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Autore: Poppodaja    17/03/2013    2 recensioni
Le rovine della città di Darta si ergono cupe e silenti nella Palude. Indisturbate, dormono e si sgretolano al passare lento delle stagioni. Sarà una giovane archeologa, Lorena Burn, a scavare nelle viscere della terra e a risvegliare i segreti che nasconde.
Sarà lei, in una notte, a portare la disfatta in un epoca di pace. Sarà lei, in un momento, a distruggere quanto di buono era stato creato. Sarà lei, in principio, ma verranno altri, perché quanto c'è di malvagio a questo mondo è piacere zuccherino sul palato di mosche fameliche.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Primo

<< La Palude >>

Il sole era appena sorto all'orizzonte. I suoi raggi infuocati disegnavano arabeschi sulla piatta superficie del mare.
Lorena chiuse gli occhi e la luce aranciata dell'alba le colorò le palpebre. Rimase per qualche minuto immobile, poggiata mollemente contro il parapetto della nave, a godere della fresca brezza estiva. Sentiva il richiamo stridulo dei gabbiani in lontananza e la salsedine nelle narici.

-Già sveglia?- una voce maschile la richiamò da quell'oasi di pace.
Lorena voltò piano il capo, socchiudendo gli occhi e schermandosi il viso con una mano.
-A quanto pare- rispose accennando un sorriso.
Una figura familiare emerse dall'ombra di una catasta di reti da pesca. Uiben Pol aveva le fattezze di uno dei tanti modellini di legno che usava per dipingere i suoi quadri. Incredibilmente alto, magro, con le giunture ossute che spuntavano da quegli abiti di stoffa umile e sdrucita che indossava. Il viso scarno era allungato, con zigomi alti e una bocca troppo larga circondata da una biondiccia barbetta incolta. Non lo si poteva definire una bellezza ma aveva qualcosa nello sguardo, una nota spavalda e sicura che lo rendeva per lo meno degno di attenzione.
-La nostra giovane scienziata è impaziente di approdare nel nuovo mondo- commentò Uiben, avanzando a grandi passi sicuri verso di lei. Le assi di legno scricchiolavano sotto i suoi piedi.
-Può darsi- rispose Lorena -vorresti farmi credere che tu non lo sei?- domandò a sua volta.
Uiben aveva ormai raggiunto la fiancata della nave e si curvò sul parapetto, osservando il mare. -Me lo hanno descritto, ne ho già sentito parlare- rispose con una scrollata di spalle.
-Ma non è la stessa cosa!- Lorena si voltò a fronteggiarlo, incrociando le braccia al petto in un moto di stizza.
Uiben sorrise mestamente e chinò il capo nella sua direzione. Le lanciò uno dei suoi sguardi divertiti e Lorena sfuggì immediatamente ai suoi occhi plumbei. Uiben aveva la capacità di metterla in soggezione più di chiunque altro. Di lui poche cose le piacevano e sicuramente il suo fare impertinente non era tra queste.
-Certo- riprese quello tornando a fissare il mare -dimentico che sei ancora una ragazzina. Alle volte non mi capacito del fatto che ti abbiano permesso di partire da sola. Quanti anni hai adesso?-
Lorena strinse le labbra. -Non è educato chiedere l'età ad una donna e neppure mettere in dubbio le sue capacità. Se mi hanno permesso di venire è perché sono ben in grado di svolgere il mio lavoro-. Ebbe un fremito di orgoglio nel pronunciare quelle parole e le sembrò che il sole brillasse più forte. Quello era il primo passo per la sua indipendenza, per la prima volta aveva la possibilità di dimostrare il suo valore.
Il silenzio si protrasse per qualche secondo, interrotto solo dallo sciabordio delle onde e dal canto dei gabbiani.
-Venti- sentenziò infine Uiben, fissandola di sottecchi -Avevo otto anni quando sono venuto a vederti nella culla, neppure allora sorridevi mai. La neonata più malinconica che abbia mai visto- e rise, una risata tanto schietta e impertinente da far arrossire la luna.
Lorena abbassò lo sguardo sul legno levigato delle assi. -Venti sono più che sufficienti- si limitò a dire. Si voltò e fece per andarsene.
-Ti ho offesa- Uiben non smise di ridere neppure mentre lo diceva. Lorena strinse i pugni e si allontanò a grandi passi verso la scala che conduceva agli alloggi sottocoperta. La rabbia le riscaldava il viso e continuava a tenere le braccia così annodate sul petto da sentirle intorpidite.
