6. IL DOLCE SUONO DELLA
MORTE
“La cattiveria nasce da sentimenti
negativi come la solitudine, la tristezza e la rabbia. Viene da un vuoto dentro
di te che sembra scavato con il coltello, un vuoto in cui rimani abbandonato
quando qualcosa di molto importante ti viene strappato via.”
(Ryū Murakami)
Fu la musica ad
accoglierci ancor prima che mettessimo piede all’interno dell’enorme villa
Lockwood, una soffice melodia dalle dolci note di sottofondo che conciliava il
rilassamento di chi la ascoltava, sovrastata però dall’immenso chiacchiericcio
di chi già presenziava ,nei loro smoking costosi o nei lunghi abiti dai mille
colori, a quella che si sarebbe rivelata una lunga serata di balli e
pettegolezzi. E molti drink.
Io, Selena, e Damon e
Matt, i nostri rispettivi accompagnatori, stavamo in quel momento salendo i
gradini antistanti l’imperiosa entrata, noi fasciate nei nostri abiti vagamente
principeschi, e loro ai nostri fianchi, a porgerci il braccio come buona
tradizione impone.
Quando entrammo non avemmo
neanche il tempo di sfilarci i soprabiti che una Carol sorridente ci venne
incontro, le mani congiunte davanti al petto e gli occhi lucidi di
soddisfazione per quella che pensai considerasse un’ottima riuscita già prima
che la festa iniziasse realmente.
-Buonasera Damon, Matt-
-Signora Lokwood-
risposero entrambi facendo un piccolo cenno col capo.
-Oh ma guarda, le nostre
nuove arrivate! Sono estremamente felice di vedervi qui , e sono sicura che
questo sarà un ottimo modo per fraternizzare con il resto della cittadina-
-La ringrazio signora
Lockwood, e complimenti per la casa, è magnifica- le dissi, adulandola con un
sorriso accompagnato da uno sguardo vagante per tutto l’ampio ingresso
illuminato.
-Grazie cara. Ma prego
venite, non rimanete qui nell’ingresso- qualche voce poco più in la le fece
voltare la testa frettolosamente -Ora scusatemi, ma devo proprio andare, vi
auguro comunque una buona serata-
-Anche a lei-
-Ecco, dammi la giacca
così possiamo andare di là- Damon allungò le mani, aiutandomi a sfilare il
cappotto bianco così da svelare il lungo abito blu senza spalline che vi era
sotto.
-Non so perché ma ho il
vago sospetto sarò uno degli uomini più invidiati di questa sala- soffiò
serafico lui, lanciandomi un’occhiata lusinghiera che mi fece ridere.
-Oh non scherzare!-
-Ehi amico, mi sa che
saremo in competizione allora- rise Matt, svelando l’abito rosso dall’ampia
gonna di Selena, che sorrise divertita.
-Ma senti quanti
complimenti, ehi ragazzi non è che vi starete già innamorando eh?- li canzonò
lei.
I due risero, porgendoci
le braccia e incamminandosi verso la sala già sgombra e pronta per fungere da
pista da ballo. Per un attimo ricordai i balli di un tempo, quelli veri, ormai diventati unicamente modello
di ispirazione ad eventi come questo, e sorrisi pensando che a quei tempi mai mi sarei immaginata di
vivere simili esperienze.
-Chi lo sa mie care- disse
Damon in un tono fintamente serio, gettando nel frattempo un’occhiata
tutt’attorno per individuare gli altri. Li vedemmo in un angolo, Stefan accanto
ad Elena, Caroline e Tyler, che avevo avuto il piacere di incontrare giorni
prima, quando avevo portato Selena a conoscere gli altri.
-Buonasera- proruppe
Damon, fermandosi accanto al gruppetto.
-Ehi ragazzi, eccovi
finalmente. Wow Nina, sei un incanto, e anche tu Selena! Avete degli abiti
fantastici, complimenti- Caroline sorrise, stringendosi al fianco del suo
ragazzo, non nascondendo tutta la contentezza di poterlo riabbracciare, e
squadrandoci con occhio esperto.
-Anche voi siete
bellissime, ma non c’è neanche bisogno che ve lo dica- sorrisi, poi mi guardai
attorno –Ma Bonnie non c’è?-
-No, è rimasta a casa a
lavorare sul libro. Da quando Selena le ha spiegato come spezzare gli
incantesimi non esce più dalla sua camera- disse Stefan, una mano sul fianco di
Elena e l’altra avvolta attorno ad un flute colmo di champagne.
Caroline sbuffò, ruotando
gli occhi con eloquente sdegno.
