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Autore: thankyouidols_    25/02/2013    7 recensioni
«ero caduta nella sua trappola, nel suo letto»
sei ragazzi che si ritrovano insieme per una competizione tra band.
amicizia, amore e una scommessa.
«ma più mi allontanavo da lui, più il dolore aumentava»
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando aprii gli occhi la mattina dopo tutto il corpo mi faceva male, sentivo dolore dappertutto e un gran dolore alla testa; sembrava come se qualcuno continuasse a picchiettare dentro un chiodo.
Non mi importò di dove mi trovavo, il dolore prese tutte le mie attenzioni.
Ero su un letto, quello l’avevo capito.
Mi rigirai lamentandomi ma qualcosa mi bloccò non facendomi girare completamente dalla parte opposta.
Aprii piano gli occhi e il moro dormiva beatamente come se fosse un bambino.
Un viso di un angelo, pure troppo perfetto.
Lo guardai attentamente: la sua bocca, le sue palpebre chiuse e i suoi capelli scapigliati.
Dopo un paio di minuti notai di essere un po’ troppo attaccata a lui, quindi mi staccai, forse troppo in fretta perché si svegliò.
«Ehi, sei sveglia»
Disse stiracchiandosi appena per non darmi un pugno in faccia.
«Hai dormito tutta la notte vicino a me?»
Gli chiesi mettendo una mano sotto il mio viso e l’altra sotto il cuscino.
«Già, ieri sera quando ti ho portata in camera hai iniziato a delirare forse per la febbre e non me la sono sentita di lasciarti sola.»
Sorrise aprendo di più gli occhi.
«Immagino cosa avrò detto.»
Accennai un sorriso.
«Ripetevi il nome ‘Harry’.»
Si fece serio e spalancò quasi completamente gli occhi.
Lo guardai dritto in viso facendomi seria anche io.
La testa iniziò a girarmi e mi sentì all’improvviso più bollente di come ero già.
«Ferma. Non ti muovere. Vado a prendere una pezza d’acqua fredda.»
Rimasi immobile come mi aveva detto, mentre lui scendeva dal letto e usciva dalla stanza.
Scoppiai a piangere ripensando a quello che mi era successo.
Oltre ad essere a pezzi dentro, lo ero anche fuori.
Mi misi le mani in faccia cercando di bloccare le lacrime e di non farmi vedere da Zayn prima che rientrasse. Ma non ci riuscì.
«Ehi, ehi, non piangere. E’ la febbre, ieri sera ce l’avevi davvero alta e pensa che stavo entrando nel panico ma poi mi sono ricordato di quella volta che anche mia sorella aveva la febbre ed ero rimasto da solo a casa con lei perché i miei erano fuori per lavoro. Me la cavai con acqua fredda, medicine e un grande abbraccio.»
Risi sotto le lacrime.
Me lo immaginai mentre correva per tutta casa alla ricerca di qualche medicina adatta per l’età della sorellina.
Mentre mi calmavo, posizionò la pezza sopra la mia fronte. Fu abbastanza piacevole.
Chiusi gli occhi, cercando di non pensare a niente.
Ma ovviamente non ci riuscì.
Qualche lacrime continuò a scendere silenziosa.
In quel momento avrei preferito non poter aprire più gli occhi.
«Hai sentito Harry?»
Gli chiesi con un nodo in gola.
Esitò.
«No, ancora no.»
Non sapevo che dire, come lui.
«Sapevi della scommessa?»
Aprì gli occhi e lo guardai dritto in faccia.
«Si.»
Prima che potesse continuare li chiusi di nuovo per bloccare le lacrime.
«Ma non sono mai stato d’accordo con Harry su questa cosa, sapevo che avresti sofferto e non mi piace veder le persone soffrire.»
«Lui non mi ama veramente, quindi?»
Mi sforzai di dire.
Sentì stringere la mia mano.
«Non era previsto che lui si innamorasse di te, ma è successo. Lui ti ama più di quanto tu immagini.»
Non sapevo più cosa pensare, cosa provare, in cosa credere.
Ero caduta nella sua trappola, nel suo letto e da me non me lo sarei mai aspettato.
Ma l’amavo e ci stavo soffrendo.
«Grazie Zayn, davvero.»
Dissi sincera.
Lui mi sorrise e si abbassò per abbracciarmi.
Dopo una paio di minuti ci staccammo e chiesi l’ora. Era quasi l’ora di pranzo.
«Ti vado a preparare a qualcosa da mangiare, tu riposati.»
Sorrise ed uscì quasi saltellando dalla stanza.
Mi accucciai di nuovo nelle coperte cercando il conforto di quel morbido tessuto. Strinsi tutto a me, come una bambina stringe a se tutti i peluches che ha.
Chiusi gli occhi cercando di allontanare quel dolore che bussava sempre alla porta del mio cuore. Io gli urlavo di andarsene, di lasciarmi in pace ma lui non si rassegnava ed eccolo di nuovo li.
Sentivo gli occhi diventare umidi ma prima che le lacrime potessero bagnarmi le guance, entrai nel modo dei sogni, o nel mio caso, degli incubi.


