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Autore: DulceVoz    09/05/2013    7 recensioni
Nel regno di Amapola, sulle coste di Buenos Aires, si organizza la festa di compleanno per il debutto in società della principessa ed erede al trono, Violetta. Il re, German Castillo, dopo la scomparsa della regina Maria ha bandito la musica e la danza moderna dal piccolo borgo, e non permette alla figlia nemmeno di varcare le mura del castello... ma presto, tutto cambierà... Violetta, uno spirito libero, conoscerà il giovane misterioso, Leon Vargas, il principe Thomas Heredia, la sua nuova istitutrice, Angie e tanti nuovi amici che cambieranno la sua vita... e poi... una grande sorpresa potrebbe sconvolgere l'esistenza non solo alla ragazza... ma di tutto il regno...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa, Violetta
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“- Non posso credere che abbia accettato l’idea di quella strega!”. Una stizzita ma melodiosa vocina provenne dalla scalinata principale del grande palazzo di proprietà dei Castillo ormai da secoli. Una ragazza dai capelli castani raccolti in una elegante pettinatura alta, con due boccoli che le ricadevano dolcemente sul viso, scese di fretta nel salone principale, tenendo i lembi della sua ampia gonna dell’abito. Aveva un’espressione corrucciata e non sembrava essere per niente felice.
“- Papà!” urlò la giovane, irrompendo come una furia nella sala del trono e fermandosi a fissare una poltrona rossa su cui era seduto comodamente German Castillo. L’uomo alzò lo sguardo dal giornale e la fissò, sconvolto dal quel tono nervoso. “- Tesoro! Cosa ti succede?” sorrise l’uomo, ripiegando il giornale e alzandosi in piedi sul tappeto rosso che attraversava l’elegante sala in cui stava leggendo fino ad un minuto prima che giungesse lì la giovane. Per un secondo si incantò imbambolato a fissare la sua ‘bambina’… l’amava tantissimo… ma l’aria della figlia non prometteva niente di buono.
“- Io non voglio un gran ballo per il mio compleanno! Non ha senso!” strillò lei, furiosa, incrociando le braccia al petto. “- Violetta… che male c’è? Sei la mia unica figlia, unica erede al trono del regno di Amapola! Meriti un ricevimento così… e sei incantevole!” esclamò lui, accarezzandole il viso, dolcemente… ma la ragazza si si stizzì ancora di più, le gote rosse per la rabbia… “- Io non lo voglio! Quale parte di ‘non voglio un ballo’ non ti è chiara? E poi, francamente, la festa l’organizzerai per la contessina La Fontaine… e non per me… pensi che non lo abbia capito? Che sia stupida?” German non sapeva cosa dire… la principessa era riuscita a far tacere il re! Perché mai la figlia detestava tanto la sua futura matrigna? Eppure la donna sembrava sforzarsi tanto di essere gentile con lei…
“- Jade non c’entra nulla! Sei mia figlia ed è arrivato il momento che tu abbia il tuo debutto in società… nell’alta società e non solo… diventerai regina! E nessuno ti conosce ancora nel regno! Hai bisogno di quella festa cosi che tutti possano sapere chi sarà la futura erede al trono!” disse con tono severo l’uomo. “- Amore! Mi hai chiamato?”. Quella vocina irritante la giovane la conosceva benissimo… dal salottino anteriore apparve la donna più perfida mai esistita… Jade osservava i due, con i suoi occhi di ghiaccio che avevano qualcosa di malvagio… si avvicinò ad ampie falcate, strusciando il suo splendido abito, lungo anche per lei, sul tappeto rosso, verso il suo futuro sposo, appoggiandosi alla spalla dell’uomo e fissando la ragazza che ricambiò con un’ occhiataccia. “- Parli del diavolo!” borbottò Violetta,  osservando la donna, che continuava ad avere stampato sul viso il suo solito sorrisetto falso. “- Io sarei... cosa?” chiese stizzita, con la sua vocina stridula, Jade, strabuzzando gli occhi… di certo non spiccava in intelligenza… ma suo padre, per qualche arcano motivo, era innamorato di quella strega, per giunta, anche tonta. “- E poi, mi chiedo… per anni mi hai segregato qui dentro, sono sempre stata la tua principessina nella torre… senza poter mai varcare i confini del castello… chi credi che ci venga al mio ballo? Non ho amici, non ho parenti a parte te… nessun cugino, zio, zia, nonno… nulla! Sarà una festa di estranei! E’ inutile… disdici questa farsa!” disse la giovane, strappandosi un piccolo diadema di cristalli che le teneva l’acconciatura, facendosi ricadere tanti boccoli sulle spalle. “- Non se ne parla! Tu, tra un mese esatto, avrai questo ballo in tuo onore! Che ti piaccia o no! E adesso fila in camera!” ordinò German, risedendosi sul suo trono e riprendendo a controllare, come se nulla fosse, le ultime notizie sul quotidiano.
