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Autore: _ayachan_    16/10/2007    3 recensioni
Naruto e Sakura: il giardino dell’Eden; i fratelli Uchiha: il serpente e la mela… Il peccato originale: il tradimento.
"Tutto ciò che credevo sicuro, si sgretolerà tra le mie mani...
Il mio passato, il mio presente, e il mio futuro...
Chi sono io?
Naruto o Kyuubi?"

[Pairing: cambieranno in corso d'opera, anche drasticamente! Threesome, in ogni caso. Molte]
Genere: Romantico, Drammatico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'eroe della profezia' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Naruto-6


Capitolo sesto

Split up





Il Paese della Pioggia era tecnologicamente più evoluto delle altre Grandi Terre.

Gli alti palazzi che si ergevano verso il cielo già dimostravano un grado tecnologico enormemente avanzato, rispetto a, per fare un esempio, il Paese del Vento: da una parte c’erano grattacieli grigi e cavi che correvano attraverso il cielo, dall’altra case di roccia squadrata, perennemente spazzate dalle tempeste di sabbia.
Il Paese della Pioggia era sempre stato terra di contese e guerre. Probabilmente la necessità di ricostruire ogni pochi anni aveva spinto i suoi abitanti a progredire nel campo della scienza e della tecnica, fino a raggiungere nuovi straordinari livelli.
Da quel punto di vista, non era affatto strano che l’accesso al Paese fosse assolutamente ristretto, e sottoposto a rigidissimi controlli.
Tuttavia la tendenza ad attribuire agli altri le proprie caratteristiche è tipica dell’animo umano, e laddove gli ingressi al Paese erano sorvegliati fino all’ultimo centimetro, le zone in cui la natura si sviluppava incontrastata erano lasciate pressoché al loro destino. Tratti boschivi, grotte sotterranee, pareti scoscese... non interessavano alle guardie. Non quanto i canali delle fogne, almeno.
Ma quella volta una semplice debolezza si sarebbe rivelata un’imprudenza fatale.
Perché non solo il Paese aveva già involontariamente accolto un elemento di potenziale instabilità nella figura dell’Akatsuki… ma aveva anche permesso all’unica cosa in grado di innescare la miccia di fare il suo ingresso indisturbata.
E quella cosa si incarnava in due gruppi di quattro persone: il Serpente e il Team Kakashi.
Attualmente erano entrambi nel Villaggio della Pioggia, il sorvegliatissimo villaggio ninja del Paese, a pochi metri di distanza ma ignari l’uno della presenza dell’altro.
Era stato facile entrare nel villaggio, nettamente più semplice che penetrare nel Paese.
Innanzitutto non avevano dovuto cercare tramiti né attraversare distese di rovi, e in secondo luogo avevano trovato nelle grotte sotterranee della foresta un varco inaspettato. Probabilmente un tempo quei sotterranei erano serviti come rifugio e via di fuga, ma con gli anni e le generazioni i ninja della Pioggia li avevano imprudentemente dimenticati.
Il che avrebbe finito per rappresentare un enorme pericolo.
Kakashi e il suo gruppo camminavano per le strade del villaggio travestiti da mercanti della Pioggia. I ninja del Paese erano tanto sicuri del proprio sistema di sicurezza che quasi sicuramente non avrebbero effettuato controlli, quindi erano relativamente tranquilli.
Come il resto del territorio, anche il villaggio mostrava da subito i segni della tecnologia: il palazzo del capo-villaggio, per fare un esempio, era quanto di più modernamente squallido ci fosse; un edificio squadrato, grigio, coperto di vetrate. Anche le guardie sembravano grigie come il villaggio e il cielo. A loro discolpa si poteva dire che la pioggia perenne non invoglia al buonumore.
I ninja della Foglia camminarono in silenzio fino a imbattersi in una locanda frusta che dava sulla strada principale; l’insegna recitava “Il temporale”, e nel momento in cui i ninja di Konoha la lessero un tuono rombò cupo.
«Decisamente azzeccato…» mormorò Sakura mentre entravano nell’edificio di cemento che, inutile a dirsi, era di un grigio spento.
All’interno una lampadina fredda illuminava un atrio sterile, e l’uomo al di là del bancone leggeva il giornale con aria distratta. Quando li vide arrivare alzò lo sguardo annoiato.
«Una quadrupla?» chiese laconico, ricavando dagli abiti la loro disponibilità economica.
Kakashi scostò appena la tesa del cappello largo, mostrando soltanto l’occhio destro, e, il resto del viso avvolto in una sciarpa blu, assolutamente irriconoscibile, ringraziò e tirò fuori delle banconote usurate.
Le pareti della loro stanza erano troppo sottili per mettere loro di parlare a volume più alto di un bisbiglio, così dovettero sedersi sul pavimento non troppo pulito e preparare un piano d’azione sussurrando.
Con una cartina stesa tra loro, Kakashi indicava diversi punti del villaggio.
«Il grande Jiraya ha incontrato Itachi Uchiha qui» mormorò indicando un vicolo ad ovest del paese. «E ha sconfitto Pain dell’Akatsuki qui» fece scivolare il dito fino a una zona in periferia, nei pressi di un corso d’acqua. «Muovendoci attraverso il villaggio ho captato i discorsi dei ninja: sembra che Pain fosse una sorta di colonna portante del Paese, e tutti sono molto preoccupati per la sua scomparsa… il che mi porta a ipotizzare che la notizia della sua morte non si sia ancora diffusa. Non so se il suo cadavere sia stato ritrovato o meno, ma se così fosse qualcuno ha ritenuto opportuno non divulgare la notizia. Per quanto riguarda noi, ci troviamo qui» additò la strada principale, e un edificio uguale a tanti altri. «Siamo all’incirca nel centro del villaggio, e anche se forse non è una posizione molto sicura, ci permetterà di avere un controllo maggiore su quello che succede nell’intero paese. Ho già liberato i cani ninja per le strade, tra qualche ora torneranno a riferire. Questa pioggia li disturberà parecchio, ma potremmo anche essere fortunati e scoprire che hanno trovato tracce di Sasuke o Itachi»
«Qual è la base dell’Akatsuki?» chiese Sai.
«Questa» Kakashi indicò un grande edificio camuffato tra alti grattacieli. «Ma ora dovrebbe essere deserta…»
«L’Akatsuki non stava rinascendo?» lo interruppe Sakura.
«Sì, ma non credo che si riuniscano ancora nello stesso posto. Sarebbe un’imprudenza troppo grave da parte loro»
«Però… se a ricostituire il gruppo è quel ninja “poco preoccupante” di cui ci ha parlato Tsunade…» ipotizzò Naruto. «Potrebbe aver commesso un errore del genere»
«Dubito che un membro dell’Akatsuki sia stupido, per quanto inferiore agli altri» obiettò Kakashi. «Ma è anche vero che questo Tobi avrebbe potuto fare lo stesso nostro ragionamento, e tornare in quel palazzo credendo che noi lo scartassimo… Quindi domani andremo a controllarlo, per sicurezza. Sempre se i miei cani non portano notizie interessanti»
Sakura, Sai e Naruto annuirono.
«Non sappiamo cosa ha in mente esattamente Itachi?» chiese poi il biondo. «Ha detto che voleva fare una cosa… ma cosa?»
«Il grande Jiraya non lo sapeva. Ma comunque non ci interessa, perché il nostro obiettivo è catturarlo non appena lo vediamo, indipendentemente da ciò che sta facendo. Anche se stesse sviluppando una nuova strabiliante tecnica, non gli lasceremmo il tempo di completarla»
«Maestro Kakashi… posso chiederti una cosa?» domandò Naruto, piatto. «Smetti di chiamare l’eremita porcello “il grande Jiraya”: mi fai venire i brividi…»


