire il mondo per essa scadeva, fin da piccola Peach covava un fascino segreto per tutte le pozzanghere che si formavano tra il selciato ed il prato attorno al castello, di indossare qualcosa di più comodo dei soliti abiti lunghi e scarpette solo graziose da vedere, di poter sganciarsi di dosso quell'imbracatura di contegno e posture, di godersi ogni tanto un meritato momento di libertà e saltare come un grillo da una pozza all'altra sollevando in alto spruzzi ed infischiandosene se le andavano sui vestiti e se tutti i maestri del protocollo reale andati si stessero rivoltando nella tomba come trottole. Quel pensiero la faceva sempre sorridere.

« Sì » Peach rispose comunque, raccogliendo una manciata di quel bianco puro tra le muffole rosa e gettandola in aria in trasformandola in una pioggia di granelli.

« Non sarebbe altrettanto affascinante ammirarlo da dentro? »

Una nuvola di vapore tradì il sospiro che la Principessa aveva smorzato schiudendo le labbra. Il vecchio toad non vi fece caso fortunatamente dal momento che la fanciulla gli dava le spalle, china sulla neve a disegnare spirali ed arabeschi che si diramavano intorno a lei. Gli innominabili rischi che stava correndo ogni secondo titanicamente passato a duellare in tutta la furia di quella piatta mattinata senza un alito di vento, perfettamente bardata contro il freddo e all'interno dei confini della reggia reale gravavano sull'iperprotettivo consigliere come un macigno: raffreddore, mal di gola, tosse, febbre, geloni, polmonite, assideramento... Un solo passo falso e la salute della sua preziosissima Principessa sarebbe stata compromessa. E lui non poteva permetterlo, però gli aveva insistito così tanto per uscire che non aveva saputo dirle di no. Infatti già se ne stava rapidamente pentendo.

« Non ancora. » Peach era ben lungi dal rientrare nel castello, tutta presa dall'idea del pupazzo di neve che voleva assemblare.

« Permettetemi allora di farvi portare un'altra sciarpa per lo meno. » Mastro Toad si volse e comunicò ad una guardia vicina l'urgente necessità.

Quando la recluta partì spedita come un cane da riporto, il consigliere si voltò di nuovo eseguendo così un giro completo con un rinnovato senso di liberazione, sollevato di buona parte della mole dei pericoli che adesso si potevano considerare scampati grazie a quell'ulteriore dovuta cautela. Quasi si ribaltò constatando che di Peach erano rimasti solo i disegni e le impronte, interrotte esattamente dove lei era stata lì di fronte fino a qualche secondo prima ed alcuni granelli di neve sollevati per caso stavano ancora volteggiando leggeri nel vuoto. Di tutte le minacce che l'ansioso toad aveva considerato nella sua lista in ordine di gravità, solo una era rimasta malaccortamente ignorata. Cogliendo un'ombra sfrecciare sulla neve nella traiettoria opposta l'anziano toad alzò il mento e vide la Clown Car di un certo subdolo koopa puntare allegramente a tutta dritta in direzione del Regno Oscuro.

Bowser sogghignava compiaciuto e gli insulti di moderata volgarità che gli arrivavano dietro passavano tranquillamente inosservati mentre l'allarme si diffondeva per il castello.

« Una Principessa fresca di stagione da portar via, prego. Ma non incartatemela » gongolò stringendo tra le braccia possenti la sua preda.

« Che umorista » commentò imbronciata Peach con le nuvolette del suo respiro che salivano da sotto il grande muso del drago.

« Ha nevicato parecchio qui da voi » buttò lì il Re tanto per fare conversazione durante il viaggio, distogliendo un momento l'attenzione dai comandi per adocchiare con discrezione il viso di Peach seminascosto dal grande cappuccio in pendant coi guanti e l'elegante mantellina.

« Già... »

« Stavi facendo un pupazzo di neve? »

« Era un tentativo. »

« Possiamo farne un altro più grande appena arriviamo » propose Bowser saggiando la piacevole morbidezza della lunga veste invernale contro le squame ramate.

« A te non piace la neve ». La fanciulla lo sapeva e le cose di fatto stavano proprio così. Bowser era un drago amante degli habitat vulcanici, insofferente per natura alle basse temperature e non vedeva altre attrattive nella stagione fredda col gelo, le bufere, gli starnuti e tutto ciò che ne seguiva eccetto le festività e la possibilità di stare insieme ai suoi figli che ogni anno tornavano per trascorrere le vacanze a casa. Rimase perplessa di fronte a quell'offerta perché era sicura dal primo secondo in cui il koopa l'aveva imprigionata nel suo abbraccio e staccata da terra che l'avrebbe tenuta chiusa nel castello come faceva sempre, indifferentemente se quella fosse stata “solo” la prima giornata di neve dell'anno e di quanto fosse speciale per lei.

« No, nemmeno un po' » ammise infatti con serenità. « Ma ai miei sudditi piace e ai miei ragazzi pure, così ho permesso che ogni inverno nevicasse pure da noi. Non è stato affatto semplice e i miei magikoopa ci si sono scervellati per settimane, ma alla fine siamo riusciti a concludere qualcosa e mi serve ancora un parere professionale sul risultato ». Le fece l'occhiolino.

