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Autore: Aine Walsh    29/04/2013    1 recensioni
[Benjamin Whishaw]
Ci sono così tanti volti là, visi di tutti i tipi, eppure manca proprio quello che cerco. Non so che pensare e ho la mente completamente imbiancata. Perché illudersi ancora? È evidente che non verrà, chiaro come il sole.
Vuole sbarazzarsi di me? Bene, perché non dirmelo?! Mi sarei fatto volentieri da parte senza pensarci un attimo di più, evitando tutta questa farsa e, soprattutto…
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao! c:
Se hai aperto vuol dire che ti ho incuriosito e questo mi fa un grande piacere *la sua autostima fa un balzo in avanti*, quindi ti ringrazio. Per aver fatto aumentare il numero delle visite e avermi fatto credere che a qualcuno importi davvero questo storia.
Storia che magari (anzi, sicuramente) non è niente di speciale, anche se ho un progetto ben chiaro in testa: voglio "sperimentare" qualcosa e spero proprio di riuscirci *incrocia le dita e spera di non fare brutte figure*.
Bando alle ciance, vi lascio il prologo e aggiungo il resto più giù!


                                   

Prologo
 

King’s Cross, Londra, 23/07/2004

 
La stazione pullula di gente da tutte le parti, la maggior parte delle quali pronte per andare in vacanza. Si distinguono subito: vestiti sbarazzini e colorati, cappelli con la visiera ben calcati in testa, valigie stracolme… hanno già assunto l’aria da turisti prima ancora di arrivare a destinazione.
Tiro appena il colletto, accaldato e innervosito. Non è stata una saggia scelta quella di indossare la camicia in un giorno caldo come questo, lo so e mi maledico da solo, ma a quanto pare sono l’unico a non aver visto le previsioni meteo e a non aver saputo del brusco aumento delle temperature. Seduto su una panca posta tra i binari nove e dieci (cosa che mi fa inevitabilmente pensare ad Harry Potter), alzo il capo in direzione dell’enorme orologio digitale e sospiro. Solo un’altra mezz’ora e il treno mi porterà via.
«Arriverà» mi consola Johanna, battendomi affettuosamente la mano sulla spalla.
«Ma sì, – sorride Thomas – sappiamo tutti com’è fatta, no? È una ritardataria cronica, non c’è da che preoccuparsi».
Chino la testa e mi massaggio una tempia. «Non ne sono tanto sicuro. Abbiamo litigato di brutto e non la sento da quattro giorni».
Jo e Tom si scambiano un’occhiata allarmata. Va bene, litighiamo un giorno sì e l’altro pure, ma non arriviamo quasi mai a non parlarci per così tanto tempo e quando succede sto proprio di merda.
«Dai, non spararla grossa adesso. Stiamo parlando di Dana, non mancherà perché sa che non se lo perdonerebbe mai» dice il biondino, ed è evidente come stia cercando di mettere in pratica tutto ciò che ha studiato negli ultimi tempi per convincermi.
«Tom ha ragione, fattelo dire da una che la conosce da anni e sa com’è fatta. Non ti preoccupare».
Annuisco, più per troncare l’argomento che per convinzione. Una parte di me continua a credere che verrà, ma l’altra mi ricorda quanto sia testarda e quanto io abbia esagerato al telefono l’altro giorno. Ma forse verrà lo stesso. Forse è davvero in ritardo. Forse, per una volta, se ne fregherà di quel suo famoso orgoglio da donna e mi saluterà prima di non vedermi per… 
Il fischio del treno che annuncia il suo arrivo mi scuote violentemente facendomi sobbalzare.
«E che cazzo!» sento urlare una voce da qualche parte dentro di me (dalla zona del fegato, probabilmente). «Proprio questa carcassa doveva arrivare in anticipo?! Proprio oggi?!».
Ma invece mi alzo e tento un sorriso raggiante ai due amici che mi hanno accompagnato. «Penso sia meglio salutarci qui, non c’è bisogno che aspettiate ancora».