Per ora erano solo in tre.
Tobi, Itachi Uchiha e l’ultimo acquisto dell’Akatsuki, un ninja della Pioggia a capo coperto, piuttosto cupo e taciturno.
Si erano radunati in quella stanza buia per la prima volta da quando Pain e Konan erano stati sconfitti, e Tobi giocherellava allegro con i sei anelli dell’Akatsuki che ora gli ornavano le dita.
Itachi e l’altro ninja lo ignoravano.
«Chi stiamo aspettando?» chiese a un tratto quest’ultimo, rivelando una voce bassa e gutturale. Nella penombra i tratti del suo viso non erano distinguibili.
Itachi spostò lentamente gli occhi su Tobi.
Lui fece saltare un anello in aria e lo riprese al volo.
«Cosa?» disse accorgendosi all’improvviso dell’insolita attenzione a lui riservata. «Ah sì! Chi aspettiamo?»
«Sei stato tu a dire di radunarci!» ringhiò il ninja aggressivo.
«Io? Ah, è vero! Su, Kamaro, non essere così spigoloso! Sta per arrivare»
«Chi?» ripeté l’altro, sempre più irritato. Era onorato di essere entrato nell’Akatsuki, ma quello stupido ragazzino proprio non lo reggeva. Come poteva un idiota simile essere nel gruppo?
«Io»
Tutti posarono gli occhi – nel caso di Tobi qualunque cosa ci fosse dietro la maschera – sull’ingresso della stanza, nell’angolo più buio.
Un’ombra era comparsa all’improvviso, perfettamente silenziosa, e aveva parlato con voce neutra.
«Oh» fece Tobi. «Eccolo»
Itachi non commentò. Kamaro assottigliò gli occhi.
«Fatti avanti» ordinò secco. «Chi sei?»
«…Per oggi passi…» mormorò la figura camminando verso di loro, e rendendosi mano a mano più visibile. «Ma la prossima volta che ti rivolgerai a me con parole irrispettose…» ormai era nella penombra leggera, e la sua sagoma era ben delineata. «…Ti ucciderò»
Non aveva alzato la voce.
Non ne aveva neanche avuto bisogno.
Perché Kamaro aveva riconosciuto all’istante quelle iridi a cerchi concentrici, il rin’negan di cui pochi intendevano la natura, e in un secondo momento anche l’anello al suo indice.
Tutti li avrebbero riconosciuti.
Pain era ancora vivo.
Ci fu un istante di silenzio nella stanza.
«Credevo foste morto» mormorò poi Kamaro, passando istantaneamente al voi. «Per mano di Jiraya della Foglia»
«Eppure sono qui» ribatté Pain con indifferenza. «Evidentemente qualcuno ha diffuso una notizia falsa»
A quel punto guardò Itachi. «Non sembri sorpreso di rivedermi» gli disse.
«Dovrei?» ribatté l’Uchiha, impassibile. «La pioggia cade ancora»
Pain si limitò a guardarlo senza ribattere, e posò gli occhi su Tobi per ultimo.
Si fissarono un istante, poi il ninja mascherato sollevò un pollice nella sua direzione – un pollice su cui brillava un anello dell’Akatsuki.
«Tobi è un bravo ragazzo!» affermò orgoglioso. «Li ho portati tutti qui!»
«Hai fatto un buon lavoro» gli concesse Pain.
Lui sembrò profondamente onorato dal complimento.
Il capo formale dell’Akatsuki fece girare lo sguardo su tutti i suoi vecchi e nuovi sottoposti, e prese fiato per iniziare il discorso che si era proposto; un discorso che iniziava con:
«Il nostro obiettivo non è cambiato: la nove code deve ancora essere catturata»


