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Autore: MissNothing    07/05/2013    5 recensioni
"Gerard continuò a fissare le luci dei lampioni stradali fuori dal finestrino della macchina in cui si trovava in quel momento, pensando al fatto che non aveva idea di dove si sarebbe riparato dall'alluvione che era da poco cominciata. Fissò le luci che si appannavano nelle tante piccole goccioline colorate di cui era tempestato il vetro che lo separava di qualche centimetro dalla pioggia battente, e ci poggiò una mano sopra nel tentativo di bilanciare il suo peso prima di trovarsi col volto schiacciato contro la fredda superficie trasparente. Sospirò, il calore della sua bocca che si condensava in vapore contro il finestrino e formava un piccolo cerchio."
[In cui Gerard fa il "mestiere più antico del mondo" e Frank ha una casa discografica e troppi soldi da sprecare. Oppure, volendo, "motivi per cui non avrei mai dovuto vedere Pretty Woman" o "La fiera del cliché" uwu]
!!INTERROTTA A TEMPO INDETERMINATO!!
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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When The Sun Goes Down

-prologo-



 

Gerard continuò a fissare le luci dei lampioni stradali fuori dal finestrino della macchina in cui si trovava in quel momento, pensando al fatto che non aveva idea di dove si sarebbe riparato dall'alluvione che era da poco cominciata. Fissò le luci che si appannavano nelle tante piccole goccioline colorate di cui era tempestato il vetro che lo separava di qualche centimetro dalla pioggia battente, e ci poggiò una mano sopra nel tentativo di bilanciare il suo peso prima di trovarsi col volto schiacciato contro la fredda superficie trasparente. Sospirò, il calore della sua bocca che si condensava in vapore contro il finestrino e formava un piccolo cerchio.

Pensò che se fosse stato piccolo probabilmente ci avrebbe disegnato qualcosa sopra, ma quello non era il caso.

Pensò anche che probabilmente, con i soldi che aveva guadagnato a quella sera, avrebbe potuto comprare qualche tela. Erano passati secoli dall'ultima volta che Gerard aveva avuto l'occasione di dipingere con gli strumenti adatti, e il solo pensiero che avrebbe potuto farlo di nuovo di lì a poco rendeva tutto più sopportabile. Sapeva che ne valeva la pena, e che anche se non ne fosse valsa, bhè, non era qualcosa che dipendeva da lui

Pensò che doveva ancora pagare la bolletta dell'acqua, che a casa c'era il frigo vuoto e di conseguenza avrebbe digiunato di nuovo.

Pensò che il giorno dopo gli avrebbero mandato la prima delle rate in cui si era fatto dividere la bolletta della luce del mese precedente e che non aveva idea di come avrebbe fatto a pagare tutte quelle cose nel giro di qualche settimana, e improvvisamente tele e tempere non sembravano poi così importanti.

Pensò anche che Mikey era da solo a casa e che probabilmente aveva ordinato qualcosa da mangiare, pagando con gli ultimi spiccioli rimasti, e non ebbe tempo di pensare altro prima che lo sconosciuto dietro di lui -nonché proprietario della macchina- venisse con un urlo quasi straziato, interrompendo il filo dei suoi pensieri. Veloce e indolore.

Gerard roteò gli occhi al cielo e non riuscì a trattenersi dal pensare che forse era quasi divertente. E non l'urlo, eh: era divertente il fatto che un cinquantenne con la fede al dito andasse a puttane. Era divertente pensare che se lui avesse avuto la possibilità di sprecare tutti i soldi che quest'uomo gli aveva dato, sicuramente ci avrebbe fatto qualcosa di meglio. Qualcosa di utile.

Poi, preso dalla realizzazione del fatto che la puttana in questione era lui, decise di smetterla di fare la morale e di cominciare a muoversi da quella posizione del cazzo. Si mise a sedere, si rialzò i pantaloni di fretta e furia (impresa non facile, visto che erano stretti come una seconda pelle) e controllò di sfuggita che non gli fossero caduti dalla tasca i soldi guadagnati. Ebbe appena il tempo di sfoderare un finto sorriso e di azzardare un "ciao" con la mano che subito si trovò di nuovo per strada, cercando un posto dove ripararsi dal diluvio in attesa che si facesse l'ora prevista per il suo rientro.

