Im Zimmer 483
Mancano meno di quaranta minuti al
concerto. Dopo il soundcheck Bill è sparito. L’ho cercato per tutto lo stadio,
ma non c’è. Probabilmente sarà nel suo camerino. Ammetto che sono in pensiero;
dopo ieri sera non mi stupirei se stesse brandendo una lametta contro se stesso
o se invece stesse facendo allegramente un solitario. A volte è davvero
complicato capire cosa gli passa per la testa; ti aspetti da lui una reazione e,
puntualmente, Bill Kaulitz te ne scodella un’altra. Ti aspetti che si arrabbi e
cominci a strillare istericamente con la sua vocetta odiosa? Allora sappi che
probabilmente ti scoppierà a ridere in faccia. Se invece ti aspetti che si
pieghi in due dalle risate, quasi sicuramente ti si scaglierà addosso infuriato
(non tentare di capire per quale recondito motivo, perché non ci riuscirai mai).
Definirei mio fratello un po’ lunatico. Anzi, non un po’, diciamo pure
decisamente lunatico. Ma d’altronde è fatto così. Che ci si può fare?
Prendere o lasciare. Io ormai purtroppo non sono più in grado di lasciare, ma a
qualsiasi altra persona consiglio caldamente di stare alla larga da quel
degenerato di mio fratello! Ne va della propria salute mentale (e anche fisica;
più di una volta le sue lamentele petulanti mi hanno causato atroci mal di
testa).
Comunque è meglio non lasciarlo troppo
solo. Decisamente no. Soprattutto ora come ora.
Decido di raggiungerlo, ma vengo
fermato da Georg, che mi viene incontro lisciandosi il ciuffo; sospetto che sia
vanitoso quanto Bill ma al contrario suo lui cerca di tenerlo
nascosto…
“Tom, non è che per stasera mi puoi
prestare la tua maglia grigia?”
“Quale, quella della
Nike?”
“Sì.”
“Cosa mi dai in
cambio???”sogghigno.
Georg assume un’espressione
esageratamente maliziosa, sbattendo le ciglia:“Bè…Se vuoi…ti donerò la mia
virtù!”
“BLEAH! Georg, ti prego, stasera
dopo il concerto prenditi la prima fan che incontri e fattela!! Ultimamente devi
avere gli ormoni in subbuglio! Prima ci provi con Gustav e ora con me!”faccio
finta di vomitare, ridacchiando e Georg si finge offeso.
“Allora se non vuoi accettare la mia
virtù, non abbiamo più niente da dirci noi due!”si volta e fa qualche passo
sculettando.
“Oh, no, se però mi fai la camminata
sculettante temo di non resistere al tuo fascino…”
Lui si volta verso di me e mi getta
le braccia al collo.
“Allora mi presti la tua maglia
grigia?”dice sbattendo nuovamente le ciglia.
“Come posso dire di no ad un faccino
così angelico?”
“Lo so, nessuno riesce mai a dirmi
di no quando sfodero il mio fascino.”
“Già, lo immagino…”rido. “Ehi, hai
visto Bill?”gli chiedo prima che se ne vada.
“No, ma penso sia nel suo
camerino.”
“Allora lo raggiungo
lì.”
Lui annuisce e si fa improvvisamente
serio. “Senti…Ma che cos’ha che non va? Tu lo sai? In questi ultimi tempi non è
più lo stesso…Ha sempre un’aria così sofferente…”
Abbasso lo sguardo per un secondo,
mentre il mio stomaco compie una fastidiosa capriola. “Non lo so. Forse è solo
un po’ di stress.”
“Va bè, vacci a parlare tu, magari
riesci a tirarlo su di morale.” Certo, io sono la persona più adatta per
tirare su di morale Bill, ora come ora.
Sbuffo e raggiungo il camerino di
Bill.
Mi sento come una tigre in gabbia,
vorrei sbattere la testa da qualche parte per la frustrazione, ma come minimo
sarei fermato da Saki che mi urlerebbe di stare fermo, altrimenti dopo il
cappellino non mi entra più se ho dei bernoccoli sulla testa.
Sbuffo di nuovo, busso alla porta ed
entro.
“Frontman disgraziato, ti ho cercato
dappertutto.”esclamo richiudendomi la porta alle spalle.
E’ in piedi davanti allo specchio,
sta cercando di agganciarsi una collana. E’ già vestito per il
concerto.
“Mi stavo preparando.”risponde
fissando la sua immagine nello specchio.
“Vuoi una mano con quella
collana?”
Lui rimane in silenzio, continuando
a fissarsi nello specchio con sguardo vuoto.
“Senti…”mi trastullo arrotolando con
le dita un lembo della maglietta, mentre tento di scegliere le parole più
adatte. “Non devi preoccuparti per quello che è successo ieri
sera.”
