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Autore: Jane41258    10/01/2013    6 recensioni
Distopia, ucronia.
La bomba atomica che esplode su Hiroshima nel 1945 uccide Rin Nohara e catapulta il tredicenne Obito Uchiha nel 2454: il Giappone non esiste più, inglobato nella Repubblica Nazionalcomunista Asiatica, nazione in cui la parola "libertà" è messa al bando e i cittadini sono ridotti a burattini compiacenti, senza cervello e senz'anima.
Obito viene salvato dal dottor Uchiha Madara, un medico sovversivo che convince il ragazzo ad aiutarlo nella sua causa.
Obito vuole salvare il mondo, ma più di tutto vuole salvare Rin per cui prova un amore immenso e ossessivo. Pianifica di tornare indietro nel 1941 e consegnare al governo giapponese informazioni complete sulla bomba atomica, affinché il Giappone sviluppi la bomba prima degli Stati Uniti, vinca la guerra e prevenga il disastro di Hiroshima.
Se il piano di Obito riuscisse la Germania Nazista e i suoi alleati vincerebbero la seconda guerra mondiale e conquisterebbero il mondo.
Fic partecipante al Matrioska Multicontest di Deidaradanna, 4° classificata su 6.
Vincitrice del Premio Trama e del Premio Filo di Pensieri [penso premi i temi e i modo in cui li si affronti]
ATTEZIONE, SPOILER!
Genere: Generale, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Akatsuki, Madara Uchiha, Obito Uchiha, Rin | Coppie: Obito/Rin
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Autore/autrice: Mente Libera

Sezione:Sezione 7 | on the road 

               Tema: il viaggio

               Avvertimento obbligatorio: AU

               bonus: e se viaggiassimo... nel tempo? Sì

Titolo:   Il salvatore del mondo

Tipologia: Mini longfic

Rating: arancione

Personaggi principali: Uchiha Obito, Uchiha Madara

Pairing: Obito/Rin, accenni lievissimi Obito/Deidara

Genere: Fantascienza, distopia,ucronia, romantico

Avvertimenti: SPOILERdal cap 599 in poi!AUaccenni di splatter, tematiche delicate.

 

Note dell’autrice:

 

Salve!

La seguente fanfiction ha partecipato al Matrioska Multicontest di Deidaradanna93 con il titolo 2454, che ho cambiato perché l’ho messo di fretta ed è repellente, preferisco “Il salvatore del mondo”.

Sia chiaro che è un titolo ironico, niente Gary Stu nelle mie storie.

Si è piazzata 4° classificata, non un granché come risultato LOL, ma ha vinto:

-Premio Trama

-Premio Filo di Pensieri (dovrebbe trattarsi di un premio ai temi e al modo in cui vengono affrontati)

Se v’interessa questo è il giudizio https://docs.google.com/document/d/1Ff6IiZ4M316zuu9SBU7umUTnD4X3av_2GX0gwN4RRA4/edit, ma riassumendo ho avuto volti altissimi su IC e originalità e voti a terra su stile e grammatica, la qual cosa mi stupisce ben poco avendo scritto al volo 25 pag. nell’arco di una giornata per poi inviare per errore la versione non corretta dal Prof. Word. Questa comunque è la versione corretta, quindi non ci troverete mostri.

Il mio stile è quello che è, non eccelso, ormai lo conoscete.

Ora passiamo alla storia stessa, che in fondo è ciò he a voi interessa:

la storia non ha schieramento politico o almeno non c’è alcun intento politico da parte mia. Le idee politiche che aleggiano nella storia appartengono interamente al protagonista Obito, che nella mia storia è un ragazzo giapponese nato il 1932 e che risente della società in cui è cresciuto.

Anche il linguaggio e lo stile sono filtrati da Obito, che è punto di vista assoluto.

Io narratrice ho combinato qualcosa che si chiama mimesi del narratore e si può dire che il narratore effettivo dia Obito stesso, anche se è in terza persona.

La mancanza di un narratore onnisciente rende oscuri alcuni punti che vi spiegherò qui nelle note:

-Il paesaggio da incubo che Obito vede dopo l’esplosione è la superficie terrestre nell’anno 2454 ed è reale.

- Mendel Neumann in realtà è il nostro Minato, l’ho fatto tedesco perché ci sta un amore

-Shiro vuol dire Bianco e Kuro vuol dire Nero.

-Yahiko e Konan vengono completamente eliminati a un certo punto dal Governo perché infrangono la legge con pensieri sovversivi.

-Madara è un immenso gnocco :Q_ Questo non si evince attraverso gli occhi di Obikun ma fidatevi che è così <3

 

Ringrazio Deidaradanna per aver indetto il contest e giudicato per bene, a voi auguro buona lettura.

 

Capitolo uno

Salto nel tempo

 