-Non so come possa esserle
anche solo vagamente passata per la testa l’idea di preferire rimanere
rintanata in casa in compagnia di un vecchio libro ammuffito, senza offesa
Selena, invece di venire a godersi questa meraviglia di festa. Sono così pochi
i momenti in cui possiamo svagarci ormai-
-Ma sai com’è fatta lei,
quando si impunta su qualcosa è impossibile farle cambiare idea, soprattutto se
questo qualcosa riguarda la magia- spiegò accondiscendente Elena.
-Certo, ma è stato anche
un po’ sciocco questo suo comportamento. Sai cos’ha detto Elijah no? Qui con
noi sarebbe stata molto più al sicuro-
Al suono del suo nome
sussultai appena, ricordandomi che quella sera ci sarebbe stato anche lui,e che
forse, in mezzo a tutta quella folla, la sua figura faceva già mostra di sé da
qualche parte. Dopo l’ultimo scontro avuto qualche giorno prima non l’avevo più
rivisto nè avevo avuto desiderio che accadesse. Le sue parole erano state
abbastanza chiare ed esaurienti da farmi scoraggiare del tutto, e l’idea di
doverlo affrontare nuovamente per sentirmi rivolgere le medesime dure parole o
per percepire addosso il suo sguardo che, ormai ne avevo la certezza
matematica, avrebbe riversato solo odio non mi allettava per nulla, al
contrario mi chiudeva la gola con un doloroso nodo d’angoscia.
-Se è questo a
preoccuparti, con lei che Rick, non c’è da preoccuparsi Caroline-
Lei guardò Stefan
scettica, poi scrollò le spalle e appoggiò la testa sulla spalla di Tyler, che
sorrise per la testardaggine della compagna, alzando gli occhi al cielo e
facendo così ridere tutti gli altri.
-Se lo dite voi…- borbottò
sconsolata.
Poi una presenza alle
nostre spalle ci fece voltare. Una ragazza bionda, fasciata in un lungo abito
nero impreziosito da alcuni punti luce sul corpetto, sorrise melliflua ed
altezzosa, lasciando vagare su tutti noi uno sguardo dal retrogusto disgustato.
Alle sue spalle un giovane ragazzo dall’aria sbarazzina sorrideva sghembo.
-Buonasera, mi è giunta
voce che collaboreremo tutti quanti per questa volta. Beh vi do un consiglio,
in caso vedeste qualcosa di sospetto, lasciate perdere e fate fare il lavoro a
chi è più vecchio ed esperto di voi, d’accordo pivelli? Non vorrei che mandaste
all’aria tutto quanto con le vostre paranoie e i vostri spiriti caritatevoli…-
Prima che qualcuno potesse
ribattere niente, il ragazzo alle sue spalle scoppiò in una fragorosa risata.
-Perdonate mia sorella, a
volte è un po’ troppo diretta. Quel che voleva dire è che sarebbe meglio
lasciar fare a noi, anche perché, sapete com’è, sono affari di famiglia…- il
tono canzonatorio e vagamente divertito che usò fece irritare non poco Damon,
che avanzò di un passo con sguardo bellicoso.
-Senti un po’ ragazzino,
già avevamo parlato di questo con il tuo grande fratello ma mi sembra che con
voi bisogna sempre essere prolissi…Noi vorremmo tanto che fossero affari di
famiglia ma se la vostra cara mammina sclerata decide di fare un figlicidio ci
rimettiamo la pelle tutti quanti, per cui evitate di essere logorroici con
questa storia degli “affari di famiglia” e godetevi in santa pace la festa, un
modo carino per dirvi di levarvi dalle palle in caso non lo aveste compreso.
Ah, inoltre non so quanto farebbe piacere ad Elijah sapere che siete venuti
nuovamente a discutere su una questione che già lui aveva chiuso e risolto
giorni fa- Damon annuì convinto delle sue parole trattenendosi dal ghignare
alle espressioni seccate dei due fratelli.
-Matt, non mi offri un
drink?- soffiò poi la bionda, guardandolo con un sorriso smagliante dai
riflessi maliziosi.
Caroline, al mio fianco,
borbotto infastidita qualcosa che somigliava molto a un “ma che gran faccia
tosta…”, mentre io nel frattempo cercavo di capire chi mai fossero quei due
vampiri, anche se, a ben vedere, dopo quella conversazione mi erano rimasti
pochi dubbi a riguardo.
-Car, ma chi sono?- le
sussurrai all’orecchio per avere una conferma, mentre lei sembrava occupata a
trucidare con la sola forza del pensiero la ragazza di fronte a noi, ora
intenta a conversare suadente con Matt.