Attendo una risposta o una qualche
reazione, ma l’unica reazione che ottengo da Bill è quella di fargli pettinare
con più vigore i capelli. Sospiro, scoraggiato.
“Bill, hai
intenzione di dirmi qualcosa o vuoi continuare ad armeggiare con quei tuoi
capelli osceni?!”sbotto.
Lui mi fissa
accigliato.
“I miei capelli non sono
osceni.”borbotta e io alzo gli occhi al cielo. Faccio per andarmene, ma non
appena metto mano sulla maniglia lui mi blocca.
“Tom…” Mi volto speranzoso. “Mi
dispiace seriamente di averti picchiato. Non volevo.”
Sorrido.
“Lo so. A me dispiace che tu stia così male,
invece.”
Nei suoi occhi vedo balenare un
lampo di tristezza; inghiotte, come per buttare giù un grosso nodo che gli serra
la gola, farlo sparire insieme alla saliva, nasconderlo dentro di sé per non
doverlo affrontare.
“Non è colpa tua…”bisbiglia, posa la
spazzola e torna a tentare di agganciarsi la collana.
Mi avvicino a lui e gliela prendo di
mano.
“Fatti
aiutare, che tu sei un impedito.”dico piano, tentando di dare alla mia voce il
tono più dolce possibile.
“Il gancino è difettoso e non si
chiude bene.”si giustifica lui.
“Perché compri quintali di questa
paccottiglia, si può sapere?”
“Per lo stesso motivo per cui tu
compri quintali di cappelli!”
Si solleva i capelli dal collo,
rivelando il suo primo tatuaggio che ritrae il nostro
simbolo.
Chiudo il gancio della collana e
sfioro con un dito i contorni del tatuaggio, non riuscendo a trattenermi dal
farlo.
Riflesso nello specchio vedo che
Bill socchiude gli occhi per un brevissimo istante e a quel gesto sento che il
mio cuore accelera i battiti.
Non sono sicuro di star agendo nel
modo giusto dopo quello che è successo ieri sera, ma non riesco a fermarmi: mi
avvicino a lui, circondandolo con le braccia da dietro, cercando di farlo
sentire al sicuro.
Voglio solo proteggerti, Bill,
voglio solo vederti sorridere.
“Ti ricordi quando decidesti di
farti il tatuaggio?”gli sussurro in un orecchio.
Lui annuisce, gli occhi chiusi, il
corpo rilassato contro il mio.
Chissà se sente quanto veloce sta
battendo il mio cuore in questo momento…
“Venisti da me e gridasti tutto
entusiasta che avevi avuto un’idea bellissima. Cominciasti a saltare sul letto e
a gridare per tutta la stanza…Mi chiedesti di accompagnarti, te lo
ricordi?”
“Sì…Avevo una fifa nera!”sorride
Bill, perso nella sua memoria.
“Già. Ma non ti sei tirato indietro.
Sei sempre stato così, quando decidi di fare una cosa non ti ferma
nessuno.”
“Sono sempre stato cocciuto, lo so,
e tu non hai mai smesso di dirmelo.”
Gli do un piccolo bacio sul collo e
lo sento tremare appena tra le mie braccia.
“Tranquillo…”sussurro. “Siamo solo
tu ed io. Noi due. Come sempre.”
Lo sento rilassarsi di nuovo. Gira
lentamente la testa verso di me, fino a che non incontra la mia bocca. Allora si
gira e mi abbraccia, approfondendo il bacio e tenendomi più stretto. Gli cingo
le spalle con le braccia, rispondendo al bacio con tutta la dolcezza di cui sono
capace. Perché è solo questo che voglio darti, Bill, dolcezza. E tutto il mio
amore.
Mi sento esplodere di gioia nel
sentirlo così vicino a me e nel vederlo così sereno per la prima volta dopo
tanto tempo. Dovrebbe restare tutto così per sempre, esattamente come è in
questo momento.
Penso che potrei morire in questo
preciso istante e non mi importerebbe niente, perché morirei felice. So che è
assurdo da dire, soprattutto per uno come me che non ha mai cercato niente di
serio, ma…questo è quello che provo.
Vorrei essere capace di dirtelo, di
rivelarti ogni cosa che penso, ma la vergogna mi blocca. Forse perché è la prima
volta in tutta la mia vita che provo qualcosa del genere. O forse semplicemente
perché sei tu.
Sorrido appena contro le sue labbra,
mentre Bill mordicchia il mio piercing. Se continua così temo che dovremo
rimandare il concerto causa improvvisa pazzia del chitarrista. Il mio viso è in
fiamme, sento le guance bruciare d’imbarazzo e anche un po’ d’eccitazione, ma
riesco a rilassarmi quel tanto che basta per non scappare via.
