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Autore: attagirl    12/06/2013    1 recensioni
Questa è la mia prima ff vera e propria. Parla di Arthur, Inghilterra, e di suo fratello Scozia. Non ho usato spunti storici per scrivere, ma solo brevi episodi della loro infanzia che Arthur ricorda, durante una giornata intensa ed un meeting delle Nazioni. Se siete ancora interessati e non vi ho annoiati, allora vi auguro una buonissima lettura :)
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland, Scozia
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest
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-Sono questi i modi di rivolgersi a tuo fratello, you asshole?- Ian lo guardava torvo, mantra rimetteva in bocca la sigaretta.
-Che diavolo ci fai qui? Ero venuto fino a casa tua per chiederti un prestito, ma non c'eri. Allora sono uscito e ho incontrato per caso Francis, che stava girando nudo per strada. Mi ha detto che probabilmente eri ancora qui. Vedo che aveva ragione...- si tirò fuori la sigaretta dalla bocca e buttò nuovamente fuori il fumo.
"F-Francis girava nudo..? Calmati, Arthur, ora hai altro a cui pensare! Esci da qui!" la mente dell'Inglese ragionò velocemente, notando che la porta d'ingresso della stanza era aperta, spalancata.
-S-Scusami, Scozia, ma adesso non ho proprio soldi con me..! Dovrai chiedere ad altri..!- fu la scusa più banale che trovò, mentre repentinamente afferrò la valigetta e si incamminò a grandi falcate verso la porta. Non voleva stare nella stessa stanza del fratello. Finiva sempre che l'altro lo picchiava di brutto. E tutto perchè "si annoiava", così diceva lo Scozzese.
Ma proprio mentre stava per varcare la soglia della porta, ecco che una mano gli afferra da dietro il braccio e Ian, portandoselo contro il petto, lo cinge con un braccio, mentre con l'ausilio dell'altra, chiude la porta a chiave, mettendosi quest'ultima nella tasca interna sinistra della giacca che portava.
-Cosa fai? Non vorrai mica andartene così, vero?- ghignava divertito, mentre velocemente, strappò di mano la borsa all'Inglese, che esclamò impautrito. L'altro con non chalance aprì quest'ultima e ne capovolse il contenuto, fino a quando una sagoma marrone non ne uscì.
-Oh! Ma guarda! Non è forse un portafoglio, quello?-lo afferrò da terra e ne estrasse il contenuto- Oh! Ma come, dicevi che eri senza soldi!-. Arthur era incapace di reagire, nonostante l'altro lo avesse mollato dalla presa.
-Ah..ehm...N-Non mi ricordavo di avere con me il portafoglio...s-se vuoi, prendi pure..- rispose incerto l'Inglese. Ma cosa diavolo stava facendo?? C'era la crisi, come poteva anche solo lasciare al fratello degli spiccioli?!
-Uhm...beh, grazie...-rispose il rosso, infilandosi i soldi in una tasca dei pantaloni blu, rimettendosi poi bene la giacca blu che indossava sopra la camicia, mentre si girava verso il biondo- ..Ma tu...- si avvicinò, trascinando i piedi. Arthur quasi spontaneamente indietreggiò, balbettando frasi sconnesse-...Tu...Credevo di averti insegnato che non si dicono le bugie, no?-.
Sul volto dello Scozzese si dipinse un ghignò perfido, constatando che Arthur, a furia d'indietreggiare, era rimasto con le spalle al muro, letteralmente. Si avvicinò e prese la sigaretta, se la mise in bocca e poi gli soffiò nuovamente in faccia. Arthur tossicchiò e riprese a fissarlo con quello sguardo impaurito. Fu allora che Ian prese la sigaretta e gliela impiantò sul collo, sentendo odore di carne bruciata.
-G-Gwaaah!- Arthur gridò dal dolore, cominciando a lacrimare. Gli passò per la mente velocemente l'immagine che aveva avuto poco prima di Ian, che gli sorrideva affettuoso e lo carezzava. Davvero, doveva essere proprio un sogno, quello.
-Ecco, così si istruiscono i mentecatti! Usando un po' di forza!- disse il rosso, staccando la sigaretta dal collo dell'altro.
Cominciò poi a dargli calci sullo stomaco, e, mentre Arthur si piegava a terra dal dolore piangendo, Scozia continuava a fumare e a sbuffargli in faccia. Dopo qualche minuto, poi, Ian afferrò Arthur per il colletto, e lo trasportò fino al divanetto che era presente nella stanza. Ce lo buttò sopra bruscamente, e poi, senza dare al biondo il tempo di riprendersi, gli si mise sopra. Ora non ghignava più, era serio in volto. Arthur lo fissava negli occhi, gli occhi smeraldo come i suoi, gelidi e distaccati come il ghiaccio.
Ian carezzò al fratello minore una guancia, cosa che stupì Arthur ma che lo mise all'allerta.
-Ma guardati...Come sei diventato grande, in questi 100-200 anni che non ci vediamo faccia a faccia...- gettò la sigaretta a terra, pestandola con la scarpa e spegnendola.
-E, nonostante tu sia cresciuto, sembri e sei ancora un moscerino indifeso e altamente molestabile.- ghignò il fratello, mentre con la mano scendeva, carezzando ad Arthur un fianco. 
-...- Arhur, dal canto suo, rimaneva a tremare, spaventato. L'avrebbero mai detto, gli altri, che davanti a qualcuno potesse diventare così poco arrogante come era di solito? Il Grande Impero Britannico che si piegava daventi ad un soggetto che non era nemmeno una Nazione.
-Che c'è, Arthur, il gatto ti ha mangiato la lingua..?- disse Ian, scendendo ancora di più con la mano, finchè, quando raggiunse l'interno coscia, Arthur gemette impaurito e gli gridò: -No! Per favore, big brother! Non fare niente!-.
Lo Scozzese rimase un po' spiazzato, inizialmente, poi, tornando con la sua espressione seria: -Che fai? Ora rispondi pure? Si vede che questi Europei ti hanno cambiato. O forse è colpa dell'Americano?- ci stava prendendo gusto.
-Ian, per favore..! Per...favore..!- implorò nuovamente Arthur, fra le lacrime.
Ian rimase a guardarlo, per qualche minuto, che parve un'eternità. Poi, senza dire niente, si staccò, lasciando Arthur sul divanetto e riaccendendosi una sigaretta.
-Lo sai, Artie, sei davvero noioso.- fu l'ultima cosa che gli disse. Si incamminò verso la porta, estrasse la chiave che teneva nel taschino e uscì dalla stanza. Arthur affannato lo seguiva con lo sguardo, ancora scosso, fino a quando non sparì dalla sua vista, varcando la soglia della porta della stanza.
 
