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Autore: ivyblossom    17/02/2013    3 recensioni
Fa fresco stamattina. Più tardi pioverà. Non c'è niente da fare oggi tranne che pensare alla morte. Non sua, però. No. Non lo lascerei accadere. Solo di Moriarty.
E la mia.

La Caduta raccontata da Sherlock Holmes.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'autrice. Spero non penserete male di me. Questa fiction è basata su un prompt di Cellar_Door. In aggiornamento.

Note delle traduttrici. Perché ci siamo messe a tradurre questa fic? Beh, perché è Ivy. E poi ci siamo accorte, nonostante la fic originale sia appena al quarto capitolo, che l'idea, lo stile e qualunque altra cosa vi possa venire in mente sono semplicemente perfetti. Se volete capire chi è Sherlock Holmes dovete leggere questa storia: nemmeno Moffat ci avrebbe pensato (ok, magari lui sì).
Un'altra piccola precisazione e poi non vi tedieremo più: non siamo delle esperte linguiste, ma siamo pignole e precise fino allo spasimo: rimaniamo ore a riflettere (via Twitter, Facebook e segnali di fumo) su una singola frase o parola e quindi speriamo di avere la vostra comprensione e il vostro apprezzamento per quello che facciamo. Lo stile di Ivy è telegrafico ed è davvero difficile da rendere in un italiano corretto e corrente, perciò a volte ci siamo dovute prendere delle "licenze poetiche": ovviamente siamo ben contente di ascoltare consigli, suggerimenti e quant'altro che ci aiutino a migliorare le traduzioni. 
Questo è il link alla storia originale, mentre il capitolo che state per leggere è stato tradotto da isteria e corretto dalla preziosissima WibblyWobbly.

Detto questo, buona lettura!

Cardine

Eccolo (qui): sei minuti dopo le sette (precisamente). Proprio al momento giusto. Come se ci fosse un momento giusto, o un comando stabilito. Come se un corno [1] risuonasse da qualche parte, un ordine, un qualcosa di urlato nella mattina: scendi dal letto, John Watson, fai il caffè. Le Costanti Abitudini di John Watson: Pronostici Dalla Mattina Alla Sera. Cinque sesti della tazza e non di più (latte, senza zucchero); tre colpetti sul tavolo con l'anulare mentre ci passa vicino. (Perché? Nessun ipotesi. Non riesco a immaginare il motivo.)

Si sta stropicciando gli occhi adesso, molto probabilmente. Come fa lui. Per nessuna ragione: non c'è niente che non vada nei suoi occhi. Solo abitudine. (sollievo? Non lo so). Inspira, espira. Respirare la mattina e rispedirla fuori di nuovo. Risvegliarsi. Si sta svegliando.

Digrigna i denti quando riempie il bollitore. Rubinetto aperto: acqua.

Non riesco a sentirlo digrignare, ovviamente, non da qui, non con il rubinetto aperto, ma è vero: un'altra costante abitudine. Irremovibile.

Si muove lentamente, i suoi passi sono lievi sul pavimento. Cauti. Sta provando ad essere un fantasma. Shhh, silenzio; pensa che potrebbe svegliarmi. Shhh, non rompere la calma. Non svegliare il tuo coinquilino. Sono sveglio, John. Ti posso sentire. Va tutto bene. Non mi dispiace.

Inspira, espira ancora: un sospiro. Riesco a sentirlo. Le pareti sono sottili. Inalare, esalare. Respira contro la piastrella [2], il vetro (non ancora in frantumi).

Fa fresco stamattina. Più tardi pioverà. Non c'è niente da fare oggi tranne che pensare alla morte. Non sua, però. No. Non lo lascerei accadere. Solo di Moriarty.

E la mia.

Non ho casi: John me ne potrebbe trovare uno sui giornali. Lestrade potrebbe chiamare. O qualcosa di interessante potrebbe comparire sul sito (improbabile). Ma qualcosa potrebbe esserci.

Forse, forse. Speriamo sia così. Altrimenti il mio cervello verrà lasciato a se stesso. Pericoloso. Forse produttivo.