Voglio godermi ogni attimo
possibile, voglio assaporare tutto ciò che di lui mi è proibito, non voglio
avere rimpianti.
Vorrei solo provare ad essere felice
e vorrei che Bill lo fosse con me, per quanto questo sembri così impossibile.
“Non hai intenzione di picchiarmi
stasera?”gli sorrido.
Lui mi tira uno scappellotto. “Se la
cosa ti fa piacere posso anche prenderti a calci.”risponde, e nella sua voce
scorgo una punta di malizia che mi attrae irresistibilmente. Lo bacio di nuovo,
con più foga e lo sento rispondere con altrettanto
trasporto.
Dio…Questo è il paradiso…Non sapevo
di poter provare sensazioni del genere…Non credevo esistesse qualcosa di
così….così…come definirlo? Grande? Meraviglioso? No, è qualcosa di ancora più
incisivo, è qualcosa che ti stravolge il corpo e la mente e tutti i sensi,
qualcosa che ti fa sentire forte come un Dio e debole come il più misero essere,
qualcosa che vorresti urlare al mondo intero ma allo stesso tempo vuoi tenere
nascosto nel più profondo di te stesso, qualcosa che ti fa venire una voglia
matta di ridere e di piangere…E’ il sentirsi per la prima volta, veramente
completi.
Adesso, solo in questo momento, io
sono davvero Tom Kaulitz.
Adesso sono totalmente me stesso.
Non penso potrò più farne a meno.
Non ti lascerò mai andar
via.
Ormai sei mio. E io sono tuo. Per
sempre.
“Bill…”sussurro pianissimo sulle sue
labbra.
E’ una frazione di
secondo.
Un battito di ciglia spazza via ogni
cosa con una forza mostruosa.
Tutto va a
puttane.
La porta si
spalanca.
“Non sono riuscito a trovare….”la
voce di Georg si affievolisce di colpo davanti la visione che gli si para
davanti.
Io e Bill ci giriamo trasalendo
verso di lui e ci allontaniamo di botto l’uno dall’altra.
Georg ci guarda con l’espressione di
chi ha visto un fantasma, un fantasma molto molto brutto.
E’ orripilato.
In mano stringe una delle mie
magliette.
Il silenzio è così assordante che mi
viene voglia di urlare per colmare questa mancanza di rumore che mi appare più
frastornante di qualsiasi suono, ma dalla mia bocca non esce alcun suono.
“Oddio…”sussurra Georg con un filo
di voce, continuando a fissarci. “Che cazzo succede qui?”
Io e Bill rimaniamo immobili come
statue di cera.
Georg apre la bocca e poi la
richiude, sempre più scioccato.
E, così all’improvviso come era
venuto, se ne va di corsa, sbattendosi la porta dietro.
Rimango a fissare il muro come un
idiota.
Da quella porta è appena entrata la
nostra fine.
Siamo fottuti.
Dannazione.
Perché proprio
adesso?
***
Ho la bocca secca e faccio fatica a
respirare e a riprendere il controllo del battito del mio cuore che martella
contro la mia cassa toracica; se continua così penso che mi schizzerà fuori dal
petto lasciandosi dietro una cupa scia di sangue.
Cerco di respirare profondamente per
evitare un altro attacco di panico come quello che avevo avuto a casa
nostra.
Sento Bill tremare accanto a
me.
Con uno sforzo enorme mi giro a
guardarlo: gli occhi fissano spalancati il vuoto, le mani sono aperte e
tremanti, le braccia rigide lungo i fianchi.
Cosa diavolo dovrei fare
ora?
Georg…Dove sarà andato? Starà dicendo a
Gustav quello che a visto? O a Saki? Dio, non riesco neppure a pensare quello
che potrebbe succedere se Saki venisse a sapere una cosa del
genere.
Mi sento come se avessi un blocco di
ghiaccio intrappolato dentro la gola.
Cosa. Diavolo. Dovrei. Fare.
Ora?!
Non riesco a pensare a niente di
concreto, me ne sto qui con la bocca spalancata e il terrore che circola nel
sangue.
Siamo stati scoperti. Non pensavo
potesse seriamente accadere.
Improvvisamente Bill si accascia a terra
di botto, cadendo sulle ginocchia.
Mi rianimo e mi avvicino immediatamente
a lui, che però non sembra neppure accorgersene, continua a fissare il
vuoto.
“Bill…”sussurro sfiorandogli una spalla
con mano malferma. Non risponde.
“Bill.”dico più forte, quasi stessi
parlando con un sordo; stringo più saldamente la presa sulla sua
spalla.
Se non mi risponde sono certo che i miei
nervi cederanno.
Lo scuoto
forte.