-Rebekah e Kol Mikaelson-
sputò tra i denti con sdegno, le braccia incrociate al petto e la mascella dura
– I due stupidi fratelli di Klaus, i più piccoli credo. No ma guardala! Ti
rendi conto? Ci manca solo che inizi a strusciarglisi addosso e li invito a prendersi una camera,
per la miseria! E pure Matt, sant’Iddio, si è forse dimenticato di Selena?-
-Oh tranquilla, non mi
importa più di tanto. Mi ha accompagnata solo per questioni di galateo-
aggiunse lei con un sorriso, forse cercando di placare il suo nervosismo sempre
più crescente ma finendo per farla irritare ancora di più.
-Non importa, è un
cretino! Una volta che hai una dama, non flirti con un’altra. Specie se si
chiama Rebekah Mikaelson ed è una grandissima troia-
Tyler al suo fianco rise,
dandole uno scossone per rabbonirla e farla tacere al tempo stesso, altrimenti
di quel passo il soggetto delle sue maledizioni l’avrebbe ben udita. E pur non
conoscendola, ero abbastanza certa che non fosse una che passa sopra a certi
insulti.
Prima che però potesse
aggiungere altro di altamente sconveniente, Rebekah si voltò vero di noi con
sguardo furbo, avvicinandosi accompagnata dal ticchettio dei suoi tacchi appena
visibili sotto la lunga gonna.
-Ma guarda, due visini
nuovi che si sono aggiunti alla compagnia dei martiri. Scommetto che sei Nina,
vero? Ho sentito molto parlare di te-
ghignò sadica, facendomi ben comprendere quali voci le fossero giunte alle
orecchie.
In risposta, piegai le
labbra e strizzai appena gli occhi infastidita, arcuando le sopracciglia con
finto stupore. Quella ragazza era realmente insopportabile.
-Ma davvero? Peccato non
possa dire la stessa cosa di te allora-
Udii distintamente lo
sghignazzare poco controllato di Selena alle mie spalle, mentre Caroline bisbigliava
un entusiasta “ben le sta a quella
vipera”, e dovetti mordermi la guancia per non ridere nel vedere il sorriso
aspro che mi rivolse la vipera in questione.
-Non ti preoccupare di
questo, avrai modo di conoscermi puoi starne certa. E ora scusateci, Elijah ci
attende- e con questa frase se ne andò, gettandomi un’occhiata di sfida mentre
pronunciava il nome di suo fratello e afferrando Kol per un braccio, che nel
frattempo non aveva staccato gli occhi di dosso a Selena e anzi aveva iniziato
a parlarle, per trascinarselo dietro con fare spazientito, ignorando
teatralmente le sue lamentele melodrammatiche.
Quindi Elijah c’era già…
Con uno scrollo della
testa che fece ondeggiare i boccoli unicamente appuntati in due ciocche sulla
nuca e lasciati sciolti lungo la schiena, mi imposi di non pensarci almeno per
quella sera, e di concentrarmi piuttosto sui miei nuovi amici. D’altronde aveva
detto lui stesso che era ora che dimenticassi, no? Ebbene, l’avrei fatto.
-Sai Nina, credo che tu ti
sia appena fatta una nuova nemica- rise Elena, facendo un cenno col capo nella
direzione in cui i due fratelli erano stati fagocitati dal resto della folla.
Di tutta risposta scrollai
le spalle con fare noncurante, sorridendole.
-Per quel che mi può
importare…-
Ed era vero. In quella
famiglia avevo più nemici che amici, se consideravo l’odio di Klaus nei miei
confronti, reciproco preciserei, e
quello di Elijah, l’unico che mi procurava reale sofferenza fisica. Se si
aggiungeva anche la sua amorevole sorellina alla lista nera le cose non
sarebbero poi cambiate di molto, ci sarebbero semplicemente state più persone
che in caso di mia morte avrebbero stappato una bottiglia di spumante, nulla di
più.
-Comunque, simpatica la
ragazza. Ma è sempre così, o oggi si è premurata di dare il meglio di sé?-
domandò Selena, allungando nel mentre un braccio per afferrare uno dei flute
che un cameriere poco distante faceva volteggiare tra gli invitati su di un
vassoio d’argento.
-Oh credimi, penso
piuttosto che si sia trattenuta per buon gusto e per evitare scenate pubbliche,
ma solitamente è peggio. Molto peggio. Oserei dire che Crudelia Demon a suo
confronto impallidirebbe come una principiante- sottolineò sarcasticamente
Caroline, facendo ridere un po’ tutti.
-Perdonala, lei e Rebekah
non si può dire vadano d’accordo…anche se sarebbe difficile smentire ciò che ha
affermato- precisò Stefan più diplomaticamente, gettando
un’occhiata esasperata alla bionda che ricambiò con una linguaccia
impertinente.
