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Autore: Greenfrog    18/02/2013    4 recensioni
"Le foglie ingiallite rappresentano l'autunno con tutta l'incertezza e la malinconia delle creature che ci abbandonano per sempre."
Che cos’è l’autunno? E’ un lento sfrigolio di verdure arrostite in cucine arancioni; è lo stridio delle ruote nelle strade la mattina presto; è l’arancione, il rosso e il giallo; sono le foglie che scricchiolano sotto le suole; le caldarroste per strada che impregnano ogni cosa di loro; è l’odore di piaggia e di erba tagliata; è il the con i biscotti alle cinque di pomeriggio; è la malinconia e i sospiri davanti alla finestra; è la felicità fatta da piccole cose; è uno stato d’animo; è un’attesa per qualcosa che alla fine non arriva quasi mai; sono io. Sei tu.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti, belli e brutti. In questo capitolo entra in scena un
nuovo personaggio che sarà importantissimo per il futuro svolgimento della storia.
Si capirà solo più il là l'importanza di Charlotte. Non vi spoilero più nulla,
non vorrei rovinarvi la sorpresa. Volevo solo dire che una ragazza mi ha tolto la recensione,
e mi è dispiaciuto molto ciò. Non perchè adesso ho una recensione in meno, assolutamente,
ma perchè mi piacerebbe sapere il motivo di tutto ciò. La cosa quindi che più mi ha "ferito"
è che non mi ha scritto il motivo, nulla, tutto svolto in silenzio.
Quindi, se mi recensite e poi decidete di togliere la recensione, va benissmo, ma vi pregherei

di dirmi come mai, se la mia storia vi ha annoiato, è lenta, è scritta male o cse del genere.
Fa sempre bena un pò di sana critica!

Per oggi vi ho annoiate abbastanza, buona lettura.
Un bacio,

Green xx



                                            

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Io, tanto tempo fa, avevo una gemella.

Si chiamava Charlotte. Non l’ho mai amata, come lei non ha mai amato me, non riesco ad amarla neppure adesso, forse è per questo che la sogno, per i sensi di colpa. Era più alta di me, in realtà era più tutto di me. Bellissima, bravissima, la solita sorella perfetta. E non ci somigliavamo per nulla.
Lei aveva i capelli neri come la pece e gli occhi altrettanto scuri, la pelle di un bel colore ambrato, un sorriso senza alcuna imperfezione (io ho dovuto tenere l’apparecchio per un anno intero quando avevo nove anni). Non mi ha mai messo in ombra, nonostante ci provasse costantemente,  perché sono sempre stata io la più amata da nostra madre. Non ne vado fiera, ma so che se fosse stato il contrario adesso non sarei quella che sono, quindi ringrazio ogni giorno mamma per l’amore che mi ha sempre dato e dimostrato.

Mia sorella mi odiava, ma io non odiavo lei, mi è sempre stata terribilmente indifferente. Mi odiava perché, nonostante io fossi asociale, strana nell’aspetto e nelle abitudini, non facessi alcuno sport ai livelli in cui lo faceva lei, non avessi la media scolastica che aveva lei, io avevo tutto ciò di cui avevo davvero bisogno: mia madre, un gatto, e Jase. Lei invece aveva migliaia di amici, prendeva sempre il massimo dei voti, era campionessa regionale di equitazione e aveva ballato al balletto più importante della città, ma non aveva me. So di poter sembrare cattiva e menefreghista, ma questa è la verità. Non l’ho mai disprezzata, non le ho mai risposto male, mai litigato con lei. Semplicemente, l’altra metà della mia anima non era dentro di lei, era in Jase, e c’è tuttora, e penso ci sarà sempre.
Credo che, però, l’altra metà dell’anima di Charlotte fosse dentro di me.
E’ l’unica spiegazione che mi do per riuscire a comprendere il suo comportamento. Desiderava avere me come amica, come sorella, come gemella, in una maniera spasmodica, quasi maniacale, e mi odiava perché non ero in grado di darle ciò di cui aveva bisogno. Chiedeva tanto? In realtà no. Chiedeva ciò che una gemella dovrebbe avere di consuetudine, lo so perché se con Jase fosse andata come con Charlotte, avrei fatto le stesse cose che ha fatto lei per me.
E, probabilmente,sarei arrivata ad odiarlo, prima o poi. Ma, fortunatamente, con Jase non è capitato niente di tutto questo e posso godermi appieno i privilegi di avere un gemello. Fatto sta che ho vissuto tutta la mia vita con accanto una sorella che mi chiedeva ciò mai avrei potuto darle, volente o nolente. E lei ha vissuto tutta la sua vita con una sorella che non è mai riuscita ad amarla, che aveva dentro un pezzo della sua anima ma non l’ha mai desiderata, ha vissuto con una madre che, nonostante tutto, non è riuscita a darle l’amore di cui aveva bisogno e ha vissuto, soprattutto,  sotto l’ombra di Jase. 
Charlotte odiava Jase. Non come odiava me, lo odiava nel vero senso della parola.
Lo detestava, gli avrebbe dato fuoco, se fosse stato per lei. Perché lo odiava? Perché non era nulla, eppure aveva me.
Non aveva mai fatto uno sforzo eppure aveva ciò che lei, per una vita intera, aveva cercato di ottenere, con nessun risultato. Jase, da parte sua, provava per Charlotte ciò che non è mai riuscito a provare per nessun’altra ragazza sulla faccia del pianeta: la amava. Lo so perché l’ho sentito, ho sentito quello che provava lui quando la guardava, ho sentito quell’emozione pura che gli nasceva nel centro del petto . Non gliel’ha mai detto, ovviamente, ma lei se ne accorse e iniziò a farlo stare male solo per tentare di ricattarmi. Alla fine fallì, ma i sentimenti di Jase hanno continuato a tormentarlo. Quando lei morì eravamo insieme, una delle poche volte.