“GUARDAMI, MALEDIZIONE!”urlo alla fine,
non riuscendo a calmarmi. La mia voce esce roca e
tremante.
Come se si fosse accorto solo in quel
momento della mia presenza Bill gira la testa e mi guarda: ha ancora lo stesso
sguardo spaventato sul volto. Si prende la faccia tra le
mani.
“Bill, alzati, dobbiamo fare
qualcosa.”farnetico sputando una parola dopo l’altra, il caos che regna nella
mia testa.
“Cosa?”mormora
lui.
“Qualsiasi cosa, qualsiasi!”mi accuccio
vicino a lui, sempre stringendolo per una spalla: ho un fottuto bisogno di avere
un minimo di contatto fisico con lui in questo
momento.
Lui sussurra qualcosa che non riesco a
capire.
“Cos’hai
detto?”
“E’
finita.”
Il mio stomaco si ribella a quelle
parole e sussulta, facendomi quasi vomitare.
Non riesco a replicare, né a consolarlo.
Non riesco a fare assolutamente niente.
“E’
finita.”ripete.
Dovrei uscire e rincorrere Georg, fargli
giurare di non dire niente, di dimenticare tutto ciò che ha visto. Ma al solo
pensiero di dover leggere nei suoi occhi il puro disgusto rischio nuovamente di
vomitare.
“E’ finita.”sussurro quasi
involontariamente. E non appena mi rendo conto di quello che ho appena detto
capisco che è finita davvero.
***
Rimaniamo lì, a fissare il vuoto davanti
a noi, seduti sul pavimento.
Senza dire una
parola.
Senza scambiarci uno
sguardo.
Senza le forze necessarie per
sperare.
Soli.
Ma insieme.
Udiamo a malapena il bussare alla porta.
E’ Saki. Georg gli ha detto tutto? Vuole dirci che siamo due empie e oscene
creature che non meritano quel che hanno? E’ la fine per i Tokio Hotel? Ho paura
di quello che vedrò nei suoi occhi, così decido di puntare vigliaccamente i miei
sulle sue ginocchia che avanzano irrimediabilmente verso di noi; ogni suo passo
rimbomba nella mia testa in modo irreale. Sto perdendo il
senno?
Si ferma esattamente davanti a noi e ci
fissa con sguardo freddo, severo. Un brivido mi attraversa la schiena.
Poi
sorride.
“Bè? Che fate lì in raccoglimento?
Cos’è, un nuovo rito portafortuna?”Si ferma un momento, ma noi rimaniamo in
silenzio. “Forza disgraziati, altro che riti portafortuna, se tra dieci minuti
non salite sul palco vi spenno!”sorride di nuovo. “Dovreste vedere che folla
urlante di fans scatenate vi attende! Le
stenderete!”
Lo guardo e il suo sorriso mi sembra una
delle cose più frustranti che abbia mai visto in vita mia: non sa quello che è
appena accaduto in questa stanza, non sa che una condanna è appena piombata su
me e Bill. Semplicemente Saki non sa niente. Lo invidio.
“Forza ragazzi, andiamo. Vi vedo
piuttosto straniati, stasera…Che succede?”
Farfuglio quello che dovrebbe essere un
niente.
“Dai, dai, che tra poco vi passa tutto.
Non vi agitate così, sono solo poche persone stasera e non è presente neppure la
stampa. Perciò state tranquilli, potete sbizzarrirvi quanto
volete.”
***
Per tutto il tragitto che io e Bill
compiamo dal camerino fino al backstage del palco, mi sembra di essere sotto
l’effetto di un allucinogeno. Non vedo e non sento niente, solo rumori confusi e
ombre distorte. Mi sembra di essere sospeso in una dimensione sconosciuta dove
niente è reale, niente è definito. Regna solamente il
caos.
Qualcuno mi sbatte in mano la mia
chitarra, ma in questo momento mi sembra solamente un pezzo di legno freddo, non
vedo in lei nessuna salvezza, nessun conforto, non più l’amica fidata che è
sempre stata per me. Solo legno e metallo.
Bill è accanto a me, pallido come un
cencio.
Sembra svuotato da ogni sentimento, una
bambola di porcellana dall’aria malinconica.
Vorrei stringergli la mano ma non ne
sono in grado, mi lascio semplicemente trasportare da Saki dietro il backstage.
Si sentono i cori e le urla delle fans. Generalmente sentire il mio nome urlato
da migliaia di ragazzine mi ha sempre dato alla testa, caricato al massimo.
Stasera vorrei invece che qualcuno
spegnesse l’audio.
Voglio il silenzio.
Perché mi sento morto
dentro.
“Ci siamo. Tra tre minuti entrate, ok?
