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Autore: Horrorealumna    29/03/2013    2 recensioni
Sussulto, ma lei mi tiene l’indice affusolato premuto sulle mie labbra, intimandomi quindi il silenzio.
Non riesco a definirne i lineamenti, nell’ombra della notte, ma i suoi occhi sono vivi e quasi luminosi. Non hanno più il bel colore azzurro che li caratterizza: sono scarlatti, rossi come il sangue.
Involontariamente sento il mio corpo tremare.
Paura.
Timore.
Posa lo sguardo sul medaglione d’argento per un secondo, poi sussurra:
- Zitta. Resta zitta e non fiatare. Muoviti il più lentamente possibile.
Rimango immobile come ha detto.
- Non muovere gli occhi - mi rimprovera - Chiudili. Ci osserva...
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sentirsi Spiati

Accanto a me, stesa sul suo letto, con un leggero lenzuolo bianco a coprirle le gambe, Lucy fissa il soffitto mentre le parlo del suo inaspettato coinvolgimento alla festa di Tom.
Il suo vero nome era Lucilla, ma lei l’odiava. Ecco perché ogni volta che qualcuno la chiamava così, arricciava il naso, quasi schifata, e subito rispondeva di rivolgersi a lei come “Lucy”. Forse era uno dei motivi per cui odiava sua madre, ma io trovavo il suo nome completo davvero dolce; lei insinuava invece che si sentiva una stupida chiamata in quel modo. Credo che non saprò mai il vero perché di quella scelta.
Diceva di non sentirsi bene, aveva deciso di rimanere a letto fino a quando non le fosse passato; ma conoscendola sapevo che avrebbe passato qualche altra settimana sul morbido materasso. Ora sembrava tutto, tranne che malata o debole. I suoi cortissimi capelli corvini riflettevano l’oblio dei suoi grandi occhi neri e facevano a pugni con le maniche a sbuffo del suo pigiamo bianco.
La conoscevo dagli anni della scuola elementare ed ero felicissima d’averla come migliore amica, visto che la mia lista non era particolarmente lunga; per lei fu esattamente lo stesso a quel tempo, tutto fuorché timida ma con pochi veri amici.
Ascoltarla era un piacere, sapeva come farsi comprendere; era una delle tante cose che mi rendevano fiera di essere al suo fianco, vicina, come migliore amica e confidente.
- Potevo benissimo mentire, ma non l’ho fatto - sussurra sorridente alla fine del mio discorso e delle mie scuse patetiche e infantili - Ho risposto che ti accompagnavo io e ho detto loro di non preoccuparsi.
- Lo so - dico piano - Grazie mille.
- E... com’è stato? Stare con i tenebrosi gemellini? - accenna senza perdere il sorriso.
Faccio spallucce:
- Indifferente. Perché? - chiedo poi, dubbiosa - Come dovrei sentirmi?
Spalanca gli occhi, incredula e sorpresa, per poi esclamare:
- Sei stata accompagnata a una mega festa da due tra i ragazzi più strani - ma belli - della classe e non hai sentito niente.
Decido di accontentarla, altrimenti non me la sarei più levata di dosso:
- Invidia... per Marisol - dico abbassando lo sguardo - Non credo d’aver mai visto una ragazza più bella di lei.
Lucy rimane in silenzio, limitandosi ad annuire pensierosa.
- Credi che usi qualcosa? - continuo, divertita per la sua buffa espressione - Credi utilizzi strane creme di bellezza, o qualcosa per i capelli... ?
- Io credo che così... bisogna solo nascerci - risponde spalancando le braccia - Proprio come me.
No, decisamente non è malata.
Ridacchio. E’ facile per ora mascherarle quello che provo per quei due ragazzi... soprattutto per Jason; in futuro potrebbe rivelarsi tutto più difficile da spiegare.
Sussurro:
- Ma in fondo, sono brave persone.
- Quindi, presumo che la festa sia andata alla grande - brontola lei - Ci sarei venuta, davvero, se non stessi in queste condizioni.
Silenzio.
- Sono debole - ansima - Non so cosa mi sta succedendo, visto che è da un bel po’ che va avanti questa storia.
Annuisco. Perché... ?
- Sembri stare bene, Lucy - la rincuoro piano - Almeno, credo di vederti in forma.