-Vedi? Lo ammette anche
lui! E considerando che anni fa sono stati assieme, è tutto dire! Dovevi essere
proprio disperato amico, fattelo dire-
-Caroline!-
Tyler le strinse le spalle
per farla tacere, mentre Elena faceva una smorfia contrariata sotto lo sguardo
imbarazzato del suo ragazzo, e Damon se la rideva di gusto. Io rimasi
semplicemente a bocca aperta, fissando Stefan con sgomento e ricevendo in
risposta un’alzata di spalle e un “è una storia lunga” che non me la contava
giusta.
-Beh che c’è? E’ vero! E
tu smettila di sghignazzare, idiota, che se non erro non si è risparmiata
nemmeno di rotolare tra le tue lenzuola tempo fa-
-Che ci posso fare se a
far sesso è brava- commentò questo vagamente crudo, facendo calare un silenzio
rotto solamente dalla risata di Selena.
-Oh mio Dio, voi siete
pazzi lo sapete?-
Lo scoppio di risa decretò
un’altra serie di battute più o meno velate capeggiate principalmente da un
Damon senza remore e una Caroline dalla parlantina sciolta, frenata a tratti da
Tyler, scherzosamente esasperato o Elena, principalmente imbarazzata.
Quando ormai mancava poco
più di un quarto d’ora all’apertura delle danze, decisi che ero rimasta astemia
abbastanza a lungo per quella serata da potermi dirigere al piano bar, dove un
giovane cameriere affittato appositamente per la serata si destreggiava in
schakeraggi acrobatici, senza sensi di colpa.
Per tutto il tragitto
avevo pregato silenziosamente di non incappare accidentalmente in Elijah, la
sola idea bastava a farmi correre brividi gelidi lungo la schiena. Dopo la
chiacchierata che avevamo avuto non avrei saputo come comportarmi: se da una
parte la voglia di non dargliela vinta bruciava viva, dall’altra la
consapevolezza che avrei ricevuto le solite occhiate indifferenti pari a
dolorose stilettate mi faceva desistere dal fare alcunché.
Eppure avrei voluto fare
quel qualcosa in più, avrei voluto parlagli, spiegare le ragioni che mi avevano
portato a fare quel gesto tanti e tanti anni prima con la maturità e la
chiarezza che tutti quei secoli vissuti mi avevano consentito di accumulare.
Gli avrei fatto capire che il torto non era tutto mio e che mai, mai avrei
voluto ferirlo.
Ma lui non aveva tempo.
E allora a quale scopo
incontrarlo, se le sue orecchie sarebbero state sorde a ciò che gli avrei
detto? A quale scopo dannarmi e rincorrerlo, se lui mi aveva consigliato, imposto, di dimenticarlo?
Forse aveva ragione, forse
avrei dovuto scordarmi tutto, cancellare l’amore e sostituirlo col nulla
proprio come aveva fatto lui, anche se nel suo caso quel nulla era odio. Forse,
così facendo, non avrei più sofferto e me ne sarei infischiata di tutto ciò che
mi avrebbe riversato addosso, considerandolo alla stregua di Klaus.
Ma lui non era Klaus, era
Elijah, il mio Elijah, ed io non ero più
la fragile ragazza di un tempo che alla prima situazione di disagio gettava la
spugna.
Avevo raggiunto il bancone
e me ne stavo in piedi, i gomiti appoggiati al marmo freddo e le dita a
tamburellare freneticamente sul piano in attesa che il barman finisse con l’ordinazione precedente, quando
sentii una mano posarsi alla base della mia schiena.
Sbiancai, sentendo un
soffio gelido sfiorarmi la pelle nuda poco sotto il lobo dell’orecchio in un
sussurro appena udibile, ma mi imposi di rimanere calma, la mascella contratta
e il respiro secco uscente a sbuffi dal naso.
-Buonsera Nina-
-Klaus- dissi solo a mo’
di saluto, evitando di voltarmi quando lo vidi posizionarsi di fianco a me, le
spalle rivolte al bancone, le braccia appoggiate su di esse e lo sguardo vagante
sulla sala gremita di gente, puntando piuttosto lo sguardo con ostinazione
sulla serie di bottiglie per metà vuote che mi si paravano davanti agli occhi.
-Splendida serata, non
trovi?-
-Fino ad un attimo fa
sarei stata d’accordo, si- sputai velenosa, sentendolo ridere, e facendo nel
mentre un cenno al ragazzo –Un Martini, grazie-
-Fai due- aggiunse il
vampiro alla mia destra, ricevendo in risposta un assenso col capo.