« Mi hai rapita per questo? » Peach si sistemò la sua sciarpina intorno al collo sentendo il naso intorpidirsi per il freddo mentre passavano sopra il lago completamente ghiacciato e le colline tinte di bianco.

« Questo più tutti i motivi di sempre » fu la seconda ammissione.

Bowser accomodò la Principessa sul braccio destro così da poter impugnare meglio il volante rifiutandosi categoricamente di metterla giù e poggiando la grande mandibola sopra il cappuccio soffice, incapace di trattenere un morbido rombo gutturale al tepore piacevole che si espandeva pian piano sul suo torace non solo grazie al calore trasmesso a stretto contatto con Peach. Come lei anche il Re si era ben premunito contro il gelo ma non essendoci abituato nemmeno la lunga sciarpa, i guanti ed il guscio foderato all'interno erano riusciti a preservarlo del tutto da un attacco di brividi ogni tanto e Peach, avvolta da strati su strati di vesti confortevoli e tanto gradevole da avere vicino, costituiva praticamente una calamita a cui era impossibile resistere.

Ciononostante sarebbe bastato un gesto od una parola di lei per restituirle più spazio, ma finché non una singola lamentela volava il koopa era assolutamente deciso a tenerla nella sua presa quasi protettiva mentre la sua fortezza si poteva finalmente scorgere all'orizzonte. Doveva essere faticoso per la fanciulla trascinarsi addosso tutta quella roba così pesante che senza alcun dubbio le impediva di fare una sola corsetta rischiando d'incespicare o restarvi poi col fiatone. Chi si era accanito così tanto nel conciliare la ricercatezza a parer suo eccessiva dell'abito, con troppi fiocchi e fronzoli cuciti sopra come se fosse stato concepito per un grande evento, e l'importanza che il calore corporeo fosse avidamente conservato aveva tralasciato però il fattore inalienabile della comodità. Un encomiabile esempio della logica dei toad. Be', per quello che gli riguardava sarebbe stato ben felice di trasportarla in braccio anche tutto il giorno.

« È strano vedere il tuo castello così... bianco. » Il mento di Peach fece capolino da dietro la sciarpa ed il bavero della sopraveste mentre la Principessa allungava il collo curiosa.

Dei fiumi di magma erano rimaste solo gli impressionanti solchi scavati nella roccia, stalattiti di ghiaccio lunghe come spade pendevano dalle bocche dei cannoni sulle torri e giurava di vedere tanta neve quanta ne era caduta nel Regno dei Funghi: era un panorama a dir poco incredibile.

« Strano bello o strano brutto? » chiese incerto.

« No, non fraintendermi! È davvero bellissimo » si affrettò a precisare la Principessa un po' a disagio che Bowser cercasse veramente la sua approvazione.

Sentì il petto del koopa gonfiarsi d'orgoglio e forse si pentì di aver esordito con un giudizio tanto alto, ma non poteva negare che fosse autentico.

Il drago dal canto suo era il ritratto della soddisfazione ed inconsciamente strinse di più la morbida figura bianca e rosa contro il torace ora caldo come una fornace. « Se anche tu lo pensi sul serio, allora i miei ragazzi ne saranno assolutamente entusiasti di ritorno per le vacanze.» Avrebbe regalato loro il primo Natale innevato e se perfino lei vi fosse stata presente sarebbe stato indubitabilmente il più bello di tutti, ma sarebbe stato folle chiedere tanto. E lui un po' folle sapeva esserlo senza impegnarcisi.

« Bowser, mi stai bloccando la circolazione » gli fece garbatamente notare la Principessa riportandolo alla soffocante realtà. Il koopa allentò il suo abbraccio ma non lo sciolse del tutto, accingendosi a far atterrare il velivolo mentre le guardie aeree della divisione lakitu si facevano da parte agitando in sincronia delle luci segnaletiche per annunciare il vittorioso ritorno del loro sovrano. Invece di parcheggiare al suo solito posto sulla torre ovest, Bowser lasciò la Clown Car ai piedi della dimora meno lugubre del solito e saltò fuori affondando le zampe nella neve con Peach in collo che mandò un'esclamazione di sorpresa.

« Huurrrrrr...freddo. » Un brivido scosse i muscoli del drago al quale occorsero un paio di secondi per riprendersi, stringendo morbosamente la delicata fonte di calore nelle sue braccia e soffocando l'istinto di rintanarsi nel guscio, dissimulando poi il disagio come se nulla fosse stato sotto una maschera di stoica dignità. « Abbiamo un pupazzo di neve da fare e come vedi qui la materia prima abbonda. » Drizzò le spalle compiaciuto dirigendosi verso un punto vicino del cortile dove più fiocchi di gelo vi si erano accumulati formando delle piccole dune.

« Scusa, sto disimparando a camminare » lanciò una frecciatina Peach sentendosi trattata come se avesse avuto due anni.

« Pazienza, ne puoi anche fare a meno per oggi » la parò con totale disinvoltura il koopa sorridendo sornione.