Era buio e camminavo per una strada forse conosciuta.
C’era la nebbia e faceva freddo. Ero impaurita e con il viso bagnato.
Non sapevo dove ero diretta ma di tornare indietro non avevo proprio intenzione.
Continuai ad andare dritta. C’erano alberi spogli e di case non c’era traccia.
Era tutto così lugubre e pietrificante. A destra notai un edificio. Da fuori mi sembrò la scuola e quindi entrai. All’interno tutto cambiò. Ora ero in una stanza e davanti a me c’era un tavolo, illuminato da una luce non troppo potente sopra al centro. Feci un passo avanti e apparvero delle figure intorno all’area illuminata.
I volti di tutti si fecero più chiari e tra quelli riconobbi quello di Harry, David, Liam e Mike. Erano tutti sorridenti che giocavano a carte. In realtà, il loro sorriso mi fecero paura.
Sentivo che erano soddisfatti di qualcosa, erano orgogliosi. Ma di cosa?
Ero immobile davanti al tavolo e nessuno sembrava avermi visto.
Ridevano e urlavano parole che non riuscivo a capire. Stavo per andarmene quando Harry urlò due parole che invece riuscì a capire perfettamente.
«Cuore spezzato!»
Mi bloccai e mi girai. Nel sogno per me, quella era una carta da gioco.
Tutti risero. Erano tutti felici per qualcosa. Per quella carta che era venuta fuori?
Ad un certo punto buttarono tutti le carte sul tavolo e Mike, mettendo le mani dietro la testa disse: «Siamo stati bravi.»
Bravi a fare cosa? Poi come nei cartoni, mi si accese la lampadina.
Erano stati bravi a ferirmi, erano stati bravi a spezzarmi, a tagliarmi, a sbriciolare il mio cuore. Erano tutti riuniti per festeggiare il mio dolore, la mia tristezza, la mia sconfitta. Stavano andando fieri di questo. Ridevano per come ero ridotta, per quanto stavo piangendo, per quanto ero stata stupida a fidarmi di loro.
Continuai a guardarli con il volto pieno di lacrime, poi sparirono ma il tavolo rimase li, in mezzo a quella stanza.
Mi avvicinai e sul tavolo c’erano varie carte: cuore spezzato, delusione, ingenuità, dolore, tristezza, cuore, mente, corpo, lacrime, occhi. E in ognuna di queste carte trovai un pezzo di me. Tutto dall’immagini sembravo io. Non molto distante, c’era la scatola del gioco. Il nome mi fece rimanere di sasso: Ally. Ero io il gioco. Ero io quelle carte. Le persone giocavano con me, mi prendevano in giro per come ero. Le persone mi rigiravano, mi guardavano e cercavano il modo e il momento giusto per giocarmi. Le persone si divertivano con me, mi consideravano solo questo: un gioco.
Scoppiai a piangere e caddi con le ginocchia a terra.


Mi svegliai come se mi mancasse l’aria. Ero sconvolta iniziai a piangere e urlare allo stesso tempo, ero così distrutta da non accorgermi di Zayn che mi accarezzava i capelli.
«Hai fatto un brutto sogno, tranquilla»
«Sono solo un gioco..»
Dissi quasi bisbigliando. Mi strinsi a lui. Avevo bisogno di qualcuno che mi tenesse in piedi psicologicamente parlando. In quel momento ero come una bambola di pezza, dovevo per forza essere sostenuta da qualcuno, altrimenti sarei crollata a terra.
«Cosa?» Chiese Zayn spaventato.
«Perché le persone si prendono gioco di me?»
Chiesi più forte.
«Perché sei una brava ragazza, sei giusta e gli altri cercano di distruggerti perché non sono e non possono essere come te.»
Sprofondai tra le sue braccia.
Per un istante gli diedi ragione, per il resto del tempo la mia testa rimase piena di confusione.



P.O.V. HARRY.