Cadde un silenzio teso,
rotto entro poco da un mio sospiro seccato.
-Se sei venuto qui per
bella presenza sappi che un accompagnatore atto a farmi compagnia ce l’ho già,
e che se in questo momento sono sola è unicamente perché la solitudine ora come
ora sarebbe stata ben gradita. Non so se hai compreso l’antifona…-
-Ma quanto siamo sgarbate,
Contessina…Ho saputo che l’hai rivisto, andata come speravi?- cantilenò lui,
guardandomi di traverso ed afferrando il Martini che nel mentre era arrivato
-Non penso proprio siano
affari tuoi- conclusi secca, facendo forza su me stessa per trattenermi dal
desiderio di tirargli uno schiaffo.
Lui si strinse nelle
spalle.
-Forse- rise -Mia sorella
ha detto di averti conosciuta…non credo tu le abbia suscitato grande simpatia-
Ringrazia interiormente il
cielo che avesse spostato la conversazioni su piani ben meno sensibili, senza
però perdere quell’aria seccata e vagamente annoiata di poco prima.
-La cosa è reciproca, non
preoccuparti- presi un sorso dal mio bicchiere e poi iniziai a giocherellare
con le due olive al suo interno, sbuffando alla sua ennesima risata divertita.
Non era certo questa la reazione che speravo di ricevere.
-Sai, non ti ricordavo
così divertente. Peccato…- lasciò la frase teatralmente incompiuta, ma non ci
volle molto per capire cosa stesse per dire.
Sorrisi amara, voltandomi
e avvicinando le labbra all’orecchio di lui in un gesto che ad occhio esterno
sarebbe sembrato null’altro che seducente, poi alitai ciò che aveva evitato di
dire più per sadico divertimento che per vero tatto. Che tatto ci potrebbe mai
essere in una minaccia di morte?
-Peccato cosa, Klaus?
Peccato che tu debba uccidermi?-
Anche lui si voltò,
lentamente, senza spostarsi di un millimetro, tanto che i nostri visi erano
così vicini da mescolare i respiri e fonderli in un tutt’uno. Lo fissai negli
occhi e mai come in quel momento desiderai avere un paletto di quercia bianca
tra le mani.
-Sai, oltre che bella e
divertente, sei pure intelligente. Mi chiedo come tu abbia fatto a commettere
un errore simile tanti anni fa-
-Tu lo chiami errore, io
atto giusto. Quanto possono essere differenti le opinioni su di una stessa
cosa, vero?-
Lui sorrise, continuando a
fissarmi da quella distanza limitata che in fondo al cuore mi terrorizzava.
-Ripeto: peccato-
-Suvvia Klaus, parli
parli, ma siamo ancora qui. Io sono ancora qui. Eppure ci vorrebbe così
poco…guarda, nessuno ci vedrebbe. Mi strapperesti il cuore e mi trascineresti
là, in quella stanzetta vuota alle tue spalle. Facile vero? E allora perché non
lo fai?-
-L’hai detto tu stessa,
mia piccola traditrice. Facile. Troppo facile. E tu lo sai, a me piacciono i
giochi-
Sorrise mefistofelico ed
io strinsi gli occhi, stizzita, tirandomi finalmente indietro e concedendomi un
respiro liberatorio.
In quel mentre Carol
Lockwood annunciò l’inizio delle danze.
-Mi concederai un ballo?-
chiese ironico Klaus, staccandosi dal bancone e facendo un paio di passi verso
la pista.
Sorrisi falsa piegando la
testa di lato, facendo così scivolare i capelli su di una spalla, e schioccai
la lingua.
-Piuttosto la morte-
Lui rise, scuotendo la
testa.
-Come desideri-
Quando raggiunsi gli
altri, Elena era stata già trascinata da Stefan in pista, e lo stesso valeva
per Selena, che in quel momento rideva appoggiata alla spalla di Matt.
Caroline e Tyler
sembravano invece spariti nel nulla.
Una mano sbucata dal nulla
mi circondò il fianco, mentre l’altra comparve nella mia visuale tesa in una
muta richiesta che fu accompagnata dalle parole del suo proprietario.
-Mademoiselle, potrei
avere l’onore di questo ballo?-
Mi voltai sorridendo, già
certa di chi mi sarei trovata di fronte, ed alla vista di un Damon prostrato in
un perfetto inchino vecchio stampo non potei trattenere una risata, imitandolo
come tradizione diceva.
-E’ un piacere-
Poggiai la mano sulla sua
e mi lasciai guidare in mezzo alla calca roteante, dove gonne si alzavano in
tripudi di volant e sete, strusciando tra di loro e creando incredibili giochi
di colori.
