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Autore: Nisi    01/04/2013    3 recensioni
“Come reagiresti tu, se tutto ad un tratto ti dovessero tagliare quei bei riccioloni scuri e te li tingessero di biondo, se ti dicessero che non puoi mettere più il tuo Belstaff e la tua sciarpa blu e ti facessero indossare delle camicie da boscaiolo invece delle tue button down che ti piacciono tanto, se ti portassero via la tua vestaglia preferita e se al posto dei cerotti alla nicotina ti dessero della tisana al tiglio? Se non potessi più suonare il tuo violino?”
Per ragioni di sicurezza Molly Hooper deve assumere un'altra identità e la cosa non le piace affatto. E' evidente che nei suoi nuovi panni non si trovi, ma forse non tutto il male viene per nuocere.
Seguito di Via, ma molto meno drammatico.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono stato via due mesi, una settimana, tre giorni, quattro ore, dodici minuti e venti secondi. C’è voluto del tempo, ma sono riuscito a predisporre una copertura quanto meno credibile e per quanto possibile sicura per me e per Molly.
Non avrei voluto portarla con me, ma è meglio per la sua sicurezza e credo che in ogni caso mi potrà essere utile, se non altro per ricucirmi in caso di bisogno.
Il piano originale era che lei mi raggiungesse, ma qualcosa deve essere andato storto perché Anthea ha detto a Mycroft che sarebbe stato meglio che fossi tornato io a prenderla. Non dovrebbe essere il periodo del suo ciclo e ho ragione di credere che sia in ottima salute, per cui mi domando quale sia il problema.
Non ci sono controlli della sicurezza, qui. Funziona tutto a codici, a schede e ogni persona che entra qui dentro ha un raggio di azione estremamente ben delimitato, senza contare che qualsiasi cosa accade viene scrupolosamente filmata. Non ho quindi difficoltà a muovermi e ad arrivare alla stanza di Molly. Spalanco la porta (con Molly non è il caso di fare cerimonie, se lo facessi si spaventerebbe), ma la donna che c’è qui dentro non è lei. Con vivo disappunto mi accorgo di avere sbagliato perché questa persona girata di spalle è bionda coi capelli corti e porta una gonna che lascia scoperte le cosce tornite. La donna si gira e vedo che porta gli occhiali e prima che possa dire qualsiasi cosa: “Sherlock!”
La voce è quella di Molly, ma il corpo no. Cioè, non ci sono più i suoi capelli lunghi e rossicci, i suoi vestiti assurdi (non che mi dispiaccia, lei ha dei gusti atroci in fatto di abiti) e ora degli occhiali con la montatura in titanio.
“M…Molly?”
Si avvicina a me, ma rimane a distanza di sicurezza. “Sei cambiata”.
Sbatte le palpebre per un attimo e si limita a un: “Già”. Dov’è finito quel suo chiacchiericcio incessante che mi faceva dolere i timpani? Dov’è andata quella Molly sempre così irragionevolmente sorridente e che probabilmente si sarebbe gettata tra le mie braccia? “Come stai, Sherlock?”
“Come credi che stia un morto che cammina?” E’ la mia risposta brusca. Non avrei voluto, ma questa volta sono veramente sorpreso.
“Scusami. Domanda idiota, la mia.”
“Vedo che ti hanno tagliato i capelli e te li hanno tinti in un colore troppo appariscente per i tuoi gusti; è successo da poco, visto che ancora hai il riflesso di sollevare la mano per giocherellare con le ciocche che non ci sono più. Anche il tuo modo di vestire è cambiato, direi anzi che te lo hanno cambiato visto che continui a tirare verso il basso la gonna e non ti ci senti per niente a tuo agio, senza contare quella scollatura che, nonostante abbia il merito di evidenziare il tuo decolleté finalmente in maniera decente, ritieni sia troppo profonda”.
“Basta!” ha messo le dita sugli occhi. “Basta, Sherlock. Ti prego, non farlo. Non dirmi quello che già so. Se non vuoi sentire come sto, vai via, ti prego.”
Ignoro la domanda implicita nelle sue parole, come faccio tutte le volte che mi avventuro in un campo minato, emotivamente parlando, così come ignoro volutamente che per la seconda volta mi si è rivoltata contro. “Ti ascolto.” La invito, anche se posso dedurre tutto quello che mi interessa dalla sua apparenza.
