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Autore: a rainy day    18/07/2013    12 recensioni
Lei, Alexia Anne Scott, una nota giornalista ventiquattrenne che vive a Bradford, costretta a trasferirsi a Doncaster per lavoro.
Lui, James William Collins, un pastore protestante, scrittore per passione e osservatore attento di natura. Venticinque anni e tanta voglia di fare del bene per gli altri.
Ad Alexia Anne Scott viene commissionata la scrittura di un opuscolo da allegare ad un noto giornale di Doncaster, nel quale dovrà parlare dell'ultimo libro in uscita di James William Collins. Lavoreranno fianco a fianco, tra mille domande e altrettante risposte.
Uno dei quesiti più difficili a cui entrambi saranno sottoposti sarà: "Cosa siamo noi?".
Sapranno mai rispondere?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Ringrazio infinitamente Drawjng Efp per lo stupendo banner!

1. Primo capitolo
 
Alexia aveva un diavolo per capello. Il motivo di tanto nervosismo era stato il direttore del giornale per cui lavorava, un tale Joshua Harris, trentenne sicuro di sé e in piena carriera lavorativa. Le aveva appena comunicato che lei avrebbe dovuto trasferirsi di lì a poco a Doncaster, per lavorare al fianco di un pastore protestante per scrivere un'intera rivista dedicata a lui e al suo nuovo libro. 
Era stato chiaro e conciso: le aveva detto in poche parole che, in caso non avesse accettato l'incarico e il conseguente trasferimento, si sarebbe trovata senza lavoro e senza una casa in cui stare. Quel che più infastidiva Alexia era che Josh le avesse comunicato il tutto soltanto una settimana prima dalla data di partenza. Questo, la signorina Scott, non era proprio riuscita a concepirlo. Ma non poteva di certo rifiutare. Non poteva permettersi di perdere un impiego così ambito e, soprattutto, amava il suo lavoro e solo lei sapeva quanto impegno ci aveva messo per entrare a far parte della redazione di quella rivista tanto conosciuta.
In quella settimana di attesa prima della partenza, aveva preparato un taccuino con una breve scaletta che avrebbe dovuto seguire una volta raccolte le informazioni di cui necessitava. Sperava soltanto che James William Collins, il pastore protestante con il quale avrebbe dovuto collaborare, fosse una brava persona proprio come lo descrivevano. 
Alexia Anne aveva letto il libro di quell'uomo e l'aveva trovato quanto di più noioso avesse mai letto in tutta la sua vita. Non condivideva neppure la minima parola di ciò che Collins aveva scritto nel suo libro. Semplicemente, doveva fingere di adorare quanto scritto da quel tipo, per rendere il lavoro più semplice e sbrigativo. 
Certo, sarebbe stato decisamente difficile provare adorazione per un libro che Alexia riteneva scritto male e privo di senso, ma doveva portare a termine quell'opuscolo e consegnare il suo lavoro al capo redattore. Era un punto in più che si aggiungeva al suo curriculum di giornalista provetta. 
Condividere le idee di James era una cosa folle: nessuna persona sana di mente avrebbe pensato quelle cose. 
Alexia aveva tentato in tutti i modi di rimandare la partenza, ma nulla era bastato a far cambiare idea al direttore del giornale. 
Così, trascorsa una settimana, si ritrovava nella stazione di Bradford ad attendere il treno che l'avrebbe portata a Doncaster, da James Collins. 
Aveva raccolto informazioni di ogni genere sull'uomo con il quale avrebbe dovuto lavorare, sapeva di lui tutto ciò che doveva sapere. 
Durante il viaggio ripassò mentalmente ciò che doveva dirgli non appena si sarebbero visti. 
La permanenza di Alexia a Doncaster era prevista per tre settimane, con vitto e alloggio pagati dalla redazione della rivista per cui lavorava. 
"Signorina Scott, la informo che le spese del suo soggiorno a Doncaster saranno pagate per tre settimane. Se non dovesse rientrare in questa tempistica, dovrà provvedere lei stessa con suoi mezzi economici all'assolvimento di ulteriori spese", queste erano state le parole di Joshua Harris.
Alexia era quasi certa di non poter finire il suo lavoro in sole tre settimane, così si era ormai rassegnata all'idea di dover pagare il resto della sua permanenza a Doncaster. 
Arrivò finalmente a destinazione, seppur con qualche minuto di ritardo. Si guardò un po' intorno, socchiudendo gli occhi per osservare meglio. La stazione era gremita di gente, persone ovunque scorazzavano qua e là. Vide tra la folla un uomo alto, snello, con la carnagione olivastra, con un basco sul capo e un'andatura lenta e signorile e le Vans ai piedi. Si avvicinava sempre di più a lei. La salutò velocemente. 
