Cari ragazzi,
ho
appena terminato di conferire con il professor Piton
circa la pozione che vi avrebbe colpiti durante l’attraversamento del corridoio
e pare che ci siano nuovi sviluppi.
Severus ed
io stiamo cercando una soluzione,
Abbiamo novità, invece sulla
pozione.
Stando all’analisi che il
nostro stimato professore ha condotto sui campioni
prelevati, pare che il dosaggio fosse molto impreciso rispetto a quanto
dovrebbe effettivamente essere e, tuttavia, presenta degli ingredienti non
rintracciabili nella preparazione di pozioni analoghe. La presenza di
componenti quali la piuma di civetta grigia della Norvegia e l’unghia di torpodillo rendono l’effetto del composto altamente instabile.
È quindi possibile che
l’effetto che ha su di voi sia altalenante e vi scombini le età con una certa
frequenza.
Prestate molta attenzione a quando siete in giro e ai cambiamenti che possono
capitarvi in presenza di altri.
Nel caso di ulteriori sviluppi
vi terrò informati.
Albus Silente
Hermione
posò il foglio sul tavolino e lanciò un’occhiata al bambino che stava seduto in
letto: 5 anni…
Sorrise
mentre il bimbetto la fissava imbronciato
-
Potresti
anche smetterla di ridere come una deficiente
Bofonchiò
lo Slytherin, gli occhi per niente amichevoli.
-
Eddai,
smettila Malfoy, te la prendi troppo
-
Vorrei
vedere – ribattè piccato – non ti costringono certo
ad essere una mocciosa di 5 miserevoli anni!
-
Ma qui
con te c’è la zia… - gli disse sorridendogli, sapendo che, anche volendo, lui
in quel momento non avrebbe potuto farle molto, salvo poi pagare dopo…
Da
quando avevano avuto quel piccolo diverbio e poi lei l’aveva salvato da quelle
fiamme stravaganti, due giorni prima, il loro rapporto si era disteso un
pochino, aveva messo da parte la ferita causatale dal bacio improvviso che lui
le aveva dato e tutto era tornato come prima, più o meno.
Peccato
che quella mattina se lo fosse ritrovato come un bimbo decisamente più piccolo.
Aveva
preso proprio un bello spavento vedendolo bruciare e dilaniarsi in quel modo,
meno male che la tortora di Silente li aveva aiutati… lui aveva dormito per un
giorno e mezzo e quando si era svegliato, lei era seduta a leggere accanto a
lui nel letto.
L’aveva
guardata sospettoso, di nuovo nelle sembianze di un
bambino, domandandosi cosa avrebbe fatto adesso, ma, soprattutto, curioso di
sapere se il suo primo pensiero sarebbe stato per il bacio che si erano scambiati,
e tutto il resto, oppure se sarebbe stato per ciò che era accaduto.
-
Credo
che tu debba dirmi qualcosa – aveva pronunciato le parole una per volta,
chiudendo le pagine del volume e fissandolo intensamente negli occhi
Si
era sentito sollevato che lei non sollevasse più quella scena penosa che c’era
stata tra loro, ma neppure che si facesse invadente; sfortunatamente un “non
puoi proprio pensare agli affari tuoi?” non era bastato a distoglierla
dall’interesse che le si era scatenato per quella
magia mai vista che lo aveva perseguitata.
Su
quella cosa era stato irremovibile e, nonostante lei insistesse ad ogni
occasione, non avrebbe ceduto.
Aveva
promesso a Silente di proteggerla, se le avesse detto qualcosa sarebbe stata
involontariamente coinvolta e la cosa non sarebbe stata giusta perché quello
era un problema che riguardava solo lui, o meglio, lui e gli “altri”.
-
Evidentemente
Piton ha ragione quando dice
che la nostra età può variare… - notò alzando un sopracciglio e guardando il
bambino nel letto che tentava di leggere il libro della Reichs
-
Quanti
anni hai adesso? – le domandò lui distogliendo appena lo sguardo
-
Pressappoco
ventisei o ventisette – fece notare lei
-
Solita
fortuna – borbottò lui
-
Su, non
essere così acido – aveva scoperto che prendersi un po’ gioco di lui era
tremendamente divertente quando era in quelle
condizioni. Chiaro, le sarebbe capitato qualcosa di terribile non appena avesse
potuto impugnare una bacchetta o la sua testa fosse stata sufficientemente
lucida per formare un piano degno del peggior cattivo di 007.
A
dire la verità, ed era una cosa che non avrebbe ammesso neppure sotto tortura,
non le era dispiaciuto il suo bacio.