Sta arrivando, lo so. È tutto già scritto, e stiamo seguendo un copione. Sinistra, destra, sinistra: ordini di marcia. Non c'è modo per uscirne; l'ho costruito io. Lo so. Ricordo il mio vantaggio. La morte senza morire: pensa. Come? C'è un modo. C'è.

C'è tempo. C'è ancora tempo. Sistemerò tutto. Ma prima un caso: sì. Un caso. Qualcosa che mi distragga. Qualcosa di divertente.

Riesci a immaginarlo, John? Riesci già a capirlo? Riesci a vederlo? Sembra così ovvio. L'orologio sta ticchettando. Sta per succedere. Non lo vedi, vero? È il cardine. È imminente. Vetro infranto sospeso sul pavimento. Farà male.

Click di un interruttore: il bollitore è acceso. Passi: sinistra, destra, sinistra. La rigidità se ne è andata. Sbadiglia. Sta venendo qui. Sta per entrare.

A volte lo fa. Non sempre. Ogni tanto mi controlla. Spalanca la porta spingendola, entra. Non so perché. (Ancora manie di controllo?) Vuole sapere dove mi trovo. Vuole vedermi. (Sicurezza? La sua, o la mia? Ha importanza?) Si ferma un attimo da me mentre dormo. Non mi tocca. Non dice niente. Mi guarda soltanto.

Conoscerà la differenza tra quando dormo e quando faccio finta di dormire? Mi ha visto in entrambi i modi. (Io no: è praticamente impossibile vedere te stesso dormire. Ho solo visto lui; lui non finge). Mi studia? Può capire la differenza? È per questo che mi osserva? No: non è il suo stile. Mi guarda solo per controllarmi: è un'abitudine.

È giusto? Forse. Come tamburellare con il dito sul tavolo. (Anulare. Mano sinistra. Tre volte. Perché?)

Il sonno è lento: respirazione lenta, attraverso il naso. Rallentare i battiti del cuore. Temperatura corporea abbassata. Occhi chiusi, postura rilassata. Incosciente. Vulnerabile. Atonico. È così che ci appare chi dorme: molle e rannicchiato sotto le coperte. La testa affondata in un cuscino; la mente che si nutre di se stessa. Shhh, non svegliare il tuo coinquilino, John. Sto dormendo. Sono addormentato.

Un furgone in movimento. Un cane inizia ad abbaiare da qualche parte verso ovest, leggermente a nord. In parte levriero russo, se dovessi provare a indovinare. Nervoso. Per un movimento inaspettato.

Le sue dita toccano la porta: così delicate, cautamente. Il cardine non scricchiola. (Montato durante la ristrutturazione, millenovecentoottantuno; robusto.) Lui mi guarda. (Perché? Perché esattamente?) Una mano appoggiata alla maniglia della porta. Inspira, espira. Inspira.

Lo riesco a sentire; il suo corpo emana calore [3]. A piedi nudi sul pavimento. Il suo respiro caldo. La sua mano rimane sulla maniglia. Il cardine è silenzioso. Posso sentire la sua presenza, mentre sta lì. Ecolocazione [4]: potrei allungarmi e toccarlo senza nemmeno aprire gli occhi. Potrei afferrargli il polso, sentire le sue pulsazioni.

Mi volto affinché possa vedermi, i miei occhi che si muovono, rapidi. Guarda: questo sono io addormentato, poi sveglio.

Succede velocemente, l'istante tra un stato e l'altro, ma ci vuole un momento per adattarsi. La distrazione del passare da un universo a un altro. Entrambi sembrano reali visti dall'interno, e svaniscono dall'esterno.

Una spinta per il mio subconscio a ritirarsi, per la coscienza a prendere il sopravvento; l'attività cerebrale si decide a seguire uno schema. Sveglio.

Puoi dire che questo non sia reale, John? Realtà o finzione: te ne importa? Ti importa di quello che vedi? Non conta niente. Sono stato sveglio per ore, sai? Stavo aspettando che tu facessi iniziare la giornata. Stavo pensando a come risolvere la situazione.