Tutto sommato, quella serata stava andando bene: niente richieste strane, niente stronzi sprovvisti di preservativo, niente posizioni imbarazzanti che lo avrebbero costretto a guardare il cliente negli occhi e niente soggetti complessati che volevano facesse addirittura finta che gli piacesse. A dire il vero niente di niente, in un certo senso. Niente se non trecentoventidue sterline in tasca, che lo spinsero a prendere la decisione di tornare a casa- per quella sera andava bene così.

Camminò riparandosi sotto i vari cornicioni dei palazzi e -grazie a Dio- evitò di rovinarsi i capelli che si era effettivamente impegnato ad acconciare per la prima volta in un bel po' di tempo. In generale il ritorno fu tranquillo e silenzioso: non gli piaceva girare da solo a quell'ora, ma alla fine chi avrebbe potuto esserci per strada alle quattro del mattino di mercoledì sera? Gerard si rese conto che probabilmente il tipo strano e apparentemente malintenzionato che le persone avrebbero evitato era esattamente lui, ma nonostante l'atmosfera pacata e quella nuova sicurezza acquisita, si sentì protetto solo una volta ritornato nel suo quartiere.

Lui e suo fratello vivevano in un sobborgo, sì, ma fra i sobborghi del Jersey in cui erano cresciuti e i sobborghi di Manchester in cui vivevano adesso c'era una differenza epocale: niente sparatorie, niente traffici di droghe, niente lotte fra gangs. Niente di niente. Niente se non persone che un appartamento in centro proprio non potevano permetterselo. Niente se non quella casalinga che stendeva i panni in giardino alle cinque meno venti del mattino e che ogni volta lo guardava e azzardava un cenno con la mano, un po' restia a salutarlo. Niente se non il palazzetto arroccato dove lui e Mikey vivevano, fatto di mattoni che sembravano sgretolarsi solo a guardarli.

Tutto era familiare.

Tutto sapeva di casa.

E, anche mentre Gerard girava attentamente la chiave nella serratura della porta, tutto era normale. Non sapeva nemmeno perché, ma cercava sempre di fare il meno rumore possibile nell'eventualità che suo fratello stesse dormendo; d'altronde, però, non sarebbe stata normalità se Mikey non l'avesse aspettato fino al suo ritorno, rannicchiato in un angolino del divano a due posti a guardare repliche di Little Miss America.

«Hey.» Cominciò Gerard, osservando il modo in cui la TV -unica fonte di luce nella stanza- si rifletteva negli occhiali del più piccolo. Guardò la sua stessa sagoma nello specchio che c'era all'entrata e si chiese come facesse suo fratello a non sapere che si prostituiva quando tutto (dall'eyeliner sbavato ai vestiti un po' troppo stretti, e di nuovo dalle paghe un po' troppo alte e un po' troppo frequenti per un semplice "cameriere" agli orari eccessivamente sballati) sembrava urlarlo forte e chiaro. Un po' si sentì in colpa, un po' no. Diciamo che una parte di lui diceva che forse, se c'era qualcuno che doveva sentirsi in colpa per quella situazione era proprio in quella stanza, ma sicuramente non era Gerard.

«Hey. Hai fatto prima.» Replicò il minore, monotono.

«Meglio, no?» Gerard disse, calciando via gli anfibi in un angolo del salotto (che poi, se vivevano praticamente in un bilocale, si poteva definire tale?). Si andò a sedere accanto al fratello, fissando lo schermo con interesse pressoché inesistente.

«Com'è andata al bar?»

«Tutto bene. Poca gente. Ho quasi buttato un vassoio addosso a dei clienti. Ha.» Inventò il maggiore in risposta a suo fratello, cercando di intricare qualche dettaglio qui e lì per rendere più solido il suo alibi e di parlare il più velocemente possibile così da impedirgli di sottolineare possibili incongruenze con quello che stava dicendo in quel momento e quello che avrebbe potuto aver detto giorni, mesi... anni fa. «Tu stai... bene?» Si intromise dopo qualche secondo di silenzio.