«Oh, non vedevo l’ora che tu lo dicessi! Io e Johanna abbiamo tanto da fare ed è stata una tortura scortare un musone alla stazione». Rido e gli mollo una finta gomitata al fianco. Questo ragazzo è un grande, sono sicuro che avrà una carriera eccezionale dopo il RADA.
La morettina mi si avvicina e mi abbraccia. «Ci vedremo presto».
«Lo spero tanto».
«Beh, a me manca un solo anno prima della laurea e poi ti raggiungo. Mi auguro che tu riesca a cavartela anche senza di me, intanto».
Sì, sarà un bravo attore. Più lo guardo e più me ne convinco. Gli batto il cinque prima di prendere il borsone. «Spero che tu riesca a cavartela senza di me – lo rimbecco allegramente – E vedi di non combinare troppi casini. Jo, confido in te».
«Oh sì, mi prenderò cura io di questo baldo giovine» mi risponde quella con tono da ufficiale dell’esercito.
Thomas ci guarda con finto sgomento mentre asserisce: «Voi state complottando contro di me e questo non va affatto bene. Impara ad usare skype, Whishaw, poi vedremo chi combinerà casini».
I passeggeri che scendono dai vari scompartimenti ci fanno capire che il momento a nostra disposizione è finito. Un altro abbraccio, un’altra pacca sulla spalla, altri sorrisi e poi ci separiamo. Mi mancheranno, lo so ed è inevitabile. Faccio qualche passo in avanti e mi fermo,  voltandomi per guardare i due che si allontanano. C’è del tenero tra di loro, Dana non fa altro che ripetermelo dal giorno dopo in cui ci siamo conosciuti e anche io la penso così. Magari, quando sarò tornato, mi aspetterà una bella notizia. Anche se è proprio questo il punto: quando tornerò? Okay, non ho una parte di rilievo nel film (e con uno come Daniel Craig nel cast, dubito fortemente che avrei potuto), ma spero almeno di essere notato ed ottenere altri ingaggi. Non che mi aspetti fama e gloria, e a essere sincero nemmeno mi importa più di tanto, ma spero di potermi portare avanti.
Guardo dentro un po’ di scompartimenti, ma sono tutti pieni e continuo ad avanzare fino a quando non ne trovo uno semivuoto. Busso appena e faccio cenno alla coppia di anziani, che mi sorridono cordialmente e mi invitano ad entrare. Li ringrazio, sistemo il borsone nel portabagagli e mi metto a sedere accanto alla finestra, proprio davanti all’arzilla vecchietta. Avranno più o meno settant’anni e sembrano totalmente rilassati e in pace col mondo; mi chiedo dove stiano andando. Sembrano anche davvero simpatici e ho la sensazione che sarà un buon viaggio, però non ho molta voglia di parlare al momento e non faccio altro che guardare fuori.
Ci sono così tanti volti là, visi di tutti i tipi, eppure manca proprio quello che cerco. Non so che pensare e ho la mente completamente imbiancata. Perché illudersi ancora? È evidente che non verrà, chiaro come il sole. Non avrei immaginato di troncare in questo modo, con una sfuriata dovuta ad un motivo che ho già quasi dimenticato. Certo che però da lei non mi sarei mai aspettato una reazione così infantile. Si crede tanto grande e matura, intavola discorsi sul futuro prendendo spunto da tutti i libri che divora e poi si comporta così. Vuole sbarazzarsi di me? Bene, perché non dirmelo?! Mi sarei fatto volentieri da parte senza pensarci un attimo di più, evitando tutta questa farsa e, soprattutto…
«Giovanotto, ho come l’impressione che quella ragazza stia cercando di attirare la tua attenzione» m’informa il vecchio, sorridendo sotto i baffoni bianchi. Lo fisso inebetito per un secondo, prima di capire il senso delle sue parole e guardare attraverso il finestrino. Dana smette di saltellare e alza le braccia al cielo. Abbasso in tempo il vetro per sentirla esclamare: «Grazie a Dio!».
