Stavo per lasciarla. Lei non parlava,
ma io capivo dal suo languore
che avrebbe desiderato trattenermi.
Più volte avevo creduto di indovinare
La supplica delle sue mani, sebbene ne fossi incosciente.
Le sue braccia esitanti avrebbero potuto diventare
Una ghirlanda di giovinezza attorno al mio collo...
Tanti gesti impauriti ritornano alla mia memoria
E mi rivelano cose segrete trattenute finora...
·¨¤ººº¤¨·
{2008}
·¨¤ººº¤¨·
… « Mi dispiace. Sono stanca di aspettarti. »
Anche le favole più belle hanno una fine, miei giovani lettori…
…nessuno ne ha una colpa né un rammarico.
E’ la vita.
Le persone crescono.
Gli amori mutano.
Le ambizioni evolvono.
Nulla è statico.
·¨¤ººº¤¨·
Mi fermerò, senza dubbio stupito,
se mai ci ritroveremo in una vita futura,
nel cammino e alla luce d’un altro mondo lontano.
Capirò che i tuoi occhi, simili alle stelle dell’alba,
sono appartenuti a questo cielo notturno, e dimenticato,
d’una vita passata.
Si, comprenderò che la magia del tuo viso
È pronta ancora al balenare appassionato del mio sguardo
In un incontro immemorabile,
e che al mio amore tu devi un mistero
di cui non conosci più l’origine…
·¨¤ººº¤¨·
{2010}
{2011}
…
_____________
Capitolo 23
Era una di quelle giornate che avrei rimpianto moltissimo durante i mesi
invernali che ormai si stavano affacciando alle porte, ne ero più che sicuro.
Posando il viso sul palmo aperto della mia mano, guardai fuori dalla finestra
con fare svogliato, incantandomi di fronte alla danza delle foglie autunnali
che –sospinte dal vento- sembravano invitarmi ad uscire e, come un bambino,
correre per strada allargando le braccia per cercare di fare mie quelle piccole
stelle a cinque punte…
…Ma, chiaramente, tutto quello mi era impossibile.
Sospirai, alzando gli occhi al soffitto nell’udire un’ennesima domanda di quel
giornalista alle prime armi che tolleravo già da un’ora e un quarto, e
accomodandomi meglio sulla grande poltrona bordeaux su cui ero bellamente
sbracato senza nessun ritegno o accenno di educazione, non potei che lanciare
uno sguardo supplicante a chi mi sedeva accanto, e che –incurante della nevrosi
collettiva- parlava a macchinetta, rispondendo più che egocentricamente alle
domande postagli, fregandosene altamente di tutto il resto.
Mah. Se non altro di una cosa ero sicuro: Quella checca di mio fratello
sarebbe per sempre stato un perfetto frontman, e mai avrebbe deluso le
aspettative della sua band, e delle sue fan…
…Sorrisi, e di quel pensiero non potei che farne una tela elaborata.
Mi fu praticamente impossibile non rincorrere con la memoria il volto della
prima fra tutte le fan che, ultima e sola, era riuscita a dividerci…
“Impensabile!” Avrei urlato un tempo, ridendo divertito “Nessuna
donna ci separerà mai!”
…ma come lei mi aveva insegnato, il mondo non è una fiaba perfetta e
impeccabile, e spesso anche le più solide convinzioni e certezze, sono
destinate a crollare e a perdersi nel vento come i petali di un bocciolo in
fiore.
Già…
« Avete ormai 22 anni, ma la vostra fama non accenna a crollare. Continuate a
domare i palchi di tutto il mondo con un entusiasmo intrattenibile…nonostante
tutto, avete qualche desiderio nel cassetto? »
…Il motivo per il quale, nell’udire quella domanda, mi ritornò nuovamente alla
memoria il passato in quel momento ancora una volta tangibile, non riuscii a
capirlo…eppure, benché il rammentare quel lontano 2007 e quel più che passato
primo concerto italiano mi provocò un’orribile nostalgia, mi riscoprii
nuovamente a sorridere, abbassando il volto quasi per nascondere a tutti il
leggero velo di sentimento che non riuscivo a reprimere sui miei lineamenti.