Il vento soffiava leggero il sei agosto 1945 e alle otto del mattino il sole era già alto nel cielo celeste e limpido come uno zaffiro chiaro.
Il mazzo di fiori che il ragazzo stringeva nella mano destra, dietro la sua schiena oscillava leggermente, silenziosamente.
“Sai, ” la ragazza si avvicinò un poco sorridendo “Kakashi-kun alla fine del mese deve andare a combattere, che ne dici di fargli una festa di arrivederci e dei regali?”
Obito serrò nervosamente la mano sui gambi dei fiori e si pentì di averli portati. Per una volta aveva creduto che lei volesse uscire con lui per un appuntamento o qualcosa del genere, era persino uscito da casa con la febbre e il mal di gola per comprare i fiori e vedere Rin, invece lei voleva solo parlare di Kakashi, come al solito.
Kakashi era così diverso da lui, pensò Obito, e piaceva tanto a Rin, era così bello e misterioso e forte, lui al confronto sembrava un aborto, Rin non l’avrebbe mai guardato.
“Cos’hai dietro la schiena?” chiese la ragazzina curiosa. Obito indietreggiò, a disagio.
“Niente” disse velocemente.
“Non me la dai a bere” ribatté lei sorridendo, gli afferrò una spalla e si sporse per guardare dietro la sua schiena.
“Dei fiori!” costatò lei esaltata, afferrò il mazzo e ne annusò il profumo.
“Sono bellissimi e hanno un profumo fantastico” valutò raggiante “Oh Obito-kun ti sei trovato la ragazza? Come si chiama? Com’è? Ce la presenti?”
Il ragazzo si rabbuiò un po’, Rin in amore era persino più ingenua di lui; però se una piccola parte di lui si arrabbiava quando Rin davanti all’evidenza continuava a non capire, tutto il resto, gran parte di lui, s’innamorava sempre di più davanti al candore e all’ingenuità della fanciulla.
“Non ho una ragazza” rispose, avrebbe voluto continuare “Sono per te, ti amo da sempre.” invece grattandosi una guancia concluse mentendo “Sono per mia madre.”
Lei lo guardò con una dolcezza indefinita. “Sei davvero…” mormorò senza sapere come continuare. Gli restituì cortesemente i fiori, sorrise intenerita, gli accarezzò una ciocca di capelli portandogliela dietro l’orecchio e lo guardò intensamente negli occhi per un paio di secondi, sorrise ancora e poi all’improvviso si arrabbiò, in un istante la dolcezza sul volto scomparve e fu rimpiazzata da un’espressione preoccupata e contrariata.
“Non stai bene” affermò scontenta, gli schiaffò una mano sulla fronte “Hai la febbre, perché ti sei azzardato a uscire da casa?”
Obito cercò di sdrammatizzare e al contempo atteggiarsi a duro:
“Ahah bastasse un po’ di febbricola a buttarmi giù!”
Rin non sembrò positivamente colpita.
“Hai detto pure Ahah bastasse questo a buttarmi giù quando hai voluto dormire per forza con un cuscino pieno di ghiaccio e ora ti sei ammalato” sottolineò lei avvicinandosi un poco.
“Sto benissimo, lo giuro” insistette lui gonfiando il petto come un pavone.
“Non fare il figo e non nascondere che stai male” lo ammonì lei, seria “Tanto ti tengo d’occhio e me ne accorgo”.
Il ragazzo le sorrise, amava quel lato di lei.
Veramente amava tutti i lati di lei.
Rin gli afferrò la mano, “Vieni, ti accompagno a casa” gli disse sospirando.
“Resti con me poi?” chiese lui facendo dondolare il braccio.
“Certo Obito-kun” rispose la fanciulla dolcemente, poi all’improvviso gli conficcò le unghia nella mano e si accovacciò a terra di colpo, tirando il ragazzo giù con lei.
Un fischio acutissimo e assordante fendette l’aria per un attimo, poi Obito non sentì più nulla, vide Rin spalancare la bocca e muovere freneticamente le labbra, la ragazza si aggrappò a lui cercando protezione e nello stesso tempo tentando di fargli scudo. Lui la abbracciò, mentre l’intero campo visivo diventava una sola luce abbagliante, poi sopraggiunse devastante l’oscurità dell’incoscienza.
Era buio, era tutto buio, un buio nero e opprimente squarciato solo da brevissimi lampi rossi.
Obito chiuse gli occhi e strizzandoli li riaprì, finalmente riusciva a vedere qualcosa. L’occhio destro continuava a fissare l’oscurità lampeggiante di rosso, l’occhio sinistro cominciò a distinguere delle forme nel buio. Un albero nero, altissimo, incombeva su di lui, senza foglie, né fiori: sembrava la materializzazione della morte.
Faceva freddo, tanto freddo.
Alzò lo sguardo al cielo e scorse quella che doveva essere la luna, non bianca e luminosa come ricordava che naturalmente fosse, ma opaca e scura, grigia quasi nera.
Attorno a lui era pieno di cadaveri talmente sfigurati che era difficile definirli umani; a quella vista il ragazzino urlò e scoppiò a piangere, poi lui stesso si sentì morire, soffocare.
Con il sapore del sangue in bocca, perse di nuovo i sensi.
Quando riaprì gli occhi vide tanta luce bianca e sentì distintamente un forte odore di alcool.
Sbatté un po’ la palpebra, guardandosi attorno.
Stranamente non gli faceva male nulla, si sentiva solo stordito e affamato.
Era in un ambiente strano, che non avrebbe mai immaginato di vedere se non in uno dei libri di fantascienza che piacevano tanto a quell’usuratonkachi di Kakashi. Le pareti e il soffitto erano azzurre e opache, avevano un’apparenza tra la gomma e il vetro, la monotonia dell’azzurro era spezzata da corone circolari di marmo bianco e verde in disposizione casuale e una serie di filamenti neri tesi e lisci collegavano il soffitto al letto dove giaceva. Obito guardo se stesso, sconvolto e si accorse che non indossava i suoi vestiti ma una tuta stretta di una stoffa simile a un velluto grigiastro che gli avvolgeva tutto il corpo, compresa la testa. Solo la metà destra del volto era scoperta, ma la bocca e il naso erano invasi da grossi tubi trasparenti e l’occhio libero era minacciato da un filamento nero che penzolava liberamente a pochi centimetri dalla sua cornea.