Trovammo il ritmo
all’istante, abituati entrambi a simili situazioni, ed iniziammo a danzare come
tutti gli altri, senza malizia né passione, ma guidati piuttosto dal puro
divertimento.
-Prima ti ho vista parlare
con Klaus, che voleva?- chiese Damon innocente, nascondendo dietro il suo
sorriso noncurante una profonda curiosità.
Merda.
L’idea di svelargli tutto
mi sfiorò velocemente ed altrettanto in fretta sparì: quello non era il momento
né il luogo adatto, e semmai lo fosse stato non sarebbe stato lui il primo a
venirne a conoscenza, non era giusto nei confronti di Stefan.
Per cui misi su la miglior
faccia da poker che mi riusciva ed alzai le spalle nude come a sminuire la
cosa.
-La sua bionda sorellina
deve avergli parlato di me, e lui ha pensato bene di andare a perlustrare la
nuova zona nemica-
-Dall’aria seccata e
determinata che avevi, devi avergli tenuto testa- continuò lui, probabilmente
non del tutto convinto da quel mio veloce liquidare la faccenda.
-Me la so cavare bene,
modestamente-
Lui rise.
-Ho notato. Rebekah
sembrava avere un diavolo per capello quando se n’è andata. Non che normalmente
sia messa tanto meglio…-
-Disse quello che se la
portò a letto…- lo canzonai divertita, mentre lui allungava il braccio per
farmi fare una giravolta.
-Mi sono già espresso in
merito, non farmi essere volgare per la seconda volta, non vorrei che le tue
innocenti orecchie prendessero fuoco-
-Senti un po’ ragazzetto,
devo ripeterti la differenza d’età che mi porta ad essere più vecchia di te?-
Lui avvicinò le labbra al
mio orecchio, facendo così scontrare i nostri petti fasciati dagli abiti
eleganti, e sussurrò con non molta velata malizia e un tono basso e seducente.
-Se vuoi puoi anche
dimostrarmelo-
Rimasi per un secondo
spiazzata, poi scoppiai a ridere dandogli una botta scherzosa sul braccio.
-Provaci con quelle della
tua età, non tutte sono come Rebekah Mikaelson-
Lui sbuffò, poi scoppiò a
ridere, scostandosi per guardarsi attorno. Al che un campanellino mi risuonò in
testa.
-Avete poi notato qualcosa
di sospetto?-
-Niente di niente, le
acque sono tranquille, fino troppo oserei dire, ma chissà, forse questa sarà la
sera in cui il famoso mito sulle feste di Mystic Falls verrà sfatato-
-Non posso credere sul
serio che ad ogni festa succeda qualcosa di tanto disastroso- scossi la testa
scioccata, sembrava una sciocca credenza ridicola, una superstizione.
-Ma come, una creatura
come te che incarna realmente un mito, poi non ci crede?- sfottè lui –Ti direi
“vedrai” ma forse sarebbe meglio che così non fosse- si guardò ancora attorno,
poi aggiunse –Oh, cambio di coppia-
Fui sospinta in una
giravolta e nell’istante in cui le braccia di Damon mi abbandonarono altre,
molto più familiari, presero il loro posto.
Bastò un quarto di secondo per capire chi avevo di
fronte.
Sbiancai, sentendo una
mano dal tocco conosciuto scivolarmi piano attorno alla vita per poi posarsi
alla base della schiena, punto che divenne il centro più sensibile del mio
intero corpo, mentre l’altra afferrava la mia con movenze esperte, e mi ci
volle una forza di volontà spropositata per riuscire ad eseguire i medesimi
movimenti, portando la mia in alto sulla spalla e piegando appena quella che
era stata afferrata.
Quel profumo, il suo profumo, mi inebriò totalmente
quando quasi cozzai sul suo ampio petto, riprendendo per un pelo l’equilibrio
dopo la giravolta ma inciampando miseramente nei miei stessi piedi, il tutto
nel giro di pochi attimi.
Quando poi mi decisi ad
alzare lo sguardo, un respiro strozzato mi fuoriuscì dalle labbra semischiuse
nel vedere i suoi occhi neri e profondi fissi sul mio volto.
Indossava uno smoking
impeccabile ed appariva perfetto in ogni risvolto, in ogni piega, in ogni
ciuffo che gli ricadeva con studiata cura sulla fronte nivea.
In quel quadro idilliaco
l’unica pecca, l’unica nota che stonava visibilmente col resto era
l’espressione cupa ed impassibile, gelida, mentre faceva vagare lo sguardo
lungo tutta la mia figura. Ridicolmente, data l’impossibilità della cosa, potei
quasi sentire le mie gote andare a fuoco sotto quello sguardo inquisitore che
sfilava i centimetri di stoffa blu che avevo indosso. Quando poi portò
nuovamente gli occhi ad inchiodare i miei, tutti i buoni propositi di
dimenticare, di fare il suo stesso gioco e di risultare forte andarono a farsi
malamente benedire.