Ricordai nitidamente quella sera.
Quelle urla.
Lei.
Era in prima fila…con un bustino rosso che riprendeva con strafottenza il
colore dei capelli tinti di nascosto, e quello sguardo tranquillo che fu la
prima cosa che mi colpì di lei…
…perché ancora mi domandavo cosa le facesse mantenere tanto la calma, compressa
e assordata com’era da milioni di fan che come lei erano accorse da ogni antro
d’Italia solamente per vederci in Live.
Ricordai con un sospiro il sorriso che mi sbocciò sul viso pensando “Però…carina!”
…e persino il sospiro profondo che Sebastian –il mio fedele compagno di peripezie-
aveva fatto quando l’avevo indicata, al calare delle luci dopo la più che
conosciuta “Monsoon”.
Ricordai non senza una punta di vergogna quando mi fu annunciato che non aveva
accettato di venire, e l’arrabbiatura folle che mi era montata nel petto leggendo
quel biglietto da visita dalla calligrafia perfetta e invidiabile.
“Grazie del pensiero?” Avevo urlato, imbestialito, rovesciando
con un calcio una sedia sotto lo sconvolgimento generale “ME NE FOTTO DEI
TUOI RINGRAZIAMENTI, TROIA!”
…Ma di troia aveva poco. Molto meno di tutte le altre che assieme a lei ci
avevano ascoltato per quasi due ore. E quando lo capii, non potei che mordermi
un labbro. Pentito.
(…) Era egocentrica. Sarcastica. Spesso velenosa e altrettanto superba…o
almeno, così mi era sembrato all’inizio.
Eppure, più il tempo passava, più mi rendevo conto che in realtà non era che
una bambina.
Una bambina insicura. Impaurita. Follemente emotiva.
Una bimba che aveva paura dell’amore.
…Che dolcezza –pensai inspirando silenziosamente l’aria carica di profumo di
cannella- …
Avevo sempre amato quel suo carattere contorto per necessità, ma troppo ingenuo
per natura.
Lo avevo sempre amato.
Forse fin dalla nostra prima e-mail…
« …Sicuramente è quello che penso » Sentii improvvisamente concludere Bill,
seduto accanto a me, mentre tutti si mettevano a ridere, divertiti da chissà
quale sua battutina. E io, nonostante non avessi capito né seguito il discorso,
ridacchiai accompagnando gli altri presenti. Perso in tutt’altro pensiero.
…Com’era cambiato, mio fratello.
Mi fu impossibile non pensarlo quando i miei occhi andarono a incrociare i
suoi, e sul suo viso maturo e adulto vidi comparire un sorriso interrogativo,
perplesso: Aveva capito che non stavo ascoltando, molto probabilmente.
Sospirai, scuotendo la testa, e congiungendo le mani in grembo chiusi gli
occhi.
Improvvisamente, come incalzati dalla più solitaria delle muse, mi tornarono in
mente i nostri primi screzi.
La nostra prima litigata, da bambini, per quella giacca color terra che
entrambi volevamo, ma di cui rimaneva solo un capo.
Sorrisi rammentando la sua prima cotta. La mia prima esperienza. Il nostro
primo pessimo voto.
E mi fu altrettanto impossibile non scuotere la testa, divertito, nel ricordare
la nostra prima rissa. I pugni. La rabbia. La folle gelosia…Il terrore di
perdersi di vista. Di non essere più “Il mio Tom” e “Il mio Bill”.
Di non essere più “Noi”.