“- Mi fa vestire come se fossimo nell’800.. non mi permette di uscire, di suonare o di cantare… di far nulla!” la ragazza entrò borbottando, ancora furiosa, nella sua stanza, aprì la porta e si stese sul letto, a fissare l’elegante baldacchino che lo copriva.  Rimase in silenzio per qualche secondo… la mente irata per troppi motivi. Perché suo padre non la capiva? Perché non la faceva mai uscire di casa? Il mondo fuori scorreva, lei… non poteva nemmeno avere amici. Era severo… e continuava ad insistere nel dire che tutto ciò fosse per il suo bene. Era l’opposto di sua madre… già, la sua mamma… quanto le mancava. Dal giorno della sua scomparsa, poi, Violetta odiava ancora di più i compleanni… le mancava la dolcezza di Maria, i suoi abbracci, le sue canzoni… la sua voce che risuonava a malapena nella sua testa… le mancava tutto di lei anche se, quando se ne era andata, lei era troppo piccola per ricordare bene altro di lei.
“- Allora, ti faremo sapere… come hai detto che ti chiami?” la voce di suo padre, proveniente, probabilmente, dal salone al piano di sotto,  la fece sobbalzare, distogliendola dai suoi ricordi malinconici e facendola mettere a sedere. Scese con un balzo dall’altissimo letto e andò ad aprire la porta per scendere, quatta, quatta, al piano di sotto. Si affacciò timida al parapetto della grande scalinata per vedere meglio… uno splendido ragazzo castano, stava parlando, di spalle, con suo padre sull’uscio del portone del palazzo. “- Vargas, Sire. Leon Vargas…” esclamò deciso il giovane. Non era elegante… indossava una camicia a quadri, dei jeans e delle scarpe da ginnastica… ma era tanto affascinante… e, di certo non era uno dei soliti ‘pinguini’ che German Castillo portava al castello… sperando che lei potesse stringere amicizia con uno di loro… e, magari, in un ipotetico futuro, sposarlo anche… No. Quel ragazzo aveva qualcosa di magnetico che la fece restare di sasso a fissarlo… Come non le era mai accaduto prima. “- Allora riceverai presto contatti da palazzo… a presto!” esclamò Castillo, osservando il ragazzo fare una riverenza e, consegnandolo al suo assistente personale, Roberto, lo liquidò in fretta, tornando nella sala del trono.
Doveva sapere… Violetta sentiva il bisogno di sapere chi fosse quel giovane e perché fosse lì… ma non poteva parlarne al padre… ad un tratto ebbe un lampo di genio… scese di fretta le scale, ancora indossando l’abito che sarebbe dovuto essere per il gran ballo, uscì di corsa in giardino e si fermò di colpo sotto al portico, osservando una scena in lontananza. “- Chi era?” chiese la ragazza all’occhialuto aiutante di Castillo che era ritornato di corsa verso la casa, indaffarato come al solito e che aveva l’aria di avere molta fretta di ritornare al suo lavoro. “- Forse un nostro futuro assistente al castello…” ridacchiò l’uomo, fissando l’espressione, ancora assorta verso il giardino all’orizzonte, di Violetta. “- Cosa?” urlò la ragazza ma Roberto, che come al solito si teneva sul vago, era già rientrato nel palazzo.
