Premetto che ho
scritto questa storia l'estate del 2002.
Avevo appena finito
il primo anno di superiori e la mia testa era ancora da medie, quindi questa
storia può sembrare scontata come tematiche.
Però mi sono
divertita molto a scriverla…se potessi metterci mano ora ne cambierei 4/4 ma ho
preferito lasciarla com’era(correggendo giusto qualcosa)
Penso che adesso
dopo 3 anni di collegio femminile la mia visione del mondo sia un tantino
diversa tuttavia se mia sorella scrivesse un racconto credo che sarebbe simile
a questo…è un racconto fine-medie, no?
Non vi tedio ulteriormente
e vi lascio alla lettura…siate clementi!
L’ultima lacrima
1
Il momento era arrivato, una voce la chiamò da dentro la
classe.
Si fece forza: avrebbe affrontato anche loro, come tutti gli
altri.
“Bene ,bene, bene, questa è la vostra nuova compagna: Hazel
Vise.
Si inserirà a metà anno scolastico perché i suoi genitori si
sono trasferiti qui da poco; Hazel vuoi dire qualcosa hai tuoi compagni?
Hazel sollevò per la prima volta lo sguardo da terra e fissò
il professore con sguardo carico d’astio.
Poi si volse verso i compagni e li fissò con il medesimo
sguardo:
“non ho niente da aggiungere” commentò freddamente
“bene va a sederti
vicino alla finestra”
“non posso.”
“che vuol dire signorina che non puoi”
“vuol dire che non posso, ha guardato il mio fascicolo?”
Il professore prese qualcosa da una cartella sulla cattedra
e lo sfogliò svogliatamente
“ah, emm…si capisco siediti nell’ultimo banco in
fondo…quello va bene?”
“credo sarà sufficiente”
Si diresse velocemente nell’angolo più ombroso della classe
e tirò fuori il libro di filosofia.
I suoi compagni iniziarono a ridacchiare ma ciò non la
toccava più di tanto: ormai ci aveva fatto l’abitudine.
Da quando era piccola i suoi genitori si trasferivano
frequentemente per motivi di lavoro: già era difficile farsi accettare quando
si è nuovi se poi, si era come lei, era ancora più difficile.
Così si era costruita un mondo tutto suo, escludendo i suoi
coetanei tanto che ,ormai, i loro commenti sprezzanti le facevano il solletico.
La lezione era già cominciata quando iniziò a osservare i
suoi compagni: erano delle persone normali.
Sorrise al suono della parola normale…già, loro erano
normali, lei no, lei era diversa.
Guardò meglio, non c’erano persone interessanti nella classe,
erano tutti monotoni e noiosi.
Una calca di diciassettenni che pensava solo ad apparire.
Probabilmente ognuno di loro possedeva un segreto ma non lo avrebbe mai
rivelato a nessuno pur di non perdere la faccia.
All’inizio li aveva tanto invidiati, i normali, ma poi si
era resa conto che non ne valeva nemmeno la pena.
Erano stupidi, essendo consapevoli del loro bell'aspetto non
si curavano di pensare prima di parlare.
Una ragazza attirò la sua attenzione: era alta, bionda con
gli occhi che sembravano due biglie azzurre, continuava a parlare e a ridere
con la sua compagna di banco sebbene la lezione fosse iniziata.
Si chiamava Tiffany. Decise che l’avrebbe odiata.
La campana suonò.
Era l’intervallo, infatti per sbrigare le varie pratiche era
stata fatta entrare alla terza ora.
L’intervallo: uno dei momenti più brutti della giornata,
c’era troppo caos.
Hazel notò che Tiffany le si avvicinava.
“ma guarda un po’ chi abbiamo qui, vieni da un circo per
caso?”
Hazel non rispose
“ah, oltre che a essere “così” sei pure sorda! Beh, che
bell’acquisto non c’è che dire”.
Tutti i presenti scoppiarono in una sonora risata, Hazel
rimase impassibile e continuò a fissare il vuoto.
“Ehi ma ti degni di rispondere, come ti chiami?”
Ancora niente, la voce di Tiffany iniziava a tremare di
rabbia: odiava essere ignorata.
“ S C U S
A S A I L A N O S T R A L I N G U A?”.