Quanta incomprensione. Quanta paura. Quanti fraintendimenti…
« Domanda ad effetto! » Esclamò d’un tratto il giovane giornalista, facendomi
quasi trasalire. « Il vostro ricordo più bello! »
« …Bella domanda di merda » Sussurrai di rimando io alzando gli occhi al cielo,
esasperato per quella milionesima domanda idiota, e divertito da quella
fortuita serie di coincidenze dalla cadenza ritmica e precisa, che sembravano
volermi torturare con l’amore del passato. Ma immediatamente mi arrivò una
gomitata nei reni, e io –accecato dal dolore- repressi a stento un ringhio,
accennando automaticamente ad un sorriso non appena il ragazzetto lentigginoso
di fronte a me si girò a fissarmi, perplesso.
« E’ una bella domanda » Rispose allora Bill, prontamente sospirando e
salvandomi ancora una volta la reputazione. « Abbiamo così tanti bei ricordi… »
Aggiunse ridendo. Ed effettivamente era vero. « …Il più bello…? » Disse poi,
mentre io lo guardavo assorto, cercando di indovinare cosa avrebbe detto di lì
ad un istante…eppure, mi resi conto che avevo sbagliato tutte le mie ipotesi,
proprio quando si voltò a guardarmi, sorridendomi con dolcezza, comprensione, e
un pizzico di ironia.
(…) Che pazzo.
Che pazzo fratello.
« …Il primo concerto made in Italy probabilmente » Disse infatti un
attimo dopo, rivolgendosi ancora una volta al giornalista incuriosito da quello
scambio di sguardi silenziosi. « …tanta pasta e pizza di prima qualità!! »
Aggiunse poi prontamente, rispondendo anticipatamente alle mille domande che il
bambino ci avrebbe sicuramente proposto di lì a un attimo, cercando di scavare
nell’antro segreto dei nostri cuori.
…Ma non fu abbastanza –lo capimmo tutti subito-
Il bambino giornalista, forse, non era poi così moccioso.
« …E’ davvero solo questo il motivo? » Esclamò prontamente, carico di energie e
curiosità, sistemando meglio sul tavolo di legno che ci separava il suo
registratore nero della Sony.
« Chiaramente » Intervenni allora io, improvvisamente concitato, mentre lo
guardavo di sbieco quasi a intimargli di tacere. Di smetterla.
Errore. Madornale errore…
« Ah si. Certo certo, capisco… » Rispose automaticamente lui, e sul suo viso
nacque un sorriso raggiante –vittorioso avrei detto- mentre il suo sguardo si
spostava lentamente alla mia destra, oltrepassando me.
Oltrepassando Bill.
Oltrepassando il registratore…
« …Presumo allora che mi sarà concesso di porre una domanda a lei, se tutto ciò
non le arreca disturbo » Sussurrò un attimo dopo che i suoi occhi da ragazzo si
erano fermati, e sul suo volto puerile andava a nascere un sorriso misto tra
l’imbarazzo e il più che evidente apprezzamento. « …Le dispiace? » Domandò
ancora, gentilmente, e dal tono garbato che si sforzava di usare avrei giurato
filtrasse una più che evidente sfida nei miei confronti.
Una sfida che –come le risate a malapena trattenute dei miei compagni
annunciavano- era destinato a perdere.
Io desidero te, solo te.
Il mio cuore lo ripete infinitamente.
Sono false e vuote
Le esigenze che di continuo
Mi distolgono da te.
Come la notte nel buio
Nasconde il desiderio della luce,
così al culmine della mia incoscienza
risuona questo grido:
« Io desidero te, solo te! »
Come il monsone che vuole finire
Nella calma, anche se la sua lotta
È furiosa, così la mia ribellione
S’oppone al tuo amore anche se grida:
« Io desidero te, solo te »
…La prima volta che riuscii a vederla da vicino, a sfiorarle quasi per errore
un braccio e a sentirne il dolcissimo profumo, fu durante quell’estate di
cinque anni prima.
La ricordo distintamente come la più bella delle fate. Seduta su quel
muretto in pietra bianca con lo sguardo perso all’orizzonte, e il sole della
giornata che ne baciava i lineamenti bamboleschi e i capelli color del miele
sospinti dal vento.
Ricordo le sue manine piccole e bianche strette quasi spasmodicamente al suo
blocchetto degli appunti immacolato, e la sua espressione…
…una maschera di disperata bellezza.