- Scherzi? - ridacchia - Sarei venuta alla consegna del diploma e alla festa, Gabrielle! Solo che... mi sento sfinita ventiquattro ore al giorno, non ho voglia di mangiare e se mi alzo mi viene il fiatone. Mi prude dappertutto...
Affonda la testa nei cuscini, chiudendo gli occhi e sospirando.
- E mi sto preoccupando di essere... - sussurra passandosi la manica del pigiama sulla fronte.
La sua voce è roca, senza espressione. Eppure qualche secondo fa stava benissimo! Mi alzo dal letto, allarmata:
- Vuoi che chiami tua madre? - chiedo preoccupata.
- NO! - urla - Non deve sapere niente. Niente.
Rimango in piedi, col cuore martellante.
- Siediti... per favore - mi dice sottovoce - Se ci sei tu... sento più caldo. Ho i brividi... Gabrielle?
Mi siedo ancora, proprio dov’ero prima, con le labbra schiuse e gli occhi rivolti a Lucy. Cos’ha combinato per sentirsi così sciupata? Non era una tipa da vita notturna, né beveva o fumava. Di fidanzati ne aveva avuti parecchi, ma era stato qualcosa di insignificante visto che Lucy non era una di quelle ragazze che soffrono per amore.
- Ti senti la febbre?
- No, no, no. Sono gelida! - schiamazza - Sono settimane che mi sento così. Non può essere il cibo... Conclusione? Sono da ricovero!
- Shh, zitta - sibilo. Di solito era lei che mi dava forza se mi sentivo male o soffrivo, anche per la più piccola sciocchezza; i ruoli ora, a quanto pare, sembravano invertiti.
- Le ho provate di tutte - continua - Ma non sono più me stessa. Mia mamma pensa che sia un periodo normale, che io soffra per qualcuno o qualcosa... e io vorrei darle ragione.
La mano destra abbandona il caldo rifugio creato sotto il lenzuolo bianco e tasta il comodino al suo fianco, fino a trovare l’oggetto ricercato: il telecomando della piccola televisione, posta su un mobiletto davanti a noi. L’accende, rompendo il nostro silenzio; il canale scelto trasmette il telegiornale.
- Almeno so cosa succede fuori da queste mura - sorride, a occhi chiusi - Ecco perché la tua visita mi ha sorpresa, Gabrielle. Saluta Jason da parte mia, se lo vedi. E chiedi a Marisol dove compra i suoi cosmetici.
Sorrido, prima che i miei occhi cadano sulla sua mano, e sulle sue dita lunghe e magre. Bianche.
- Lo farò - la rassicuro.
Lucy...
- Raccontami - sibila dopo qualche minuto - C’era Tom?
- Sì - sospiro - Fuori di sé, ma c’era.
- Oh, avrei tanto voluto vederlo. Sarebbe stato un toccasana per il mio umore... e il mio stato, vederlo ballare e divertirsi.
- Mh-mhh...
- E quando è finito tutto? All’alba? - chiede schiudendo le palpebre per fissarmi.
- Veramente... - balbetto - C’è stato un... contrattempo. No, meglio chiamarlo incidente.
- In che senso?
Prendo un bel respiro e sparo:
- Nel bel mezzo delle serata, nel salone, è successo qualcosa di strano. Delle tizie hanno urlato di aver visto cadaveri in bagno ed è scoppiato il putiferio; poi è crollato l’enorme candelabro di cristallo appeso al soffitto. Mi sono ritrovata sotto mille pezzi di vetro.
Ha gli occhi sbarrati e lucidi, incollati ad una crepa del soffitto.
- Jason e sua sorella mi hanno portata in salvo - continuo mostrandole la cicatrice sulla gamba, ancora chiara e rosea - E medicata.
Lucy, dopo una breve occhiata a quel che resta della mia ferita, riprende ad osservare il soffitto.
- Credo che qualcuno ci sia anche rimasto... quella sera - confesso - Ricordo la puzza inconfondibile del...
- Sangue? - mi anticipa lei.
- Esatto.
- Uno strano modo di passare il tuo compleanno, eh? - ridacchia - Ma ora, Gabrielle... se non ti dispiace... potresti andare via?
Mi immobilizzo. Quella non è Lucy!
Ho sentito male o... ?
- Scusa... ma ho voglia di riposare, di dormire. E ho bisogno di rimanere sola. Ci sentiremo, sarò io a farmi viva. Scusa, ti dispiacerebbe anche chiudere la porta quando te ne vai? Grazie...
Mi metto in piedi, riluttante e timorosa:
- Buonanotte, allora - le dico piano.
- Notte... freddo... - sussurra.
 