“Wowu”
Cercò di parlare, ma il tubo in bocca lo ostacolava “O’è newuno?”
Il cerchio sul pavimento si accese di una luce rosea, Obito fece ruotare il bulbo osculare e la guardò incuriosito. Un istante dopo ci fu una piccola esplosione di luce che accecò momentaneamente il ragazzo e quando ebbe recuperato la vista si trovò a fissare un uomo alto e ben piazzato con una lunga e folta chioma di capelli neri.
Era vestito in maniera troppo informale per essere un medico, indossava un pantalone nero aderente in un tessuto dall’aspetto pseudo metallico e una maglia a maniche lunghe dello stesso materiale, di colore bianco. Il ragazzo notò con una punta di sorpresa che le maniche della maglia gli coprivano anche le mani, adattandosi alle dita come guanti.
L’uomo si avvicinò e a Obito parve che più si avvicinava, più sembrava imponente.
“Salute a te, giovanotto”
Parlava con un fortissimo accento straniero, tra il cinese e il russo.
“Sono morto?” chiese il ragazzo d’impulso.
“No, sei stato scagliato qui da un punto ignoto dello spazio-tempo. Quali sono le tue coordinate di partenza, giovanotto?” chiese l’uomo, sedendosi.
Obito notò che non che non c’erano sedie, ma non fece nemmeno in tempo ad avvisare l’incauto uomo che il pavimento mutò e una porzione si elevò plasticamente in modo da formare un comodo e informe seggio.
L’uomo riformulò la domanda.
“Da dove vieni?”
“Da Hiroshima, signore” rispose Obito.
Rin.
Il pensiero di Rin lo travolse come una devastante onda d’urto. Fu preso da un’improvvisa smania di vederla, smania venata dal sottile terrore che lei non fosse lì.
Ansioso, si premurò subito di chiedere di lei.
“Con me c’era anche una ragazza, dodici anni, undici mesi e otto giorni, castana e occhi marrone. È bellissima, indossa…”
“Non c’era alcuna ragazza.” lo stroncò l’uomo “Ti abbiamo trovato da solo in superficie privo di sensi, ti abbiamo salvato per miracolo, il tuo corpo aveva superato di molto la soglia della radioattività tollerata.”
Obito deglutì, gli mancò il respiro e l’occhio scoperto si riempì di lacrime. Un pensiero drammatico aleggiò sul limite della sua coscienza, ma non poteva accettarlo.
“Lei… lei dov-dove potrebbe essere?”
L’uomo ignorò la sua domanda e gliene pose una a sua volta.
“Qual è il tuo anno di partenza?”
“Eh?”
L’uomo sospirò e provò con un'altra domanda.
“Cosa stavi facendo prima di venire qua?”
“Io… stavo parlando con Rin, eravamo nel parco vicino al porto ed io… lei…”
Obito si fermò e ingoiò le lacrime.
“Poi sentimmo un fischio, poi il silenzio una luce abbagliante e poi mi sono ritrovato in un posto buio e freddo con tanti morti… oddio… e poi…”
L’uomo con i capelli lunghi accavallò le gambe.
“Che anno?”
“Eh?”
“Che anno era?”
Il ragazzo sospirò seccato nel tubo di gomma “È il 1945”
“La bomba atomica di Hiroshima, seconda guerra mondiale suppongo”
Obito socchiuse l’occhio perplesso, senza capire.
“Il 6 agosto 1945 l’aeronautica militare degli Stati Uniti sganciò su Hiroshima un ordigno atomico chiamato Little Boy, provocando la distruzione di gran parte della città e almeno centomila vittime dirette” raccontò l’uomo.
“Rin è… io…” balbettò il ragazzino.
“Manipolare la materia nelle sue componenti base può provocare conseguenze insolite. Nel ventesimo secolo non ne eravate ancora consapevoli, ma giocare in quel modo con gli atomi può provocare spaccature nello spazio tempo. La possibilità che un essere umano venga trasportato interamente, illeso in un altro punto dello spazio-tempo durante un’esplosione nucleare disordinata è dell’ordine di un milionesimo. Le statistiche indicano che solitamente queste spaccature sono dell’ordine di 10-35esimo di millimetro e non viene trasportato nulla, nel 1-2% dei casi si ha il trasporto di parti del corpo, nello 0.001% del corpo senza vita del soggetto coinvolto. Non era mai capitato che qualcuno sopravvivesse a un trasporto durante un’esplosione nucleare incontrollata.”
L’uomo terminò la spiegazione con una sfumatura nella voce decisamente affascinata.
“Sono nel futuro?”
“Siamo nell’anno 2454, ragazzo” rispose l’uomo.
Obito spalancò l’occhio, sconvolto e stregato a un tempo da quella rivelazione, poi in un istante recuperò le sue priorità.
“Devo tornare indietro” affermò subito “Devo salvare Rin… e” spalancò l’occhio ancora di più “Kakashi. Kakashi si trovava in città. Si potrebbe provare a ricreare tutto?”
L’uomo lo fissò con uno sguardo indulgente.
“Temo di no”
“NO!” Obito iniziò ad agitarsi nella tuta, divincolò le gambe e morse il tubo di plastica, ringhiò e urlò come una bestia ferita “IO SONO SOPRAVVISSUTO! DEVO SALVARE… RIN! KAKASHI! RIN!”
“È ora di porre termine a quest’incontro, mi dispiace averti fatto agitare. Tornerò.”
L’uomo raggiunse il punto in cui era apparso e scomparve in un lampo candido.
Obito si sentì all’improvviso molto stanco e chiuse gli occhi.
“Rin” sospirò prima di riaddormentarsi ancora.
****************
“Chissà come si chiama, che ne dici se glielo chiediamo, eh eh?”
“Taci”
“Assomiglia a Madara-sama, non trovi Kuro-kun?”
“Con tutte queste chiacchiere lo sveglierai”
“Certo che è stato proprio fortunato, eh?”
“Fossi nei suoi panni, avrei preferito essere morto”
“Ma secondo te potrebbe riiniziare una seconda vita qui? Insomma mi piacerebbe che si ambientasse, mi fa tanta pena povero ragazzo”
“Non ti ci affezionare troppo, probabilmente verrà fatto fuori. Figurati non è nemmeno educato…”
Obito spalancò gli occhi, sconvolto.
“Perché volete uccidermi?” chiese quasi urlando.
“Non vogliamo ucciderti” rispose uno di loro.