“Chissà a cosa sta pensando” Mi riscoprii a domandarmi mentre la mia
sacca da viaggio cadeva a terra, poco distante da lei, e il mio volto stanco
non si pienava dell’incanto che lei riusciva a creare…
Quanto l’avevo attesa.
Quanto l’avevo incosciamente amata.
Quanto l’avevo cercata…
…perché infondo, non avevo nessuna intenzione di infrangere le sue convinzioni
di un incontro tessuto dal fato. Non mi andava di vederla arrabbiarsi e
preoccuparsi, men che meno sentirle chiedere perdono.
Mai le avrei detto che nessun destino aveva collaborato al nostro incontro.
Mai le avrei confessato che solo la mia follia mi aveva spinto a trascorrere
ogni giorno dal mio arrivo, ad aspettarla nascosto in quella piazza.
In sua attesa.
Solo in sua attesa.
…Ero un bambino a quel tempo. Temevo di perderla. Di non vederla.
“Mi accontento anche solo di osservarla di nascosto” Ecco cosa mi dicevo
mentre la mattina presto mi recavo in quella che sapevo per certo essere la sua
piazza preferita.
In tutta Firenze, sapevo che lei andava sempre lì quando si sentiva sovrastata
dai suoi sentimenti…
…E nonostante non avevo nessuna certezza che in quel preciso momento della sua
vita lei avrebbe scelto proprio quel posto per sfogare, scrivendo, ciò che
sentiva…
…Avevo semplicemente deciso di giocarmi il tutto e per tutto.
Sicuramente.
Per lei. Il tutto e per tutto.
« …La prego, mi dica… » Mormorò il giornalista, accomodandosi maggiormente
sulla poltrona e protendendosi leggermente in avanti mentre io –di rimando- arricciavo
il naso e distoglievo lo sguardo, disgustato da quella forma di apprezzamento
così volgarmente evidente. « …Non è difficile seguire il tour di una band di
una tale popolarità, accompagnando i membri in ogni estenuante impegno
lavorativo? » …E per un istante mi sembrò quasi che la sua domanda ne celasse
un’altra.
Chissà perché –pensai socchiudendo gli occhi e cercando di riportare
alla memoria quel documentario sul fitness orientale…e sulla facilità di
comprimere le vie respiratorie nell’assumere le varie posizioni.
Ma soprattutto: Chissà QUALE altra domanda.
« Mmh… » Mormorò l’anima dall’altro capo del tavolo.
Una mano delicata e affusolata che si alzava ad adagiarsi sulle labbra
scarlatte e lucide.
Un sorriso che andava a nascere sul volto, gentile e posato.
…Un bellissimo paio di occhi color dell’ambra che si socchiudevano, quasi
divertiti.
« …No, direi di no. Non sono estranea alla realtà del grande pubblico, e trovo
decisamente emozionante poter sperimentare un simile entusiasmo mondiale. Senza
contare che l’opportunità di viaggiare molto mi aiuta, e sono davvero felice di
poter sfruttare pienamente questa mia occasione… »
« Capisco…con i suoi romanzi, immagino che visitare posti nuovi possa essere
stimolante » Sembrava quasi rattristato da quella risposta.
« Decisamente » Sentii rispondere, e in quell’istante, finalmente, riuscii a vederla.
Si chinò leggermente in avanti, verso il tavolo ligneo di mogano lucido che la
separava dal ragazzino riccio che continuava a mangiarla con lo sguardo, e quel
solo gesto bastò per lasciar pervadere la stanza del suo profumo dolcissimo, e
far calare i presenti nel più totale silenzio, mentre quei lunghissimi e
liscissimi capelli color del miele non ricadevano setosi ad oscurarle il viso
sorridente…
…proprio quel viso che, in anni e anni, era cambiato. Tanto. Forse troppo.
Perché adesso di bambina non aveva proprio più nulla. La mia bambina non
esisteva più.
Esisteva solo lei.