“- Leon Vargas… Leon Vargas…” si ripeteva la giovane, ancora scioccata da quell’incontro, e persa nei suoi pensieri con aria sognante. Quanto avrebbe voluto rincontrarlo! E se suo padre non l’avesse assunto? Date le poche parole che aveva sentito non sapeva nemmeno in quale campo sarebbe diventato lavoratore del castello! Iniziò a riflettere, camminando con aria assorta per il sentiero che portava alla grande fontana all’esterno. Si sedette sul bordo e osservava fuori… il regno di Amapola era minuscolo e sempre tanto tranquillo… beh, almeno così le sembrava… non aveva mai varcato il cancello principale se non con suo padre, un paio di volte e in incognito… German non le permetteva di girovagare da sola per il piccolo borgo, sulle coste di Buenos Aires. “E’ troppo pericoloso! Potrebbero riconoscerti! Sei l’erede al trono!” gridava, infuriato, ogni qual volta si apriva il discorso. “- Come fanno a riconoscermi? Nemmeno mi hanno mai vista!” sbottò, quasi come per rispondere ai suoi pensieri, la giovane. Un rombo di una Ferrari la fece sobbalzare… “- Ci mancava solo lui!” strillò, quasi istintivamente, la ragazza alla splendida auto che, frenò bruscamente sull’erba, andando quasi in testacoda. “- Quest’auto è una bomba!” gridò Matias La Fontaine, scendendo con un atletico balzo dalla vettura, senza nemmeno prendersi la briga di aprire la portiera. “- C’è un ampio parcheggio sul retro del castello, sai? Il prato non mi sembra il massimo per posteggiare un automobile!” strillò Violetta, alzandosi e avvicinandosi indignata all’uomo. Quanto detestava quel tipo! Il classico nullafacente, figlio di papà che attendeva solo che sua sorella si sposasse per sistemarsi anche lui a corte… e magari, se Jade avesse un bambino, magari maschio, avrebbe anche soffiato il trono alla ragazza continuando a fargli fare la vita del nababbo… continuando ad oziare e a sperperare la sua fortuna anzi… le fortune altrui! Già… perché la La Fontaine non era una principessa… solo una contessina, come quell’inetto di suo fratello… e non poteva diventare regina nemmeno se avesse sposato suo padre… che era re. Doveva solo sperare in un possibile erede maschio… altrimenti non avrebbe avuto eredi per la successione al potere.
“- Ehi, principessina! Ma che bel vestito!” rispose Matias, dando l’impressione che l’avesse ignorata del tutto… o, forse, era proprio così… ”- L’abito che dovrò indossare grazie a tua sorella e al suo stupido ballo ridicolo!” esclamò stizzita la ragazza. Ma, come prevedibile, il biondo era troppo preso da altro e, dando un ultima occhiata al suo bolide, si recò baldanzoso verso l’ingresso. “- Nessuno mi ascolta! Adesso basta! Visto che nessuno si interessa a me, a quello che penso, a quello che faccio… io da qui me ne vado! Subito!” sbottò tra sé e sé la ragazza, salendo in camera per cambiarsi. Scelse le cose più semplici che aveva… alquanto difficile dato il suo regale guardaroba… scese poi, di nascosto, ritornando in giardino senza farsi notare da nessuno… non fu difficile dato che suo padre era tutto intento a chiacchierare con Jade e con alcuni camerieri. Sentì urlare qualcosa ad Olga, la cuoca del castello… probabilmente qualche richiesta assurda della La Fontaine la fece inveire in quel modo. La ragazza riuscì a raggiungere il cancello sul retro, quello che si apriva con più facilità e circondato da meno guardie che, per sua fortuna, in quel momento non erano lì, forse il re le aveva convocate per chissà cosa… lo aprì furtivamente, e, finalmente, uscì in strada, meravigliata da cotanto splendore.