"Fratellone! Fratellone! Aspetta!" Arthur, goffamente, correva dietro al mantello blu che si apprestava ad entrare nella foresta in cerca di selvaggina da cacciare.
"Che cosa vuole, ora..?" il maggiore si girò, ma nemmeno il tempo di sbattere gli occhi, che si ritrovò un mazzo di fiori davanti al viso. La faccina di Arthur sbucò da dietro il mazzo, soridente.
"Ecco..la scorsa volta non sono riuscito a raccoglierteli, ma...questa volta ce l'ho fatta! Sono più belli dell'altro giorno! Sono delle rose rosse, le nostre preferite!" dichiarava soddisfatto il minore.
Ian era sbalordito. Non credeva il minore volesse davvero fargli un mazzo, credeva poi che si fosse dimenticato di suando gli aveva confessato di avere una certa passione per le rose rosse. Rimase a fissarlo, indeciso sul da farsi, se picchiarlo o lasciarlo lì, da solo. Ma il suo sguardo ricadde sul visino contento e soddisfatto del bambino. 'Questo tappo...Cosa bisogna fare con lui..?' pensò tra sé e sé ian. Il gesto gli venne spontaneo. Prese in mano il mazzo. Arthur a quel gesto sorrise e disse: "Vado a cercarne di più belle ancora, così le portiamo alla mamma!" e corse via ridendo come solo i bambini, nella loro ingenuità, fanno.
 
Ian, dopo aver fatto quella visitina al fratello, tornò a casa, strisciando i piedi come suo solito. Entrò, appoggiò la giacca blu su una sedia e si sbottonò la camicia, rimanendo col petto visibile. Si diresse nel soggiorno, e lnciò un'occhiata a un vaso. Rimase in silenzio, per poi sorridere tra sé e sé, riaccendendosi una sigaretta. Eh, sì, le orse rosse che quel marmocchio aveva raccolto, erano davvero belle.
  
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