Il talento mondiale.
Esisteva lei. La donna adulta. La modella.
Lei con i suoi libri dal successo intrattenibile. Lei con i suoi incarichi
pubblici. Lei con le sue sfilate.
Lei con la sua dolcezza. I servizi fotografici.
…Lei che ogni notte si intrufolava nel nostro lettone, arrivando dal fondo e
spuntando con il visino arrossato e ridente sui cuscini della testata, dove
sprofondava sospirando. Stanca della sua giornata. Felice della sua vita.
Era lei.
…Lei…
Non avrei saputo, sinceramente, come altro definirla.
« …Un’altra domanda » Instette il giornalista, passandosi una mano sul viso, e
allontanandosi quasi con disperazione mentre cercava di ritornare a respirare
per la mia più che disgustosa irritazione. « …Circolano voci ormai persino
accertate, di una sua presunta relazione con… » Si interruppe, e
automaticamente mi lanciò uno sguardo toccato.
Squadrò senza ritegno i miei dread, e il mio fedele cappellino.
Quasi arricciò in naso, sconcertato, posando gli occhi sul mio abbigliamento
Urban rivisto e corretto nel corso degli anni.
Sul mio portamento strafottente.
Sul mio sorriso compiaciuto. Di sfida.
Pienamente conscio delle proprie possibilità.
Avanti moccioso. Fammi sentire. Vediamo fin dove riesci ad arrivare…
…se arriverai.
Idiota.
« …il qui presente, signor Tom Kaulitz…Lei smentisce? » Pronunciò il mio nome
con veloce irritazione prima di riportare il suo sguardo su di lei, e la sua
sola vista fece addolcire ogni suo lineamento, ogni suo velo di rabbia e
gelosia…
…evento che, per un attimo, fece nascere in me la tentazione di alzarmi e
spaccargli il viso.
Si. Sentiamo.
Perché no?
Perché non avrei potuto farlo?
Cosa c’era che me lo impediva?
Lo ammazzo se solo si riazzarda a…
…ma la mano di mio fratello mi frenò, e la risata di lei mi tranquillizzò,
istantaneamente. Follemente. Come una magia dal quale sarei stato per sempre
lontano dal capirne i segreti.
« E’ una domanda divertente » La sentii rispondere. Tranquilla. « Non è il
primo che me la pone. Ma io, come a lei e come a tutti, la invito a leggere
delle poesie. »
…Che sciocca.
Per quanto ancora si sarebbe divertita in questo modo infantile?
« Poesie? » Replicò il giornalista, spiazzato da quella risposta. Dovevo ancora
concepire come lei faceva a deridere tutti, facendo in modo che mai nessuno lo
capisse e pensasse, addirittura, di essere stato lui stesso a raggirare il
prossimo.
Dovevo davvero capirlo.
« Si. Una in particolare le potrà essere d’aiuto… » Sussurrò. La voce dolce, le
braccia lunghe e bianche che, delicate, andavano a spostare il registratore
rivolgendolo verso di lei…
…piccola egocentrica.
« Ascolti attentamente, la prego…
Che io abbia un segreto,
come la pioggia non sparsa in una nuvola d’estate,
un segreto avvolto di silenzio,
col quale poter perdere tempo…
Che io abbia qualcuno a cui mormorare
parole d’amore, là dove le onde oziose
si distendono sotto gli alberi insonnoliti.
Quest’ora sembra attendere un evento,
voi mi chiedete la causa delle mie lacrime. Delle mie parole.
Non posso dirvelo: e’ un segreto non ancora rivelato… »
…E mentre sentivo mio fratello abbassare lo sguardo e sorridere, gentile…
…mentre vedevo lei reclinare la testa di lato, lasciando che i lunghi capelli
le scoprissero il collo candido…
…io non potei fare a meno di ridere, divertito...
Tutto quello, era quasi assurdo.
Quasi.