Peach lo squadrò imbronciata ed iniziò a fare resistenza e poi, realizzando che l'altro non aveva nessuna voglia di mollare, stirò un braccio per prendere una manciata di neve dal fogliame dei cespugli mezzi coperti dietro di lei e gliela infilò a tradimento sotto la sciarpa. Al drago si drizzarono i capelli e la lasciò andare con un urlo di agonia, portando entrambe le mani al collo per scrollarsi i granelli di ghiaccio che gli si stavano sciogliendo addosso. Peach atterrò in punta di piedi proprio su un cumuletto candido che la inghiottì fino alle ginocchia ed un po' si infiltrò anche nelle galosce facendola rabbrividire con uno squittio: uno spiacevole contraccolpo non previsto.

Una volta calmatosi Bowser la guardò più basito che contrariato. « Questo è sleale. »

« Mi batti in altezza, peso e forza bruta. Cosa mi resta? » La Principessa avanzò con malcelata difficoltà ma sempre a testa alta e certo quei vestiti non le facilitavano l'impresa. Sentì i passi rumorosi del koopa alle sue spalle.

« Un tiro mancino da parte dell'incorruttibile Principessa Peach? Sono sconvolto » recitò divertito già progettando la sua vendetta. Osservò la fanciulla dare il via alla sua creazione, accucciandosi e cominciando a compattare la neve che aveva davanti per fare la base del suo pupazzo. « Vuoi una mano? »

« Non mi serve, grazie » gli rispose raccogliendone altra con entrambe le braccia e plasmandola con calma e meticolosità nella tipica forma sferica.

« Credevo che... »

« Potresti farne anche tu uno tutto tuo. »

Non erano questi i suoi progetti ma Bowser accolse il suggerimento con una certa delusione senza obbiettare. Avrebbe architettato presto il modo di riavvicinarsi ma per il momento le lasciò lo spazio che desiderava: appena rapita la sua Principessa era sempre molto suscettibile. Si allontanò di qualche passo, reclamò un grosso cumulo di neve che il vento di quella notte aveva affastellato contro la parete del castello e si mise all'opera senza scambiare ulteriori commenti.

Costruire quell'omino di neve non equivaleva ad un capriccio per Peach, ma era un rito personale che lei rievocava ogni anno per festeggiare a modo suo l'arrivo della stagione fredda. Nella prima mattina innevata dell'anno la Principessa usciva in giardino e costruiva il suo pupazzo di neve esattamente come lo ricordava la prima volta che era stata abbastanza grande per farlo, come il ritorno di un vecchio amico che sarebbe stato lì in piedi a vegliare tra i roseti congelati finché la magia dell'inverno non avesse lasciato il posto alla rinascita primaverile e che sarebbe stato anche l'ultimo piccolo segno del bianco onnipresente a svanire tra i germogli e le pozzanghere. Ma ora la catena era stata spezzata e quella prima mattina di neve si sarebbe consumata alla fortezza della Terra Oscura con un drago affetto da megalomania incurabile ed insofferente alle basse temperature. Anche se lo avesse costruito il giorno dopo quando Mario l'avesse riportata a casa non sarebbe stato lo stesso... Tanto ora di tempo da perdere ne aveva a volontà e, come aveva detto giusto il suo sequestratore di fiducia, la materia prima abbondava.

Peach aveva terminato di modellare l'ultima sfera che sarebbe funta da testa per il suo pupazzo, la sollevò e la pose al suo posto alla stessa altezza della propria. Quando era ancora una bambina le erano necessari l'aiuto dei toad ed uno sgabello per riuscire a fare un buon lavoro. Ora però non le restava nulla per poterlo decorare: la vecchia tuba con l'orlo strappato e la sciarpa smessa erano rimasti chissà dove al suo castello ed era inutile sperare se nelle cucine di Bowser girasse per sbaglio anche solo una carota visto il rapporto seriamente conflittuale dell'orgoglioso carnivoro con le verdure. Si arrangiò con quello che le capitò a tiro: dei sassolini per gli occhi ed il sorriso, un ghiacciolo per il naso e l'elmetto smarrito su cui era inciampata, senz'altro di un martelkoopa sbadato che lo aveva dimenticato fuori nelle gelide grinfie della bufera. Guardando bene il risultato, invece che un omino di neve sembrava un giocatore di football con un'espressione da ebete: decisamente poco natalizio ed alquanto ridicolo, ma sempre meglio di niente.

« Quello è il tuo grande capolavoro? » le chiese Bowser suonando il più scettico possibile.

Peach si girò e constatò in cosa si era cimentato il koopa mentre lei era impegnata: la riproduzione fedele ed alta quanto lui del suo stesso castello con tanto di cannoni e fiumi di lava intorno.

« Gli hai dato ben poco da ridere secondo me. Guarda qui invece. Non male come primo tentativo, eh? » La domanda era retorica. Bowser aveva recepito quel passatempo come una competizione ed al suo solito aveva voluto fare le cose in grande. Come in qualsiasi altra attività, dalle macchinazioni di conquista al gioco, il drago vi si lanciava a testa bassa con l'idea costante di primeggiare ben piantata nel cervello.

Peach notò una figurina sospetta vicino all'entrata della copia in scala. « Cos'è? » La indicò col guantino.

« Mario mentre viene divorato da una pianta piranha » fu l'allegra risposta. « Visto la cura nei dettagli? Notare il terrore nel suo sguardo, prego. » La credibilità di tutta l'angoscia raffigurata sul viso di Mario che avrebbe ipoteticamente patito in tali circostanze, con metà del corpo sparita nelle fauci dentate, rivelava sia l'impegno di Bowser che la goduria provata ogni secondo mentre ne aveva tracciato i lineamenti con la punta degli artigli.