Obito si girò a guardarlo e quasi rimase senza fiato. Le due figure che conversavano erano antropomorfe ma erano ben lontane dall’essere umane. Quello che aveva tentato di rassicurarlo aveva la pelle bianchissima come il latte, aveva i capelli e gli occhi verde acido e non indossava alcun indumento. Senza volerlo, il ragazzo cercò i genitali ma la strana figura sembrava non averne.
L’altro era identico al primo, soltanto che aveva la pelle nera come la pece e gli occhi erano gialli e tondi.
“Cosa siete?” chiese spontaneamente il ragazzo, spaventato e curioso contemporaneamente.
“Siamo androidi” rispose quello bianco “Siamo intelligenti e forti, proviamo emozioni ma non mangiamo e non facciamo la cacca”
“Tappati la bocca” lo zittì l’altro.
“Androidi… nel senso robot?” domandò Obito.
Quei tipi non assomigliavano per nulla a dei robot e il ragazzo si premurò di dirlo ad alta voce.
“L’umanità ha fatto dei passi avanti rispetto agli ammassi di ferraglia che definivate robot” rispose il bianco, sembrava quasi risentito “Noi siamo come gli umani, solo più perfetti. Lo sai che parli nel sonno, bambino? Ripetevi continuamente “Kakashi-usuratonkachi” e “Rinrinrinrin”, sono i tuoi genitori?”
L’Androide nero parlò al vuoto davanti a sé. “Madara-sama, il soggetto Little Boy si è svegliato, i suoi parametri vitali sono perfetti e sembra essere lucido”
“Con chi sta parlando?” chiese il ragazzino disteso nel letto.
La risposta apparve in un fascio roseo, con un esplosione bianca.
“Wow”
“Avrai modo di stupirti di molto altro, ragazzo” rispose l’uomo con un vago sogghigno.
“Sei Madara-sama? Come ha fatto l’Uomo Nero a parlare con te?”
“Comunicazione a distanza, ragazzo” spiegò brevemente Madara, non aveva voglia di perdersi in dettagli tecnici con un ragazzo proveniente dal Paleolitico “Io sono il dottor Uchiha Madara”
“Uch-Uchiha…”
Obito annaspò, sembrava soffocare con la sua stessa saliva.
Madara lo ignorò, estrasse un cilindro di plastica verde e lo poggiò sulla gola del ragazzo. Questi sentì un leggero bruciore, il dottore dopo un istante ritirò il cilindro e lo porse all’androide bianco.
Sembrò un attimo incantarsi, fissando il vuoto, poi sentenziò: “Sei in perfetta salute e la tua chimica celebrale è buona.”
Il ragazzo annuì mentre pensava che la priorità fosse Rin, concentrando tutto se stesso su di lei tanto che non si rese nemmeno conto di cosa accadde.
“Uccidilo” ordinò Uchiha Madara rivolto all’androide bianco. Obito, ancora assicurato al suo letto, agitò le gambe e sbiancò, ingoiando saliva più amara del fiele. L’Uomo Bianco cammino verso il letto del ragazzo con un’espressione indifferente, forse vagamente sorridente, e ficcò due dita nella gola del Nero, che spalancò gli occhi. In un instante le sue pupille divennero bianche e il suo corpo crollò a terra in maniera sgraziata, piegandosi su se stesso come un sacco di spazzatura.
“Shiro, reset” borbottò il dottore con noncuranza, poi Obito sentì i vincoli ritirarsi lasciandolo libero con un suono molto simile a un soffio.
Saltò subito giù dal letto mettendosi in piedi. Sentiva la parte destra del corpo un po’ strana, come se fosse addormentata. Piegò e distese la gamba, ma la sensazione non scomparve.
“Abbiamo dovuto sostituirti la gamba, il braccio, parte del viso e il fianco destro, erano danneggiati” spiegò Madara indifferente “Seguimi, giovane Uchiha. Tu, Shiro, elimina e sostituisci Kuro, poi reset”
Obito fece un passo avanti, immediatamente si rese conto di aver assistito a qualcosa di illegale.
“No che non ti seguo Madara Uchiha” ribatté aggrappandosi al bordo metallico del letto “La situazione non mi piace!”
“Ti fidi di me o muori.” Madara glielo disse a un palmo della faccia, facendolo tremare “Inoltre è l’unica speranza per salvare la ragazza di cui mi hai parlato.”
“Non mi fido di te, hai ucciso il robot!” rispose Obito impaurito, aggrottò le sopracciglia e storse la bocca in una smorfia infantile di rifiuto.
“A comportamenti da selvaggi si risponde da selvaggi”.
Madara estrasse una bomboletta nera e lucida da una tasca sul petto e vaporizzò una nuvola gassosa sul viso del ragazzo perse i sensi per l’ennesima volta, accasciandosi sgraziatamente al suolo, con la smorfia di diffidenza ancora dipinta sul suo volto.
Obito si risvegliò di nuovo in un letto che non era il suo, quel suo continuare a perdere i sensi e risvegliarsi in letti estranei stava diventando irritante.
Stavolta il suo giaciglio assomigliava a una bara bianca e lucida, su una base morbida di un materiale simile a gomma. Non era legato in alcun modo, così si mise seduto. Non era più in un ospedale, o almeno credeva di non esserlo più: quell’ambiente era così strano che metteva in dubbio le sue certezze di base.
Il pavimento sembrava della stessa sostanza di plastica vitrea che aveva visto nell’ospedale, solo che era più nera della pece. Era una stanza immensa e spoglia, con pareti verde smeraldo e quei cerchi di marmo erano piazzati dappertutto. L’arredamento era essenziale, un enorme parallelepipedo nero e altissimo era piazzato nell’angolo di una stanza ed era affiancato da un altro parallelepipedo di circa un metro di altezza, ma lungo quattro metri e profondo due.
Alla parete opposta era addossata una lunga scrivania sulla quale erano poggiati una tavoletta sottilissima lucida e quelli che sembravano un paio di occhiali arancioni da sub. Ammassi morbidi e compatti di materia indefinita erano sparsi a caso per la stanza.
Sul soffitto era incassato uno schermo enorme, almeno quattro metri per cinque, come se fosse un cinema; una finestra occupava quasi l’intera parete.