(Magazzino; centrale elettrica; sponda del fiume; parcheggio; tunnel: dove? Come, esattamente? Morire, non morire. Non lo so. Non ancora. Non lo so.) Inizio a domandarmi se sia il caso di permettergli di uccidermi.

Non una soluzione ideale, lo ammetto. Ma definitiva, almeno. Per lui. Ma anche per me.

Il bollitore borbotta sul bancone della cucina; la routine mattutina di John. Il tempo si muove inesorabilmente, non è vero?

Niente che possa fermarlo, non i miei nervi, o il mio cervello, o la mia forza di volontà. Ti posso sentire, John. Guarda: la pantomima del risveglio. So come funziona, a memoria [5]. La reciterò per te.

Può osservarmi: mi esibirò. La nostra routine continua. Mattina. Abitudini. Caffè, toast. I giornali. Sta per accadere. Tutto finirà: male, temo. No: troverò un modo per risolvere tutto. Lo troverò. E questo insieme di abitudini continuerà ininterrotto.

“Buongiorno.” Lo dice piano. Lievemente, come i suoi passi sul pavimento. Quello del risveglio è un processo che rispetta. Inizia gentilmente e senza far rumore, e lui non vuole disturbarlo. Lo lascia sbocciare. Un piccolo fiore alla luce del sole. Sveglio. “Caffè?”

Sa già la risposta, ma chiede sempre. Non è un'offerta, non proprio: adesso lo capisco. È un saluto. Significa eccoci ancora qui, tu ed io. È mattina, e siamo svegli e la nostra solita conversazione deve iniziare di nuovo. Come se potesse non partire, se non facesse quella domanda. Come fare un rituale per obbligare il Sole a sorgere ogni mattina. Sorgerà comunque, lo sai. Stanne certo. Lo farà. Per adesso.

È incorniciato dalla porta. I suoi capelli sono arruffati per il sonno. La sua mano è ancora sulla maniglia.

Il fischio [6] si è calmato; sta per bollire. Il cardine del salotto continuerà a muoversi per un altro giorno. Altri ancora, prima che si rompa e lo spinga a mettersi un paio di pantofole di mattina. Niente cambierà, per un po'. Mi sorride. La luce è debole e lattiginosa attraverso la finestra.

“Sì.” è quello che rispondo sempre. È la mia battuta. “Caffè, sì.”

Nessuno dei due morirà, oggi. Non oggi.




Note alla traduzione:

[1]: qui abbiamo inteso proprio un corno usato come “richiamo”. Il verbo usato infatti è “blowing” .

[2]:  "Breath against the tile, the glass (not shattered yet)" e qua ci siamo veramente dannate. Abbiamo inteso che John, mentre aspetta che il bollitore fischi, si appoggi alle piastrelle (tile) e al vetro (glass).

[3]: nell'originale è "warm point", letteralmente "punto caldo". L'abbiamo reso con un'espressione italiana con lo stesso significato.

[4]: per ecolocazione (o ecolocalizzazione) si intende "la capacità di alcuni organismi (Pipistrelli, Cetacei e alcuni Uccelli) di emettere ultrasuoni e rilevare gli echi riflessi per localizzare la posizione di ostacoli o fonti di cibo", è tipica dei pipistrelli e degli odontoceti (di cui ho appena scoperto fanno parte i delfini). Qui altre informazioni.

[5]: nel testo "inch by inch", quindi come dire "centimetro per centimetro". Dato che non suonava bene, abbiamo preferito rendere l'espressione con un più libero "a memoria" visto che stiamo parlando di recitazione.

[6]: in realtà la parola che traduce "kettle" è bollitore, il problema che usare "bollitore" avrebbe portato a una ripetizione veramente brutta: "Il bollitore si è calmato; sta per bollire". In inglese questo problema non esiste, ma in italiano ho dovuto cambiarla, perché mi faceva venire la pelle d'oca.
  
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