Non ottenne risposta
“Bene oltre che brutta e sorda non capisce nemmeno la nostra
lingua…meglio di così!!!” urlò furibonda la ragazza dando un violento strattone
ai lunghi capelli di Hazel che non poté fare a meno di urlare.
“aaaaaaaaaaaa, allora la lingua non te l’ha mangiata il
gatto!”
Tutti scoppiarono a ridere nuovamente. Ma alla fine…cosa
c’era da ridere?
Li odiava, avrebbe voluto mandarli all’inferno ma si
trattenne.
“Quindi se urli sai anche parlare vero?” disse esultante
Tiffany continuando la sua tortura, questa volta ottenne risposta: “bhe,
ovviamente. Credevi fossi scema come te?”
Nella classe piombò il silenzio, si sentiva solo il respiro
affannoso di Tiffany che lottava per controllare la sua rabbia.
Poi, qualcuno le posò una mano sulla spalla.
Un ragazzo, aveva i capelli scuri e gli occhi verdi,
decisamente attraente.
“Lasciala stare Tiff, ma la vedi? Ha già tanti problemi
suoi, non stare a creargliene altri!”
Un nuovo scroscio di risa riempì la stanza.
“ok, hai ragione, è praticamente un mostro”
Detto questo girò i tacchi e se ne andò seguita dal resto da
tutti, nella classe rimase solo Hazel.
Le era andata bene, decisamente bene, non aveva nemmeno
dovuto rispondere alle domande.
Dal diario di Hazel: “…non è stato peggio del solito anzi
è stato persino divertente vedere le facce di quegli stupidi…”
Quando tornò a casa gli operai della ditta traslochi avevano
appena finito di portare dentro i mobili. Passò il resto della giornata ad
aiutare sua madre a sistemare i pesanti tendaggi alle finestre.
Quella sera, uscita dalla vasca da bagno, si mise davanti
allo specchio e scoprì di voler ancora esser normale.
Il suo sguardo percorse tutto il corpo per poi fermarsi sul
viso.
Aveva la pelle candida, quasi trasparente, che lasciava
intravedere alcune vene ,i capelli erano biondo cenere, quasi bianchi.
Fissò gli occhi, aveva le sclere arrossate e gli occhi di un
verde molto chiaro .
Ma non era il disagio che dava alle persone quando erano con
lei a turbarla, quanto il fatto di non potersi esporre alla luce del sole e di
doversi mettere la protezione solare anche quando pioveva.
Non meritava si essere trattata così dagli altri, l’avevano
sempre esclusa.
Fin da piccoli, gli altri bambini piangevano quando la
vedevano, perché era brutta, diversa, strana.
Sospirò, i dottori avevano detto che era una cosa veramente
strana per una ragazza
L’unico consiglio era stato quello di tenersi lontano dalla
luce del sole o avrebbe rischiato grosso, molto grosso.
Ricordava ancora le parole che il dottore rivolse a sua
madre all’ennesima visita di controllo, credendo che lei non sentisse:
“Mi spiace signora, possiamo fare poco, come sa sua figlia è
albina”.
Aveva subito pensato alla cavie da laboratorio e l’idea le
era piaciuta: amava i roditori.
Ma purtroppo era troppo piccola per capire l’esatto
significato delle parole.
Sorrise debolmente, non ci poteva fare niente, era nata così
e così doveva rimanere.
C’è tutta una questione per la quale una ragazza non può essere albina. Ora potrei farvi una lezione sui cromosomi e sulla genetica ma preferisco evitare!
Diciamo che il dizionario medico(Manuale Merck di diagnosi e terapia) parla di un errore genetico e se non ricordo male legato al cromosoma Y quindi solo ai maschi…ma che la mia prof di scienze è convinta che i “bruttissimi albini, persone veramente orribili” abbiano un’isola e che siano di entrambi i sessi…ora magari ha ragione ma preferisco pensare di aver sbagliato io!
Quando mi sono accorta dell’errore avevo già iniziato quindi…spero di non offendere la scienza ma non ho intenzione di cambiare trama.
Se ne volete sapere di più(ne dubito fortemente)posso riportarvi la mezza pagina del Merck e la mezza del dizionario dei termini di medicina(e se chiedo a mio padre magari trovo anche altro…per queste ricerche estrose forse un padre medico non è male…)