«Bene. Prima credevo che mi stesse venendo una crisi e volevo chiamarti, però poi mi sono reso conto che stavo bene e che non so più nemmeno riconoscere una crisi ed è preoccupante come cosa, no? Non riesco a capire se sto bene o... o no.» Gerard deglutì, ringraziando Dio che non lo avesse chiamato e osservando il modo freddo e impassibile in cui suo fratello parlava di certi argomenti. Nemmeno lo guardava in faccia, e per raccattare un po' dei pezzi che gli sembrava perdere ogni volta che dialogavano con tanta tranquillità a proposito di una cosa che evidentemente uno dei due stava prendendo più seriamente dell'altro, si rannicchiò con le gambe strette al petto e il mento poggiato fra le ginocchia.

«A te sembra felice quella bambina?» Continuò il più piccolo dopo non aver ricevuto alcuna risposta.

«La bionda?» Chiese il maggiore, indicando un angolino del televisore con così poca forza che dopo qualche secondo sentì il braccio cedere e cadere al posto di prima.

«Mh-mh. Quella con la tiara.»

«...A me no.» Constatò, osservando l'evidente voglia di sprofondare in un buco di quella quasi-neonata. Era un cazzo di miracolo che sapesse già camminare, in effetti.

«Nemmeno a me. I genitori dicono che il suo sogno è di essere una reginetta di bellezza, ma hey, chi cazzo ve l'ha detto se non sa nemmeno parlare?» Sbuffò Mikey, probabilmente molto preso dalle avvincenti cronache e ingiustizie che accadevano nel mondo dei concorsi di bellezza per bambine. Gearard non poteva dargli tutti i torti. «E poi pensaci- stanno vendendo l'immagine delle loro figlie per soldi.» Continuò, mandando abbastanza in ansia il fratello con quell'ultima affermazione.

«Mikey, cambia prima che ti venga un'ulcera.» Disse Gerard nel tentativo di fermare quella discussione prima ancora che cominciasse, afferrando il telecomando poggiato esattamente nella parte vuota del divano. Sbuffò una volta cambiato argomento, non riuscendo più a seguire il vero e proprio filo logico di ciò che stavano dicendo e rispondendo con dei versi, dei monosillabi o delle affermazioni veramente poco coinvolte.

Certe volte si chiedeva chi dei due fosse più furbo fra lui e suo fratello. Certo, non era sicuro che avesse capito e magari quelle sue uscite improvvise non erano altro che delle coincidenze, ma in caso Gerard non fosse stato così fortunato da essere riuscito a nascondere al suo stesso fratello (che insomma, cazzo, viveva con lui ed era anche un bastardo piuttosto perspicace) la fonte dei suoi guadagni, allora Mikey era un sadico bastardo. Uno di quelli a cui piace punzecchiare i cadaveri degli uccelli trovati a terra con i rami, per fare i sempliciotti.

Infondo era quello che faceva: vendere la sua immagine.

Anche il suo corpo, in effetti. Non è che ce lo puoi infilare dentro un'immagine, ecco.

E a quel punto era chiaro che a Mikey non avrebbe fatto granché piacere saperlo.

«Gerard?» Lo chiamò quest'ultimo, facendogli rendere conto che erano più o meno dieci minuti che non rispondeva ad una domanda che nemmeno ricordava. Il ragazzo si voltò verso il più piccolo, schiacciando la guancia sinistra contro il ginocchio in una posizione non molto confortevole. «Gerard, stai bene?» Gli chiese, aggiustandosi gli occhiali sul naso e preoccupandosi come se fosse lui quello che appena il giorno prima era stato sul punto di svenire. Così come il giorno prima ancora, e quelle tre volte della settimana precedente, e anche quella volta di un po' di tempo fa che, effettivamente, era svenuto davvero.

«Certo, perché non dovr-» Disse, interropendosi per sbadigliare. «-dovrei?»

«Ti sei rannicchiato. E lo fai quando qualcosa va male.» Disse, e Gerard sbuffò mentalmente. Certe volte era orrendo dover vivere con qualcuno che lo conosceva così affondo, specialmente per qualcuno come lui che preferiva non annoiare le persone con i suoi problemi. D'altronde non poteva dargli torto: effettivamente tutto andava male. E sedersi in quel modo lo faceva sentire tranquillo, al riparo. In qualche modo lo convinceva che le cose sarebbero andate per il verso giusto, e quella convinzione rimaneva con lui per un po' di tempo. Quanto bastava per distrarlo, almeno.