Quindi,
se un’altra vendetta fosse stata allo stesso modo…
Ok, era stato il primo che dava, no, meglio, che riceveva, e si
era sentita tremendamente male… come se avesse tradito un sogno
mentre le labbra di lui sfioravano appena le sue. Aveva pianto.
Ma
dopo quel primo istante, tutto era cambiato e la cosa non le era sembrata più
così terribile.
Adesso,
a ripensarci, non ci vedeva più tutto quel male, forse proprio perché,
nonostante tutto, le era piaciuto.
Non
stava tradendo nessuno.
Certo,
probabilmente Harry e Ron avrebbero alzato un
polverone pazzesco, ma forse valeva la spesa per quanto aveva permesso alla serpe
di farle.
Ron avrebbe sbraitato come un ossesso, ma era l’ultimo della lista
che si sarebbe dovuto permettere di dire anche solo un monosillabo, soprattutto
dopo che per sei anni non si era neppure accorto che lei esisteva quale essere
femminile e non solo come arredo della suite dei grifoni.
Malfoy,
invece, era più silenzioso di quanto avrebbe voluto, soprattutto
quando desiderava sapere mooooolte cose che
lui si ostinava a non dirle.
Non
era riuscita a scucirgli una sola parola a proposito di quelle fiamme, ogni
volta lui si rintanava in un silenzio terribile che la teneva alla larga, un
muro di indifferenza, diffidenza e lontananza che non era stata in grado di
superare.
-
Coraggio,
Mini-Malfoy, la zia ti dà una mano… - e gli sorrise
mentre lo guardava con quel broncio che, di pauroso, non aveva più niente,
sembrava solo buffo
-
Le mie
zie sono tutte e due stupide. Però avere una zietta
come te… potrei quasi prendere in considerazione l’idea. La mamma però non
approverebbe.
-
Perché
sono mezzosangue? – chiese, divertendosi in quella conversazione
-
No,
perché la faresti sentire vecchia
-
E se
facessi la vecchia zia zitella?
Lui
alzò un sopracciglio e la studiò un attimo. Nella sua forma adulta,
effettivamente, un po’ assomigliava alla consueta zia dei sogni di tutti i
bambini. Peccato che lui avesse dei ricordi decisamente meno consoni ad una
parente così stretta.
-
Se hai
intenzione di usare il metodo di stamattina, ti consiglio di provarlo su un
vecchio settantenne… sarebbe decisamente più efficace per le tue finanze
Lei
arrossì e storse il naso.
Sapeva
a cosa si riferiva.
Quando
si dice che le abitudini sono difficili da levare, ebbene, non c’è cosa più
vera!
Già,
perché, per quanto riuscisse a ricordare, da quando
erano insieme a Londra, non c’era stato giorno che non si fossero ritrovati al
mattino più o meno abbracciati.
Quella
mattina, per esempio, lo stava quasi mandando in iperventilazione
e non perché lo stesse soffocando con un abbraccio, come le aveva detto
(mentendo), bensì perché quell’osceno pigiama che si ostinava a mettere non era
sufficientemente spesso per nascondere le forme femminili al di sotto.
-
Sei di
animo scorbutico? – indagò non riuscendo a perdere il buonumore con cui si era svegliata
-
Cos’è,
hai voglia di scherzare? – rispose
-
Volevo
andare alla biblioteca a prendere in prestito qualche libro, ma se sei così
lunatico ci caccerebbero in meno di dieci minuti
-
Perché
devi andare in quel covo di babbani? – le chiese
-
Ti sei
preso metà dei miei libri – e indicò il nome della Reichs
che spuntava su ciascuna delle copertine – e non ho più nulla da leggere, ho
bisogno di comprarmi qualcosa o di prenderlo in prestito
-
Guarda
che la gente va in crisi d’astinenza dal fumo o dal sesso, non dalla lettura –
le fece notare con un’occhiata
-
E
immagino che nessuna di queste cose ti sia mai successa…
-
Finchè
non mi è toccato venire a Londra con te, mezzosangue
-
Non
esagerare con la galanteria, per carità! – celiò sbuffando per i suoi soliti
modi un po’ maleducati
-
Intanto
è quasi una settimana che vado in bianco
-
C’è gente
che non si fa tutti questi problemi
-
E c’è
gente che ci va da una vita, come la Donnola…
-
Perché
devi sempre parlare male dei miei amici?
-
Immagino
che fosse troppo stupido perfino per te!