I cani tornarono senza notizie utili.
Se anche Sasuke era passato per il villaggio, la pioggia aveva cancellato ogni sua traccia.
«Me lo aspettavo» confessò Kakashi senza troppa sorpresa. «Questo Paese è pessimo per chi segue il fiuto. Domani ricominceremo a cercare» annunciò prima di andare a dormire.
E il mattino dopo mantenne la promessa, svegliandoli all’alba con loro somma gioia.
«Ci divideremo, e ognuno perlustrerà una zona del villaggio insieme a uno dei cani. Io andrò ad ovest, nella zona in cui Jiraya ha incontrato Itachi, Naruto andrà a sud, Sai ad est e Sakura a nord. Voglio che Pak segua Naruto, e a voi due darò altri cani»
«Perché Pak?» scattò Naruto, corrucciato.
Non si fidavano di lui?
Kakashi inarcò le sopracciglia. «Perché a sud c’è il vecchio quartier generale dell’Akatsuki, che tu dovrai controllare. Non volevo correre rischi, ma se ti disturba…»
Naruto arrossì, rendendosi conto della propria totale idiozia.
«No, va bene…» borbottò rapido, abbassando lo sguardo.
Sakura gli lanciò un’occhiata veloce.
«Okay, andiamo» ordinò Kakashi, indossando i suoi abiti da squallido mercante.
Gli altri lo imitarono, e insieme uscirono dalla locanda come comuni commercianti squattrinati in cerca dell’affare d’oro. Camminarono per qualche minuto, fino a raggiungere la piazza del villaggio, davanti al palazzo del capo. Lì, sotto la pioggia, una fontana zampillava tristemente, e dai quattro lati dello spiazzo partivano altrettante strade che dividevano il paese nello stesso numero di zone. A Kakashi bastò un cenno impercettibile perché i ragazzi capissero dove dovevano andare, e le guardie davanti al palazzo del capo-villaggio non si disturbarono a controllare gli uomini cenciosi che camminavano lenti per il piazzale.
Senza movimenti bruschi Kakashi condusse il gruppo in una stradina secondaria, un vicolo umido e deserto in cui la luce scarseggiava. Lì evocò quattro cani, tra cui Pak, e li affidò a ciascuno di loro.
«Niente colpi di testa» raccomandò prima che si dividessero. «Se trovate una traccia limitatevi ad avvisare. Non c’è alcun bisogno di fare gli eroi… o di lasciarsi prendere dall’emozione» fissò intensamente Naruto. «Sono stato chiaro?»
Lui annuì, serio.
Niente colpi di testa.
Solo raccolta informazioni.
Certo che aveva capito. Non era uno stupido.
«Allora andate»
Partirono tutti simultaneamente.