«Sono solo un po' preoccupato per tutte le cose da pagare...» Cominciò, e in effetti era vero. Stava nascondendo solo una piccola parte del problema. «...rate, bollette, scadenze...»

«Woah, Gerard, tranquillo. Alla fine ce la caviamo sempre, in un modo o nell'altro, no?»

«Già...» Riuscì a trattenersi a stento dal dirgli che sì, cazzo, se la cavavano sempre, ma non sarebbe stato così ottimista riguardo la situazione se fosse stato lui quello che faceva sesso con dei completi sconosciuti per avere almeno un tetto sotto a cui vivere, e si rese conto di quanto quella situazione lo stesse rovinando; poche volte era stato così acido in vita sua, e soprattutto si sentiva orribile nel nascondere tutte quelle cose da suo fratello, che da un anno a quella parte gli aveva confessato alcune fra le peggiori cose che avesse mai fatto.

«Tranquillo.» Disse di nuovo Mikey, allungando il braccio per dargli una pacca sulla spalla.

«Sai che ti dico? Io... io vado a dormire.» Gli sorrise il più grande, alzandosi con una calma sconcertante e sentendo un dolore assurdo per tutto il corpo. Fece una smorfia per trattenersi dall'urlare e si stiracchiò nel tentativo di eliminare quella sensazione delle ossa che si sgretolavano l'una contro l'altra, avviandosi verso la sua "camera da letto". Si approcciò ad aprire la porta e, prima di ritirarsi definitivamente, si girò per sorridere a suo fratello. «Notte Mikes.»

«Notte.» Ricambiò l'altro con lo stesso ghigno stampato in volto.

 

**

 

Frank sbuffò -come sempre- mentre entrava in casa, gettando le chiavi nell'apposito contenitore posto su uno degli scaffali all'entrata. Non ebbe nemmeno il tempo di togliersi le scarpe praticamente fradice che subito il telefono fisso cominciò a suonare, causando un ennesimo lamento silenzioso.

Certe volte era brutto avere una casa enorme e vuota.

Del tipo che anche se stava solo maledicendo tutto il mondo, voleva solo che qualcuno lo sentisse. Che qualcuno potesse dirgli di smetterla o potesse incazzarsi ancora di più e dargli un modo per sfogarsi. Certe volte voleva solo qualcuno.

«Frankie!» Non ebbe nemmeno bisogno di controllare il numero sul display o anche solo di chiedere chi fosse per rendersi conto che il mittente della chiamata poteva essere solo una persona al mondo: sua madre, unico essere umano con la voce così alta e squillante e soprattutto unica che, anche dopo il compimento e superamento abbondante dei vent'anni lo chiamava ancora così.

«Hey, ma', ciao.» Rispose dall'altro lato della cornetta che, pur separandoli di un oceano, non celava nemmeno un minimo del suo mancato entusiasmo. «E' successo qualcosa?»

«No Frankie! Io e tuo padre volevamo solo sapere come stai.»

«Bene, ma', grazie..»

«Non vediamo l'ora di vederti lunedì! Una settimana intera insieme!» Merda. Col cazzo che se lo ricordava. Era già un miracolo se si ricordava di respirare, durante i periodi di casting alla Skeleton Records, figuriamoci se aveva tempo di pensare alle sue "vacanze".

«Oh, sì- certo, certo mamma, certo...» Disse, e non aveva seriamente idea di come sua madre avesse potuto credergli. Magari voleva illudersi, no? Far finta che suo figlio avesse tempo per ricordarsi dei suoi gran galà annuali o delle settimane di vacanza da loro. Delle cene con gli amici di famiglia e con la famiglia stessa, di tutte quelle cose di cui non gli era mai importato granché in tutta la sua vita e per le quali continuava a nutrire il più genuino disinteresse.

«Conosceremo il tuo fidanzato questa volta?» Chiese Linda dall'altro lato del mondo, e Frank -che era nel bel mezzo di un fallito tentativo di andare in bagno per asciugarsi senza sgocciolare acqua sul parquet- rimase pietrificato nel bel mezzo del suo salotto, cominciando a sentire i brividi di freddo ogni volta che gli si appiccicava la camicia fradicia al petto.

