II
Dopo aver mangiato un po’ di
pane intinto nel vino, Quinto decise di fare un giro della città, pian piano
ripercorrendo molte vie a lui già conosciute. A un certo punto si ritrovò a
seguire la strada che circa sei mesi prima aveva percorso con la madre quando
avevano comprato Trebonio dai mangones. L’emozione fu forte ma decise di
proseguire, portando con sé l’amaro sapore del dispiacere.
Quinto, che portava con se
qualche manciata di monete d’oro e d’argento, una piccola parte di ciò che gli
restava, notò che la piazza e le strade che si incrociavano a formare un trivio
(prima del ponte che conduceva alla zona a sud del ponte) erano sempre
brulicanti di gente, impegnata e affaccendata col proprio lavoro. Quinto decise
di prendere la via orientale, che correva parallela a nord del fiume, e un
timido sorriso comparve sul suo volto quando vide altri mercanti di schiavi che
cercavano in tutti i modi di invogliare la gente a comprarne qualcuno.
Un mango si fece avanti
e lo fermo con una mano, indicando una splendida ragazza egizia dalla pelle
scura dal seno florido completamente scoperto. Quinto sorrise al mercante ma
fece cenno di non avere abbastanza denari per potersela permettere, benché
fosse veramente bellissima. Il mercante si strinse nelle spalle e tornò al suo
lavoro, ignorandolo e pensando agli altri potenziali compratori che invece
potevano permettersi la sua mercanzia.
Pure Quinto si strinse nelle
spalle e si volto bruscamente quando inciampò senza volere sulla tunica di una
donna sulla trentina, causando la caduta di entrambi.
«Ehi giovanotto! Sta un po’
più attento!»
«Mi scusi signora. È colpa
mia, sono così distratto ultimamente»
«Questo non ti vieta di tenere
gli occhi aperti» rispose gelida la signora. Questa chiamò due dei suoi schiavi
maschi grossi e muscolosi per aiutarla a tirarsi su, mentre due delle sue
schiave femmine ripresero a farle ombra grazie a rozzi parasole di tessuto.
Quinto si chinò in una riverenza un po’ goffa, cercando di farsi perdonare
avendo notato che la donna era una delle poche ricche matrone di Vienne. Questa
continuò a fissarlo sprezzante, poi un mezzo sorriso si stampò sulle sue labbra
sensuali e carnose quando notò che il giovane non era affatto un semplice
plebeo ma un nobile. I boccoli mori di Quinto tradirono la sua natura, oltre
che la tunica e i sandali.
«Chi sei ragazzo?»
«Mi chiamo Quinto Severino
signora»
«Oh, adesso ricordo! Sei il
figlio di Severa. Povera donna; è venuta a mancare così presto.»
Quinto sospirò e annuì,
incapace di dire altro.
La matrona lo fissò a lungo,
squadrandolo da capo a piedi, iniziando a trovarlo a dir poco interessante.
«Dimmi Quinto Severino. Cosa ci sei venuto a fare nel quartiere dei mangones
invece di preoccuparti di gestire il tuo patrimonio?»
«L’ultimo notaio a cui ho
affidato questo compito è scappato con più della metà dell’eredità che mi
spettava di diritto.» Il giovane si strinse nelle spalle, tirando un sospirone
carico d’ansia. «Fuggito chissà dove e non so cosa potrei fare per ritrovarlo.
Ormai mi sono rassegnato.»
La donna rimase a dir poco
allibita, ma non a tal punto da non sapere che gente del genere esisteva già da
molto tempo. Diede nuovamente una rapida occhiata al viso dolce e dai lineamenti
morbidi del giovane e pensò che fosse veramente bello. Talmente bello che le venne
in mente un’idea per averlo tutto per sé.
«Che ne diresti di vendere la
tua domus e venire a vivere nella mia? Ho sempre desiderato avere un figlio
mio, senza mai riuscirci quando mio marito era vivo. Ah che sciocca! Quasi
dimenticavo: il mio nome è Pomponia.»
Quinto sgranò gli occhi e si
grattò la testa incredulo «Piacere signora Pomponia, ma… Dite sul serio? Come
potrei chiederle questo?»
«Oh ma non me lo stai
chiedendo infatti, sono io che lo desidero. Sarei felice di aiutarti ad
amministrare i tuoi bene insieme ai miei, diverremo di fatto una famiglia»
Quinto era sempre più confuso,
non sapeva cosa rispondere, ma la proposta l’allettava e anche la donna era
affascinante, vestita con un bella tunica rossa e bianca dalla scollatura molto
generosa, attraverso la quale si potevano scorgere due seni belli grandi e
sodi.
«Io… non saprei… va bene»
concluse il giovane, accettando, catturato più dalla bellezza della donna che
dalla proposta.
La matrona sorrise compiaciuta
e condusse con sé il giovane, finendo con lui il giro che lei avrebbe dovuto
fare prima di tornare a casa, sempre scortati dal gruppo di schiavi sia maschi
sia femmine.