Obito si avvicinò alla finestra per cercare di guardare fuori e quello che lo vide lo lasciò senza fiato. C’erano palazzi altissimi avvolti da giardini pensili verdissimi e rigogliosi, la strada era appena visibile e la gente sembrava un mucchio di formiche. Strani cilindri di metallo sfrecciavano nell’aria come uccelli e diverse scritte che Obito non capiva erano proiettate in cielo.
Il ragazzo toccò il vetro della finestra, non sembravano esserci shoji o elementi del genere, era solo una nuda lastra di vetro che lo separava dal mondo esterno.
“Impossibile stabilire una connessione, specificare vocalmente il paesaggio che si desidera vedere o procedere con lo strumento di diagnostica”
“Chi è? Chi c’è?”
Obito si guardò intorno, ma non vide nessuno. Con lui forse c’era una donna invisibile? Sì, era stata una donna a parlare, una fredda voce dall’accento straniero.
“Vieni fuori!”
“È l’intelligenza artificiale della dimora di Uchiha Madara a parlare, lei si qualifichi.”
La donna parlò ancora. Obito pensò per un attimo e gli venne il folle pensiero che la stanza parlasse come fosse una persona.
“Ha tre secondi per qualificarsi, altrimenti verrà attivato il protocollo di difesa contro intrusi indesiderati. Ha due secondi per qualificarsi altrimenti verrà attivato il protocollo di difesa contro intrusi indesiderati. Ha un…”
“Basta, Li-chan, il ragazzo è un mio amico.”
Obito si voltò e non fu per niente sorpreso di trovarsi Madara alle spalle, apparso dal nulla.
Ormai aveva capito che in quell’epoca la gente poteva apparire e scomparire a piacimento, un po’ come i demoni del folklore della propria terra.
“Chi era quella donna?”
“Quella donna è il sovrano assoluto della Repubblica Nazionalcomunista Asiatica, o almeno la sua voce lo è. Sì, in realtà hai intuito bene, è la casa a parlare, è dotata di un’intelligenza artificiale e quindi sa parlare e ascoltare. Mi diverte particolarmente avere la voce di quella meretrice a mio servizio” spiegò Madara.
“La casa parla?” bisbigliò Obito spalancando la bocca al massimo poi iniziò a tremare, incapace di controllarsi: “Siamo sotto i comunisti?”
“Sì, giovane Uchiha”.
L’uomo si stravaccò su uno degli ammassi di materia informe.
“In effetti dovrebbe telecomunicare direttamente con il chip integrato nel cervello, ma tu non sei nato qui e non ti è stato impiantato nulla, per questo ti ho scelto”
“Per fare cosa? No, aspetta, prima di tutto devo salvare Rin…” rispose il ragazzo. Improvvisamente sentì una profonda nostalgia di lei e del proprio paese, del cielo, delle case di cemento, della voce della ragazza che amava e del suo tocco gentile. Lì nessuno era gentile con lui.
“Vedremo anche di salvare questa Rin ma, ragazzo, ti rendi conto che è morta da centinaia di anni?”
“No, non è morta, io non lo accetterò mai! Posso salvarla io, io sono vivo!”
Il ragazzo non si era accorto di aver urlato ma non si scusò, anzi guardò Madara negli occhi, sfidandolo, e l’uomo ghignò divertito.
“Siediti, giovane Uchiha; hai sete, hai fame forse?”
“Uhm non lo so, forse sì…” rispose il giovane sentendosi a disagio improvvisamente. Quell’uomo gli metteva i brividi: averlo visto ordinare un omicidio a sangue freddo lo inquietava molto profondamente.
“Zetsu!”
Un uomo bianco come il latte, identico all’androide nell’ospedale, apparve davanti a loro.
“Nutri l’ospite.”
L’uomo annuì sorridendo, si diresse verso il parallelepipedo alto, toccò diversi punto sulla facciata e una piccola serranda si aprì all’altezza di un metro e mezzo.
Il Bianco prese una bottiglia d’acqua di vetro e una specie di biscotto rosso come il sangue, dopodiché li porse a Obito con un sorriso mellifluo e falsissimo.
“Non sarà mica avvelenato?”
Madara sospirò, trattenendo un’esclamazione impaziente, si alzò e sfilò velocemente la bottiglia e il biscotto dalla mani del ragazzo. Addentò il biscotto e bevve due sorsi d’acqua.
“Soddisfatto?”
“Sì…” rispose il ragazzo annuendo, vergognandosi un poco.
Incollò le labbra alla bocca della bottiglia e, fregandosene dell’etichetta e dell’igiene, ingurgitò mezzo litro d’acqua poi ficcò il biscotto il bocca senza esitare.
“Questo perché non avevi fame.”
Obito non lo ascoltò, il sapore del biscotto lo aveva terribilmente stregato. Era ciò che di più buono potesse esserci al mondo, una miscela perfetta di ogni sapore, inoltre si sentì immediatamente ristorato come se avesse mangiato tre piatti stracolmi di tempura di pesce.
“Grazie mille!” Esalò il ragazzo sorridendo, poi abbassò un po’ a testa e aggiunse contrito “Anche per avermi salvato la vita.”
“Vedo che te ne sei accorto.”
Obito si sedette su uno degli ammassi informi: erano più comodi di quello che si aspettava, si adattarono perfettamente alla forma del suo corpo; guardò Madara che lo teneva d’occhio con un’espressione paziente e infine guardò fuori dalla finestra… o quello che era.
“Quella non è una finestra vero?”
“No, infatti. Quello è uno schermo che serve per illuminare l’ambiente e nel frattempo mostra un paesaggio a scelta dell’ospite della stanza. Ti faccio vedere: Li-chan mostrami un paesaggio subacqueo con barriera corallina e fauna tropicale”
“Sì, padrone”, rispose la casa, quasi assumendo un tono languido, e con un brevissimo lampo il paesaggio cambiò.
“Wow!” Obito si alzò e corse alla finta finestra, premendo le mani sul vetro: era un paesaggio meraviglioso, l’acqua limpida e celeste era attraversata da tanti pesci coloratissimi, uno squalo puntò a tutta velocità il vetro e il ragazzo urlò indietreggiando, ma la bestia virò all’improvviso sfilando con la pancia rivolta verso il vetro.