Sul palco è tutto predisposto come abbiamo deciso oggi.”ci grida Saki negli
orecchi, per sovrastare il rumore della folla.
Poi arrivano Georg e Gustav.
Dall’occhiata che Gustav ci lancia
capisco immediatamente che Georg deve avergli detto ogni cosa. E
dall’espressione che assume Bill deduco che anche lui lo ha
capito.
Sembrano tremendamente a disagio, come
se volessero essere in qualsiasi posto all’infuori che nei sessanta centimetri
quadrati in cui sono ora.
Bill comincia di nuovo a tremare. Le
urla della folla non riescono neppure minimante a penetrare il silenzio tedioso
che si è creato tra noi quattro.
“Cerchiamo di affrontare questo concerto
come meglio possiamo.”dice Georg piantando lo sguardo sul suo basso. “Di tutto
il resto ce ne occupiamo dopo.”
Una condanna a morte è appena uscita
dalla sua bocca.
Di tutto il resto ce ne occupiamo
dopo.
Nessuno dice niente, nessuno ne ha la
forza né il coraggio e i tre minuti che precedono l’entrata sul palco sembrano
espandersi, diventare infiniti, illimitati, una tortura
crudele.
Ho l’impressione di aver ingoiato un
serpente vivo, dentro di me tutto si annoda e si contorce, mi sembra di essere
estraneo al mio corpo, ad ogni sensazione. Mi sento come se stessi osservando
l’intera scena dall’alto e non dal corpo di Tom Kaulitz. Mi sento semplicemente
così male che non riesco a capacitarmene.
Saki ci raggiunge di
nuovo.
“E’ il momento! In bocca al lupo,
ragazzi!”mi dà una pacca sulle spalle.
Gustav entra sul palco senza augurarci
buona fortuna come fa di solito e così fa anche
Georg.
Il pubblico esplode in un boato che a me
appare come il terribile ruggito di un leone pronto a sbranarci pezzo dopo
pezzo, impietosamente, crudelmente, nel modo più sanguinario possibile. Non sono
sicuro di essere capace di affrontare una simile bestia. E lo stesso vale per
Bill.
Respiro profondamente e mi sale un
conato di vomito. Chiudo gli occhi e faccio un altro
respiro.
Concentrati Tom, concentrati, devi solo
fare quello che hai sempre fatto. Al resto ci pensi dopo…
Il mio tentativo di autoconvinzione non
sortisce alcun effetto ed entro sul palco come se fossi condotto al patibolo.
Non ho un briciolo di energia in corpo. Il concerto è l’ultimo dei miei pensieri
in questo momento.
La folla urla il mio
nome.
Tom Tom Tom
Tom Tom Tom Tom Tooooom
E’ come se centinaia di demoni stessero
reclamando la mia anima…Basta…Smettetela…
Cerco disperatamente Bill e lo vedo
impalato sulla soglia del backstage. Le luci fanno sembrare il suo volto ancora
più pallido e scavato.
Saki si avvicina e gli dà una piccola
spinta per incitarlo.
Bill incontra il mio sguardo, e una
piccola scarica mi percuote dolorosamente.
Coraggio,
tento di comunicargli.
Fa un passo verso il palco ma si
blocca.
E poi si gira e scappa
via.
Ogni cosa si cristallizza, tutto perde
consistenza e importanza, l’unica immagine che i miei occhi vedono è quella di
mio fratello che se ne va.
Lo vedo scappare dietro il backstage, i
capelli scossi dalla corsa, le collane e i braccialetti che tintinnano, l’intera
scena scorre davanti ai miei occhi come fosse al
rallentatore.
Vedere Bill correre via in quel momento
è come ricevere una pugnalata nel petto.
L’unico mio appiglio, l’unico sostegno,
se ne sta scappando via lontano da me.
Adesso sono totalmente
solo.
Mi sento soffocare.
Tento di respirare, per evitare un
attacco, ma stavolta non ce la faccio e crollo a terra, premendomi una mano sul
petto e annaspando.
Georg e Gustav corrono subito da me. Il
sipario si chiude sul palco, riducendo di un poco le grida allarmate delle fan.
Tutto si fa nero; chiudo gli occhi, mentre la terra sembra girare sotto ai miei
piedi.
Sento Gustav e Georg che mi dicono
qualcosa, ma non capisco nessuna delle loro parole.
Bill…
Bill…
Bill…
Dove sei
Bill?
Ha bisogno di me, non posso lasciarlo
solo. E’ pericoloso.
Non fare stronzate,
Bill.
Devo andare da lui, devo
farcela!
Lentamente il pavimento rallenta e torna
stabile sotto i miei piedi.
Cerco di fare un respiro profondo e
stavolta finalmente sento l’aria invadermi i
polmoni.