“Sto seguendo un addestramento. Hanno studiato una nuova identità per me, sto imparando tecniche di autodifesa e mi stanno insegnando a usare una pistola.” A queste parole, rabbrividisce. Mi viene quasi da ridere perché Molly Hooper è capacissima di fare un’incisione a Y su un  cadavere in elevato stato di decomposizione senza battere ciglio, ma si sente inorridita al solo pensiero di tenere in mano un’arma.
“Vedo infatti che la tua corporatura risulta più sviluppata rispetto a prima. Anthea dice che hai fatto un buon lavoro. Dovresti essere fiera di te stessa, infatti non capisco la tua espressione corrucciata.”
Sospira. “Immagino che tu abbia dato un’occhiata alla mia identità di copertura.”
“No, in realtà no.”
“Questi… capelli sono orribili, è arrivata quella donna e me li ha tagliati, mi ha dato dei vestiti nuovi, sul mio profilo c’è scritto che devo dire che mi piacciono le ‘Cinquanta sfumature di grigio’ invece di Jane Austen e che devo essere convincente.”
“E’ solo una copertura, Molly”, la ammonisco.
“No, non è solo una copertura, non è questione di recitare, Sherlock. Io… mi hanno fatto diventare un’altra persona! Io non sono così come mi vedi adesso.” Mormora, gli occhi bassi. Sicuramente sta cercando di nascondere le lacrime.
Sono in imbarazzo, vorrei andarmene, queste ostentazioni emotive non necessarie  mi mettono a disagio e mi annoiano.
“Come reagiresti tu, se tutto ad un tratto ti dovessero tagliare quei bei riccioloni scuri e te li tingessero di biondo, se ti dicessero che non puoi mettere più il tuo Belstaff e la tua sciarpa blu e ti facessero indossare delle camicie da boscaiolo invece delle tue button down che ti piacciono tanto, se ti portassero via la tua vestaglia preferita e se al posto dei cerotti alla nicotina ti dessero della tisana al tiglio? Se non potessi più suonare il tuo violino?”
Si è perfino dimenticata di balbettare ed è riuscita a non piangere. Ma ha reso l’idea.
Nella mia mente ricostruisco rapidamente l’immagine di un me stesso senza ricci, senza Belstaff, senza tutto quel che è parte di Sherlock Holmes.
Oh. Oh. Sì, ho capito. Temo di aver capito.
Non la invidio.
E non sono sicuro di voler sapere come faccia Molly a conoscere tutte queste cose di me.
Mi ha dedotto?
*
E alla fine, è arrivato Mycroft. Lo supponevo, era assolutamente prevedibile. D’altronde, il sangue che scorre nelle nostre vene è sfortunatamente lo stesso, quindi sapevo già con precisione matematica che non si sarebbe fatto sfuggire per niente al mondo l’opportunità di una scena madre.
E infatti…
Siamo qui riuniti in un’aula bunker qui ad Hailsham io, Molly, Mycroft, Anthea e lo stesso individuo che abbiamo incontrato a Buckingham Palace, quello che tiene un accendino a portata di mano anche se non fuma.
“Signori”, esordisce mio fratello, guardandosi attorno nella stanza come se non l’avesse mai vista e con quel suo sorriso fintamente rassicurante che anche una persona con un quoziente intellettivo analogo a quello di Anderson correrebbe via a nascondersi dopo averlo visto. O a farsi fare una contro fattura, se dovesse credere a questo genere di sciocchezze. “Vi ringrazio per la vostra disponibilità a partecipare a questo incontro”. Con la coda dell’occhio vedo che Molly inarca le sopracciglia al massimo dello stupore, è evidente che non è abituata a trattare col Governo, che usa l’eufemismo “disponibilità” per indicare “ordine”. “Vi illustrerò brevemente”. Oh, sarebbe la prima volta! “i dettagli del trasferimento di mio fratello, Sherlock Holmes, e della signorina Hooper.” Dottor Hooper, fratello, abbi almeno rispetto del suo titolo e della fatica che ha fatto per ottenerlo.
Nella stanza cala il silenzio e tutti si girano a guardarmi. Sfortunatamente devo aver parlato ad alta voce. “del Dottor Hooper, grazie per avermi corretto, Sherlock”.