«Andate»
Pain li congedò nella sua caratteristica maniera fredda e un po’ brusca, voltando loro le spalle.
Tobi, Itachi e Kamaro rimasero fermi mentre lui usciva dalla stanza in penombra, e poi ancora quando furono soli.
Il primo a parlare fu il ninja della Pioggia.
«Io cercherò nuove reclute nel paese del Fuoco» annunciò con la sua voce leggermente roca. «Non intralciatemi»
«E dire che sono il tuo nuovo compagno di squadra!» piagnucolò Tobi.
Kamaro lo fulminò con lo sguardo. «Se dipendesse da me saresti solo una pozza di sangue» ringhiò quasi. «Ma se devi proprio seguirmi, vedi di non farti notare»
«Che paura!» si lamentò lui, terrorizzato. «Ma prima di partire mangiamo qualcosa?» aggiunse subito, allegro come una berta.
Kamaro digrignò i denti. Sarebbe stato un incubo, se lo sentiva. Lanciò uno sguardo invidioso a Itachi, che sembrava immerso in qualche profonda riflessione, e richiamò la sua attenzione. «Sei fortunato» gli disse risentito. «Tu ora sei in coppia con Pain»
L’Uchiha lo degnò a malapena di un’occhiata. Sistemò con noncuranza il colletto della divisa dell’Akatsuki e poi si avviò alla porta.
«Tsk» fece Kamaro indispettito. Non lo rispettavano abbastanza, lì dentro… avrebbe dovuto mostrare in fretta di che pasta era fatto. «Muoviti» abbaiò a Tobi, e si dissolse in un breve mulinello d’aria e polvere.
«Come?» esclamò Tobi deluso. «Allora non si mangia? Accidenti…» e, con un sospiro desolato, scomparve come il compagno.
Itachi, prima di uscire dalla porta, gettò uno sguardo indietro da sopra la spalla.
E i suoi occhi, all’improvviso scarlatti, si ridussero a cupe fessure rosseggianti.


