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Autore: Eko1    08/07/2013    0 recensioni
La FF si svolge dopo la fine della prima stagione, direi qualche mese dopo, quando Lydia si è perfettamente ristabilita e Stiles ha deciso che diventare lupo mannaro non fa poi così schifo...arriverà un personaggio (anzi una personaggia) che sconvolgerà la vita di tutti quanti...
buona lettura e buon divertimento, fatemi sapere se vi piace!
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Omar mi mette una mano sulla spalla, facendomi voltare di scatto. Ho i nervi tesi, frementi, e lo fulmino con lo sguardo. Lui si ritira immediatamente, facendo un passo indietro.

“Non volevo spaventarti...” sussurra, alzando le mani. Io sbuffo, infastidita e sprezzante.

“Spaventarmi? Tu pensi veramente...di spaventarmi?” esalo, spostandomi dalla finestra. Una nebbia fitta e impenetrabile mi impedisce di vedere fino in fondo alla radura ed aumenta ancora di più la mia frustrazione. Ripenso a Mokau, a Derek e a Clara, a Cayden, il mio piccolo Cayden. A mio fratello.

Non c'è più nessuno.

Tiro un pugno al muro,lasciando un grosso buco nell'intonaco.

“Io...io non pensavo di...non volevo dire che...” balbetta lui. Strano che un uomo come lui si faccia intimidire da una come me. Ma gli sta bene

“Omar..lasciala stare. Domani ci riuniremo con gli altri branchi di Alpha e partiremo finalmente verso il Quartier Generale. Cerca di dormire.” una ragazzina con i capelli viola si alza dal pavimento e lo spinge lontano da me, mettendomisi davanti.

“Tu devi smetterla.” mi apostrofa, masticando una gomma con la bocca aperta.

“Tu non devi dirmi cosa devo fare, bambocchia. Vai a dormire anche tu e lasciami in pace. Vado fuori.” la supero senza lasciarle il tempo di ribattere e spalanco la porta, uscendo. L'aria gelida mi infastidisce. Come se qualcosa non lo facesse. In due balzi sono sul tetto, ma non si vede nulla comunque. Il grigio della nebbia e il grigio del cielo sono uniformi, come un unico manto. Mi porto una mano sulla schiena, il mio triskele sta bruciando, mi sta facendo male, ma non quanto i ricordi. Non quanto i rimpianti. Cayden assomigliava a Derek più di quanto pensassi. Era la sua fotocopia, il mio piccolo cucciolo di lupo grigio. Tiro fuori un piccolo registratore portatile e schiaccio play. Faccio la stessa cosa da quando mi sono svegliata, la stessa identica cosa da quattrocentoventisette giorni.

“Diario di guerra, giorno 427. Seppelliti novantadue ibridi, ucciso un numero imprecisato di umani dell'Ordine. Stiamo per arrivare alla fine, stiamo per concludere il viaggio. Ci siamo quasi. Sono 427 giorni che sono lontana da Mokau, 427 giorni dopo l'esplosione. Non so in che circostanze sia avvenuta la cosa. Il mio triskele brucia. Mi hanno detto sia stato un attacco degli Argent, un attacco dall'alto. Le immagini parlano chiaro. Sono l'ultima sopravvissuta del mio branco, fino a prova contraria, ma sono 427 giorni che non ho prove contrarie. Mi sono svegliata dopo quattro giorni dall'esplosione, su un cargo diretto in Messico. Questo è quello che so.” Spengo il registratore e me lo rimetto in tasca. Mi guardo le braccia, mi tocco il viso. Sono io e sono tutta intera. Il mio corpo, almeno. Mi passo una mano sulla testa e i capelli cortissimi mi solleticano il palmo. Inspiro ed espiro, gli odori e i profumi della radura di notte si mescolano all'odore di Omar e del resto dei lupi che sono nella casa sotto di me. Cerco l'odore di Derek ma non c'è. Quello che sento è il ricordo del suo odore che mi solletica le narici. Il profumo più buono del mondo. Non ho parole per esprimere il senso di vuoto che ho alla bocca dello stomaco. I miei giorni scorrono tra il combattere per dimenticare e ingannare il tempo per dimenticare. Vorrei avere l'Helzeimer, certe volte. Il giorno prima ero con Derek, a letto. Mi sono impressa in modo indelebile dentro i suoi gemiti e il sapore delle sue labbra. Il viso di Clara. Il sorriso di Wai. La sensazione degli abbracci di Hare. Le piccole mani e gli enormi occhi blu di Cayden. E pensare che nemmeno lo volevo. Mi copro la bocca con la mano e mi impongo di non piangere. Ormai loro non ci sono più. Non ci sono più.

Alzo gli occhi al cielo. Io ho sempre combattuto per chi amavo, per metterli in salvo. Ed ora l'unica cosa che mi manda avanti è la vendetta.

“La vendetta...” mormoro, affondando le dita nelle tegole.

“Non ti fa bene parlare da sola, lo sai?” mi trovo davanti il volto di un ragazzo. Non deve avere più di venticinque anni, il volto teso e adombrato da un po' di barba.

“Non fa bene nemmeno origliare, lo sai?” gli rispondo. Lui sorride. Tollero la sua presenza, mi ronza intorno da un po' ma lo accetto.

“Ti temono tutti, lo sai? Parlano di te come di una leggenda...” finge noncuranza ma dissimula male il suo nervosismo, infatti si tiene a distanza. Io batto leggermente la mano sulle tegole accanto a me, e lui si siede, affiancandomi.