-
Mi
spieghi che cosa c’entra? – protestò arrossendo, per niente felice di dovergli
parlare del fatto che Ron non si fosse mai accorto
dei suoi sentimenti
-
Andiamo…
tu ti fai sempre gli affari miei, perché io non posso farmi un po’ i tuoi?
-
Perché
te li fai già troppo
-
Allora
dimmi com’è andata
-
Ma non
ti riesce proprio di stare zitto?
-
No –
era una bugia, ma per il momento ci stava
-
Beh, sappi
che non siamo tutti come te – rispose stringata
-
Draco
Malfoy è uno e inimitabile – puntualizzò lui
-
Per
fortuna, ci manca solo una frotta di bimbetti saccenti che parlano come una
rubrica d’amore
-
Mi stai
paragonando alla Brown? – volle sapere, decidendo se
prenderla per un’offesa
-
No, ma
sei seccante – il ghigno made-in-malfoy si dipinse
sulle labbra del bambino
-
Andiamo,
zietta, le ziette mi
raccontano sempre dei loro mariti e amanti – disse smielato, imitando davvero
il tono di un bambinetto innocente quale NON era.
-
Ma non
avevi detto che non andavo bene a fare la zia?
-
Ho
detto che non saresti andata a mia madre. A me sta più che bene – aggiunse con
un sorrisetto malizioso che la fece arrossire di nuovo.
-
Vabbè,
comunque io e Ron non siamo usciti insieme
-
Troppo
stupido? – ripetè lui
-
Chissà…
-
Se ti
chiedesse di uscire adesso, che faresti?
-
Basta!
Così sembri davvero Lavanda o Calì!
-
No, la Patil no! Te lo proibisco!
-
Cos’è,
s’è permessa di parlarti male o di darti buca?
-
Ehi,
mezzosangue, nessuna ragazza mi ha mai dato buca, chiariamo il concetto…
-
Detto
da un bimbo di cinque anni ha del ridicolo. Preparati che usciamo.
-
Vuoi
davvero trascinarmi in una biblioteca?
-
Non ti
prenderai certo il colera – gli rispose mentre si
sistemava la sciarpa
Sbuffando
e lamentandosi come suo solito, il biondo si adattò una sciarpa e uscì dalla
porta per mano.
Per
fortuna nel portone l’uomo della reception era
assente e così non vide passare un bambino decisamente più piccolo di quel che
ricordava.
* * *
La
sua struttura vittoriana tradiva le sue tradizioni, decisamente più antiche e
il maestoso ingresso era l’anticamera di una delle zone di studio più rinomate
della City.
L’interno
era un tripudio di legno di mogano e noce antico dal caratteristico colore
piuttosto scuro che accompagnava il visitatore dalla hall fino alla sala
lettura, l’arredamento era costituito da mobili barocchi che sorreggevano
perfettamente l’impegnativa mole di libri nonostante la loro veneranda età. Gli
stucchi sul soffitto erano stati restaurati con maestria non molti anni prima
e, se non fosse stato per le vetrate limpide a pannelli disuguali che avevano
sostituito quelle policrome progettate in origine, l’ambiente sarebbe stato
identico all’immagine tardo settecentesca che le
stanze dovevano avere ai tempi in cui la villa era abitata da Lord e Lady Stantmore.
Il
banco del prestito era presidiato da tre donnine che, a prima vista, erano lo
stereotipo delle bibliotecarie, con gli occhialini sottili appena appoggiati
sul naso e fermati intorno al collo da una catenella d’argento, indossavano
camicie e gonne piuttosto lunghe sotto il ginocchio e al polso sinistro un
orologio d’oro. Il fisico magro le rendeva assomiglianti in modo quasi
incredibile a Madama Pince, la bibliotecaria della scuola.
Draco
si guardò stralunato intorno, sentendosi in un posto decisamente più familiare
dell’attico di Raymond e decisamente più simile alla Hogwarts a cui era abituato.
La
biblioteca forniva una delle più grandi collezioni di libri di tutta l’Inghilterra,
ordinatamente disposti per nome creando un piacevole effetto di colori. Alcune
persone, arrampicate su delle scale a pioli, consultavano dei tomi appollaiate lassù in cima, altre, invece, sulla balaustra
superiore dove erano contenuti i volumi della specializzazione giudiziaria,
formavano piccole pile che poi si portavano dietro per chiedere in prestito.