Per tutta la notte avevo continuato a cercare Ally per strada, chiamando il suo nome. Ma niente e nessuno si era fatto vivo.
Avevo chiamato Louis continuamente chiedendogli se avesse notizie e ogni volta era con esito negativo. Avevo chiamato Niall ma anche lui non sapeva niente. Zayn, invece, pur avendolo chiamato due volte, non mi aveva risposto, anzi mi aveva attaccato. Ero scocciato dal suo atteggiamento. Mi tornarono in mente le parole di Mike: «Quella troia si sta scopando il tuo amico»
Mi domandai quanta verità c’era in quelle parole.
Pensai se era vero, chi sarebbe stato quel ‘mio amico’?
Non lo potevo sapere, però una cosa la potevo fare.
Sarei andato a chiedere a Mike qualche informazione su chi l’aveva ridotto così ieri notte.

Girai l’angolo. Camminavo sul marciapiede pieno di neve, in realtà, era tutto pieno di neve. Era un bel panorama. Conoscendo Ally, avrebbe trovato tutto quello ancora più bello di come lo trovavo io.
La casa di Mike si trovava dopo quattro lampioni. Tempo fa la trovavo così casa sua, essendo tutte uguali.
Non sapevo cosa esattamente era successo ieri notte ad Ally, ma avevo una brutta sensazione su Mike.
Ero al secondo lampione. Anzi, più mi avvicinavo più si faceva più forte.
Il vento mi muoveva i capelli ed io non facevo altro che pensare ad Ally. Ogni cosa mi ricordava lei.
Arrivai all’ultimo lampione, ed ecco li la casa.
Salì gli scalini e bussai.
Nessuno rispose, ma io riprovai.
Dopo un paio di minuti, Mike mi venne ad aprire.
«Che vuoi? »
«E ciao anche a te.»
Risposi guardandolo dalla testa ai piedi. Era in boxer ed era abbastanza palestrato, devo dire.
«Posso entrare?»
Chiesi.
«No.»
Stava per chiudere la porta ma io ci misi il piede e lo supplicai di farmi entrare.
Mi guardò senza trasmettere nulla e riaprì la porta.
Dall’ultima volta la casa era cambiata. Avevano fatto qualche ritocco alle pareti e c’erano dei mobili nuovi.
Rimasi in piedi, sapevo che non mi avrebbe chiesto di accomodarmi.
«Sputa il rospo. Se mi vuoi picchiare, è meglio se andiamo fuori, mia madre odia il pavimento sporco, soprattutto di sangue.»
Sorrise mettendosi una maglietta.
«Non sono qui per picchiarti.. e perché dovrei farlo?»
Mi puzzava sempre di più.
«Oh, niente»
Si accomodò sul divano e mise i piedi sul tavolino davanti alla tv.
«Vado subito al dunque, ieri, chi ti ha spaccato il labro e il naso?»
«Pensavo l’avessi capito chi.»
Prese in mano la lattina di birra che si trovava vicino ai suoi piedi e se la portò alla bocca.
«No, non l’ho capito. Ho qualche dubbio su chi.»
«Ti do un indizio.»
«Avanti Mike, non è la caccia al tesoro, non siamo bambini.»
Sorrise divertito.
«E’ una persona con cui hai litigato ultimamente.»
Ero indeciso tra due persone, ma dissi la più ovvia.
«Liam?»
«Gne gne! Errato.»
«Zayn?»
«Ci hai messo un po eh.»
«E perché ti ha ridotto così?»
«Quello chiediglielo a lui, non voglio rovinarti la sorpresa.»
Che strano sorrise. Un misto dal divertito e dal malvagio.
Mi diressi verso la porta e l’aprii.
«Nemmeno grazie mi dici?»
«Non ti meriteresti nemmeno un ciao.»
Risposi e uscii.

Ero indeciso se andare direttamente a casa sua o chiamarlo. Ma forse presentarmi li non sarebbe stato molto corretto.
Con le mani in tasca e la testa bassa, tornai davanti a casa ed entrai in macchina.
Accesi l’aria calda e feci il numero.
Qualche squillo e poi, finalmente, rispose.









SAAAAAAAAAAAAAAALVE.
Mi sotterro. Ok, faccio schifo lo so. Scusatemi, vi prego. Non ho avuto tempo e non sapevo come continuarla.
Perdonatemi çç.
Bene, questo è l’altro capitolo. So già che non riceverò così tante recensione come l’altro capitolo, ma pazienza lol.
Cooomunque, io non so se avete capito il sogno di Ally, cioè a me piace tantissimo perché per ma ha senso.. poi non so se anche per voi ce l’ha. lol.
Come ve la passate? Io abbastanza bene dai.
Beneee, ora vi lascio.
RECENSITE, RECENSITE E RECENSITE.
Un bacio. Fgjhjdk


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