·¨¤ººº¤¨·
« Ehi Federica, smettila di sfottere i nostri giornalisti » Esclamò Bill,
afferrandola per i capelli e tirandola delicatamente indietro il tanto che
bastava per osservarla in viso; e io -dinnanzi a quell'ennesima manifestazione
di intolleranza, non potei che sospirare alzando gli occhi al cielo-
Per quanto si sforzava, ancora non la digeriva. Non lei.
Non Arashi Hime.
« Si scusa scopino » Replicò di rimando la scrittrice, acida, scoccandogli
un’occhiata divertita senza dare il minimo accenno di scacciare la mano
dell'interlocutore dalla sua testa. « La prossima volta sfotterò te:
perché non passi da casa mia a spolverare? Non trovo più lo swiffer » Ringhiò
girando leggermente su se stessa e passando velocemente la mano sulla cesta di
capelli gellati del mio gemello, per il mio più che diviso sconvolgimento.
Anche lei, però...potrebbe minimamente...
« …Attenta a quel che dici, mi ci vuole poco a narcotizzarti e venderti al
mercato nero » Sibilò Bill, socchiudendo gli occhi irritato, sicuramente
indeciso se strapparle via una ciocca di capelli o sputarle in un occhio. «
Famosa e ricercata come sei, ci faccio un affare… »
« ...Ne dubito » Ribatté prontamente Georg, passandoci avanti –seguito a ruota
da Gustav (il più divertito di tutti i presenti)- mentre continuava a sfogliare
una rivista dalla dubbiosissima origine. « La riporterebbero indietro dopo
cinque minuti… »
« Chiaro » Replicò Federica stessa, ghignando sarcastica prima di lanciare uno
sguardo a chi ancora la teneva ferma. « Finché non scoprono la verità, nessuno
avrà il coraggio di uccidermi » Blaterò riprendendo a camminare con
testardaggine, fingendo che le lacrime di dolore nei suoi occhi brillanti
fossero dettate dalla noia, e non dal dolore. « …vero Billosky? » Aggiunse un
attimo dopo, soffermando infine il suo sguardo su mio fratello. Bellissima...
...E le bastò un sorriso perché il mio gemello le lasciasse i capelli e
voltasse il viso in mia direzione -prima di averlo accuratamente ripulito da
ogni imbarazzo momentaneo.
Uccidila –mi supplicava a gesti. Disperato.
Uccidila se mi vuoi bene.
« No Bill » Replicai di rimando io, passandogli davanti con gli occhi chiusi e
le braccia conserte. « …Ci incrementa le vendite. »
.......... ??????????
·¨¤ººº¤¨·
Nel tuo sonno, al limite dei sogni,
aspetto guardando in silenzio il tuo viso,
come la stella del mattino che appare per prima
alla tua finestra.
Con i miei occhi berrò il primo sorriso
Che, come un germoglio, sboccerà
Sulle tue labbra semiaperte.
Il mio desiderio è solo questo.
·¨¤ººº¤¨·
1
2
3
4
5
....
…E se vi state ancora chiedendo come siamo arrivati a tutto questo.
Se quest’ultimo capitolo vi sembra strano.
Incomprensibile.
Inutile.
Affrettato…mi dispiace, miei cari lettori. Con il prossimo romanzo saprò farvi
maggiormente emozionare.
C’è solo una morale che vorrei che capiate tutti voi:
Ad una fine segue sempre un inizio.
Ad una morte vi è sempre una rinascita.
…E per quanto scontato tutto ciò vi potrà sembrare…credetemi, quelle
poche parole:
« ...Io non ti attenderò più, Tom... »
…Hanno sempre un futuro, davanti.
Perchè nulla è statico.
Nulla è apparenza.
« …Perché da oggi mi trasferisco con te. »
…Infondo, chi pensate che io sia? Una bambina? Una bambola? Una cretina…?
Io sono Federica.
Arashi Hime. Scrittrice e modella.
Io sono il prodotto dei miei sogni e delle mie scelte.
Grazie del pensiero…
…sono sicura che ne avete da dispensarmi ormai.
Quarta ristampa.
Edizione 2008/2009