-
Assomiglia
vagamente a Hogwarts – disse piano il biondo mentre lei lo teneva per mano e lo conduceva lungo
diversi corridoi
-
I babbani non lo sanno – gli fece notare lei con un sorriso – ma in questa sezione sono conservati anche dei
libri magici
-
I babbani sono stupidi come al
solito – sottolineò lui
-
E i
maghi pure, che non si sono mai accorti che alcune delle loro cose sono fine qui
-
È
compito del Ministero occuparsi di questi problemi – disse
mentre salivano un imponente scalinata a gradini bassi che una volta
doveva portare alla sala da ballo del piano nobile. Gli scalini bassi, riflettè lui, erano una buona invenzione perché facevano
faticare meno e, infatti, salire fin lassù non aveva niente a che vedere con
l’arrampicarsi su per la scala a chiocciola che conduceva alla Torre di
Astronomia, oppure dall’ingresso dal lago alla Sala Grande.
Una
delle donne del banco prestiti, che stava riportando al loro posto alcuni
libri, li guardò significativamente, facendo notare che stavano alzando
decisamente il tono per essere all’interno di un luogo dove il silenzio era la
regola aurea.
Sbuffando
imbarazzata, lei strinse di più la mano destra con cui stava conducendo il
bambino affianco a lei e lo portò fino al termine del corridoio dove si apriva
una vasta sala di consultazione con la targa “Romanzi”; in fondo a questa,
quasi addossato contro il muro, uno scaffale altissimo colmo di opere narrative
stazionava nella sua imponente e altera mole ed era la sua meta preferita.
Draco
guardò curioso oltre, vedendo le pareti rivestite da una tappezzeria che tra i
maghi era ancora di moda, rifinita fino ad una certa altezza con pannelli di
legno, ma che, tra i babbani, era probabilmente stata
soppiantata. Il pavimento, un po’ inclinato per le molte avventure che doveva
aver vissuto, era formato da quadrati bianchi e neri di marmo ed era uno dei
vanti di quel luogo. Qua e là tra le piastrelle erano fissate delle targhe di
ottone o bronzo, forate al centro, che indicavano dove erano rimaste inesplose
le munizioni e le bombe cadute lì sopra durante
-
Quanto
vuoi rimanere? – le chiese circospetto, temendo di
dover passare in quel posto tutta la giornata
-
Quanto
ne ho voglia – rispose evasiva mentre i suoi occhi
erano stati catturati da una copertina che non aveva ancora letto
Lui
borbottò piano qualcosa per non attirarsi le ire della bibliotecaria e della
Granger e si sedette sul pavimento, esattamente come un qualsiasi bambino
annoiato.
Vide
un libro dalla rilegatura interessante e lo prese in mano, sorrise nel
riconoscere alcuni simboli magici: doveva trattarsi di uno dei volumi di cui
lei gli aveva parlato. La tirò appena per la gonna, il punto più alto dove, al
momento, riusciva ad arrivare; gli occhi ambrati di lei si discostarono dalla
sua lettura e abbassarono su quelli argentati di lui che erano sollevati.
L’indice della mano destra, quello con cui, in genere teneva la bacchetta, era
puntato su una pagina a caso del libro che teneva in mano e stava indicando dei
simboli strani
-
Aritmanzia
– disse automaticamente lei riconoscendo i segni che il professor Vector tracciava spesso sulla lavagna
mentre spiegava come predire il futuro attraverso numeri.
-
Quello
lo sapevo anche io – sbuffò lui voltando le pagine – parlavi di cose del
genere?
-
Sì
Il
biondo annuì e lasciò la presa sui suoi vestiti per tornare a concentrarsi su
quel volume.
Era
particolarmente vistoso, in mezzo a tutte quelle copertine morbide di cartone
stampato. I libri di magia, invece, venivano ancora
fatti con il vecchio stile: un gruppo di penne d’oca scriveva sui fogli che
erano poi rilegati insieme con della pelle formata da fibbie di ottone e varie
chiusure; anche la consistenza della carta era differente: quella babbana era chiarissima e il nero dell’inchiostro risaltava
particolarmente, la pergamena del mondo magico, invece, era spessa e dal colore
leggermente giallino e le scritte del volume erano voluttuose e piene di asole
e gambi.
Lo
sfogliò tutto, riconoscendovi un libro che c’era anche a Hogwarts…
e Malfoy Manor. Un suono sprezzante gli sfuggì dalle
labbra, mentre si faceva largo tra i suoi ricordi l’imponente costruzione di
casa sua avvolta tra le fiamme.
Guardò
un istante la mezzosangue, ancora assorta nella lettura: non avrebbe potuto
parlargliene.
Avrebbe
voluto dirlo a qualcuno e, onestamente, ogni volta che lei gli domandava di
parlargli di cosa era successo quella mattina nel letto, era tentato di vuotare
il sacco, sospirare e raccontarle tutto.