Naruto e Pak camminavano silenziosi sotto la pioggia scrosciante, il cane naso a terra. A un tratto si fermò e scrollò il pelo bagnato, mugugnando qualcosa sulla bandana che gli avevano tolto e che invece lo avrebbe riparato tanto bene.
«Zitto» gli sussurrò Naruto. «Ora sei un cane normale»
«E’ un insulto, ragazzino» ribatté Pak offeso. «Al prossimo ti azzanno la caviglia»
«Sei qua per lavorare, non puoi farlo a bocca chiusa?» ribatté il ninja indispettito.
Il cane abbaiò minaccioso, e un paio di persone si voltarono nella sua direzione.
Naruto si affrettò ad allungare il passo, svoltando in una via stretta tra due alti palazzi. Una volta al sicuro da sguardi indiscreti si lasciò andare a una ramanzina discretamente farcita di insulti, che Pak accolse leccandosi il didietro con noncuranza. Alla fine gli rivolse un’occhiata annoiata, con quei suoi grandi occhi acquosi.
«Hai finito?» chiese sbadigliando.
Naruto aveva una gran voglia di portarlo a un ristorante cinese.
«Mentre tu blateravi cose senza senso» proseguì il cane mettendosi ad annusare in giro «io ho avvertito una traccia. Se non ti disturba seguirmi, credo di aver trovato l’ingresso al vecchio quartier generale»
«Davvero?» fece Naruto, suo malgrado colpito.
«Ti sembro uno che scherza?» ribatté Pak scoccandogli un’occhiataccia.
“Mi sembri uno che ha una gran voglia di morire” avrebbe voluto ribattere il ninja, ma si morse la lingua.
Ora aveva problemi ben più grandi di un cane rompiballe.
Prima di tutto, adesso avevano iniziato davvero.
Finché non avevano raggiunto il villaggio della Pioggia aveva quasi fatto finta che la loro fosse una missione normale, una di routine.
Che non riguardasse Sasuke.
Ma ora, ora che erano sul campo e che davvero lo stavano cercando… l’ansia tornò a serrargli lo stomaco.
Lo voleva rivedere.
Disperatamente.
Anche se l’ultima volta era stato quasi ucciso da lui.
Anche se rischiava di perdere Sakura.
Lui era il suo migliore amico.
La cosa più vicina ad un fratello che avesse mai avuto… e lo voleva indietro.
A costo di uccidere tutti coloro che si fossero messi sulla sua strada.
Niente colpi di testa, gli risuonò nelle orecchie.
“Ah già” realizzò, ricordando le parole di Kakashi. “Devo starmene buono… o almeno provarci”
Pak abbaiò, poco più avanti, e Naruto si affrettò a raggiungerlo.
«Qua dietro» disse il cane accennando a una catasta di rifiuti.
Naruto arricciò il naso disgustato, e lanciò un’occhiata sospettosa al compagno. «Ne sei sicuro?» indagò.
«Muoviti!» abbaiò quello.
«Va bene, va bene…» bofonchiò il ninja, e si diede da fare per spostare la spazzatura.
Nel giro di due minuti aveva liberato il muro; e soprattutto la porta di metallo arrugginito che lo tagliava.
«Entriamo» disse Pak zampettando avanti, e Naruto aprì, sentendosi inspiegabilmente la parte debole del gruppo.
All’interno regnava l’oscurità più completa, e un pungente odore di muffa.
Naruto estrasse dal marsupio la torcia e l’accese, illuminando una stanza ampia e spoglia. Non c’era assolutamente nulla, là dentro, solo cemento e calce. Dall’altra parte del pavimento, però, vide una scala che saliva verso l’alto.
«Di qua» Pak annusò il terreno e si diresse verso la gradinata, scodinzolando piano.
Naruto lo seguì, illuminando la strada davanti a entrambi, e iniziarono a salire gli scalini. I loro passi rimbombavano nel silenzio, anche le unghie del cane che graffiavano il pavimento. La pioggia non era nemmeno un mormorio lontano.
Naruto si sentiva inquieto.
«Le tracce sono fresche?» chiese quando furono in cima.
«No» ammise Pak fiutando rumorosamente il pavimento. «E’ passato parecchio tempo dall’ultima volta che qualcuno ha camminato qui…»
Naruto fece correre la luce della torcia lungo le pareti della seconda stanza, esattamente identiche alla sua gemella del piano inferiore. Anche lì, dall’altra parte della sala, una scala saliva verso l’alto.
Non nutriva molte speranze di trovare qualcosa, ad essere onesto.
L’agitazione, la trepidazione, l’ansia… erano state placate dalla delusione.
Lui e Pak salirono al piano superiore, in fretta. E una volta lì Naruto dovette spegnere la torcia; erano al capolinea.
«Pak?» chiamò il ninja.
Il cane fiutò l’aria e scosse la testa. «Niente. Qui non c’è nessuno» borbottò.
Naruto si accigliò, inquieto, e fece correre lo sguardo sui tubi e le colonne che tagliavano l’aria. Davanti a lui, dove la parete era costituita soltanto da pilastri, la pioggia scrosciava monotona, e i palazzi si stagliavano nel cielo plumbeo.
Neanche un mese prima in quello stesso posto erano stati Pain, Tobi e Konan dell’Akatsuki.
Poi, all’improvviso, Pak drizzò le orecchie e voltò la testa.
«Arriva qualcuno»