Dovetti ingoiare tre volte
la saliva prima di poter riuscire a parlare.
-Elijah…-
-Buonasera Nina- e la sua
voce monocorde ed incolore non pronunciò nient’altro che quello.
Un solo se semplice saluto
dai risuoni formali che decretò l’inizio di un teso silenzio.
Io, troppo codarda per
aggiungere altro e memore del nostro primo e ultimo battibecco, presi un lungo
respiro, perdendomi ancora nel nero dei suoi occhi che sembravano trapassarmi
senza realmente vedermi, prima di abbassare lo sguardo e fissarlo sul nodo ben
fatto della cravatta che portava al collo.
Non so quanto tempo
passammo in quel modo, fisicamente vicini, tanto che ad ogni respiro i nostri
petti cozzavano inevitabilmente, ma così lontani da non vederci neppure, io
troppo impaurita da quel che avrei osservato per farlo e lui troppo rancoroso
per potermi realmente mettere a fuoco.
Eppure danzavamo,
meccanicamente certo, ma stavamo lì, con le mani rispettivamente sui corpi
dell’atro, a guidarci vicendevolmente in quei passi immutati nei secoli.
Quando però il silenzio
divenne troppo e la tensione ingestibile sospirai stanca, socchiudendo gli
occhi per racimolare il giusto coraggio necessario a pronunciar parola.
-Mi dispiace- fu poco più
di un sussurro, ma dalla mascella che si contrasse sul suo volto potei intuire che
fu udito.
-Non parlare- sibilò tra i
denti, stringendo appena la presa sulla mia schiena e facendomi così alzare lo
sguardo sorpresa . I suoi occhi, non più così impassibili, mi fissarono, questa
volta vedendomi davvero e non seppi se fu meglio o peggio così.
-Scusa?- chiesi scioccata,
corrugando la fronte e riacquistando sempre più sicurezza. Già il fatto che mi
avesse risposto in qualche modo infatti era un passo avanti…
-Ho detto, non parlare-
ripeté duro, facendo schioccare la lingua con fare seccato.
Da spaurita che ero,
iniziai lentamente a infervorarmi.
-Come sarebbe a dire non
parlare? Non puoi certo impedirmi di dire ciò che penso-
-Hai perso il diritto di
dire ciò che pensi parecchie decine di anni fa, Nina-
-Questo è ingiusto. Tu te
ne sei andato, parecchie decine di anni fa, ed io ho avuto ben poco tempo per
esprimermi allora-
-Forse perché qualsiasi
cosa tu avessi potuto dire, non sarebbe valso niente. D’altronde dimmi, Nina,
che valore può avere la parola di una traditrice?- sussurrò sarcastico,
piegando le labbra in un ghigno per nulla divertito, facendomi rabbrividire da
capo a piedi.
-Più valore di quella di
un assassino indubbiamente- nel vedere l’ombra di gelo passare nei suoi occhi
mi morsi la lingua, pentendomene all’istante.
-Attenta a quel che dici,
non siamo più nel 1824, non sarai più graziata per i tuoi errori- minacciò duro,
allungando il braccio per allontanarmi e poi tirandolo bruscamente indietro così
da riavvicinarmi con una mezza piroetta. Dovetti tenermi alle sue spalle per
non sbattergli addosso.
–Inoltre non credo che nei tuoi 200 anni tu ti
sia comportata meglio di me- insinuò con pacata e raggelante calma.
-Sicuramente non ho mai
ucciso volontariamente persone innocenti, né
voluto farlo-
-Lei non lo era, non lo è
mai stata-
-Agli occhi di chi,
Elijah? Ai tuoi, o a quelli di Klaus?- pronunciai con sfida, facendolo
irrigidire maggiormente.
Finalmente una reazione, pensai con un briciolo di speranza in più.
-Ho avuto fin troppa
pazienza con te questa sera, ti consiglio di tacere- mi rivolse uno sguardo serio, gli occhi luccicanti di un bagliore
molto simile alla morte.
-Smettila di minacciarmi,
non sono più la fragile umana di un tempo, non mi fai paura- sussurrai con
orgoglio.
-Ne sei sicura?- insinuò
con un mezzo sorriso raggelante –Potrei ucciderti qui, ora, potrei toglierti la
vita senza che nessuno se ne accorga, strapparti quell’aria compiaciuta dal
volto assieme al tuo cuore e non udire neanche l’ombra di un tuo fiato- quasi
più terribile, più asfissiante delle sue parole fu la calma con cui le disse,
la stessa espressione neutra ed impassibile nel descrivere la mia morte che si
userebbe per parlare del tempo.
