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Autore: Walter_Larini    06/01/2013    0 recensioni
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Kalib si sveglia con l'urlo di un gabbiano nelle orecchie e la puzza di pesce nell'aria. I vestiti sono umidi e il naso e la gola pieni di catarro. Tira su col naso e sputa. Dormire all'aperto non è mai un bene, sopratutto se dormi sugli scogli.."
Kalib è un giovane immigrato libico. Non ha nulla se non che voglia di rifarsi una vita. Riuscirà a farsi strada in un Italia già problematica e poco aperta agli stranieri?
Si non è la solita storia dell'adolescente timido alle prese col primo amore, ma so fare anche quelle se volete, ditemi voi. Spero vi piaccia.
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La vita sulla barca impegnò Kalib. Percepiva uno stipendio adeguato alle sue esigenze tutti i mesi, e aveva fatto amicizia con Beppe, tanto da considerarlo il suo unico amico in quel Belpaese. La mattina Kalib lavava il ponte della nave con mocio e secchio, mentre Beppe fumava il sigaro e organizzava le reti per la pesca del pomeriggio. Pranzavano insieme sulla barca con pesce fresco, vino e formaggio. La domenica Beppe lo portava in rosticeria per festeggiare il guadagno della settimana. Prima però lo portava a messa.
-Ma tu di che religione sei? - chiedeva Beppe ogni volta.
Kalib intanto aveva imparato un po' meglio l'italiano, e riusciva a capire quasi tutto quello che gli si chiedeva.
-Io sono mussulmano Bepem, te l'ho sempre detto, anche settimana scorsa non ricordi?!
-Si ma non ho ancora capito se credi in Dio o meno!?
-Si che credo in Dio, solo che io lo chiamo Allah!Ora capisci?
-Quindi se credi in Dio puoi venire in chiesa con me, no?
-No!Non voglio entrare in chiesa con te, non è mia chiesa, non credo in tuo Dio.
-Ma non hai detto che credi in Dio?
-Si ma mio Dio!
-Ok non c'ho capito un cazzo come al solito, vatti a prendere da bere e comprami le sigarette. Ci vediamo dopo.
-Ciao Bepem, ti aspetto qui.
E questo era il rituale di ogni domenica mattina. So che può sembrare offensivo da parte di Beppe, ma non si era mai confrontato con qualcuno che non fosse cristiano, e trovava strano che qualcuno non potesse andare a messa. E comunque non smetteva di volere bene a Kalib.
Il bar dove andava a prendersi da bere Kalib era davanti alla chiesa, giusto il tempo di attraversare la strada. Si era fatto degli amici in quel bar, Kalib. Tutte persone semplici e senza pregiudizi, che vedevano solo l'onesto lavoratore e non l'immigrato clandestino. Aspettava li dentro, chiaccherando di cose comuni e di poca importanza, e divertendosi.
La sera pulivano la barca e cenavano insieme a casa di Beppe. Dopo un sigaro e qualche bicchiere, andavano a dormire presto, perchè la mattina si ricominciava.
Andava tutto bene per Kalib, era riuscito a racimolare abbastanza soldi da cercare una stanza in affitto poco lontano dal condominio di Beppe, cosi non era più obbligato a dormire in barca. Pensava che nel giro di qualche mese avrebbe potuto scrivere alla sua famiglia in Libia, e annunciargli che potevano raggiungerlo, che aveva un lavoro e presto si sarebbero potuti riabbracciare. Uno dei pochi immigrati che ce l'aveva fatta con le sue forze, senza dover mettere le mani in faccende illegali ne chiedere prestiti a persone poco raccomandabili. Si sentiva orgoglioso di se stesso, e pensava che anche suo figlio sarebbe stato orgoglioso di lui. Nel frattempo l'unica cosa che doveva fare era aspettare, lavorare e mettere da parte quanti più soldi potesse, senza cedere a tentazioni.
E le tentazioni c'erano, per Kalib.
Erik, il barbone che controllava la spiaggia, non era propriamente un barbone. In quella spiaggia, nascosto in un vecchio stabilimento balneare inutilizzato, aveva trovato il modo di produrre e spacciare cocaina, riusciendo a guadagnare talmente tanto da diventare uno dei maggiori boss della droga di Lampedusa e di tutta la Sicilia.
In quei giorni aveva acquistato un grosso carico di Pura proveniente dalla Grecia, ma l'affare rischiava di saltare dopo che il battello del suo contatto greco era stato ritirato dalla polizia in quanto sostava abusivamente in una baia. Erik stava per perdere una quantità esagerata di soldi, quando si ricordò del povero immigrato libanese che aveva cacciato dal suo territorio quella notte ormai lontana. Gli era giunta voce che ora bazzicasse con il vecchio Beppe, proprietario della Beddamadre, e che avesse le chiavi. Cosi decise di recuperare i rapporti con Kalib. Lo aspettò una domenica fuori dal bar, senza entrare, poichè non era ben visto da nessuno e non voleva attirare l'attenzione.
-Ehi, ehi tu, libanese.-
Kalib, che già puntava il bancone, si fermò e lo guardò confuso, poi ricordò chi fosse.
-Che cazzo vuoi da me ancora?Non ti è bastato rompermi le palle una volta?-
-Calmo calmo amico, siamo partiti col piede sbagliato, non volevo offenderti.- sfoderò il suo sorriso più falso -vengo in pace.-
Erik lo convinse a predere una birra insieme e parlare un minuto.
-Ecco, il punto è questo, so che ti servono soldi. Io posso fartene guadagnare tanti e in poco tempo, e riuscirai a rivedere la tua famiglia prima di quanto pensi.-
-Sai Erik, non sono sicuro, cosa dovrei fare per avere cosi tanti soldi cosi facile?-
Erik bevve un sorso. I tatuaggi che aveva sul collo si mossero col suo pomo di adamo quando deglutì. Il serpente con in bocca un pugnale sembrò venire in avanti, quasi per attaccare.
-Devi portarmi una cosa da un posto, e poi basta, finito, ti do i soldi.-
-Cosa?-
-Non te lo posso dire, mio caro.-
-Ok, e che posto?-
-Te lo dirò quando avrò la certezza che avrai accettato.-
Kalib sentì puzza di bruciato. Non sapeva cosa lo spingesse a rifiutare, ma Erik non gli era piaciuto fin dal primo istante, gli sembrava viscido, poco affidabile.
-Mi spiace Erik, ma non ho intenzione di accettare la tua offerta, non ho così tanto bisogno di soldi, e ora guadagno onestamente uno stipendio, posso aspettare. Alla fine, anche se avrò dovuto aspettare molto, mi sentirò un uomo migliore.-
Erik tirò sul col naso, finì la birra, e si alzò. Fissò Kalib negl'occhi, con aria arrabbiata e delusa. Kalib pensò che da un momento all'altro avrebbe anche potuto tirargli un pugno e si mise in guardi. Muscoli tesi. Ma Erik se ne andò, rovesciando la sedia.
In quel momento entrò Beppe:
-Chi cazzo era?-

   
 
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