La Principessa si alterò per una cosa tanto meschina. « Presto verrà a prendermi, allora sarà lui a dare a te ben poco da ridere. » E con questa il koopa aveva saputo dimostrarle che anche fare un pupazzo di neve non potesse più essere divertente.

Ora toccò al Re risentirsene: « Vedo che basta solo uno scherzo per farti scendere in pista a difendere a spada tratta quella nullità ». Più che uno scherzo si trattava di un progetto da realizzare su scala reale, ma non serviva ammetterlo dato che ormai la situazione minacciava di andare per il peggio ad ogni singola parola.

« Esatto, lo difendo perché a differenza tua è generoso, altruista e corretto. »

« Non è solo per questo, dico bene? » ringhiò il koopa abbassando il capo cosicché i suoi occhi fossero alla medesima altezza di quelli di Peach.

« Cosa ne puoi sapere » rispose fredda lei sostenendo lo sguardo. I loro respiri si confondevano nelle stesse nuvolette condensate.

« Più di quanto tu non cerchi di nascondere » mormorò Bowser livido di collera e qualcos'altro, molto più profondo, molto più doloroso.

« Bene, magari ti aiuterà a riflettere su te stesso. »

La gola del koopa vibrò minacciosamente mentre un velo di fumo sfuggiva tra i denti affilati. Non rispose subito, lasciando che la sottile verità dietro quelle parole facesse il suo effetto corrosivo. « Forse non sono io quello che ha bisogno di riflettere. » Anche quando non era presente, Mario costituiva un'inesauribile fonte di problemi. « Credi di essere la sua unica damigella in pericolo? Sei convinta che si fermerà per te? Magari lo pensava anche la prima, chissà. »

« Stai esagerando adesso » lo ammonì Peach cercando di non mostrarsi vulnerabile alla controffensiva del koopa.

« No, sto cercando di farti ragionare una buona volta, piccolina. Le principesse stanno dove regnano, gli eroi stanno dove servono. Non ci arrivi? Se non fosse per me, il tuo Mario se ne sarebbe già andato a fare il buon samaritano da un'altra parte proprio come ha fatto prima di arrivare qui. Ci sono molti altri posti al mondo in cui un idraulico tracagnotto che si improvvisa paladino potrebbe far comodo, lo sai. Se io un giorno smettessi sul serio di farmi vivo dalle tue parti ad urtare la sensibilità dei tuoi toad, secondo te quanto tempo passerà prima che Mario si vada a cercare altri bisognosi da aiutare, altri regni da difendere, un'altra damigella da salvare? » Con un senso di amara soddisfazione Bowser scorse un tremolio negli occhi di Peach tradire la tristezza di fronte a quelle prospettive, la paura di essere dimenticata, il dubbio che potessero davvero concretizzarsi. « Un mese? Magari due? » la incalzò deciso più che mai a non essere l'unico a restare ferito in quello scontro. « O pensi veramente che si lascerà tutto alle spalle per te? Siamo un po' egoisti. »

« Non fare insinuazioni se non può essere qui a risponderti. È da codardi, anche per te. »

« Io almeno sono stato sincero dall'inizio. »

« Tu sai essere ben altre cose e sincero neanche da lontano. Perché prima di elargire giudizi altrui non ti fai un esame di coscienza? » La voce della Principessa ebbe un fremito.

« Non rigirare la frittata, Peach. Paura di accettare la verità, forse? Non ti facevo tanto sprovveduta. »

« Va bene, non vuoi farlo? Risolvo io! Sarai fortunato se riuscirai mai ad essere almeno la metà della persona che è Mario. Sei un grandissimo egoista, dispotico, sconsiderato e arrogante. Distruggi tutto quello che ti pare semplicemente perché non hai un minimo di criterio e sei capace solo di far star male chiunque entri in contatto con te. Nient'altro! Ecco quello che sei! » L'ira di Peach esplose davanti al muso del drago ed osservando il viso arrossato della fanciulla si intuiva che un ulteriore attacco avrebbe mandato in frantumi quella fragile sicurezza che nascondeva con imbarazzo le lacrime.

« Hai ragione » rispose Bowser glaciale. « Non sarò mai la metà della persona che è Mario perché valgo almeno dieci volte di più di quel sempliciotto e di qualunque altro “uomo” sulla faccia di questo mondo. Distruggo perché a differenza sua io ho progetti, so cos'è il desiderio di cambiare le cose, di ricostruire il presente ed ho il potere di farlo. Cosa sa fare Mario? Sarebbe all'altezza di gestire i doveri a cui noi dobbiamo rispondere da quando siamo nati? Credi davvero che continueranno più a prenderti sul serio quando avrai regalato il trono ad un idraulico? Sono deluso da te, principessina. Ma stai tranquilla, presto ti sarà finalmente chiaro come gira il mondo. Appena gli avrò messo le mani addosso ed avrò fatto all'universo il favore di cancellare la sua presenza. »

La Principessa era tremante di rabbia e non ribatté, perché se avesse aperto bocca non avrebbe resistito oltre ed insieme alle lacrime altre parole velenose sarebbero volate a peggiorare quel terribile momento che probabilmente più in basso non avrebbe potuto precipitare.