“Wow…” ripeté il ragazzo abbassando la voce, con il respiro pesante.
“È un’illusione.” Puntualizzò Madara.
“È una bella illusione”, lo corresse il più giovane, ancora guardando rapito lo schermo. Non sapeva se era più affascinato dal paesaggio o dalla resa tanto realistica creata in quel vetro.
“Ti devo parlare di una cosa importante, ragazzo. Mettiti seduto.”
Obito non gradì il tono di comando, ma era troppo curioso, così decise di fare il bravo per una volta e tornò a sedersi al posto che aveva scelto precedentemente.
“Lascia che ti parli di questo mondo,” iniziò Madara “anzi, non ne ho voglia, lo farò fare a Zetsu. Zetsu! Vieni a spiegare la situazione geopolitica attuale al nostro ospite, affinché capisca l’importanza del suo aiuto.”
L’androide bianco si avvicinò e iniziò a parlare con voce stentorea, così diversa dal tono gioviale che Obito gli aveva sentito usare fino a quel momento. Sembrava stesse leggendo un libro invisibile.
“La superficie di questo mondo è diventata inabitabile durante la quarta mondiale che vide l’uso massiccio di armi atomiche, come quella che ha ucciso questa Rin di cui chiesto con una fastidiosa insistenza. Lo sapevamo quali conseguenze ci sarebbero state ma abbiamo deciso di ricorrervi lo stesso, perché entrambe le coalizioni in guerra avevano già profondi insediamenti sotterranei. Noi siamo circa duecento metri sottoterra, come tutti gli esseri umani che ancora vivono in questo mondo e viviamo come topi. Il pianeta è ormai diviso in due grandi nazioni, la Repubblica Nazionalcomunista asiatica, in cui sono incluse l’intera Asia più la vecchia Unione Sovietica, l’Antartide e l’ex America del Sud; l’altra grande nazione sono gli Stati Uniti d’Occidente che includono America settentrionale, la maggior parte dell’ex Europa, ex Israele e Turchia, quello che resta dell’Africa e l’intera Oceania. Le due nazioni ancora sono in guerra e, se ormai la superficie è inabitabile, la guerra si continua qui sotto. Le armi convenzionali non sono più utilizzabili ma la guerra non è meno cruenta. È operata, da entrambi i lati, tramite androidi simili in tutto e per tutto a esseri umani di razza nemica; essi vengono teletrasportati nel territorio nemico e una volta lì si dirigono verso punti di massimo interesse politico o di massima densità di popolazione e causano epidemie o esplosioni atomiche. Gli Stati Uniti d’Occidente sono devastati dalla povertà, ogni cinque secondi muore una persona di fame o di sete, la legge è debole e ha un tasso di fallimento del 63%; malattie, anarchia, corruzione sono penetrate fino ai piani più alti, il loro presidente, eletto in maniera formalmente democratica, in realtà è un burattino del più ricco colosso bancario degli Stati Uniti d’Occidente, le HSBC Holdings.
Nella Repubblica Nazionalcomunista c’è legge e ordine. Lo stato vigila come un genitore sui suoi cittadini e il benessere è alla portata di ogni cittadino. A ogni cittadino è assegnato un lavoro alla nascita, un lavoro che se il cittadino vorrà potrà cambiare con un altro lavoro. Per il bene della comunità è permesso un solo cambio, comunque nessuno sfrutta questa possibilità perché lo Stato decide sempre in maniera più appropriata. Percepiscono tutti lo stesso compenso, hanno tutti la stessa casa assegnata dallo Stato, tutti i cittadini sono uguali per la legge. Non ci sono forti o deboli, ci sono solo cittadini che per il proprio e altrui bene devono rispettare le regole imposte dallo stato. Il sistema di regole si è rivelato un successo al cento per cento, è dal 2292 che nessuna regola è infranta. Non esistono pene perché le regole non vengono infrante.
La Nazione è Dio nello stato Nazionalcomunista, si vive e si serve la Nazione. Non si muore per la Nazione perché la Nazione non reca danno a nessuno dei suoi figli. La Nazione presto dominerà l’intero pianeta portando legge e benessere in ogni continente. L’imparzialità del potere a governo della Nazione è assicurata da Li Hu, garante assoluto. Li Hu è una donna privata dei circuiti celebrali che spingono l’uomo verso i suoi interessi personali e la menzogna ed è integrata con circuiti sintetici e sicuri al cento per cento.
Lo Stato nazionalcomunista devolve il sette per cento del suo prodotto interno lordo alla ricerca scientifica. Nel 2220 tutti i cittadini sono stati dotati di un chip integrato nella corteccia celebrale, chiamato Angelo Custode, che permette comunicazione senza fili con ogni computer della nazione, androide o con ogni altra persona dotata di Angelo Custode; l’Angelo Custode inoltre permette al cittadino accesso completo all’enciclopedia universale della Repubblica e comunica al database centrale della Repubblica posizione e mosse del cittadino, in modo da intervenire tempestivamente nel caso in cui il cittadino si trovi in pericolo e/o difficoltà…”
Obito non era il tipo di ragazzo che stava ad ascoltare un lungo e noioso discorso del genere, era il tipo che si distraeva, che trovava sempre meglio da fare o da pensare e questo qualcosa di meglio era solitamente Rin.
Quella volta invece era stato attento per tutto il tempo, atterrito da quel discorso che avverava tutte le sue peggiori paure: Stalin aveva vinto e conquistato mezzo mondo imponendo una dittatura sul Giappone.
“La Repubblica Nazionalcomunista Asiatica investe anche nello sviluppo di nuove tecnologie. Se il mondo è rimasto scioccato nel 2405 davanti alle navette atomiche in grado di viaggiare nel tempo, morirà d’asfissia per lo stupore davanti al progetto Byakugan: il centro di Ricerca Libera di Nuova Pechino sta studiando un modo per riprendere in video la dimensione temporale come si fa da secoli con le tre spaziali. Se il progetto va in porto avremmo una telecamera puntata sul futuro e...”