Respiro ancora, mentre Gustav mi
massaggia la schiena.
“Bravo Tom. Stai calmo.”mi dice, ma il
suo volto trasmette tutto tranne che tranquillità.
Mi giro e vedo Saki urlare ordini a
destra e a manca.
“Dov’è andato Bill?”chiedo non appena ho
accumulato abbastanza fiato per parlare.
“E’ corso via. Lo stanno cercando.”mi
risponde Georg, scrutandomi in viso. Non ho tempo di cercare di capire cosa
stiano pensando i miei due amici, adesso è solo Bill la mia
priorità.
Faccio degli altri respiri profondi,
raccolgo le energie e mi alzo, barcollando un po’.
“Andiamo in infermeria, è meglio se ti
fai dare un’occhiata. Penseranno loro a Bill.”dice Gustav prendendomi per un
braccio, pronto a trascinarmi via.
Ma io non voglio. Loro non posso
occuparsi di Bill. Solo io ne sono in grado.
Mi libero dalla stretta di Gustav e
corro via, infilandomi tra la miriade di operatori tecnici, assistenti, addetti
alla sicurezza che corrono di qua e di là come formiche, ciascuno occupato a
ricoprire il proprio ruolo, cercando Bill Kaulitz, il cantante che ha dato di
matto ed è scappato a gambe levate prima di salire sul palco, comportandosi da
ragazzino viziato e fuggendo lasciando tutti nella merda, chiamando i manager,
avvisando altra sicurezza… Corro e m’infilo veloce tra tutti gli altri corpi,
filando via, captando qualche acido commento nei confronti di mio fratello,
scansando ogni cosa.
Raggiungo il camerino di Bill, e lo
trovo invaso dai bodyguard; di Bill però neppure l’ombra. Corro di nuovo
via.
Dove sei Bill? Dove? Lasciati
raggiungere da me.
E in questo istante capisco dove è
andato Bill.
Me lo dice lui stesso, non so come, ma è
lui a guidarmi.
So dove è
Bill.
Esco di corsa dallo stadio, dall’uscita
di sicurezza laterale e mi fiondo letteralmente sul marciapiede, dove
parcheggiati ci sono i vari Taxi che attendono il personale che si occupa del
concerto, per portarli a casa. M’infilo nel primo che
trovo.
“Hotel Zenith, più veloce che può!”grido
in faccia al tassista che mi guarda, sconvolto da tanta
agitazione.
“Non ho capito…”mi dice il tassista.
Esplodo in un gemito di rabbia. “HOTEL
ZENITH! PRESTO!!”urlo.
Il tassista non fa altre domande e
s’immette velocemente sulla carreggiata.
Devo fare in fretta.
Bill aspettami, ti
prego.
Ti prego.
Ti prego.
Aspettami, ti
prego.
Continuo a ripetere queste parole dentro
di me per tutto il tragitto, cercando di comunicarle al mio
gemello.
Le hai sentite, Bill? Le hai sentite le
mie preghiere per te quella sera?
***
Scendo di corsa dal Taxi lasciando lo
sportello aperto e non pagando, mi fiondo dentro l’hotel e corro su per le
scale, corro più veloce che posso, con il respiro che sembra quasi inesistente.
Devo sbrigarmi, ogni secondo che passa è
vitale, lo so, lo sento.
Salgo le scale fino all’ultimo piano e
inciampo nell’ultimo gradino.
Mi rialzo con un gemito e corro da lui,
il cuore che martella nel mio petto.
Zimmer 483.
Fisso per un attimo quella
targhetta.
Non la dimenticherò
mai.
Di ottone, squadrata, con inciso Zimmer
483 in un’elegante calligrafia.
Zimmer 483.
Chi avrebbe mai detto che quella stanza
avrebbe assunto un significato così importante?
La porta è socchiusa, uno spicchio di
luce lunare colpisce i miei piedi.
La spalanco ed entro
dentro.
La stanza è esattamente nello stesso
stato in cui era stamattina, la stessa mattina che ora sembra lontana anni luce.
Mi sono davvero svegliato qui?
La finestra è aperta e il freddo e la
brezza entrano dalle imposte aperte, facendo svolazzare le tende
leggere.
E lì, dietro quelle tende, vedo
Bill.
Non faccio un fiato, non emetto un
suono, ma ogni cosa dentro di me si paralizza.
E’ in piedi, sul muretto della terrazza,
faccia a faccia con il vuoto. E la morte.
Lo raggiungo, lentamente, piano, in
silenzio.
Ma prima che riesca a trascinarlo giù
lui si gira verso di me.
Ci guardiamo, in
silenzio.