Ancora una volta Bowser perse un'occasione per fermarsi a riflettere prima di aprire bocca e continuò implacabile, reso ancora più aggressivo dalla collera mentre Peach invece si chiudeva in se stessa.

« Non devo rendere conto a nessuno dei miei metodi, che siano giusti oppure no a tuo parere non ha importanza. Io so come cambiare il mondo, so governare un regno potente e prospero come il mio e so che nessun re sarà mai tanto capace quanto me. Mario nemmeno nelle sue fantasie più deliranti potrà immaginarsi un compito di tale portata e mai ne comprenderà il peso e le possibilità. Io sarò ricordato nella storia come il Re più inflessibile e feroce, ma anche come il più capace. Il mio regno è potuto crescere e rafforzarsi solo grazie a me dopo anni interi di duro lavoro e col pugno di ferro. Adesso nessun altro monarca al mondo oserebbe mai sfidarmi. Mi basterebbe schioccar le dita per spedire i miei fedeli soldati a radere al suolo qualsiasi ostacolo sulla mia strada, compreso il tuo sputo di terra... » E lì il koopa non proseguì col suo monologo, improvvisamente interrotto dalla sberla sul muso che Peach non era riuscita a trattenere.

Tuttavia fu lei tra i due a risentirne fisicamente, mentre il drago assorbì l'impatto a livello emotivo. Quel colpo fu sufficiente a scuoterlo e fargli prendere atto dello stato della Principessa che lo fissava sgomenta e, come era sicuro di non aver visto da lungo tempo, spaventata. Peach si afferrò la mano dolorante portandosela al petto e fece un passo indietro tenendo gli occhi sui suoi. Bowser si rese finalmente conto di essere andato troppo oltre e che in quel momento tutti gli sforzi, tutto il tempo, tutti i tentativi impiegati per conquistare la fiducia della fanciulla sembravano essere diventati cenere al vento.

La mortificazione montò assieme ai rimorsi e desiderò porvi immediatamente rimedio, ma prima che potesse iniziare a spiegarsi il naso gli prudette da impazzire a causa del ceffone appena sentito e girò la testa di scatto emettendo un possente starnuto. Per il nervoso accumulato gli partì inavvertitamente una vampa infernale che finì dritta sul suo castello di neve riducendolo all'istante come un gelato sotto un lanciafiamme, un grottesco ammasso informe e fumante che continuava a sciogliersi velocemente riversandosi ai loro piedi. Il colmo fu che proprio la figura agonizzante di Mario si rivelò l'unica superstite di quell'apocalisse di fuoco, ancora riconoscibile tra i poveri resti dell'opera in decomposizione.

Lo strambo pupazzo di neve di Peach si ergeva fiero e sorridente di fronte a quello sfacelo, la sola statua restante e vittoriosa per drastica riduzione della concorrenza. Bowser guardò mesto tutto il lavoro irreversibilmente distrutto con le sue stesse mani e, temendo che le cose si ripetessero anche con la Principessa, si volse verso di lei e fece in tempo a vederla crollare sulle ginocchia mentre le prime lacrime cadevano nella neve.

Quello di Peach era un pianto nel silenzio rotto solo da flebili singhiozzi che la facevano sussultare mozzandole ogni volta il respiro, mentre le gocce che non sparivano nel bianco dell'inverno tracciavano due linee sottili lungo le guance bollenti fino agli angoli delle labbra, per poi riprendere la loro discesa e svanire nella stoffa della sciarpa. Col freddo che faceva, lacrimare era fastidioso perché l'acqua intorno agli occhi e sul mento si gelava e Peach si vergognava immensamente di esibirsi in uno sfogo tanto infantile quanto spontaneo che non riusciva ad arrestare. Voleva rialzarsi e rispondergli a tono, mostrarsi forte come avrebbe dovuto essere e restare immobile anche di fronte a quelle minacce agghiaccianti perché con un fondo di verità in esse: la fanciulla era pienamente consapevole delle potenzialità belliche di cui Bowser era al comando e sguinzagliandole tutte insieme, se lo avesse voluto sul serio, sarebbe stato davvero capace di mantenere le sue promesse di distruzione.

Eppure troppe emozioni l'avevano aggredita contemporaneamente con la stessa intensità appena le aveva pronunciate, altre ovvie ed altre inaspettate: incredulità, orrore, paura, rabbia, apprensione, ma anche un opprimente senso di tradimento e, ciò che davvero faticava a spiegarsi, abbandono. Si sentiva tradita perché aveva riposto quel misero briciolo di fiducia stentatamente acconsentito nell'individuo che si era poi dimostrato il più inaffidabile ed indegno. Quella sconcertante sensazione di abbandono era invece scaturita non solo dalle vane speranze per il benessere del suo regno in tal caso condannato e che nessuno avrebbe potuto proteggere, ma anche dall'idea che il Bowser che aveva creduto di conoscere per tutto quel tempo e che si era conquistato coi suoi modi giocosi, avventati, premurosi e a volte goffi un pezzetto nascosto nei suoi affetti era una maschera che cadendo aveva immediatamente lasciato un vuoto al proprio posto e lei lo aveva avvertito. Lo detestò per averle fatto anche quest'ultima beffa oltre al danno e detestò se stessa per essersi lasciata ingannare come una stupida.