Mi ci volle un secondo
prima di riuscire a parlare, e quando lo feci fui certa che la mia voce tremò.
-E allora perché non lo
fai?- era la seconda volta che pronunciavo una frase simile in quella serata,
sembrava quasi che me la stessi appositamente andando a cercare.
Poi lo vidi sorridere, un
sorriso duro e spietato che trasmise agli occhi null’altro che maggiore
freddezza e pacatezza, mentre si chinava fin quasi a sfiorare con le labbra
fresche il lobo del mio orecchio.
-Non sarà così semplice
per te. Sarebbe troppo comodo morire, mettere la parola fine al ricordo dei
peccati e degli errori commessi, a quel senso di inquietudine che so che provi
ogni vola che mi vedi. Non scaccerai il dolore con così tanta facilità né ti libererai
della sofferenza che ti farò scorrere nelle vene come puro veleno. Rimpiangerai
i giorni lontana da me, rimpiangerai la morte e mi supplicherai di dartela,
rinnegherai il nostro amore, maledicendolo istante dopo istante come feci io e
la tua voce si consumerà lenta mentre lo farai. E ricorda, Nina, questa è una
promessa-
Persi il respiro mentre
quelle parole appena sussurrate con una dolcezza macabra incarnante un ossimoro
letale, il suono stesso della morte, mi scivolavano addosso come lame affilate,
graffiandomi la pelle ad ogni suono, ad ogni lettere pronunciata. Persi la
cognizione dello spazio e del tempo, persi la vista mentre tutto attorno a me
divenne nient’altro che ombra, e dovetti aggrapparmi alle sue spalle per non
cadere già, tradita dalle mie stesse gambe tremanti, arti rimasti feriti come
ogni singolo altro pezzo del mio corpo martoriato internamente.
Eppure, la parte più
orgogliosa di me mi diede la forza di non dargli la soddisfazioni di vedermi
versare neanche una singola lacrima, mentre serravo la mascella e mi scostavo da lui.
Ringraziai che la musica
fosse finita, ringrazia che quella casa fosse abbastanza grande da darmi la
possibilità di fuggire al suo sguardo distaccato, ora fisso sulla mia figura
che tremante gli dava le spalle e senza più proferir parola si allontanava, e
ringraziai Selena, la quale non appena
mi vide e soprattutto notò chi avevo appena lasciato addolcì l’espressione e mi
tirò con sè, lontana dagli sguardi curiosi della folla, abbracciandomi e
cullandomi piano, lasciandomi sfogare sulla sua spalla mentre tutto il dolore
che quelle parole mi avevano procurato fuoriuscì sottoforma di copiose lacrime.
Perché, Dio, perché amare la persona sbagliata deve
fare così male?
Fu proprio nell’istante in
cui alzai la testa, mormorando un grazie accompagnato da un piccolo sorriso
stentato, che mi accorsi dell’arrivo di tre uomini in smoking nella sala
accanto.
Tre uomini mai visti
prima.
Tre uomini accompagnati da
Esther.
Continua…
Ok, non
credete, sono scioccata anch’io. Oggi avevo un’ispirazione così grande che mi
sono messa a scrivere con l’idea di buttar giù solo qualche riga…poi una cosa
tira l’altra ed eccomi qui:) Allora, questo capitolo inizialmente doveva venire
unico, ma vista la lunghezza ho preferito dividerlo in due, quindi per l’altra
parte (ancora incompleta) dovrete aspettare un po’ più di meno di 24 h xD
Ora, dato
che l’ho scritto praticamente in stile maratona, ho il terrore della riuscita,
in più non so…voi che ne dite? E’ risultato ridicolo Elijah? E Klaus? E tutto
il resto? ahahah ok, ha colazione ho mangiato pane e paranoia lo ammetto :P
Comunque
davvero, ditemi che ne pensate, sono molto curiosa:) nella prossima parte
vedremo lo scompiglio (arrivano i cattivi!) e altre scene Elijah/Nina. Anche se
dopo questa….ehhhh lo so, è stato cattivello, ma che ci posso fare, lui mica
perdona dall’oggi al domani:)
Aspetto con
ansia vostre notizie, e nel frattempo ringrazio elyforgotten, taisha e salvatore
per le recensioni:)
Un bacione e
a presto,
Deademia
PS: questi
sono gli abiti di Nina (blu) e Selena (rosso), io ci ho sbavato sopra per un
buon quarto d’ora XD