- Lei deve essere la signorina Scott. Piacere, James William Collins - Le porse la mano cordialmente, Alexia l'afferrò e la strinse lievemente. Fece un leggero sorriso per apparire cortese e si diressero verso l'albergo che avrebbe ospitato la ragazza in quelle tre settimane. 
James si offrì di portarle una delle due valigie che la signorina Scott aveva con sé. 
Arrivarono dopo dieci minuti davanti all'hotel. Alexia stava per varcare la soglia di ingresso e salutare così James, con il quale si sarebbero visti il giorno seguente, ma Collins la fermò e le disse:
- Signorina Scott, è troppo tardi ormai e non è più possibile pranzare in albergo, mi dispiace - 
La guardò dispiaciuto, per poi affrettarsi a parlare di nuovo:
- C'è un ristorante nei paraggi, che ne dice di fermarci lì? - sorrise lui, rivolgendosi a lei.
Alexia guardò James titubante, non sapeva se accettare o meno. Le era balenata in testa l'idea di saltare il pranzo per quel giorno, avrebbe mangiato di più a cena, ma sentì il suo stomaco brontolare, così si decise ed optò per il pranzo con James. In fondo, era soltanto un semplice pranzo tra due... Collaboratori?
Alexia si limitò ad annuire, scuotendo il capo su e giù e sorridendo leggermente, gesto che le costò molta fatica, vista l'antipatia che provava per quell'uomo. Non le aveva fatto nulla di male, ma leggere il suo libro le aveva messo in testa idee di lui che non era facile scacciare. Magari si sbagliava, i suoi in fondo erano soltanto pregiudizi infondati, che avrebbe avuto modo di smentire o confermare nel corso della loro collaborazione. 
La ragazza entrò in albergo, prese le chiavi della sua stanza e posò le valigie sul letto, poi raggiunse James che la stava aspettando all'entrata dell'hotel.
Si misero di nuovo a camminare in silenzio, attraversarono la piazza e in lontananza si riusciva a scorgere un'insegna luiminosa che portava il nome di “Ricky's restaurant”. 
Una volta entrati, il cameriere li fece accomodare in un tavolo accostato vicino ad una grande porta a vetri, attraverso la quale si poteva avere accesso alla sala esterna del ristorante.
Scelsero le pietanze da ordinare e in qualche minuto portarono loro ciò che avevano richiesto.
Stavano attendendo che il cameriere servisse loro il secondo piatto, quando James iniziò a parlare.
- Allora, Alexia... - si interruppe, pensante, grattandosi il mento, poi proseguì – Posso darti del tu, vero? -
- Certo, James – si apprestò a rispondere la ragazza, con tono cordiale. 
-Bene, volevo chiederti quando inizierà il nostro lavoro – la guardò dritta negli occhi, poi spostò lo sguardo sul bicchiere di vetro davanti a lui, perso a fissare i riflessi delle luci su di esso.
- Domattina ti va bene se ci troviamo alle 9.00 nella mia stanza per iniziare a discutere sull'argomento? - gli chiese lei, di getto, senza pensarci molto.
James annuì convinto mentre seguiva i movimenti del cameriere che posava il piatto sul tavolo. 
Finirono di pranzare e James riaccompagnò Alexia in albergo, si salutarono e ognuno prese la propria strada. Si sarebbero rivisti la mattina dopo per iniziare il loro lavoro.
Alexia entrò nella sua stanza esausta e si buttò a peso morto sul materasso morbido, per poi chiudere gli occhi e risvegliarsi soltanto ad ora di cena.
Scese al piano inferiore e attese che le portassero il cibo. Aveva dimenticato di spegnere il cellulare, se ne accorse solo quando una vibrazione la scosse e le si mosse la tasca. Afferrò velocemente il cellulare e uscì dalla sala, per poi affrettarsi a rispondere. Era Joshua che le chiedeva com'era andato il viaggio e il successivo incontro con James. 
Lo liquidò in fretta, con un banale "Tutto bene, grazie" e chiuse così la chiamata. Alexia non aveva proprio nessuna voglia di parlare in quel momento, era troppo stanca anche soltanto per aprire la bocca. 
Finita la cena, tornò in camera sua e si mise a rileggere gli appunti che aveva preso durante la sua lunga e approfondita ricerca su quel tale James William Collins. 