“E’ finita.”Le sue parole sono
accompagnate da una nuvoletta di vapore causata dal freddo. Non riesco a dire
niente, un nodo mi serra la gola. “Io non sono più all’altezza di questa
situazione, non ho abbastanza forza per continuare a vivere a questi ritmi.
Dobbiamo fare miliardi di cose e dobbiamo farle sempre con la massima
precisione, non possiamo mai sbagliare, dobbiamo sempre essere
perfetti”Tutto quello che non mi ha mai detto sta venendo fuori ed io
ascolto ogni parola con un’intensità tale che sembrano entrare direttamente
dentro di me, senza passare per le orecchie. “Oramai non riesco più a sentirmi
vivo, Tom. Mi sento solo…usato. Usato da persone a cui non importa niente
di me, a cui non interessa se sto bene o invece sto male. A loro interessa solo
che io sorrida. Ma io odio questo sorriso, Tom. E’ falso. Non è il mio.
Lo odio con tutto me stesso. Io…non so più chi sono… Sono davvero io
questo Bill? O è ciò che gli altri vogliono che io sia? Questa immagine è
davvero quella che vorrei dare di me? E’ diventato tutto così…difficile…E
l’unica…”inghiotte, mentre la sua voce trema un poco. “…l’unica cosa che riesce
a farmi sentire veramente me stesso, l’unica cosa che riesce a farmi sentire
vivo…sei tu Tom. Sei la mia unica salvezza. Ma…”inghiotte di nuovo e mi
fissa dritto negli occhi, trasmettendomi tutte le sue sensazioni. “…è una
salvezza che non potrà mai essere tale. Te ne rendi conto anche tu, vero? Questa
mia salvezza è solo un’altra via che ci porterà a distruggerci. Lentamente,
piano, ma in modo logorante e definitivo. Non c’è modo di scappare. Non c’è.
Nessuno ci accetterà mai. E io sono stufo di non poter essere me stesso, di
dover fingere di esser un Bill Kaultiz che non sono. Non ho la capacità di
vivere sentendomi solo un burattino che non può più riscattarsi, che non ha
alcuna salvezza di fronte a sé. Voglio essere libero, Tom.”posa il suo sguardo
su di me e mi stupisco di quanto adesso sia sereno e tranquillo, libero da tutto
ciò che l’avevo fatto soffrire.
Ora capisco. Capisco cosa c’era che non
andava in lui. Capisco tutti i suoi sbalzi di umore e tutti i suoi rabbuiamenti,
capisco perché si costringeva a vomitare. Bill non può essere felice se non può
essere se stesso, è sempre stato così, fin da piccolo ha dovuto affrontare
numerose critiche e numerose battaglie per riuscire ad essere sempre quello che
voleva essere, per camminare a testa alta orgoglioso di ciò che era. L’essere
diventati famosi ci ha imposto molte restrizioni, troppe per lui. E’ arrivato ad
un punto in cui non riesce più a riconoscersi, obbligato a seguire regole e
imposizioni che non gli permettono di essere veramente quello che è, incapace di
capire se la persona che gli restituisce lo sguardo ogni mattina nello specchio
sia veramente Bill Kaulitz. L’evoluzione del nostro insano rapporto ha
complicato ogni cosa, la situazione è ancora più difficile. Se solo avessi
capito prima quello che stava provando, forse la situazione sarebbe potuta
andare diversamente, forse insieme avremmo potuto trovare una soluzione, trovare
una via di fuga o un altro modo di guardare le cose. Forse sarei riuscito a non
farti sentire usato prima che questa sensazione penetrasse così profondamente
dentro di te. Avremmo scoperto che aspetto ha il vero Bill Kaulitz, ti avrei
aiutato a ritrovare te stesso…
Per tutto questo tempo io ero lì con te,
non te ne sei accorto? Perché non mi hai chiesto
aiuto?
Ora che finalmente capisco, ci sono.
Sono con te. Ma non ho la minima intenzione di lasciarti andare via.
La notte è scura, il cielo stellato, la
brezza fredda si insinua sotto i nostri vestiti, e la luce della luna si
riflette pallida sul volto di mio fratello, regalandogli un’aurea particolare,
rendendolo ancora più bello. Sembra un dio.
“Bill…”è l’unica cosa che riesco a
sussurrare, una preghiera non detta che arriva direttamente dal cuore. E gli
porgo la mia mano.
Ti prego, afferrala,
Bill.
Non puoi lasciarmi qui da
solo.
Non puoi
abbandonarmi.
Non puoi. Non puoi. Non puoi farmi
questo.
So che puoi capirmi,
Bill.
Non puoi lasciarmi, morirei senza di
te.
Mi sorride dolcemente e quando sento le
sue dita fredde chiudersi sopra le mia, un fiotto di calore e di sollievo mi
investe.
Non mi ha abbandonato, non mi lascerà
solo.