“Oh, beh, ma non c’era bis…”
“Dottor Hooper, mi creda, c’era bisogno.” Mycroft si schiarisce la gola, indossa un paio di occhiali che non gli ho mai visto - sembrano proprio degli occhiali da presbite, l’età di mio fratello coincide con quella nella quale i sintomi della presbiopia cominciano a farsi sentire in modo importante – e prende dei fogli da una cartelletta che gli ha porto Anthea. “Mio fratello Sherlock è già a conoscenza della maggior parte dei dettagli che andrò a illustrarvi, quindi questa nostra piccola riunione è più che altro per informare la sign… il Dottor Hooper. Domani mattina, alle ore sette in punto, un elicottero del governo vi porterà all’Aeroporto militare di Merryfield e da lì prenderete un volo privato che vi porterà a Galway, nella parte Nord Ovest dell’Irlanda”
“Galway?” domanda Molly con una vocetta tra l’incerto e il perplesso.
“Sì, Dottor Hooper, le porgo le mie più sincere scuse, ma purtroppo non posso evitare di mandarla tra quegli ubriaconi.” Per una volta sembra veramente contrito.
La vocetta di Molly subisce una decisa variazione verso l’adirato. “Mia madre era irlandese ed era astemia!”
Altro sorrisetto very polite-governativo. “L’eccezione che conferma la regola, Dottor Hooper. Non mi risulta che lei abbia parenti da quelle parti.”
“No, sono tutti morti e comunque la famiglia di mia madre viene dal Munster.”
“Ne ero a conoscenza. Galway perché è la città dalla quale si è sviluppata la rete di Jim Moriarty ed è da lì che si è deciso di iniziare. Lei non dovrà temere nulla, Dottor Hooper, la rete di sicurezza che abbiamo predisposto attorno a lei è di prim’ordine.
“Insomma… allora, se c’è una rete di sicurezza di prim’ordine, potrei restare a Londra, vero?”
“No!” rispondiamo all’unisono io e il Governo e dopo un attimo ci guardiamo in faccia. Faccio un gesto col capo, lui annuisce e prosegue: “Dottor Hooper, se rimanesse qui a Londra avrebbe costantemente rapporti con le persone che conoscono Sherlock e le probabilità che in qualche modo il suo segreto venga rivelato sono reali o comunque lei si troverebbe costantemente in situazioni di imbarazzo e dovrebbe sopportare un notevole stress. Inoltre, è per noi più facile gestire la situazione se vi trovate nel medesimo luogo. E ancora, Dottor Hooper, Sherlock sarà vicino a lei in caso di necessità. E’ chiaro?”
Molly annuisce senza proferire parola. Ha le mani tra le gambe e gli occhi bassi. E’ triste, probabilmente sta rimpiangendo di avermi offerto il suo aiuto. E’ evidente che non sapeva a cosa stesse andando incontro e le conseguenze sono maggiori di quelle che prevedeva. Sentimenti! Preoccuparsi per gli altri non è un vantaggio.
“Molto bene, allora continuiamo. Ci rendiamo conto che sta facendo un grosso sacrificio nel lasciare la sua vita, il suo lavoro, i suoi amici, per cui abbiamo cercato di rendere il suo sacrificio meno gravoso offrendole una posizione alla Clinica Universitaria di Galway. Lei sarà il capo patologo. Non che di patologi ce ne siano molti, sarete in tre in tutto, e d’altronde Galway è una piccola città, ma il reparto è molto rinomato. Inoltre…” e qui Mycroft fece una pausa ad effetto, guardando il suo auditorio.
Alzo gli occhi al cielo, accavallo le gambe e incrocio le braccia sul petto e Molly si gira a fissarmi; è  un po’ irritata dal fatto che si sta discutendo del suo futuro  e frustrata perché non riesce a capire il mio comportamento.
Altro sorrisetto ufficiale di Mycroft, e la fine della frase: “Inoltre, potrà essere d’aiuto a mio fratello per controllare la situazione e grazie al suo lavoro potrà fornirgli delle… distrazioni che sicuramente lui gradirà. Riguardo alla sistemazione, riceverete tutte le informazioni durante il volo. Domande?”
E’ palese che Molly muoia dalla voglia di chiedere quando potremo tornare a casa, ma persino  una persona votata al sentimento quale lei è si morde la lingua, visto che ciò non dipende da Mycroft Holmes. Dipende solo ed esclusivamente da me e da quanto tempo ci metterò a disfare quel che James Moriarty ha messo in piedi.
*
Ecco il nuovo capitolo, spero vi piaccia.
Grazie di cuore a Elena per la sua recensione.
Baci dalla Nisi.




   
 
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