Aveva dimenticato quanto fosse fastidioso passare del tempo con Uiben. Potevano dirsi amici di infanzia e forse anche parenti per qualche lontano vincolo di sangue e Lorena aveva temuto per qualche tempo di doverlo persino sposare. Probabilmente l'idea di combinare il loro matrimonio era passata per la mente dei Signori Burn e Pol, ma questa era fortunatamente sfumata, senza sgradevoli conseguenze.
Gli alloggi dei passeggeri si affacciavano su un largo corridoio spoglio, con arnesi da pesca arrugginiti appesi qua e la a mo' di decoro. Le porte erano scrostate e recavano incisi dei numeri ormai illeggibili. "La Furia" era il nome della nave, che non si poteva definire un veliero di prima categoria ma piuttosto un mercantile adattato al trasporto di passeggeri.
Lorena si diresse verso la porta del proprio alloggio, inserì la chiave nella toppa e la fece scattare. Dovette spingere parecchio perché i cardini arrugginiti si decidessero a funzionare.
La sua cabina era piccola e angusta e odorava di pesce, ma Lorena era felice di aver ottenuto una stanza singola. Il pagliericcio pulcioso su cui era costretta a dormire da una settimana era perfettamente in ordine, come il resto degli oggetti adagiati su un baule laccato ai piedi del letto. Lorena amava l'ordine e la pulizia e cercava di adattare anche quel buco per topi alla vita di un essere umano.
Si tolse il soprabito blu e lo adagiò con cura sul letto prima di spostarsi verso un piccolo specchio appeso alla parete.
Il proprio viso, pallido e paffuto, comparve nell'ovale della cornice. Era un viso anonimo, dai lineamenti morbidi. Occhi grandi, color nocciola, conferivano una nota di puerilità al viso serioso e solenne, incorniciato da riccioli mogano che spuntavano da una cuffia trinata.
Lorena era una ragazza minuta, con forme morbide e decisamente poco affascinante. Suscitava tenerezza ad un primo sguardo, ma gli angoli della bocca carnosa, perennemente curvati all'in giù, le facevano perdere quanto di fresco e delicato ci fosse nel suo viso.
Si incipriò il viso e controllò che tutto fosse in ordine prima di indossare di nuovo la lunga cappa blu sull'ampia gonna e uscire di nuovo, armata di ombrellino parasole. I primi rumori iniziavano già ad animare la nave. Un'altra giornata era iniziata. L'ultima se tutto continuava ad andare bene com'era stato fino ad allora. Non avevano incontrato ostacoli durante il viaggio, il vento era sempre stato a loro favore e il cielo sereno.
Lorena tornò verso la scala e la risalì lentamente, il ponte si era popolato di vita. Marinai in divisa verde oliva e uomini in cilindro e giacca elegante chiacchieravano allegramente. Le donne se ne stavano invece sedute a prua, con gli ombrellini di pizzo e i ventagli tra le mani. Uiben sembrava essersi eclissato da qualche parte.
Lorena intercettò il comandante in seconda mentre si avviava alla torretta di comando.
-Signor Rover, perdonate- chiamò avviandosi nella sua direzione.
L'uomo si voltò lentamente, preparando uno dei suoi calorosi sorrisi sotto i baffoni grigi. -Signorina Burn, buon giorno. Splendida mattinata non trovate?- domandò. Aveva un vocione roco, che ricordava tanto l'ululato del vento tra le onde. Il viso cotto dal sole era coperta per metà da un paio di mustacchi a punta e per l'altra metà da folte sopracciglia argentee. Sollevò educatamente il berretto verde mentre si inchinava appena, salutando.
Lorena rispose a sua volta con un piccolo inchino. -Splendida- ribadì sorridendo di rimando -mi dicevo poco fa, dovremmo ormai essere vicini alla costa...-
Il Signor Rover annuì, lisciandosi il mento prominente -stavo giusto per chiedere al comandante il permesso di annunciare l'arrivo ai passeggeri. Se aguzzate la vista noterete  l'isola all'orizzonte, dovremmo esserci in meno di un ora- sentenziò allegramente -con permesso- si congedò poi e si avviò alla cabina di comando.
Lorena sentì un fremito nello stomaco. Fece scorrere lo sguardo verso la linea lontana dell'orizzonte. Il mare e il cielo si fondevano in un abbraccio delicato e proprio lì, nel mezzo, si poteva scorgere un sottilissimo velo scuro, che doveva essere il Nuovo Mondo.
Lorena sorrise a quella apparizione. L'eccitazione la pervase. Neppure un ora e avrebbe iniziato la sua nuova vita. Pensò di dover scrivere alla famiglia una volta arrivata, dire loro che stava bene e che tutto era andato per il meglio. Pensò di dover fare le valige, per poter essere pronta a sbarcare in qualunque momento. Doveva radunare i suoi libri, dare un ultimo sguardo alla mappa che le era stata consegnata. Le tremavano le mani al solo pensiero.