Avrebbe
voluto dirle tutto perché c’era una vocina dentro di lui che gli diceva che lei
avrebbe capito, perché lei non guardava all’apparenza, ma a ciò che c’era
dentro.
Ma
anche se era solo una sporca babbanofila, non doveva
essere coinvolta in quella faccenda.
Potty e la Donnola non avrebbero dovuto trascinarsela dietro in ogni
loro avventura pericolosa, quante volte aveva rischiato la vita per causa loro?
Al secondo anno ci aveva quasi rimesso la pelle dietro al basilisco e anche al
quinto, quando c’era stata quella terribile battaglia nei sotterranei del
Ministero… come avevano potuto portarla perfino nell’Esercito di Silente?
Incoscienti, aveva rischiato parecchio con le punizioni che assegnava quel
maiale della Umbridge. Non avrebbero dovuto essere
così prevedibili.
Lui
non lo sarebbe stato.
Si
era preso un impegno che, sapeva, non sarebbe stato proprio facilissimo,
soprattutto nelle sembianze in cui si trovava.
Ma
si era reso conto che la più grande minaccia veniva proprio da lui.
Silente
non la aiutava di certo, mandandola assieme a lui, era come se la stesse condannando.
Quelle
fiamme, lei non lo sapeva, ma nascondevano qualcosa di terribile: il fuoco che
brucia in eterno.
Il
preside avrebbe fatto meglio a nasconderla a scuola per qualche settimana,
piuttosto che mandarla a Londra, ma soprattutto, tenerla insieme a lui.
Tra
il fatto che lei i guai se li andava a cercare col lanternino e che lui stesso
costituisse una minaccia per la sua incolumità, rischiava davvero tanto.
E
per di più c’era qualcuno che voleva ucciderlo e che attentatava
alla sua vita.
Come
avrebbe fatto a tenere alla larga quella creatura curiosa se era
la prima che sembrava mettere il naso in affari da cui sarebbe dovuta rimanere
fuori?
Ma
soprattutto, perché quell’impegno preso così alla leggera con il suo preside si
era trasformato in una motivazione così forte?
Proteggere
lei… non aveva mai avuto niente da proteggere, tutto ciò che aveva, per
quanto lo riguardava, poteva volare dalla torre più alta della scuola. Adesso
aveva delle cose che doveva preservare.
Ma
non poteva chiederle aiuto, lei non doveva essere coinvolta.
Ce l’avrebbe fatta da solo, come per ogni cosa.
Sbuffò
e guardò gli altri libri disposti più o meno ordinatamente di fronte a lui, in
fila.
Fece
per riporre quello che teneva tra le mani, quando si accorse che nel buco
lasciato tra gli altri si intravedeva qualcosa.
Inclinò
la testa e sbirciò oltre, curioso, riuscendo a mettere a fuoco un paio di
scarpe di pelle.
Sbattè gli occhi una volta, poi due e le guardò di nuovo:
innegabilmente, quella era pelle di drago!
Cazzo, ma allora quello era un mago!
Che
ci faceva un dannatissimo mago nella biblioteca babbana?
Che fosse venuto a controllare i testi magici presenti?
Rivoltò
tra le dita quello di aritmanzia, impossibile, era un
libro comunissimo come, probabilmente, anche gli altri. Se fossero stati rari o
proibiti senz’altro il Ministero avrebbe saputo che si trovavano lì e, con ogni
probabilità, non ce li avrebbe certo lasciati.
Accanto
alla scarpa nera comparve l’orlo di un mantello di un cupo color marrone.
Poteva
essere solo un mago. I babbani non portavano i
mantelli e credevano che i draghi fossero creature fantastiche inventate per le
favole, certo non pensavano di farci degli indumenti o degli accessori come con
i coccodrilli e i visoni. Sciocchi.
Quello,
ad ogni modo, era proprio uno stregone e, se aveva riconosciuto la fibbia
dorata sopra le squame scure, sapeva anche chi.
Si
morse nervosamente le labbra, bel casino… ci mancava solo lui.
Gli
occhi si sollevarono su di lei, che non lo degnava di un’occhiata, rapita nel
mondo di cui stava leggendo.
Ok, doveva pianificare tutto.
Punto
numero uno: convincerla. Non sarebbe stato facile, scettica com’era di natura, tantopiù che, con ogni probabilità, avrebbe dovuto dirle
qualcosa di ciò che sapeva e la cosa non andava, anche se lo liberava di un
peso, ma molto presto, in quel modo, anche lei si sarebbe allontanata.