"Chissà come ha deciso di diventare un pastore protestante", pensò Alexia tra sé e sé. Era inevitabile porsi quella domanda. Sarebbe stato uno dei primi quesiti che gli avrebbe posto la mattina seguente. Si addormentò, con i fogli ancora tra le mani e alcuni sparsi per la stanza. 
Il mattino dopo Alexia venne svegliata dal suono del telefono della camera, alzò la cornetta e una voce squillante le invase le orecchie, tanto che sobbalzò all'udire ciò che il suo interlocutore le iniziò a dire.
- Buongiorno, signorina Scott! Ha visite - 
- Sì, grazie, arrivo subito -
Sbadata com'era, la sera prima si era completamente dimenticata di impostare la sveglia sul cellulare e così non si era neppure accorta che fosse arrivato mattino. 
Chiuse la chiamata e con un fulmineo movimento corse in bagno e si fece una breve doccia. Si vestì e legò i capelli ancora bagnati. Sistemò un po' i fogli e li raccolse e li mise tutti in pila sul letto.
Scese velocemente le scale e si precipitò nella hall dell'albergo dove, sbadatamente, inciampò in un tappeto leggermente rialzato dal pavimento e cadde, sorreggendosi quanto poteva a James, che la guardava divertito e abbastanza imbarazzato, vista la mano di lei saldamente aggrappata alla maglia di lui. Alexia in un attimo si rialzò, per poi incrociare lo sguardo di James che la osservava stranito. Lei per un attimo non capì più nulla. Passato il momento di trance, si schiarì la voce e sussurrò un flebile "Scusa" che a stento riuscì ad udire perfino lei. Tentò di aggiustare la maglia di James come meglio poteva, passando ripetutamente le mani sulle pieghe che si erano create sul tessuto di cotone morbido. 
Non capì se lo avesse immaginato, o se quel sorrisino malizioso era veramente comparso sulla faccia di quel James divertito quanto imbarazzato. Non appena vide le labbra dell'uomo distendersi il quel sorriso, spostò le mani e le tese lungo il suo corpo, poi parlò:
- Andiamo in camera? - Alexia si accorse solo dopo aver pronunciato quella frase di quanto quella scena potesse risultare assurda agli occhi delle persone che si trovavano intorno a loro. Avrebbero sicuramente pensato che i due dovessero andare in camera per fare chissà quale cosa. L'idea che gli altri potessero pensare ciò la fece rabbrividire. Non che James non fosse un bel ragazzo, ma era e doveva restare un suo semplice collaboratore, senza questioni personali tra loro due, senza troppe complicazioni.
James seguì Alexia nella sua stanza, la 122. 
Una volta entrati, James si mise comodamente seduto (quasi sdraiato) sul letto di Alexia, la quale, guardandolo, spalancò gli occhi e tentò di dire qualcosa, ma fu anticipatamente fermata da lui che iniziò a parlare.
- Ti è piaciuto toccare i miei muscoli scolpiti, eh? - disse lui, sorridendo in modo malizioso. "Ancora quel ghigno", pensò Alexia, che scosse la testa e tentò di cancellare l'immagine di quanto successo prima dalla sua mente.
- La tua domanda non ha bisogno di risposta - tentò così Alexia di cambiare argomento. 
Lui la guardò socchiudendo leggermente gli occhi, come a volerle fare una fotografia da imprimere nella sua mente per non cancellare il suo volto e non fiatò.
Alexia prese in mano i fogli con gli appunti e si sedette in imbarazzo sul letto, dove c'era anche James, si mise il più lontano possibile da lui. Con un colpo lesto, il ragazzo le prese il polso e la avvicinò a sé. Alexia smise quasi di respirare per via del gesto inaspettato che l'aveva colta alla sprovvista. Quando lei tornò in sé, di nuovo in grado di intendere e volere, si accorse di essere seduta sulle gambe di James. La sua prima reazione fu lo sbigottimento, passò all'imbarazzo più totale per poi abbassare lo sguardo per fissare il vuoto.
Scese così in fretta dalle gambe di James che quasi non se ne accorse. 
- Iniziamo? - propose James, che non era per niente scosso da quanto appena successo. Alexia annuì distrattamente. 
Iniziarono la loro collaborazione nonostante l'aria tesa che si era creata nella stanza.
Lavorarono duramente per circa tre ore, con qualche interruzione di tanto in tanto. 
Arrivò il momento di salutarsi. 