«Pensavo che non saresti venuta» le dico mentre mi sporgo di quasi mezzo busto verso fuori.
«E perdermi la tua partenza? E non avere l’ultima occasione per ricordarti che sei un cafone?» sorride. Non è arrabbiata, non più, e le rivolgo un ampio sorriso a mia volta.
«C’è stato un brutto incidente che ha paralizzato mezza città, renditi conto. Sono scena dal taxi e ho cominciato a correre e quando sono arrivata ho incontrato Jo e Tom che stavano uscendo e mi hanno detto che eri già  salito e che il treno stava per partire e…». Parla velocemente, ansimando un po’, con le guance arrossate dal caldo e dalla corsa. «…e ho pensato di non arrivarci. Mi dispiace per l’altro giorno, ero furiosa per i fatti miei e ci sei andato di mezzo tu, anche se per una volta non c’entravi niente».
Le faccio cenno di zittirsi e avvicinarsi. Tende la mano e mi porge una busta da lettere. «Cos’è?» domando prendendola.
«Ricordi. Mi piace pensare che non ti dimenticherai di noi dell’Accademia, quando sarai una star internazionale ricca sfondata. Potresti guardarli qualche volta, forse, comodamente sdraiato sul grande divano in pelle nera della tua casa di Hollywood… oppure immerso fino al collo nella jacuzzi che tieni in giardino, quella della casa a Miami».
«Cerca di non farti altri nemici, d’accordo?» rido.
«Ma ti pare? No, tu resti l’unico e il solo».
Mi sollevo in punta di piedi e arrivo a stringerle meglio la mano. Tra noi cala il silenzio, ma sappiamo entrambi di non sentire la necessità di riempirlo. Sorride, sorrido e il mondo sembra fermarsi qui. Ma la portiera viene chiusa con un tonfo e il macchinista comincia ad azionare il treno, posso già sentire le ruote stridere sotto di noi.
«Tornerò, te lo prometto».
«Ogni promessa è un debito, Whishaw».
«Dove sta il problema? Pensi di perdermi davvero così?». Il treno inizia a muoversi, ma non mi decido ancora a lasciarla e non so perché. «Chiamami. Tutte le volte che vuoi».
«Sei tu l’uomo, tu devi chiamarmi» ribatte e le sue guance diventano di nuovo rosse.
«E dove sta scritto?».
«Da nessuna parte, – risponde saccente – è la Regola».
«Ah, la Regola».
«Non sfottere. Stai partendo e non ci rivedremo per chissà quanto, non voglio litigare».
La carcassa  della locomotiva sta per uscire dalla stazione e non vorrei che si sfracellasse cadendo tra i binari.
«Chiamami quando arrivi!» esclama, ferma lì dove le ho lasciato la mano.
Aspetto di perderla completamente di vista prima di tornare a sedermi. Il vecchio sta leggendo una copia del Telegraph e sua moglie mi fissa sorridendo, con gli occhietti blu che scintillano. Quando non ne può più, si sporge in avanti e mi chiede: «È la tua ragazza?».
Sorrido appena. «Forse».


Step 1, come a little closer...

Quindi rieccomi!
Sorvolo sulla storia ed evito di commentare questo prologo per passare a schematizzare le cose più importanti.
Dunque...
1. Ho fatto un blend. HO FATTO UN BLEND! *emozione*
2. A conti fatti, ho già deciso che la storia sarà composta da quattro capitoli. Anzi no, due capitoli+prologo&epilogo. In più, se tutto va bene, dovrei riuscire a pubblicare ogni settimana, così in mese finisco e siamo tutti più contenti ed io posso dedicarmi alle "emergenze" (intendi: "scrivere la tesina" ç_ç)
3. Eh, bisogna ringraziare l'omuncolo che mi ha fornito lo spunto e il titolo per questa fic. Un applauso a Michael Holbrook Penniman Jr., in arte Mika! :')
4. Come mi accade spesso, ho dimenticato tutte le cose che avevo in mente di dirvi... Ah, la vecchiaia che avanza...

I pomodori son ben accetti, ma vi prego di evitare quelli completamente andati a male, se potete. Anche se non dubito che li merito.

Au revoir,

A.



  
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