Kakashi era fermo su un tetto, accucciato e pressoché invisibile dal basso. La pioggia sferzava il cappello a tesa larga e il vento faceva ondeggiare le falde del mantello, ma lui non si muoveva.
Era solo.
A un tratto mosse appena il capo, e colse un’ombra alle sue spalle, accompagnata da un ticchettio sommesso di unghie. Il cane che lo accompagnava gli si accostò.
«Niente da fare, nessuna traccia» comunicò scrollando il pelo.
«Andiamo avanti» ribatté il ninja alzandosi in piedi. «Il prossimo palazzo è alto più o meno come questo. Dovrebbe essere l’archivio generale della Pioggia»
Il cane abbaiò piano in segno di approvazione, e seguì il padrone che correva sul cemento verso un edificio dall’altra parte della strada.
Spiccarono il balzo insieme, silenziosi come gatti, e atterrarono contemporaneamente senza il più piccolo rumore. Dalla via più in basso nessuno aveva notato nulla.
«Qui c’è una botola» comunicò il cane dopo una breve esplorazione. «E ci sono tracce recenti di un passaggio»
«Itachi?» chiese il jonin.
«No, qualcun altro. E’ un odore totalmente diverso»
«Lo riconosci?»
Il cane scosse la testa.
E in quell’istante uno shuriken fischiò per l’aria, andando a conficcarsi nel cappello di Kakashi.
Lui si mosse rapido, ma non abbastanza, e il cappello gli fu strappato dalla testa. Il cane scattò in posizione d’attacco, abbassando le orecchie e ringhiando, e il suo padrone ricambiò il gentile benvenuto con un kunai ben mirato.
L’ombra vestita di nero dall’altra parte del tetto lo evitò piegandosi di lato, fulminea, e in un attimo fu davanti a lui, a sua volta kunai alla mano. Incrociò l’arma di Kakashi a mezz’aria, facendola tintinnare, e a quel punto entrambi rimasero immobili, i muscoli tesi nello sforzo di non cedere.
Kakashi, con lo sharingan piantato negli occhi dell’aggressore, fece un cenno minuscolo al cane.
Il suo avversario, con il volto completamente coperto, all’improvviso si accigliò.
Saltò indietro all’ultimo istante, evitando il morso, e per un attimo sembrò confuso.
«Kakashi dello sharingan?» chiese, con voce di donna.
«Con chi ho l’onore di parlare?» ribatté lui, senza abbassare il braccio che stringeva il kunai.
La kunoichi che aveva di fronte portò una mano alla maschera che le nascondeva naso e bocca, pronta ad abbassarla, ma un attimo prima che potesse farlo qualcosa catturò il suo orecchio.
«Maledizione…» imprecò, interrompendosi bruscamente. Lanciò un’occhiata veloce a Kakashi. «Vattene, stanno per arrivare quelli della Pioggia» disse brusca, e in un balzo raggiunse il tetto di un altro edificio.
«Ha ragione» abbaiò il cane, fiutando intensamente l’aria. «Sta arrivando qualcuno»
Kakashi esitò per un attimo, accigliato, poi raccolse in fretta il cappello che gli era stato tolto e se lo calcò sul capo.
Mentre imitava la kunoichi di prima saltando fino a un altro palazzo, analizzò la situazione: una sconosciuta aveva appena cercato di ucciderlo. E l’attimo dopo gli aveva salvato la vita.
C’era indubbiamente qualcosa che non andava.
Balzò a un altro tetto ancora, poi giù in un vicolo, sempre accanto al cane, e una volta lì corse fino a svoltare in una strada più ampia e confondersi tra la gente.
Fu allora che vide il piccolo terrier marrone correre nella sua direzione.
E si accorse che lo conosceva.