Andarono entrambi verso la porta della camera. James le dava le spalle, ma inaspettatamente si voltò verso di lei, la guardò negli occhi e le disse:
- Spero che il piccolo inconveniente di prima sul letto non cambi il nostro ritmo di lavoro. Tengo davvero tanto a questo progetto e non voglio che vada male. Buon pranzo, Alexia - soffiò James all'orecchio di lei che rabbrividì. Lui si voltò di nuovo e le diede le spalle, senza darle il tempo di rispondere, così Alexia alzò il braccio e gli toccò il fianco per attirare la sua attenzione e farlo girare verso di lei. Girò lievemente il busto verso Alexia, mostrandole un sorriso abbozzato. Alexia Anne si sporse verso di lui, si mise sulle punte (vista l'immensa differenza di altezza), lo guardò dritto nei suoi occhi celesti e poi abbandonò completamente l'idea che le era balena in testa poco prima: una voglia immensa di baciarlo l'aveva invasa, ma non doveva assolutamente fargli capire le sue intenzioni. Fece finta di pulirgli la maglia, ma lui la guardò con un sopracciglio alzato e con un sorriso di scherno dipinto sulle labbra. Tutto quello che accadde dopo fu solo questione di un attimo: in un millesimo di secondo le loro labbra si trovarono intrecciate, si sfioravano. 
- Era questo che volevi fare, Alexia? - la ragazza, per tutta risposta, si morse il labbro inferiore e abbassò lo sguardo. Il ragazzo la guardò serio e poi aprì la porta della stanza, uscendo e dirigendosi verso le scale, senza aggiungere altro.
Alexia chiuse violentemente la porta dietro di sé, si sedette sul letto e si disse più volte "Niente questioni personali tra me e lui". Lo ripetè anche a voce alta, come per autoconvincersi di ciò che era solo un pensiero che affiorava nella sua mente. Scosse la testa e si mise a rileggere il lavoro che avevano svolto quella mattina. 
Si erano dati appuntamento davanti al tempio protestante di Doncaster quello stesso pomeriggio, dove Alexia avrebbe assistito ad un rito anglicano. 
La ragazza salutò con un cenno della mano James che si avvicinò a lei e iniziò a parlarle normalmente, come se non si fossero baciati quella mattina, come se non fosse successo nulla. Così decise anche lei di fare l'indifferente. 
Il rito luterano iniziò e quando finì, Alexia dovette fingersi interessata e cominciò a fare domande a James. 
Annotava ogni cosa sul suo taccuino, era così concentrata che non si accorse nemmeno del tempo che scorreva. 
Alexia, nonostante il bacio che c'era stato quella mattina, non aveva per nulla cambiato idea su James: lo riteneva ancora un tipo folle e noioso. Alla descrizione, ora, si aggiungeva anche un altro aggettivo: intraprendente. Alexia sapeva bene di essere stata la prima a desiderare quel bacio, ma si era fermata prima di fare qualsiasi cosa, perché sapeva che sarebbe stato un bacio prematuro e senza un senso. Non si conoscevano che da pochissime ore. 
- Quando hai deciso di diventare un pastore luterano? - gli chiese Alexia, a bruciapelo. Erano ormai seduti al tavolo di un bar a prendere un caffè e a continuare a parlare della religione protestante e di James William Collins. 
- Vedi, non è così semplice. C'è sempre qualcosa che lascia il segno dentro di te. E quando questo qualcosa accade, tu non puoi fare altro che trovare un rifugio, una via da seguire per sfogarti e in cui riconoscerti. Io ho scelto la religione -
Alexia pensò a che cosa James potesse riferirsi, era quasi propensa a chiederglielo, ma si fermò appena in tempo per non sembrare invadente. Dopotutto, avrebbe avuto tre settimane per conoscere ciò che aveva passato James, ciò che erano la sua vita e le sue abitudini. Non poteva certamente intrufolarsi nella vita di Collins così, senza chiedergli il permesso, invadendo con impertinenza tutto ciò che lo riguardava. 
Avrebbe aspettato con pazienza il momento in cui James le avrebbe permesso di sapere quelle cose. 
 
AngoloAutrice:
Salve!
Che ve ne pare? Non chiedetemi come mi sia venuta in mente questa idea del pastore protestante e della giornalista perché, davvero, non lo so. Spero soltanto che vi piaccia, io ci ho messo il cuore e l'anima per scriverla. 
Fatemi sapere cosa ne pensate, sarò felice di leggere i vostri pareri (anche negativi, perché no?)
A presto!
too shy for him.
Se avete bisogno di chiarimenti o semplicemente volete contattarmi, mi trovate su twitter: @tooshyforhim
Rispondo a chinque mi scriva :)
Al prossimo capitolo, se vorrete. Io son sempre qui.
  
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