«Oh.» Replicò semplicemente Frank: la verità era che, dopo essersi cacciato in svariati casini, aveva finalmente capito che forse era ora che la smettesse di mentire ai suoi genitori giusto per farli felici, anche se vivevano a distanza. Infondo la sua vita sentimentale -o morte, forse era più adatto come termine- era solo e unicamente affar suo, ed era sbagliato e stupido che si sentisse in dovere di rassicurare i suoi riguardo essa. Merda.

«Sì?» Chiese sua madre, speranzosa.

Frank avrebbe potuto farla finita lì.

Avrebbe potuto dire qualche stronzata come "ci siamo lasciati l'altro giorno", o anche solo che era via per lavoro in quel periodo. Casualmente. C'erano centomila modi per porre fine a quel guaio enorme, eppure lui non aveva intenzione di farlo: che c'era di male a fingere di essere un'altra persona con un'altra vita per una settimana?

E poi Frank aveva un piano. Mica era un coglione a caso, no. Era talmente abituato a mettere in scena quei piccoli teatrini una o due volte all'anno che probabilmente adesso era come una seconda professione. Agente Iero, bugiardo seriale.

«Certo!» Rispose con finto entusiasmo, guardando con aria sconsolata i calzini ormai passati a miglior vita.

«Fantastico! Non vediamo l'ora, Frankie!» Continuò, e dopo qualche scambio di inutili chiacchiere e qualche accertamento sullo stato di salute del figlio -che, a proposito, nel frattempo aveva cominciato a starnutire un copioso ammonto di volte-, Linda attaccò, lasciando finalmente Frank da solo.

Ora gli serviva soltanto un modo per metterlo effettivamente in pratica, questo piano.

 

**

 

Heeeeeeeeya!

Lo so, aoifjewifjewr, ho finito da tipo dieci giorni una long di diciassette fottuti capitoli, però sapete che vi dico? Ho talmente così poco da fare....... <3

Non so precisamente quando, mi sembra verso le vacanze di Pasqua, parlando con quella zoccolona a pedali di Shaddix (tvb xdxd) mi è venuto un secondo il bisogno di staccare da, appunto, la storia che stavo ancora completando in quel periodo. Si sa che alcune volte quando ci metti del tuo in quello che fai poi ad un certo punto c'è bisogno di fermarsi per un po', e durante quella pausa, questo è quello che è nato (?)

E' una cosa completamente nuova per me perché non ho mai scritto una vera e propria AU, quindi non so precisamente dove andrò a parare e soprattutto ho cercato di tenere i personaggi abbastanza fedeli a quelli originali, ma spero vi piaccia lo stesso uwu

Come ho detto anche nella descrizione la trama si basa vagamente su Pretty Woman, anche se cercherò di distaccarmi il più possibile dal film per non- cioè, non so come spiegarlo, riscrivere la stessa cosa con personaggi diversi? L'effetto che vorrei evitare è quello

Mi rendo conto che ci sono molti buchi e cose che non sono spiegate proprio benissimo, in questo capitolo (tipo che cazzo ha Mikey, perché vivono a Manchester, piccolezze di cui non fotterà un cazzo a nessuno sparse qui e lì <3), ma l'intenzione era proprio quella di creare tipo una suspance o qualcosa del genere con un nome abbastanza chic, e sono tutte cose che vorrei affronare, appunto, nel corso della storia.

Il titolo è preso da When The Sun Goes Down degli Arctic Monkeys, e non è che come canzone c'entri granché con la storia, lo ammetto, ma parlando comunque di (come odio questa cazzo di parola wsgferiurj) prostituzione ho detto "vabbè", e mi sono decisa. Credo che non metterò titoli ai capitoli, dato che chiunque mi abbia seguita per anche solo due giorni avrà capito che non sono un asso, e quindi anche voi (ipotetici) "nuovi arrivati" spero ci facciate l'abitudine <3

Comunque per come sono fatta potrebbe venirmi all'improvviso la cosiddetta "capata" e potrei mettermi a inventare un titolo per ogni capitolo già postato, quindi chissà *^*

Umh, non so che altro dire?

Se vi girano abbastanza e ne avete voglia seguitemi su twitter (@weumhbelui), dove, principalmente, passo le giornate a lamentarmi <3

Fatemi sapere cosa ne pensate! :D

xo

   
 
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