Il koopa tentò di scusarsi ma era un'impresa ardua per una testa dura della sua portata, non sapeva trovare le parole giuste e Peach nello stato in cui versava non sembrava intenzionata ad ascoltarlo con lo sguardo assolutamente perso nella neve e nel suo sconforto, così la raccolse tra le braccia e subito si scatenò una sequela di proteste singhiozzate e iraconde mentre dei piccoli pugni foderati da muffole rosa lo colpivano sulle braccia e sulle spalle. Entro breve la Principessa esausta cessò la sua resistenza e, con le mani doloranti ed le pulsazioni di un colibrì, scrutò il Re con un cipiglio accusatore attendendo con cupa rassegnazione la prossima mossa.

« Non intendevo sul serio, radere al suolo il tuo regno, ecco. Dicevo per dire » fu l'impacciato tentativo di riparare.

« Belle cose da dire così, tanto per dire » lo rimbeccò Peach tirando su col naso e cercando inutilmente di ricomporsi.

« Non lo farei mai. »

« Vista la tua superficialità nell'affermare certi discorsi dovrei anche ricominciare a crederti? E lasciami! » Scalciò rischiando di graffiarsi con uno dei bracciali borchiati.

Bowser aumentò la sua stretta il giusto per tenerla buona contro le squame tiepide. « Che tu mi creda o no, le cose stanno così. Non pensi che se avessi voluto invadere il tuo regno, lo avrei già fatto da un pezzo ormai? » le disse dolcemente, quasi con la tenerezza che si usava coi bambini lenti a capire.

Peach non replicò ed altre lacrime continuarono a scendere nella speranza che il cappuccio le nascondesse insieme alla vergogna. In quel momento avrebbe desiderato essere altrove invece che lì, tra le braccia di un drago infido ed innamorato a cui lei aveva stoltamente concesso il potere di ferirla ben al di là della sfera diplomatica che invece non avrebbe mai dovuto permettergli di oltrepassare.

Dietro quell'ultima domanda stava bene in vista anche la sua risposta: l'unica ragione che spingeva il koopa a preservare l'incolumità del Regno dei Funghi era lei. Se avesse usato il benessere dei toad come arma di ricatto per raggiungere i suoi scopi, avrebbe sì avuto la Principessa al suo fianco come aveva agognato da anni, ma allo stesso modo l'avrebbe persa per sempre perché la vera Peach si sarebbe così annullata pezzo per pezzo sotto il peso di ciò che per lei sarebbe stato solo un'imposizione, una prigione di umiliazione ed infelicità dove lui l'avrebbe vista spegnersi nel silenzio di uno scricciolo con le ali tarpate pur di tutelare il suo popolo.

Bowser aveva già tentato in passato ricorrendo a questi sporchi mezzi* ed era addirittura corso vicino al risultato previsto ma era talmente accecato dal desiderio di realizzare il suo sogno che solo dopo, quando Mario ancora una volta si era intromesso guastandogli i piani e sottraendogli la sua Principessa, si era veramente reso conto dell'avversione, la distanza ed il timore negli occhi azzurri i quali invece aveva sempre sperato che un giorno riflettessero una verità completamente opposta. Lei in quei momenti lo stava odiando con tutta l'anima, ma per i doveri a cui era tenuta a rispondere avrebbe sopportato ogni cosa senza lamentarsi, anche la punizione della sua vicinanza. Alla fine Bowser aveva accettato che se voleva stare con Peach, avrebbe dovuto cambiare radicalmente modo di agire nei suoi confronti e dimostrarle che lui aveva molto di più da offrirle che un legame politico ed economico.

« Per favore, mettimi giù » lo pregò la fanciulla col naso arrossato e gli occhi lucidi.

Bowser indugiò a lungo, lasciarla andare adesso era l'ultima cosa che si sentiva di fare. Si congratulò con se stesso per come fosse riuscito a rovinare il progetto di un'intera giornata dopo nemmeno la prima ora insieme. L'umore giusto per restare a giocare fuori era sotto terra ed il suo castello di neve era ridotto in poltiglia mentre il pupazzo col casco e quel sorriso da grullo gli dava la sensazione che lo stesse prendendo in giro. Non aveva più senso rimanere lì impalati al freddo e magari Peach si sarebbe calmata davanti al camino con qualcosa per riscaldarsi.

Fece dietrofront verso l'ingresso imponente della fortezza, ricordandosi di schiacciare con un piede la statuina sopravvissuta di Mario e beccandosi così una gomitata.

« T'ho visto » lo rimproverò la Principessa asciugandosi una guancia col dorso della mano.

« È capitato » si giustificò suonando poco convincente.