 
“- Ragazzi! Dobbiamo migliorare! Suoneremo al Grande Teatro dell’Opera! E ci saranno anche il re, German Castillo con la sua futura moglie e, soprattutto, l’erede al trono di Amapola! La principessa Castillo!” Pablo era sul palco dello Studio e camminava nervosamente avanti e indietro. Gli alunni erano disposti seduti in file, di fronte a lui, ognuno di loro stringendo uno strumento musicale, altri erano posizionati, ordinatamente, in piedi… quello era il coro, diretto dalla loro insegnante di canto, Angie Saramego che, al solo sentire il nome del sovrano, abbassò lo sguardo, visibilmente tesa, cosa che non sfuggì al direttore dell’accademia. “- Per oggi basta così, andate pure…” disse subito l’uomo, notando la faccia afflitta della collega. I ragazzi uscirono di fretta, andando a riporre il loro strumenti nella classe di musica.
“- Come stai?”. Pablo scese dal palco andando in contro alla collega. “- Non riesco a sopportarlo… non ce la faccio! Io… vorrei tanto rivederla… ma non me lo consentirà nemmeno per il suo sedicesimo compleanno!” Angie si sedette, sbuffando, sul bordo del palco.
L’accademia “Classical Studio” era diventato un posto elegantissimo e di gran classe… ma molto più tetro rispetto a prima. I ragazzi imparavano soltanto l’arte della musica classica e il balletto, dello stesso genere… Nel regno era bandita qualunque altra tipo di arte… come il canto o la musica e la danza moderne, tanto cari all’amata Maria che si apprendevano, in passato allo 'Studio 21' a cui , in seguito era stato cambiato perfino il nome per evitare di rievocare malinconici ricordi… e, ormai, era diventata una scuola prettamente d’elite. Solo tutti i più ricchi frequentavano quella sorta di conservatorio e scuola di danza classica, figli di nobili, addirittura, provenienti da altri paesi per apprendere a suonare o il canto corale e lirico, gli unici ammessi nel regno… a Pablo questo proprio non andava giù… ma bisognava rispettare il volere di chi era al comando.
Ai tempi della regina Maria, invece… era tutto diverso. La musica e il ballo erano per tutti… nessuno escluso! Era proprio lei che voleva che tutti i generi avessero la stessa importanza! “- Dovresti parlargli! Almeno provarci!” esclamò il direttore, fissando i grandi occhi verdi della donna, piuttosto assorti. “- Credi che mia madre non ci abbia provato? E’ tutto inutile!” strillò lei, portandosi le mani al viso, con fare afflitto. “- Angie… sono anni, ormai, che vi vieta di vederla… quando le vostre famiglie hanno litigato… tu e tua madre… avete perso tutto… a te la tua famiglia ti ha spedito in Europa da parenti per evitarti contrasti, per il tuo bene… eri piccolissima, o sbaglio? E la regina Angelica l’ha fatta restare a palazzo solo per evitare altri scandali… non voleva apparire come il ‘sovrano cattivo’… beh, non ci è riuscito! Dato che, ormai, comanda anche sul regno dei Saramego! Io, se fossi in te, andrei a fargli visita per chiarire, finalmente, come dovrebbero stare le cose.” Concluse, sedendosi accanto a lei, Pablo.
Il sovrano sembrava non volesse ragionare! Il direttore dello Studio non comprendeva proprio quell’uomo. Non poteva nemmeno osare criticarlo, altrimenti, probabilmente, lo avrebbe anche cacciato da Amapola, il ridente borgo sulla costa Argentina, poco distante da Buenos Aires città che, invece, si trovava più verso l’interno del territorio. Anche se, però, l'uomo evitava di contestarlo in pubblico, Angie sapeva benissimo cosa pensasse il suo amico del cognato… dopo tutto quello che aveva fatto passare alla reale, ormai in declino, famiglia Saramego dopo la scomparsa di Maria, anche lei non riusciva a sopportarlo… erano anni che cercava di evitarlo, nonostante lui, sicuramente, non l’avrebbe mai nemmeno riconosciuta.