Sai aveva controllato metà della sua zona senza scoprire nulla di interessante.
Il cagnetto che lo accompagnava annusava freneticamente il terreno, scodinzolando entusiasta, ma lui non riusciva a condividere la sua emozione.
Pioveva.
Erano in missione.
Di nuovo a caccia di Sasuke.
Un altro fallimento avrebbe potuto essere fatale per l’orgoglio di Naruto.
No. Non c’era assolutamente nulla per cui essere allegri. Senza contare che l’ultima volta che erano incappati nell’Uchiha se l’era vista brutta… l’uomo d’acqua – così l’aveva soprannominato – che era con lui e che poteva modificare il proprio corpo fino a decuplicarne la forza, lo aveva ridotto davvero male. Lui e quella sua pesante e affilata spada.
Portava ancora le cicatrici sulla schiena, e, nonostante una piccola parte di lui desiderasse la rivincita, la parte più grande e razionale riconosceva che avrebbe fatto molto meglio a tenersi alla larga.
Però Sai era un ninja, e aveva una missione.
Trovare Sasuke Uchiha. Anche se avesse significato incontrare di nuovo quel Suigetsu.
Il suo cane abbaiò all’improvviso, arricciando le labbra in un ringhio contenuto.
In quel momento si trovavano in una strada abbastanza ampia e affollata, nonostante la pioggia. Sai alzò lo sguardo e lo fece vagare attorno, alla ricerca di ciò che aveva messo in allarme l’animale.
Non dovette guardare molto.
Il Serpente era esattamente davanti a lui.
«Oho…» sogghignò Suigetsu, snudando i denti affilati. «Che fortuna»
Sai si accigliò impercettibilmente, registrando al volo i cambiamenti avvenuti in quell’anno: nessuno, a prima vista. Se non considerava la spada in più sulle spalle di Suigetsu.
Rimase impassibile, fermo nel flusso delle persone che camminavano, con il cagnetto fremente al suo fianco.
Avrebbe dovuto avvisare gli altri.
Il segnale concordato era moltiplicarsi e trasformare le copie nei propri cani, per spedirli poi agli altri, e nel frattempo mantenere il contatto visivo.
Ovviamente nessuno aveva previsto che incappasse nel Serpente in una situazione simile.
“Merda” fu il suo fine pensiero.
«Tu sei di Konoha» disse Sasuke, senza scomporsi. «Significa che anche Naruto è qui?» mosse appena gli occhi sulla ragazza al suo fianco. «Karin»
Lei chiuse gli occhi per qualche secondo, e alla fine annuì. «A sud» mormorò.
«Non sapete veramente quando smettere…» sussurrò Sasuke, accigliandosi impercettibilmente.
Sai tenne ancora la bocca chiusa.
«Posso giocarci un po’?» chiese Suigetsu, leccandosi le labbra. «Ho anche la spada nuova»
«No» rispose l’Uchiha secco.
“Dobbiamo ucciderlo direttamente” pensò, muovendo le mani sotto il mantello.
Sai vide a malapena la stoffa che ondeggiava, e in quel momento seppe cosa fare: scartò bruscamente, infilandosi in un vicolo stretto.
«Tsk» fece Sasuke, inseguendolo al volo, e Suigetsu scoppiò a ridere e balzò sul tetto di una casa che correva parallela alla stradina.
«Ora posso giocarci?» chiese di nuovo.
«Devi ucciderlo, razza d’idiota!» gli urlò Karin. «Non l’hai ancora capito?»
«E io che ho chiesto?»
Suigetsu ghignò, felice, e saltò giù dal tetto.
La lama un tempo appartenuta a Zabuza si conficcò nel cemento crepandolo in profondità, e Sai fu costretto a fermarsi per non finirci addosso. Si voltò, e scoprì che Sasuke lo aveva praticamente raggiunto.
Davanti e dietro aveva i nemici. Di fianco le strette pareti del vicolo.
L’unica sua speranza era il cane che era rimasto indietro, apparentemente ignorato dagli altri.
Ciò che non sapeva era che Juugo se ne era già occupato.
Con dolore, sì, ma se ne era occupato.