« Sì, come no. E fammi scendere. »

« Ti va una cioccolata calda? »

« Non cambiare discorso. »

« Sicura? Il mio chef sa preparare la cioccolata migliore del regno. Provare per credere. »

« Mi si è chiuso lo stomaco. »

« Solo il profumo ti farà cambiare idea. »

Peach si barricò dietro un muro di silenzio: proprio quello che Bowser temeva che sarebbe accaduto, ma una sola occhiata sul viso della fanciulla gli fece capire che non avrebbe ottenuto altre risposte nemmeno provandoci. Appena entrati Kamek gli scoccò un'occhiata interrogativa prendendo nota delle condizioni di Peach ma non commentò, neanche ne avesse avuto il tempo dal momento che gli fu impartito bruscamente l'ordine di rimediare una cioccolata calda con doppia panna e marshmallows, delle calzature comode per sostituire le galosce bagnate della Principessa, troppo pesanti per starci al chiuso, e di disporre degli indumenti contro il freddo dove non impicciassero. Il tutto seduta stante e senza fiatare, altrimenti fuori c'era un pupazzo di neve a cui fare compagnia.

In tre minuti cronometrati Peach sedeva in ciabatte sul divano davanti al grande camino del salone negli alloggi reali con una tazza di cioccolata bollente tra le mani ed un cuscino dietro la schiena, stupita che fosse arrivata fin lì senza nemmeno sfiorare il pavimento.

Bowser l'aveva accompagnata rivolgendosi solo alla servitù per assicurarsi che avrebbero provveduto subito a qualsiasi richiesta che la Principessa avesse espresso, poi era uscito lasciandola sui cuscini a guardarlo andar via, era tornato con la cioccolata calda, era rimasto piantato là in piedi ad aspettare come se stesse riflettendo su qualcosa da dirle e infine, dopo un lungo silenzio precipitato nell'imbarazzo, era uscito di nuovo congedandosi con palese disagio e raccomandandosi di chiedere liberamente per qualunque cosa avesse bisogno.

Peach sospirò di sollievo appena la porta si richiuse, felice di poter finalmente stare nella solitudine che solo Bowser sapeva rendere così piacevole. Ne aveva avuto più che abbastanza del koopa ed era condannata a restare nel suo castello fino alla mattina seguente per lo meno, finché Mario non avesse superato tutte le trappole architettate sul suo percorso per rallentarlo quanto potevano, per cui avrebbe dovuto rassegnarsi all'idea che presto o tardi Bowser le avrebbe proposto ancora la propria rumorosa ed indiscreta presenza.

A pochi metri dalla porta il drago stava con la fronte sul muro a fantasticare su un congegno che controllasse il tempo, così avrebbe potuto mandare indietro la sua vita di mezz'ora per evitare quel passo falso che gli era costato la poca buona considerazione della Principessa che si era conquistato con tanto sudore e speranze. Maledisse la sua boccaccia e già che c'era maledisse anche Mario, responsabile di quel devastante battibecco. Che mille Banzai Bill lo spedissero in un buco nero dentro un altro buco nero nell'angolo più putrido del cosmo. Bowser non riusciva a levarsi dalla testa il modo in cui Peach lo aveva guardato quando era tornato a portarle la cioccolata e trovare il modo di riparare al suo errore. Sotto i segni del pianto di cui lui era stato la causa non c'era più un minimo di fiducia a corrisponderlo.

Udendo la minaccia contro il suo popolo, Peach aveva rivisto il mostro che credeva di aver dimenticato da anni, colui che si era presentato ai cancelli del Regno dei Funghi reclamandone con la diplomazia dei suoi cannoni il predominio e la mano dell'incantevole regnante la cui bellezza era tanto elogiata fino ai confini del continente.

E lui non aveva idea di come raccapezzarsi per recuperare. Aveva atteso tanto per organizzare ogni dettaglio all'impeccabilità e rendere quella giornata perfetta: aveva imparato ogni gioco sulla neve che avrebbe potuto suggerire nonostante l'inverno non gli piacesse; aveva congegnato e fatto istallare tante di quelle insidie per mantenere l'idraulico lontano più tempo possibile; aveva aspettato al freddo dalle prime luci dell'alba che Peach uscisse a godersi la neve perché sapeva quanto lei l'adorasse ed era rimasto a lungo a contemplarla in mezzo al manto bianco prima di poter finalmente stringerla a sé. Adesso lei si trovava dove lui aveva voluto, nel suo castello, dall'altro lato della parete e non era stato capace nemmeno di mettere insieme due parole quando si era ritrovato sulle spalle tutto il peso del suo sguardo. Per ora l'unica cosa che poteva fare era concederle del tempo da sola e cercare di resistere all'impulso di tornare là dentro, magari restando di nuovo a fissarla con tutta la sua eloquenza bloccata in gola. Eppure, il pensiero dell'attesa era più insopportabile di quel rischio.



Bowser non aveva esagerato: la cioccolata era buona sul serio. Nemmeno a casa sua ne aveva mai assaggiata una altrettanto squisita. Il sapore dolce l'aveva in qualche modo aiutata a riprendere il controllo di se stessa e le tracce del pianto erano sparite. Peach appoggiò la tazza vuota sul tavolino di marmo amaranto vicino al bracciolo e si alzò in piedi camminando un po' davanti al focolare. Conosceva l'ambiente perché ci era già stata qualche volta essendo forse la stanza più comoda ed accogliente del castello, eccetto la sua camera ovviamente, ma era anche spaziosa a sufficienza per ospitare un divano su cui perfino uno della stazza del koopa poteva sdraiarcisi comodamente e dormirci, un ampio tavolo coperto da una lunga tovaglia di damasco in tono coi sontuosi tendaggi e i tappeti ed infine un pianoforte verticale nero lucido, il primo suonato da Ludwig e poi sostituito con uno a gran coda di miglior qualità per il suo tredicesimo compleanno.