“- Quando… mia sorella partì, per organizzare quel maledettissimo concerto in Brasile… e quando sapemmo che l’aereo era precipitato… lui… accusò mia madre perché era stata lei ad aver spinto Maria ad organizzare quell’evento di beneficenza…” Angie abbassò lo sguardo. Una lacrima le rigò il viso, rapidamente. Era diventata triste al solo pensiero di quel dannatissimo giorno... anche se era piccola quando era accaduto, era una ferita ben impressa nei suoi ricordi e, probabilmente che non si era mai rimarginata del tutto. Pablo conosceva bene quella storia… in quel periodo i giornali non parlavano d’altro… ma era la prima volta che la donna gliene parlava direttamente e così dettagliatamente. Ne soffriva tantissimo e lui detestava vederla star male. “- Ecco perchè ha bandito pressappoco tutta la musica da Amapola! Non è concesso quasi niente! Lui odia la musica!” esclamò il direttore.
Il regno, quando la regina Maria era sovrana risuonava di musica, soprattutto romantica e pop, in ogni angolo del piccolo borgo… era una delle arti che le stava più a cuore, con il canto moderno.
“- ...Mi meraviglio che non ci abbia fatto chiudere!” aggiunse Pablo, alzandosi in piedi e mettendosi di fronte ad Angie con tono sconvolto al solo pensiero dell’ipotetica chiusura dell'accademia. “- Non avrebbe potuto. Mia sorella ha fatto costruire questa scuola… è l’unica cosa che rimane, qui, di lei. Se l’avesse fatto… il regno di Camelias, il mio, insomma… anche se sotto il suo comando adesso, avrebbe seriamente potuto dichiarargli guerra!”. La donna disse quelle parole con malinconia e, prendendo un grande respiro, afferrò la borsa accanto a lei, si mise in piedi, asciugandosi gli occhi, per recarsi verso l’uscita. “- Andiamo, principessa…” esclamò d’un tratto, Pablo, con un sorrisino sul viso. Lei arrossì di colpo. “- Sta’ zitto! Nessuno… deve… sapere! Altrimenti porterei liberamente la collana! Sono solo un’omonima qui allo Studio! I ragazzi se la sono bevuta per fortuna e pure i colleghi sembra!” borbottò lei richiudendo la porta della sala teatro e cercando per stringere, istintivamente, qualcosa, nella tasca della borsa… “- Io non parlo di nobiltà… parlo di te… tu sei una principessa… indipendentemente dal fatto che lo sia per sangue nobile…” sorrise ancora lui, dandole un bacio sulla guancia e lasciando lei imbambolata per qualche secondo. “- Ma smettila! Cosa dici! Andiamo, dobbiamo ancora controllare questi spartiti per il grande concerto!” disse la bionda, cercando di cambiare discorso ma ancora violacea per l’emozione.
 

“- Ciao Luca!” Camilla entrò, insieme a Francesca e Maximiliano, Ponte, detto Maxi, nel piccolo locale, poco distante dal conservatorio, il “Restò Bar”. Era un piccolo pub di un’unica sala, ma era meraviglioso e i ragazzi lo adoravano… e non solo perché lì riuscivano a riunirsi per chiacchierare, liberamente, dopo le estenuanti prove a scuola. Quello, per loro era un luogo magico… l’unico posto in cui, sul retro dello stesso, potevano suonare, cantare pop, rock, di tutto, ballare qualsiasi stile… senza che il re lo sapesse.
“- La S.P. vi aspetta!” sorrise l’italiano, indicandogli la loro “Sala prove”… appunto, sigla di S.P. Dovevano parlare in codice… non sia mai che quale guardia del palazzo, magari al bar per prendere una bibita, li avesse scoperti! Probabilmente, il povero Luca sarebbe stato anche costretto a chiudere e sarebbe pure stato espulso da Amapola con sua sorella.