C’era
una cosa che ammirava della mezzosangue, nonostante tutto, ed era che era
riuscita a stargli accanto tutto quel tempo senza
cadere in bassi pregiudizi, chiamandolo mangiamorte,
o facendo insistentemente allusioni a quella cosa, altri non ne sarebbero stati
in grado.
Lei,
invece, non ci aveva neppure pensato, non aveva bisogno di stratagemmi così
infanganti per potersi confrontare con lui, anche se lui non negava di usarli,
invece, nei suoi confronti…
Punto
numero due: fuga!
E
non era una banalità. Se mai si fossero accorti che erano due maghi e lui era
QUEL mago, beh, avrebbero rischiato. Il mondo babbano
non era sicuro come si credeva, brulicava di spie e dovevano fare molta
attenzione.
Nella
sua mente si delineò il piano per scappare: la porta, il corridoio, le scale,
il banco dei prestiti…
Ok, potevano farcela…
Tirò
nuovamente la gonna della mezzosangue che lo fissò spazientita
-
Che
cosa c’è adesso? – gli chiese scocciata, lui le fece appena segno di tacere e
di abbassarsi
-
C’è un
mago qui – disse lui indicando lo spiraglio di luce tra i volumi; il
sopracciglio di lei si alzò verso l’altro
-
Forse
non sono tutti razzisti come te – gli disse sottovoce alludendo, ovviamente, al
fatto che lui, come mago, non era mai stato nel mondo
senza magia. La guardò male e le sue labbra sottili sillabarono appena la
parola “mangiamorte” senza che un solo suono
fuoriuscisse.
Lei
sgranò gli occhi, appoggiando il testo e sedendosi accanto a lui
-
Come lo
sai? – gli chiese pianissimo, tanto che dubitò che lui
avesse capito
-
La
fibbia del mocassino porta inciso lo stemma della famiglia – gli disse
indicando appena il cerchietto lucente, lei lo fissò – è il padre di Nott: Parker
-
Perché
ne parli come se fosse un nemico? – chiese lei ugualmente sospettosa
continuando ad aguzzare la vista verso il piede sconosciuto
-
Ci sono
un paio di cosucce che Silente non ti ha detto su di me – aggiunse con un ghigno
-
E
dovrei fidarmi sulla parola? – chiese, lui sollevò il mento
-
Non ho
mai tradito la mia parola, anche se sono Serpeverde –
aggiunse con orgoglio
Lei
lo fissò qualche istante, poi voltò la testa verso il buco senza annuire, ma
neppure senza dargli dell’idiota.
-
Di che
stanno discutendo? – chiese spiccia
-
Qualcosa
non va secondo i loro piani – borbottò ascoltando il tono nervoso dell’uomo
Un
minuto, due minuti; e la conversazione dello sconosciuto oltre lo scaffale con
un altro ipotetico interlocutore riguardava sempre la stessa cosa “Non sappiamo
cosa farne” e “Non siamo riusciti a trovare i traditori”.
Draco
si irrigidì all’udire quelle sillabe, ma continuò a sbirciare dal foro rettangolare
-
E’
tutto a posto? – gli chiese Hermione vedendo gli occhi passare dal grigio ad un
colore simile all’ardesia.
Lui
annuì
-
Non hai
sentito delle voci? – chiese Parker Nott dall’altra parte della libreria – deve esserci
qualcuno – disse voltandosi e dirigendosi verso la fine dello scaffale per
controllare.
Hermione
e Draco si scambiarono un’occhiata preoccupata.
Lei
si alzò in piedi
-
Sai
mentire? – gli chiese lui lanciandole un’occhiata e sistemando il volume rilegato
-
Solo se
serve
-
Dipende
se consideri “salvarti la vita” come qualcosa che serve – sottolineò, lei lo
fulminò con lo sguardo – cerca di essere credibile – aggiunse
-
Fai il
bambino – gli rispose decidendo che la copertura di madre-figlio era quella che
riusciva loro meglio – ma fallo bene
Si
alzò svelta in piedi e riprese tra le mani il tomo che stava consultando prima.
In
quel momento, mentre aveva appena abbassato gli occhi sullo scritto, la figura
massiccia del padre di Theodore comparve nel
corridoio tra le due fila di scaffali.
Si
avvicinò veloce a lunghi passi ed Hermione si appuntò mentalmente che, se le
avesse rivolto la parola, avrebbe dovuto mostrare un adeguato stupore per il
suo vestiario inconsueto.
-
Mi
scusi, signora – disse l’uomo con una voce cavernosa
Lei
sollevò le iridi ambrate, non si ricordava di lui dalla battaglia al Ministero,
quindi, probabilmente, se anche l’avesse vista, non avrebbe potuto riconoscerla,
soprattutto nell’aspetto quasi trentenne che mostrava adesso.