Eravamo in casa, ognuna in camera propria, mamma era uscita per fare la spesa, questione di pochi minuti e sarebbe ritornata. Non trovavo il mio diario e sapevo che sicuro Charlotte l’aveva rubato, come faceva spesso, per leggere di me, desiderosa di conoscermi come non aveva mai fatto. Bussai alla sua porta e non mi rispose nessuno, entrai lo stesso e la porta mi si chiuse alle spalle. Davanti, buio. Un’oscurità densa, cattiva, che mi pesava sulle spalle, un senso di desolazione che grasso aveva iniziato a mangiarmi il cuore. Mossi qualche passo a inciampai. Mi ricordo ancora che davanti ai miei occhi trovai i suoi, neri e bianchi, sofferenti, in cerca dell’unica cosa che le avevo sempre negato: amore. Aperti, spalancati ancora con quell’urlo di aiuto stampato sopra, freddi, morti. Le loro pupille nere strisciavano su di me, indagatorie, cercando di trasmettermi tutto il loro disprezzo.

Mi ricordo che iniziò a prudermi il collo e che inizia a grattarlo in modo compulsivo, distesa là, nell’oscurità di una camera estranea con una gemella morta al mio fianco. Mi ricordo di aver sentito la porta cadere per terra, scardinata della spallate di Jase, mi ricordo i suoi occhi quando aprì la porta ci trovò in quella posizione, poi il buio.
Sia mamma che Jase mi hanno raccontato che quando lui mi ha trovata, avevo un sacco di sangue che mi colava dalla nuca, mia madre ha detto che credeva che anche io avessi tentato il suicidio, ma Jase mi ha rivelato che l’aveva capito subito, e che anche lui aveva quel prurito malefico, malvagio, nella nuca, e anche lui si era scorticato la pelle fino a sanguinare. Mi hanno detto entrambi che sono rimasta in ospedale per sette giorni, e per sette volte il mio cuore si è fermato senza nessun motivo apparente.
E’ stata l’unica volta in cui si sia visto un minimo di legame tra me a mia sorella. Io so perché è successo: il pezzo di anima di Charlotte che risiedeva in me, che lei mi aveva donato con tanta speranza e amore e che io non avevo mai considerato, era morto. In un certo senso, finalmente, ero libera. Anche lei lo era, adesso lo eravamo tutte e due.
 Né io né Jase piangemmo durante il funerale, eravamo tutti e due scossi, lui era scioccato e sentivo il suo cuore stringersi sotto le terribile morsa del dolore, ma sapevamo che l’avremmo superata, insieme.
 
Mi sveglio e sento sulla pelle il sole che mi brucia le guancie, è caldo e pungente, è mezzogiorno, ne sono sicura. Neanche apro gli occhi che sento le labbra di Jase morbide sulla mia fronte.

-Ben svegliata pigrona-

Mi decido a schiudere gli occhi e gli sorrido contenta

-Non ho sognato nulla- esordisco, felice, prima di ri accoccolarmi tra le sue braccia.

-Lo so Sarah. Grazie, mi hai fatto passare una mattina serena-

Mi guarda con quello sguardo limpido e sincero che so che sa rivolgere solo a me.

-E’ grazie a te, lo sai. Quando siamo insieme lei si azzera-

Lui sorride triste.

-E’ sempre stato così, no?- mi domanda serio e dispiaciuto

-Si, è sempre stato così-

Ci guardiamo negli occhi per quella che sembra un’infinità e poi lui si alzò con un balzo, facendomi quasi cadere

-Allora, dormigliona, andiamo a prendere dieci chili di ciccia dai signori Xiang?-








  
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