Salutata sua madre, corro verso la macchina. Butto un ultimo sguardo in direzione della finestra di Lucy: intravedo da dietro i sottili e leggeri tendaggi la luce ancora accesa, e strani movimenti d’ombre. Rimango imbambolata a fissare le danze della luce...
Lucy stava davvero male.
Dopotutto, non si conosce mai del tutto una persona; quella ragazza ne era la prova. L’avevo sconvolta? Spaventata? Eppure non avevo colpa del suo strano temperamento.
Stanca... sfinita... senza appetito...
Chissà se...
 
Metto in moto e respiro profondamente, cercando di riordinare le idee... quando sento qualcosa di gelido sfiorarmi il mento. Qualcosa... dietro di me.
Mi giro di scatto per trovarmi a pochi centimetri di distanza da... Marisol! Sussulto, ma lei mi tiene l’indice affusolato premuto sulle mie labbra, intimandomi quindi il silenzio.
Non riesco a definirne i lineamenti, nell’ombra della notte, ma i suoi occhi sono vivi e quasi luminosi. Non hanno più il bel colore azzurro che li caratterizza: sono scarlatti, rossi come il sangue.
Involontariamente sento il mio corpo tremare.
Paura.
Timore.
Posa lo sguardo sul medaglione d’argento per un secondo, poi sussurra:
- Zitta. Resta zitta e non fiatare. Muoviti il più lentamente possibile.
Rimango immobile come ha detto.
- Non muovere gli occhi - mi rimprovera - Chiudili.
- Cosa... ? - sussurro gettando il mio respiro sulla sua unghia lucida e perfetta; questa volta non le obbedisco.
- Ci sta osservando - risponde lei.
- Chi... ?
- Come ti è venuto in mente di uscire? - mi sibila contro, furiosa - Non ti è bastato lo spavento di qualche giorno fa?!
Non capisco. Sento solo il suo sguardo di fuoco, letteralmente, su di me; per il tanto tempo trascorso a fissare quelle iridi scarlatte, mi bruciano gli occhi.
Marisol, comunque, non sembra minacciosa. Mi guarda con timore, senza muovere un muscolo.
- Sei stata in quella casa? - mi chiede velocemente.
Annuisco impercettibilmente e lentamente.
Com’era entrata nella mia auto?!
- Cretina! - mi sbraita contro.
- Marisol... calma! - dice una voce maschile, accanto a me.
Con la coda dell’occhio vedo Jason Allyn, suo fratello, accanto al posto di guida. Sono così intontita da non averli sentita entrare... oppure sono più silenziosi dei gatti?!
I suoi occhi azzurri brillano tanto quanto quelli della sorella; per fortuna, qualcosa di umano!
- Calma... - ripete dolcemente - Elle, non fiatare. Non... muoverti.
- Guida tu - sibila Marisol al fratello - Non ho alcuna voglia di farmi vedere in faccia da...
- Calma... guido io. Cerchiamo di non parlare più - sospira Jason - Chiudi gli occhi.
Ora mi sento al sicuro: posso chiudere gli occhi e distogliere l’attenzione da quegli occhi rossi. Sento che mi prende di peso, mentre si siede davanti al cruscotto e lascia il freno; siamo in movimento.
- Abbassa la testa - mi avverte - Tutt’e due. Nascondete il volto nei capelli.
Poi, con un potente strattone, la vettura parte a tutta velocità, lontana da Lucy.
- Cosa succede? Cosa sta succedendo? - sussurrò, con voce tremula e i capelli in bocca.
- Ci stava pedinando - sussurra Marisol dietro di me.
- Portatemi a casa - dico piano.
- Questo non è possibile - dice agitato Jason, alla mia sinistra - Non ora.

 
 
ANGOLO AUTRICE
Ritardo? Ahahah... lo so. Purtroppo questa sono io.
Ma meglio tardi che mai XD ed ecco il capitolo, pronto e adrenalinico.
Alla prossima :3

 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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