Finse
di prendere atto del mantello e del completo, del tutto inusuale da trovare nel
mondo babbano, come si era preposta, poi sollevò gli
occhi sul viso, terribilmente simile a quello del figlio
-
Sì? –
disse, come se si trattasse di uno straniero che chiedeva informazioni su una via
L’omaccione
parve osservare la figura di donna e la guardò per qualche minuto, decidendo
che era quanto di meno assomigliante ad una maga riuscisse a riconoscere
-
Lei è
una strega? – le chiese, più che certo che la risposta sarebbe stata un no. Gli
occhi di lei parvero divertiti
-
Anche
lei uno spettatore del programma “Prediciamo il futuro” ? – chiese, lui le
lanciò un’occhiata stranita, senza capire – lo so, me lo dicono in tanti che
assomiglio alla conduttrice – aggiunse, come se fosse un motivo di vanto. Nott padre la fissò e annuì, decidendo che quella
insignificante babbana non poteva assolutamente
essere una strega
-
Parker?
– chiamò la voce di un altro uomo e il genitore di Goyle
fece il suo ingresso nel campo visivo della giovane Grifondoro.
Si
fermò un attimo interdetto a scrutare la donna
-
E’ lei?
– chiese all’amico
-
Anche
lei segue “Prediciamo il futuro”? – domandò nuovamente allo sconosciuto che la
fissò come se fosse scappata dal manicomio
-
Mamma?
– disse invece una vocina e una testata di capelli neri comparve da dietro la
gonna, assieme al visetto di un bimbetto di cinque anni
Come
Draco Malfoy fosse riuscito a tingersi la sua chioma bionda e farla diventare
nera in così poco tempo, era un mistero che avrebbe risolto più tardi. Per il
momento ringraziò la sua prontezza di spirito: probabilmente quei due
conoscevano molto, ma molto bene le caratteristiche fisiche di ogni Malfoy sulla
terra che comprendevano capelli chiarissimi e occhi azzurri, oltre ad un ego
smisurato, ad una tradizione secolare e a un carattere veramente orribile. Ma
in quel momento ringraziò ugualmente.
-
Mamma,
questi uomini mi guardano male – mormorò il bimbo che sembrava sul punto di
scoppiare a piangere mentre i genitori di due dei suoi
compagni di Casa lo guardavano con un certo disprezzo. Un’interpretazione
perfetta
-
Smettila…
Francis – disse toccandogli la testa e inventando un
nome – offendi i signori
-
È suo
figlio? – chiese il padre di Goyle, di cui, al
momento, le sfuggiva il nome
-
Sì,
vogliate perdonarlo, è un po’ maleducato. Si chiama Francis…
-
Capisco
Parker Nott, nel frattempo, sembrava
indugiare più del dovuto sulle forme della mezzosangue.
Evidentemente
il suo disprezzo era superato dalla sua brama.
-
Ehm,
eravate voi prima, qui dietro? – domandò ancora Goyle-padre
-
Ah, vi
ho disturbato? – fece lei con voce preoccupata – mio figlio ha fatto cadere dei
libri…
-
No,
niente – disse ancora l’uomo, come se non considerasse più un pericolo ciò che
era avvenuto. Quella babbana, se anche avesse sentito
qualcosa, non avrebbe saputo di cosa parlavano. Potevano sempre dire che si
trattava della trama di un libro.
-
Beh, se
volete scusarci, allora noi andiamo. – si congedò lei – vieni, Francis - e lo prese per mano, facendolo camminare al suo
fianco.
Mentre
camminava per il corridoio, Draco si voltò verso i due e gli fece una
linguaccia.
Era
la sua rivincita per avergli fatto interpretare quella scenetta vomitevole. E
che quei due potessero andarsene al diavolo!
-
Il
bambino è una vera peste – borbottò arrabbiato Goyle
– se fosse mio figlio saprei come aggiustarlo
-
La
madre però me la farei – rispose Parker Nott con un sorriso sbilenco
-
Già,
gran bella carrozzeria – commentò il compare annuendo
Malfoy
si irrigidì mentre camminava.
La
mezzosangue aveva sentito?
E
se sì, come faceva a rimanersene così impassibile?
La
guardò, l’espressione determinata dipinta sul volto. No, non doveva aver
ascoltato…
Però
nel mondo c’erano già troppe persone che apprezzavano le qualità fisiche della
Granger… e il problema era che lui stava entrando tra questi. Anche se,
conoscendola un poco, senz’altro lei era una ragazza da “guarda quello che c’è
dentro, l’esteriorità è effimera”.