L'insensato bisogno di dire a qualcuno che stavano per arrivare la pervase. Le capitava spesso,nei momenti di forte eccitazione, di dover parlare per sciogliere la tensione. Si guardò intorno, le poche persone che conosceva erano impegnate in allegre discussioni.
Arrivò in quel momento il trillo acuto della campana di comando. Il capitano, un uomo basso e tarchiato con la divisa rossa e un alto berretto in capo si affacciò dalla torretta  e annunciò che sarebbero sbarcati entro un ora e che era prevista un incontro al porto per dare loro le giuste indicazioni.
Lorena sentì crescere l'emozione. Si guardò di nuovo attorno, una fiume di persone risaliva dagli alloggi, richiamata dal suono della campana. Lorena cercò Uiben con lo sguardo ma non lo vide da nessuna parte. Non sarebbe stato difficile intercettare la sua scapigliata zazzera biondiccia in  quel mare di cilindri e cuffiette.
Lorena si diresse contro la folla, decisa a scendere sottocoperta. Aveva visto Uiben uscire un paio di volte da una delle ultime porte degli alloggi. Fu lì che si diresse e bussò senza neppure pensarci troppo, dimentica di ogni astio nei suoi confronti. Non ricevette alcuna risposta. Bussò di nuovo, con più forza, e la porta si socchiuse sotto i suoi colpi.
-Uiben? E' permesso?- domandò, sbirciando attraverso la fessura. Dall'interno proveniva un odore acre, un misto di fumo di candela e vernice fresca. L'ambiente era vivacemente illuminato.
Lorena spinse la porta finché quella non incontrò un ostacolo. Lo spazio era sufficiente perché Lorena infilasse il capo.
La cabina era angusta quanto la sua, ma decisamente più ingombra e disordinata.
Il pagliericcio era stato disfatto e appoggiato ad una parete, mentre il resto dell'ambiente era occupato da tele semi dipinte, finite, squarciate o non ancora cominciate. Uiben stava al centro della stanza e le dava la schiena, si muoveva agilmente, come in una danza, curvo verso un tela. Lorena chiamò di nuovo e di nuovo non ricevette risposta.  
Si insinuò nell'apertura della porta, ben attenta a non appiccare il fuoco alla voluminosa gonna. Moncherini di candela erano posati in ogni dove.
Allungò una mano verso la schiena di Uiben e lo toccò, cercando di attirarne l'attenzione.
Il ragazzo sussultò visibilmente e si voltò di scatto, brandendo un pennello imbrattato di colore. Nell'altra mano teneva una tavolozza carica dei più disparati colori.
Lorena ebbe appena il tempo di sbirciare la tela prima che Uiben la coprisse con il proprio corpo.
-Che accidenti ci fai qui?- domandò il ragazzo, gettando in un angolo la tavolozza e il pennello e schizzando le pareti di colore.
Lorena si pentì immediatamente di essere entrata senza permesso. Uiben la fissava dall'alto. Sfiorava il soffitto con il capo e aveva lo sguardo argenteo fiammeggiante di rabbia.
-Mi stavi facendo un ritratto?- domandò a sua volta Lorena, cercando di conferire autorità alla propria voce.
Uiben si strappò qualcosa dalle orecchie, due piccoli batuffoli di stoffa, che gettò nel caos della stanza.  -Cosa?- gracchiò.
-La tua tela. Mi stavi facendo un ritratto.- Ripeté.
Uiben si voltò verso la propria opera, come se non la riconoscesse. -Me l'hanno commissionata- spiegò tornando a fissare la ragazza.
Lorena sgranò gli occhi. -Chi l'ha commissionata?- domandò sbalordita, dimenticando di dover essere arrabbiata.
-Il nome deve rimanere anonimo- sentenziò il ragazzo frugando ai propri piedi in cerca di qualcosa. Lorena poté così ammirare il dipinto, non ancora terminato, che la ritraeva in un abito smanicato, color porpora, su uno sfondo di alberi e prati verdeggianti. La fattura era di certo impressionante, ma Lorena si sentì offesa nel vedere la propria immagine usata senza permesso.
Uiben si sollevò di nuovo e gettò una tela sul dipinto. -Usciamo- disse.
Lorena lo precedette fuori, insinuandosi di nuovo nella fessura della porta.
-Perché non mi hai chiesto il permesso?- domandò, ritrovando un po' dell'indignazione che aveva perso.
-Perché non hai mai detto che bisognava farlo- ribatté quello semplicemente, guidandola nel corridoio.