“- Oggi sono distrutta! I professori con questa storia del concerto in onore della principessina ci stanno spompando!” sbuffò Camilla, lasciandosi andare su una piccola poltroncina rossa di quel luogo segreto. Solo Pablo e Angie erano a conoscenza di quel posto oltre ad alcuni degli studenti. “- Ma Federico? Non c’è? Pensavo venisse con noi!” disse Francesca, guardandosi intorno insistentemente. Era molto amica del baronetto Bianchi, figlio di italiani molto influenti nella società del regno. Il ragazzo però, al contrario di come si potesse pensare, era molto umile e simpatico… e la ragazza sembrava aver completamente perso la testa per lui. “- E’ cotta, è proprio cotta! L’abbiamo persa!!!” rise Maxi, salendo sul piccolo palchetto della stanza alle spalle del bancone. “- Ma sta’ zitto, Ponte!” strillò Fran, diventando di colpo paonazza e abbassando lo sguardo, sentendo la sua faccia diventare rossa e bollente come il fuoco. “- Andres! Ci serviva il batterista, muoviti!” disse l’italiana, cercando di cambiare argomento, vedendo l’amico entrare con l’ingombrante custodia del contrabasso. “- Scusatemi… non è facile spostarsi con questo affare!” rise il giovane, poggiando lo strumento sul pavimento. “- E perché non lo hai lasciato a scuola?” chiese Camilla, confusa. “- Mi serve… devo esercitarmi tantissimo! Li avete sentiti? Dobbiamo essere impeccabili di fronte alla famiglia reale!” esclamò il giovane efuorico al solo pensiero, salendo goffamente sul palco accanto a Maxi. “- Aspettiamo gli altri o iniziamo a divertirci?” chiese Maxi, invitando le due amiche a salire con loro. “- Proviamo… vediamo cosa ne viene fuori!” sorrise la Torres e, subito, iniziarono a cantare una loro creazione… ‘Veo, Veo’. Quando il brano finì, nella S.P. apparvero anche gli altri ragazzi, entusiasti che applaudivano con foga. “- Era ora!” borbottò la Torres, scendendo dal palco. Francesca, ovviamente, si imbambolò a guardare Federico e Maxi cominciò a sventolarle una mano davanti al viso, per vedere se si fosse persa completamente o se, ancora in parte, fosse lì con loro… non solo fisicamente.


Intanto, Violetta, camminava incantata per le stradine della cittadina. Non era mai stata, da sola e per molto tempo, fuori dalle mura del palazzo… per lei era tutto così… nuovo! Sembrava stralunata da tutta quella che era Amapola… beh… rispetto alla monotonia della vita al castello… quel luogo le sembrava un posto magico. Ad un tratto… vide qualcosa… che colpì subito la sua attenzione… un grande edificio basso, su cui vi era un’ insegna sbiadita che diceva 'Studio 21'… ma, questa, era stata coperta da uno striscione scritto con una bomboletta spray che diceva: 'Classic Studio'. Rimase immobile, stupefatta da quel luogo misterioso, pieno di ragazzi che entravano ed uscivano… doveva essere… “- …Una scuola!” suppose la giovane, ancora ferma al centro della strada, di fronte all’accademia. Ma, ad  un certo punto… una frenata. Violetta si ritrovò, al suolo, tra le braccia di qualcuno.
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Eccomi qui! Dopo una lunghissima assenza da efp per motivi di studio... sono tornata! Siete contenti? :D Beh, dai spero di sì!
Ok, non so cosa ve ne possa sembrare di questo primo capitolo… ho un’idea ben precisa ma per ora… si deve capire ben poco… per ora, a parte alcuni dettagli, vi è poca chiarezza… ma non temete… già dal prossimo capitolo, alcune cose saranno spiegate con calma… come vi sembra questo inizio? Vi piace l’idea? Avete notato che, a parte Jade, i cattivi ancora non ci sono? Eh, troppo bello per essere vero… compariranno presto, purtroppo e sono pure parecchi!
Fatemi sapere cosa ve ne pare! Sarò felice di leggere consigli e pareri! :) Al prossimo capitolo! Ciao :D
  
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