Era
un discorso improprio che faceva anche Daphne e quello era il motivo per cui non era mai stata a letto con lui. Peccato che da
banale diciottenne la Granger fosse quasi invisibile, Daphne invece… beh, aveva
una bellezza che non passava certo inosservata, ma si ostinava a dire che la
bellezza non è tutto e altre bestialità sui generis.
Scosse
la testa distogliendola da quei pensieri e tornò a fissare davanti a sé, sempre
sentendo due paia di occhi piantati sulla schiena.
Sarebbe
venuto il giorno che gliel’avrebbe fatta pagare anche a loro…
Il
braccio sinistro gli bruciò. Il Marchio Nero. Erano vicini, doveva esserci
qualche covo di mangiamorte in quella biblioteca.
Scrutò
il viso della Granger.
Alla
fine era rimasta coinvolta anche lei. Già perché, dopo che le aveva detto che c’era qualcosa che le avevano taciuto, lei,
adesso, avrebbe preteso di sapere tutto.
E
non sapeva se avrebbe avuto il coraggio di rimanere zitto su qualcosa.
Beh,
“quella” cosa senz’altro. Ma il resto?
Sospirò.
Maledetto
Silente, le gatte da pelare toccavano tutte a lui.
* * *
Quando
i due misero piede fuori delle biblioteca, come per
incanto, i capelli dello Slytherin tornarono del loro
colore originale.
Hermione
chiamò svelta un taxi e si fece riportare in fretta all’appartamento, curiosa
di conoscere ciò che qualcuno si era deliberatamente sentito in dovere di non
dirle, ma soprattutto, speranzosa di rimanere in un posto dove non ci fossero pericoli e mangiamorte ad
ogni angolo. Neppure il mondo babbano era più così
tranquillo come aveva creduto… il gruppo dei mangiamorte
era cresciuto a dismisura in quegli anni e, probabilmente, stavano già
progettando qualche strage come quella che c’era stata quasi vent’anni prima.
Lanciò
un’occhiata furtiva al biondo che le era seduto
affianco e che ammirava il panorama dal finestrino con molta più serietà di
quanta ci si sarebbe aspettati da un bimbo.
Quando
la porta dell’attico si fu richiusa dietro di loro, Hermione si affrettò a
insonorizzare la stanza, a bloccare l’ingresso e a tirare le tende.
Stava
aspettando e c’erano tante cose che voleva sapere e conoscere.
Come
se fosse perso nei meandri della sua mente, Malfoy si era seduto sul divano e
lì era rimasto, con i piedi che non toccavano terra e lo sguardo cupo e
distante.
Perché
non le avevano detto tutto?
Perché
lo avevano detto a Malfoy, che dimostrava dieci anni e, adesso, anche meno, e
non a lei?
Perché
non si fidavano di lei?
Perché?
-
Sono
stato un mangiamorte – disse sottovoce lui fissando
infine le iridi color della tempesta in quelle ambrate e stupite di lei
* * *
Spazio autrice: ciao a tutti, scusate l’immenso ritardo con
cui posto questo capitolo, so che avrei dovuto farlo prima, ma l’ultimo anno di
superiori è una maratona continua e la settimana prossima c’è una
concentrazione di verifiche che farebbe invidia al test di ammissione a
medicina.
Perdonatemi
anche se sarò breve nel ringraziarvi tutti, sfortunatamente ci sono materie che
esigono la mia presenza, scusate, scusate e scusate ancora tantissimo…
Io
spero vivamente che il capitolo vi sia piaciuto e mi auguro che mi lascerete un
commentino anche questa volta, sapete che ci tengo a sapere che cosa ne
pensate, sarà che sono curiosa, soprattutto con tutte le anticipazioni che ho
messo in questo aggiornamento ^^
Bene,
grazie mille anche a tutti coloro che hanno messo la mia fic
tra i preferiti, non credo di meritare tanta attenzione, ma
grazie infinite lo stesso, siete fantastici!!! Vi mando un bacio virtuale,
spero che vi arrivi e non si perda nella rete come le mie mail che non giungono
mai a destinazione…
Grazie
a chi recensisce e commenta ogni volta e grazie a chi lo fa ogni tanto,
ricevere una recensione è meraviglioso e mi rende orgogliosa, oltre a mettermi
una gran voglia di scrivere… quindi spero che me ne lascerete qualcuna =^_^=
Ciao
e un bacione grande grande
a tutti quanti, Nyssa