Saremo ancora
insieme.
Ha capito che lasciarmi solo sarebbe
stato come uccidermi.
Non mi lascerà solo,
no.
Stringo la sua mano e con una piccola
spinta salgo sul muretto, accanto a Bill.
Guardiamo entrambi il vuoto, poi Bill
guarda me. Mi sorride e io faccio altrettanto, stringendo ancora di più la sua
mano che adesso è calda.
Sento le lacrime affiorare e il nodo che
mi stringe la gola farsi soffocante.
In quel momento, Bill comincia a
cantare.
...Ich will da
nicht allein sein
lass uns
gemeinsam
In die Nacht
Irgendwann wird es Zeit sein
Lass uns gemeinsam
In die Nacht
Du bist
alles was ich
bin
und alles was durch meine Adern fließt...
La nostra canzone.
L’unico momento di pura unione che
abbiamo mai condiviso.
Quel giorno, a casa nostra, quando Bill
cantò sulla mia melodia, non riuscii a capire le parole che stava cantando.
Adesso, mentre le ascolto, le lacrime scendono calde sulle mie guance, bruciando
come lisciva pura.
La nostra
canzone.
Bill finisce di cantare e si volta verso
di me. Sta piangendo anche lui, ma trova la forza di sorridermi di nuovo tra le
lacrime. Un sorriso dolcissimo che racchiude tutto il suo
amore.
Singhiozzo.
Mi avvicino a lui e gli do un tiepido
bacio a fior di labbra.
Sei tutto quello che sono io, Bill. E tu
sei tutto ciò che io sono.
Entrambi l’abbiamo sempre
saputo.
Non possiamo dividerci.
Mai.
Saremo pazzi, saremo anormali, saremo
forse criminali, ma siamo certi di quello che proviamo.
Le nostre mani si cercano e stringono
ancora di più.
“Tom…grazie.”
Altre lacrime cadono dai miei occhi e
volano scintillando giù nel vuoto, frantumandosi al
suolo.
Reprimo un piccolo singhiozzo.“Senza di
te non ci sarebbe un me. Sono io che ti ringrazio.”
Ci guardiamo.
Non sarà questa l’ultima volta che lo
facciamo, ne sono sicuro. E anche Bill lo sa.
“Pronto?”sussurra, e la sua voce è così
dolce e calma che mi accarezza come un guanto di
velluto.
Annuisco.
Insieme, da questo momento per sempre,
facciamo un passo avanti, un passo che ci condurrà verso la libertà infinita. Da
questo momento in poi non dovremo più nasconderci. Saremo tutto quello che
vorremo essere.
Io e te.
Liberi.
Sai Bill, sono felice di aver compiuto
quel passo insieme a te.
Ma non c’è bisogno di dirtelo perché tu
lo sai già.
Ti amo.
Sai anche questo, lo
so.
Ma volevo
dirtelo.
Fine
Incredibile. Quasi non ci credo. L'ho pubblicata
tutta! Ce l'ho fatta!
Il finale è molto drammatico, lo so, ma è venuto
fuori di getto e non ho voluto pensare ad un atro finale. Non riuscivo proprio a
immaginare che uno dei due gemelli lasciasse solo l'altro. Non era possibile. Spero di non aver fatto errori durante l'arduo processo di trasposizione in HTML (quanto ODIO dover fare questa cosa!Ci metto sempre un'eternità e ho sempre paura che mi sparisca qualche pezzo di FF...).Non capisco perchè in questi due ultimi capitoli la scrittura è diversa dai precedenti...Probabilmente perchè li ho copiati da MicrosoftWord e non da WordPad...Pazienza!
Siiiigh...Ammetto che un pò sono triste...Però sono
anche molto felice...
Un MEGA GRAZIE a tutti coloro che hanno letto o recensito, grazie,
grazie davvero!
Grazie tantissimo a Yuma, JudeauVerdammtKinder
(Uuuh, incredibile, ce l'hai fatta a leggere fino alla fine senza
vomitare???^_^ Troppo bello il trucchetto per il tedesco...Lo userò anche
io!), Ginny002, MiticSammy, Ely91, MyLadyOfSorrow, GinevraMalfoy, Zoe92,
Meggie, DaisyPotter, Mary, Whity, MissZombie, BambolinaRossa, Auty91,
Dragon-Fly, DiruInside e a tutti coloro che hanno letto questa piccola
storia!
E naturalmente.....GRAZIE
TOKIO HOTEL!!!!!!!(e muovetevi a fare un concerto in
Italia, bitte!)
Bè...che altro dire?? Direi che ho rotto abbastanza,
no? Ciao a tutti, ci vediamo in giro, tra le varie recensioni e le varie
storie...^_^
Tschusssss.....^_^
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