-Davvero te lo hanno commissionato?-
-Si-
-Chi è stato?-
-Non posso dirlo-
Lorena si fermò e strinse i pugni. -Ho il diritto di saperlo- esclamò.
-E io di non dirtelo- ribatté Uiben, fissandola con sfrontatezza -non aver paura, non appari più brutta di come tu non sia in realtà-.
-Vuoi dire che sono brutta?- chiese stizzita.
-Voglio dire che non tolgo niente alla tua figura quando ti dipingo-
Il silenzio cadde tra i due mentre si avviavano al ponte, prima di salire le scale, Uiben si fermò. -Devo tornare, rischio di appiccare un incendio alla nave se non spengo le candele-  disse, continuando a fissarla. Sembrava ora curioso di scoprire cosa le passasse per la mente.
-Smettila di fissarmi in quel modo- lo ammonì lei, voltando il capo in basso.
-Sto cercando il tuo lato migliore- sorrise lui, aumentando l'irritazione della ragazza.
-Smetterai di dipingermi- impose Lorena.
-No, non lo farò- rise lui.
-Sei...sei un insopportabile...smetterai di dipingermi!- quasi gridava, mentre stringeva i pugni e fissava lo sguardo in quello di Uiben. Sentì avvampare le gote.
-No- sussurrò Uiben, sorridendo serafico -non lo farò-. Rise di lei un ultima volta e tornò sui propri passi.
Lorena rimase sola nel corridoio, tremante di rabbia e con un groppo in gola. Aveva quasi dimenticato la grande notizia del giorno quando sentì echeggiare di nuovo il trillo della campana di comando. Senza pensarci tornò nel suo alloggio e iniziò a radunare la propria roba. Il pensiero era rivolto a Uiben,  a quel quadro. Non le riusciva di credere che qualcuno lo avesse commissionato, come poteva essere? Ma allora perché Uiben era così ostinato a volerla ritrarre? Perché è uno sciocco, un arrogante, un odioso... si disse, mentre gettava con rabbia i propri oggetti nel baule. In breve fu pronta e uscì di nuovo sul ponte, stando ben attenta ad evitare di incontrare Uiben. I passeggeri si erano radunati in circolo attorno al comandante che li stava intrattenendo con qualche barzelletta sul mare.
Lorena non aveva voglia di unirsi alla folla. La costa era ormai vicinissima e il pontile sgangherato del porto non prometteva nulla di buono. II mare andava pian piano scomparendo, lasciando il posto ad una palude fangosa, irta di cespugli intricati e frondose erbacce. Una nebbiolina umida pervadeva l'orizzonte e in lontananza si scorgeva un muro di alti alberi, dalle chiome a ventaglio, cono lunghe liane che pendevano verso il terreno molliccio.
Lorena rimase spiacevolmente stupita. Aveva immaginato pianure verdeggianti e vallate in fiore e si trovava invece davanti quel trionfo di acquitrini e pozzanghere stagnanti. Il gracidio delle rane andava man mano aumentando.
-Bene signori, è stato un enorme piacere traghettarvi fin qui- tuonò la voce del capitano, accolta dall'applauso della folla -benvenuti, signori, nella Palude-.
Cadde il silenzio. Solo ora i passeggeri sembrarono rendersi conto del panorama che li attendeva. Le donne diedero in esclamazioni di disgusto e gli uomini sbirciarono in piccoli binocoli lucenti.
-Non temete, non temente- rise il comandante -c'è un percorso che vi condurrà al sicuro fin nell'accampamento, non fatevi scoraggiare, il Nuovo Mondo vi attende!-.
Il cicaleccio riprese mentre la nave rallentava fino a fermarsi. Una folla di uomini spuntò dagli alberi e seguendo una passerella di assi marcescenti arrivò fino alla nave e aiutò a calare la passerella per l'approdo.
-Questi uomini si occuperanno dei vostri bagagli, vi prego di seguire il Signor Rover fino all'accampamento- concluse il comandante.
La folla si accalcò attorno a lui per salutare e ringraziare mentre il comandante in seconda si avviava alla passerella.
Lorena lo seguì subito, impaziente di scendere a terra.
-Ebbene sarà un piacere per voi ritrarre qualcosa che mai nessuno ha ritratto prima d'ora- sentenziò il signor Rover. Lorena non ebbe il tempo di voltarsi che l'ombra di Uiben la sovrastò.
-Sarà un piacere ritrarre qualcosa di proibito- rispose ammiccando al cielo.
Il Signor Rover parve non capire ma poiché la folla si accalcava, decide di non chiedere altre spiegazioni. Lorena dal canto suo, lo seguì, cercando di mettere quanta più distanza possibile tra se e Uiben Pol.  

  
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