“E dai..dimmi cosa dicono di questa gran leggenda tatuata e rasata che si comporta come un mostro?” cerco di alleggerire la tensione, visto che si è irrigidito e non parla.

“Dicono...dicono che tu abbia combattuto ovunque, che tu sia benedetta in qualche modo da qualche dio della tua terra. Che tu sia immortale, che non hai sentimenti e non provi dolore...”

Soffoco una risata e lui non se ne accorge e continua a parlare.

“Dicono che tu e il tuo Half siate due metà di una cosa sola...che quando combattete siete una forza della natura...dicono...dicono che tu sia quella che potrebbe uccidere l'ordine da sola!” finisce di parlare, infervorato e mi guarda. Io batto le mani un paio di volte, lentamente.

“Allora...metà di quello che dicono sono puttanate. Non sono immortale, ma sono diversa dai lupi normali. Ho combattuto per mezzo mondo, ma non ovunque. Posso morire, ci sono andata vicina più di una volta...e ho dei sentimenti. Li ho, non ti preoccupare. Sono quelli che mi fanno andare avanti.” fisso l'albero più vicino a me, fisso, per non pensare.

“Quanti anni hai?” mi domanda “dov'è il tuo Half? E il tuo branco?” Io sospiro, esasperata. Ma sono 427 giorni che praticamente non parlo.

“Certo che basta poco per farti parlare eh?” dico. Lui arrossisce e io gli tocco una spalla, rassicurandolo. Mi sistemo in una posizione appena più comoda e ricomincio a parlare.

“Comunque..ho ventisei anni. Non so dove sia il mio Half. Non so se il mio Half sia vivo. Ma non penso, comunque. Non so dove siano i miei figli. Penso che siano morti. Non so dove sia il mio branco. Anche loro...penso che siano morti. E tu?” domando. Lui non parla per un po', guardandomi fisso negli occhi. Penso che abbia gli occhi chiari, ma non ne sono sicura.

Non mi sono mai data pena per cercare di conoscere i miei compagni, dopotutto.

“Io...mi chiamo Noah. Ho ventisette anni. Non ho mai avuto un branco. Non ho una storia particolare. Sto cercando i miei genitori, e sto cercando la mia Half.” conciso, il ragazzo.

“Quando la troverai lo capirai...è come se l'aria che avessi attorno non ti bastasse più. Derek era uno stronzo, per la maggior parte delle volte. Me ne ha fatte tante che non immagini. Ma ora io da quando mi sveglio a quando cerco di dormire, vivo in mancanza d'aria. Avevo lui e nonostante tutto, ogni cosa era al suo posto. Sapevo che era vivo e sapevo che c'era. Anche quando eravamo lontani. Per questo anche ora ti dico...non mi posso rassegnare al fatto che sia morto. Sembri molto più giovane, comunque.” Tiro fuori una sigaretta dal pacchetto e gliela offro, ma lui rifiuta. Io alzo le spalle e l'accendo, espirando lentamente il fumo.

“Anche tu. Fisicamente, intendo. Basta guardarti negli occhi per capire che non hai né l'età che dimostri né la tua età biologica. Hai gli occhi che dimostrano millenni.”

“siamo poetici eh?” esclamo, ma scatto in piedi immediatamente, facendogli cenno di tacere e di stare giù. Ho sentito un odore diverso dal solito. Diverso da quelli a cui ormai sono abituata.

“Noah, alzati.” sussurro, e lui in un secondo è in piedi “...lo senti anche tu?” lo guardo e lui annuisce appena. É odore di sangue misto a qualcosa che non riconosco subito. Odore di polvere da sparo, di nylon. Non capisco da cosa derivi questo miscuglio di odori. Sento un pianto, un pianto che squarcia la notte.

Noah mi trattiene per un braccio e io gli ringhio contro ma lui mi fa cenno di no.

“No Tona non andare. Non devi andare tu, tu ci servi!” Mi divincolo e lo lascio parlare, ma non appena metto piede sul terreno, mi trovo Omar davanti, con un fucile puntato nella mia direzione.
“Non voglio farlo, Tona. Ma se ti muovi, ti sparo un colpo in testa.”

Sono confusa ma non lo do a vedere. Sono esposta, ho la casa alle spalle e Omar davanti. Intorno a me, solo gli alberi.

“Omar. Dimmi cosa sta succedendo.” mi ricompongo e raddrizzo le spalle, ma ho il cuore che pompa e il cervello che analizza ogni rumore e movimento mi si presenti davanti.

“Ho sentito il pianto. Tu non devi andare da nessuna parte. Entra in casa.” mi ordina.

“Io non prendo ordini da nessuno, sappilo.” sibilo. Lui si innervosisce e stringe ancora di più il fucile.

“Ah e poi...Omar...complimenti, portare un fucile a pallottole d'argento e puntarlo contro una della tua stessa razza...che ti ha tenuto in casa per mesi...l'unica che secondo la leggenda può uccidere gli Argent...” faccio un passo avanti verso di lui, poi un altro finchè non appoggio lo stomaco alla bocca del fucile. Sento Noah gemere di spavento dietro di me. Appoggio le mani alla canna e spingo verso il basso, finchè il foro dell'arma non punta verso terra. Ho i palmi ustionati, anche il fucile deve essere fatto d'argento. Li strofino l'uno contro l'altro, ma non fa che peggiorare la situazione.

“E adesso...sparami se ci riesci.” dico, inoltrandomi tranquillamente nel folto del bosco, senza voltarmi.

  
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