A nord del villaggio della Pioggia non doveva esserci niente, in teoria.
Itachi era stato visto a ovest, l’ex quartiere generale dell’Akatsuki era a sud, perché Sasuke avrebbe dovuto essere a nord? Anche se non avesse saputo dell’ultimo avvistamento di Itachi, per lui sarebbe stato senz’altro più conveniente trovarsi a est, ovest o sud. Di certo non a nord.
Sakura non credeva che sarebbe davvero incappata in tracce rilevanti, in quella zona.
Sembrava la parte più povera del villaggio, quella con l’architettura più arretrata e fatiscente, le strade più sporche e i bambini più cenciosi.
L’Akatsuki avrebbe cercato un posto con più disponibilità tecnologica, sicuramente.
Lei, se fosse stata in loro, lo avrebbe fatto.
Il piccolo terrier marrone che la accompagnava annusava scrupolosamente il terreno, per essere certo di non lasciarsi sfuggire qualche traccia. Sfortunatamente per lui l’asfalto crepato era un’unica pozzanghera, e il suo lavoro si preannunciava quanto mai difficile. Ma lei lo lasciava fare senza mettergli fretta, e intanto si guardava attorno.
Il Paese della Pioggia poteva essere il più avanzato tecnologicamente, ma le zone di povertà erano uguali dovunque: aveva perso il conto di tutte le persone che stavano appoggiate ai muri delle case altrui, chiedendo stancamente la carità o lanciandole occhiate poco rassicuranti; gli scarsi negozi erano più che squallidi e deserti, i negozianti fermi sulla soglia con le mani sui fianchi; la sporcizia era incalcolabile.
Probabilmente quella gente non conosceva neppure le più elementari norme igieniche.
Sakura, come medico, non poteva che soffrire per una situazione del genere. Non poteva che provare pietà per quelle persone e desiderare di aiutarle.
Chi, si chiedeva, potrebbe passare accanto a questi bambini e non fare qualcosa per loro?
Poco più avanti un uomo coperto da un mantello scuro camminava. Passò accanto a un bambino, e proseguì oltre senza nemmeno notarlo.
“Già. C’è sempre qualcuno che può” si disse lei amara.
Poi notò un lembo della veste sotto il mantello.
Nera.
Con un frammento di nuvola.
Scarlatta.
Il suo cuore mancò un battito.
Senza pensarci si gettò in una stradina, trattenendo il fiato, e si appiattì contro il muro. Il terrier che la accompagnava aveva le orecchie basse e la coda tra le gambe, nonostante il coraggioso tentativo di snudare le piccole zanne.
«Lo riconosci?» gli chiese Sakura in un bisbiglio.
Il cane annuì.
«E’ Itachi Uchiha»
Sakura inspirò bruscamente.
Maledizione.
Proprio lui!
E dire che era stata così sicura che non avrebbe incontrato nessuno…
…ma non aveva tempo da perdere piagnucolando.
Niente colpi di testa. Se trovate una traccia limitatevi ad avvisare. Non c’è alcun bisogno di fare gli eroi… o di lasciarsi prendere dall’emozione, aveva detto Kakashi.
Avvisare.
Doveva avvisare gli altri.
Congiunse le mani sotto il mento e creò tre copie di sé stessa, alle quali fece prendere le sembianze del piccolo terrier marrone che la accompagnava. Le guardò partire di corsa, dirette verso i loro obiettivi, e a quel punto inspirò a fondo.
Adesso doveva trattenere Itachi.
Tornò sulla strada più ampia, e vide il mantello nero in lontananza. Insieme al cane, che si sforzava eroicamente di scodinzolare come niente fosse, allungò il passo sulle sue tracce. Lo raggiunse presto, forse troppo, e si chiese se non fosse stata imprudente; ma lui non sembrava averla notata.
Continuava a camminare, e lei sperò che fosse diretto al nuovo quartier generale, finché a un tratto non lo vide svoltare in una stradina secondaria.
Lo seguì in fretta, per paura di perderlo, ma quando imboccò la via presa da lui lo vide fermo in mezzo alla strada deserta, girato dalla sua parte.
La fissava.
«Tu sei la ragazza che è con Naruto Uzumaki» commentò, la voce piena di fredda indifferenza.
Lei sentì un brivido correre lungo la schiena, mentre il terrier al suo fianco ringhiava aggressivo.
Deglutì, sotto il cappello dalla cui tesa le gocce di pioggia cadevano a terra, e corrugò la fronte.
Lui era l’origine di ogni male.
Per causa sua Sasuke se ne era andato.
Per causa sua Sasuke era ossessionato dalla vendetta, e metteva ogni altra cosa al secondo posto.
Per causa sua Sasuke aveva sofferto e soffriva.
«Il mio nome…» mormorò, stringendo i pugni e sentendo la rabbia che rapidamente sostituiva il terrore «…è Sakura Haruno. Sono qua per catturarti»














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Spazio autore


C'è una cosa che avrei voluto fare da tanto tempo,
e che non ho mai fatto:
ringrazio davvero sentitamente Kaho_chan,
che ogni volta mi lascia commenti lunghi e, onestamente, lusinghieri! =^^=
Leggerli è sempre un vero piacere!
Passando alla storia, ecco che iniziano i preannunciati casini!
In questo momento sto scrivendo il capitolo tredici, e vi anticipo soltanto che nel dodici succede davvero di tutto...!
Ahh, non vedo l'ora di aggiornare! XD


Aya


  
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