“Basta Zetsu, questa propaganda mi sta irritando a morte, puoi andare.”
“Si Maddy-kun” rispose l’androide con un sorriso folle, poi andandosene fece un occhiolino a Obito “Madara è un bravo ragazzo” e scomparve come tutti sembravano saper fare in quell’epoca.
“Siete nei guai…” intuì subito il ragazzo schiaffandosi una mano sul volto.
Madara annuì, serio, ma il suo guardo s’accese, forse di sollievo, forse di speranza.
“Hai detto bene. Quello che ha detto Shiro Zetsu è vero, c’è benessere per ognuno in questa Repubblica ma abbiamo dimenticato cosa vuol dire “libertà”. Lo Stato l’ha messa al bando la parola “libertà”, perché dicono che sia un alibi per fare i propri comodi calpestando i più deboli. Nessuno infrange più una regola da più di centocinquant’anni, non c’è più nemmeno la volontà di infrangere le regole, è diventato un tabù culturale. Tuttavia ogni tanto qualche pazzo c’è, qualche folle su un milione… e l’esistenza di quell’individuo viene semplicemente cancellata. Quando qualcuno concepisce un figlio deve fan analizzare l’embrione da Centro Medico di Stato di Mosca, per controllare che sia sano e accettabile. Quando qualcuno infrange delle regole il Servizio di Ordine Pubblico manda un agente indietro nel tempo a ordinare di negare l’autorizzazione per quell’embrione.
Persino suicidarsi è vietato.
È vietato pensare qualsiasi cosa che vada contro la Nazione, perché la Nazione viene prima di tutto. È vietato non far installare l’Angelo Custode su ogni figlio della Nazione, è vietato attingere informazione da qualsiasi altra fonte che non sia l’enciclopedia universale della Repubblica, è stato detto a tutti che il Giappone è una regione della Cina da cinquemila anni e che il giapponese è un dialetto cinese e tutti noi abbiamo dovuto crederci. È vietato non solo enunciare qualsiasi indizio che indichi che il Giappone era uno stato indipendente prima del 2150, anche venirne a conoscenza. Basta sapere per essere cancellati dalla faccia della Terra. La nostra cultura è stata distrutta, sostituita dalla Nazione Asiatica, che non è in realtà è un’unione volontaria tra Cina ed ex Unione Sovietica… il resto degli stati sono stati assoggettati con la forza. Attualmente il Giappone o meglio regione insulare cinese, è governato da un clan fantoccio, i Senju.
Non ne vogliono sapere di porre fine alla guerra, anche se ci sono migliaia di morti al giorno da entrambe le fazioni. Obito-kun tu sei il nostro salvatore.”
Obito annuì, rapito, chiuse gli occhi e si spinse le dita sulle tempie. Troppe informazioni in troppo poco tempo avevano invaso la sua mente e lui aveva capito tutto quello che aveva detto Madara, o meglio quasi tutto… parecchie parole non sapeva nemmeno cosa significavano.
Insomma aveva capito che erano in guai seri, ma non ne aveva preso piena consapevolezza di nessuna parola che aveva sentito.
Poi c’era Rin che continuava a sbucare nella sua testa nei momenti più inaspettati mozzandogli il fiato con la rimembranza del suo sorriso. Si sentì caricato di troppe responsabilità e c’erano troppe cose che non sapeva, annaspò: voleva sinceramente aiutare Madara, gli era grato, ma non voleva dimenticarsi di Rin.
“Perché...”
Non sapeva da dove iniziare a chiedere, troppe domande gli affollavano la testa e lui non era mai stato un genio. Era Kakashi quello intelligente del gruppo, chissà se Kakashi si era salvato o meno.
Kakashi era un arrogante e uno stronzo che spezzava continuamente il cuore di Rin, ma in quel momento avrebbe voluto averlo con sé a dargli un supporto intellettuale. E avrebbe voluto anche stringere la mano di Rin, tanto che si sentì prudere il palmo destro.
Cercò di riportare la testa al presente -no, non al presente, al futuro, il suo presente erano Rin e Kakashi - e chiese la prima cosa che gli venne in mente.
“Perché tu puoi infrangere le regole? Immagino che tu avresti dovuto uccidermi”
“Sei più intelligente di quello che credi, giovane Uchiha” gli rispose Madara con un sorrisetto “Qualcuno mi ha modificato l’Angelo Custode in maniera da interfacciarmi con esso e controllare le informazioni in uscita”
“Eh?”
“Posso bloccare alcune informazioni in modo che lo Stato non venga a saperlo.”
Obito annuì stringendo le mani a pugno sopra le ginocchia. Gli sembrava tutto così incredibile, era un futuro così simile a quello teorizzato dai catastrofisti della sua nazione che gli sembrava irreale.
Cosa poteva fare lui, un misero ragazzino davanti a una situazione tanto più grande di lui che nemmeno ne vedeva i confini? Lui voleva solo tornare a casa.
Lo disse ad alta voce e Madara lo guardò con un’indulgenza tanto marcata che ad Obito sembrò derisoria.
“Ti prometto che se collaborerai, ti aiuterò a tornare a casa.”
Il ragazzo si alzò, impaziente, e spalancò gli occhi, avvicinandosi bruscamente a Madara; fece per mettergli le mani sulle spalle, poi gli sembrò troppo sfacciato quindi cambiò idea e premendosi i palmi sui fianchi urlò:
“Davvero? E come?”
“Come ha detto Zetsu -se tu l’avessi veramente ascoltato- ci sono navette che attraverso campi generati da reazioni nucleari possono viaggiare nel tempo. Potrai usare una di quelle navette per andare in qualunque tempo tu voglia, dopo aver fatto una cosa per me.”
“Cosa vuoi che faccia?”
Il ragazzo era diventato davvero collaborativo, guardava l’uomo appena chinato, le mani strette a pugno dall’impazienza, la testa sbilanciata in avanti e la bocca socchiusa.
Madara sorrise compiaciuto, notando come quel ragazzino ormai pendesse dalle sue labbra.