Durante una delle saltuarie conversazioni col Re, le era sfuggito per caso di aver preso lezioni di piano fin da quando era piccola e, al rapimento seguente, l'elegante figura dello strumento si era magicamente aggiunta ad arricchire l'arredamento della sala. Bowser non aveva smesso di insistere finché lei non aveva acconsentito ad eseguire almeno un componimento. Richiamando quei momenti alla mente, era quasi impossibile pensare che il tiranno che non si faceva problemi a spazzare via le montagne se gli facevano troppa ombra e lo spettatore giulivo che la invitava a suonare un'altra canzone con l'entusiasmo di un bambino fossero entrambi lo stesso individuo. Se questo atteggiamento fosse stato una finzione allora Bowser era un attore nato.

Lanciò uno sguardo verso la fila di foto incorniciate e disposte sulla mensola del camino, assolutamente diverse dai soliti ritratti pomposi della casata reale sparsi per il castello: piccoli frammenti di realtà familiare protetti da una sottile patina di vetro. Erano bellissime nella loro spontaneità e Bowser non mancava in nessuna assieme a uno o tutti i suoi figli.

Quella all'estrema sinistra era la più tenera secondo Peach, mostrando Wendy ancora in fasce assopita tra gli artigli del padre, anch'egli nel medesimo stato, con la testa abbandonata sullo schienale della sua poltrona e la bocca aperta. Un'altra che le piaceva guardare e che le procurava sempre un sorriso a fior di labbra aveva quasi l'intera famiglia, scattata infatti quando Bowser Jr. non doveva essere ancora nato, impegnata in una zuffa amichevole col temibile genitore ribaltato sul guscio e praticamente sommerso dalla sua stessa prole: Iggy aveva ancora il suo vecchio taglio di capelli e Ludwig era l'unico a non condividere l'esuberanza generale, bloccato tra il braccio ed il costato del padre e quindi incapace di fuggire. Nella cornice accanto Bowser ed il suo ultimogenito stavano fianco a fianco scimmiottando una posa di vittoria evidenziando la loro sorprendente somiglianza. Solo di un componente che avrebbe dovuto essere fondamentale nel nucleo familiare non vi era ricordo alcuno.

Dal primo momento in cui la Principessa aveva appreso dell'esistenza dei bowserotti si era chiesta chi effettivamente fosse la loro madre, e soprattutto dove fosse. Erano domande che aveva già espresso al diretto interessato e le risposte erano state sempre evasive: È una storia complicata”; “Preferisco non parlarne ora”; “Te lo spiegherò un'altra volta”; “Ti va una tazza di tè?.

Perché Bowser non volesse ancora raccontarle la verità era un mistero ed il fatto che fosse irremovibilmente deciso ad accogliere lei a riempire quel vuoto le creava un ulteriore enorme disagio. Non sapeva se i bowserotti stessi ignorassero l'identità della loro madre biologica o se quello del cucciolo più giovane fosse un caso isolato, o per lo meno così era stato quando si erano conosciuti all'Isola Delfina. Perché Bowser avrebbe fatto una cosa così abominevole come negare ad un figlio il diritto di sapere almeno chi fosse la propria mamma? Quell'ultimo dubbio la mandò in bestia. Nessuno, nemmeno un re poteva azzardarsi a scommettere sulla fragilità di un bambino, non importava di quale specie: era un'azione ignominiosa ed ingiustificabile. Peach si sistemò il vestito e riassunse tutto il suo contegno regale, irrigidendo decisa le spalle e trascurando il fatto che stesse ancora portando le sue ciabattine. Era giunto il momento di chiarire alcune cose col Re Koopa in persona, sia per il bene dei rispettivi regni che delle famiglie in gioco.


Nota d'autrice:

Questa storia era nata originariamente come idea per una drabble della mia raccolta, ma quando si è rivelata troppo estesa ho deciso di convertirla in una 1-shot a parte e poi procedendo con la stesura mi sono resa conto che forse sarebbe stato molto pesante condensarla in un singolo, lunghissimo capitolo così ho preferito tagliarla per distribuire meglio la mole del racconto in due o più parti.
So che Miyamoto ha disconosciuto la consanguineità tra il Re dei Koopa ed i bowserotti, ma tenendo ben presente che è stato dalla prima apparizione di quest'ultimi nel '88 che tutti hanno iniziato a dare per scontata in qualsiasi gioco, fumetto e serie animata la loro ipotetica parentela mi viene da chiedere: « Dovevi aspettare fino al 2012 per avvertire?! » >8|
Io continuo comunque spedita per la mia strada e non abbandono l'idea di otto cucciolotti in totale per Bowsy e non uno solo. Tiè!

*Ne “Super Mario Adventures” e “Super Mario Bros Super Show”, rispettivamente il fumetto ufficiale e la serie animata tradotta anche in italiano, Bowser costringe Peach a convolare a nozze con la minaccia di tramutare tutti i toad in rocce.

Grazie di aver letto la prima parte della storia. :]


Koopafreak

  
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