“Allora purtroppo dovrai stare qui per un po’. Frequenterai l’Accademia per diventare membro del Servizio di Ordine Pubblico e prenderai la patente per le navette a reazione atomica...”
“Ma...” Obito si alzò di nuovo e diede le spalle all’uomo, fece quattro cinque passi impazienti e poi si voltò di nuovo “Quando tempo dovrò stare qui?”
“Almeno sei anni” rispose l’altro impassibile.
“Ma intanto Rin... ”
“Non importa quanto tempo passa se devi tornare indietro a salvarla. Quando l’avrai salvata di questo tempo rimarrà solo un tuo vago ricordo.”
“No!”
Obito iniziò a smaniare, sbuffando e mordendosi la carne della mano destra.
“Non possiamo rubare una navetta e...”
“Rubare?”
Dalla reazione di Madara, che sussultò e spalancò leggermente gli occhi, Obito capì che non era immune dal tabù dell’infrazione delle regole, ma durò solo un attimo perché l’uomo sorrise beffardo e spiegò “Non ti lasceranno mai avvicinare vivo a una di quelle navette, inoltre la navetta non accetta la guida da parte di un ragazzino senza il diploma dell’Accademia.”
“Ma...”
“Aspetta, te lo rispiego di nuovo... Quando si parla di viaggi temporali non conta quanto tempo si spreca perché questo non sarà mai accaduto.”
Il ragazzo storse la bocca in un’espressione rassegnata ma scontenta: sei anni, doveva sopravvivere sei anni in quel tempo ostile, dove non conosceva nessuno. Doveva sopravvivere sei anni senza Rin, senza la propria famiglia, senza Kakashi e senza il cielo, senza il sole, senza... gli venne voglia di piangere e chiuse gli occhi, non riusciva a trattenere gli spasmi di disperazione che gli faceva tremare il respiro. Si rese conto di essere finito in una prigione e quell’uomo era il suo carceriere, intanto non poteva chiedere aiuto all’esterno, perché non poteva fidarsi di nessun altro. A Obito non piaceva diffidare delle persone, solitamente vedeva sempre il buono negli altri.
Cercò di calmare il respiro, ma ottenne solo di scoppiare a piangere, per tutto. Si strofinò gli occhi e balbettò “M-mi è solo finito qualcosa nell’occhio”, cercando di giustificarsi.
Madara non commentò e attese, guardò col cipiglio indifferente e vagamente sprezzante di chi ha disgusto del pianto quel ragazzino che si accasciava su uno di quei pouf cercare di mandare via le lacrime strofinandosi le guance.
“Hai finito?” chiese quando i singhiozzi di Obito divennero più quieti.
“S-sì, come ho detto era solo bruciore, mi è finito qualcosa nell’occhio…” rispose il ragazzo con il viso scottante di vergogna.
“Bene, stavo dicendo che devi diventare un membro del Servizio d’Ordine per avere accesso a una navetta, poi tornerai indietro nel tempo nel 2049 e ucciderai Vladimir Kutnetsov, un bambino che quarant’anni dopo stringerà il Patto di Porpora con la Repubblica Popolare Cinese, dando inizio a ciò che è quest’Inferno. T’insegnerò come uccidere un uomo”
“E Rin?” chiese d’impulso il ragazzo.
“Poi avrai ancora la navetta a tua disposizione, potrai andare a salvarla e tornare a casa se lo desideri” concluse conciliante Madara.
Obito decise immediatamente che avrebbe salvato prima la ragazza che amava, poi avrebbe salvato il mondo: aveva la possibilità di cambiare quel futuro, di renderlo un posto migliore e l’avrebbe fatto perché era un ragazzo buono e generoso, pensò. Inoltre si sentiva un supereroe e la sensazione gli piaceva: aveva passato la vita intera ad essere impotente e insignificante, ora poter salvare i mondo lo inebriava, distraendolo solo un po’ dalla disperazione. Ringraziò gli dei che non aveva ancora quel cazzo nella testa che sbandierava i suoi pensieri.
Come se gli avesse comunque letto nel pensiero, Madara sentenziò “Diremo a tutti che sei mio figlio, dovrai essere dotato di un Angelo Custode, te ne installerò uno modificato che non comunica in uscita”
Il ragazzo annuì, ma sul viso si leggevano chiarissime rabbia e contrarietà.
“Ecco, ora ti farò vedere la tua stanza, alzati e seguimi”
Il ragazzo sbuffò e obbedì, raggiungendo l’uomo in un cerchio.
“Stanza A2” sentenziò e in attimo dopo Obito sentì solo un veloce ma intenso senso di nausea che gli mozzò il fiato. I suoi occhi vennero oscurati per un attimo e poi si ritrovò in una stanza equivalente a quella precedente con la sola differenza che aveva il pavimento arancione.
Obito si sedette su uno degli ammassi informi e si guardò intorno.
“Qualsiasi cosa ti serva chiama Zetsu, verrà a servirti.”
“Quello,” disse indicando il parallelepipedo alto “contiene i tuoi vestiti, per avere accesso dovresti comunicare attraverso l’Angelo Custode ma giacché non te metterò mai uno realmente funzionante, puoi ordinare vocalmente che ti siano serviti gli abiti che desideri. Puoi anche desiderare di vederli tutti, sullo schermo del soffitto o su quello della finestra. Quello invece è un refrigeratore, contiene cibarie e bevande. Quella è la scrivania e quello è un computer portatile, potrai chiedere aiuto a Zetsu o a Li-chan di farti insegnare come si usa. Con quegli occhialetti potrai godere della realtà aumentata e imparare tutto ciò che t’interessa, quando li indosserai te ne renderai conto.”
Obito annuì, personalmente si era fermato con la mente alla parola “cibarie”.
“Ah non ti chiamerai più Obito, ci vuole un nome che non sia registrato nel computer di Stato, il tuo purtroppo è stato registrato quando l’hai pronunciato ad alta voce nell’ospedale.”
“Come?”
“Scegli un altro nome”
“Va... va bene Tobi?”
Madara sogghignò.
“Che fantasia…” commentò con sarcasmo poco velato “va bene basta che non coincida con Obito.”

 

   
 
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