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Autore: Silver_    18/07/2013    0 recensioni
Descrivere un incidente come "fortunato" può sembrare un ossimoro.
E infatti per certi lati lo è.
Elena, a causa di questo incidente conosce Andrea, e a prima vista questa non sembra essere una fortuna per la ragazza.
Tra incomprensioni, dolori, vecchi ricord, e, perché no, anche sorrisi, Elena imparerà a conoscere quel ragazzo che il fato le ha messo davanti: oggi, tutti hanno una maschera, ognuno mostra agli altri solo quello che vuole mostrare.
Elena riuscirà a vedere sotto quella di Andrea.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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CAPITOLO 1 

 
 
Ripresi conoscenza
Non sapevo dove mi trovavo e ancora i miei occhi non avevano voglia di rivedere la luce del sole, per questo non si dimostrarono molto collaborativi a cercare di aprirsi.
 La cosa non mi turbò molto, non avevo forze e volevo solo dormire. Ruotai leggermente la testa verso destra e caddi nuovamente nel sonno più profondo.
« Elen, Elena? » una voce soave mi riportò alla realtà, tra il mondo dei vivi.
Mamma.
Era la sua voce, impossibile non riconoscerla, così vellutata e dolce, poteva essere solo la sua.
« Mamma » sussurrai la parola facendo uno sforzo immenso.
« Piccola mia stai bene? » mi chiese sfiorando il palmo della mia mano con le sue dita calde.
Annui leggermente, concentrandomi sull’aprire gli occhi. Finalmente si schiusero lentamente e ricominciai a osservare cosa avevo intorno.
Davanti a me c’era mia madre, ancora con gli occhi lucidi, come se avesse pianto da poco.
All’improvviso fui presa dai sensi di colpa: probabilmente mia madre aveva passato ore difficilissime, solo per colpa mia.
« Mamma » ridissi, questa volta con meno sforzo.
Si riavvicinò a me e mi diede un piccolo bacio sulla fronte, sedendosi accanto a me.
« Oh, Ele, non sai quanto ho sofferto queste ore » ricominciò a piangere. Ecco. Appunto. Aveva pianto. Alla consapevolezza di ciò, anche i miei occhi si riempirono di lacrime, che però riuscì a non far uscire: ci sarebbe mancata solo questa: mamma mi avrebbe vista piangere e si sarebbe sentita ancora più male.
« Scusa » furono le uniche parole che riuscì a mormorare.
Mi guardò sorpresa, ma anche un po’ divertita.
« Di cosa? » mi spettinò leggermente i capelli.
« Ti ho fatto soffrire per colpa della mia stupidità! » le dissi, articolando le parole lentamente: muovere la bocca mi costava ancora uno sforzo indescrivibile.
« Tu non hai fatto niente, non è stata colpa tua. » mi rivolse un sorriso.
« Non ricordo nulla dell’incidente. » confessai, ricordavo di aver avuto un incedente, ma non riuscivo a ricordare nulla, la mia mente si rifiutava di tirar fuori i ricordi; solo pensieri confusi: io che arrivavo tardi a scuola, correvo, un urlo e due braccia che mi afferravano, come una serie di foto nella mia mente.
« Ma c-chi mi ha portato qua? » dissi all’improvviso, quella era la parte che mi sfuggiva: la corsa all’ospedale… probabilmente ero svenuta, oppure ero così debole da non riuscire a capire cosa accadeva intorno a me.
« È stato un ragazzo » mi disse mamma, sempre con il suo sorriso rassicurante.
« Ha detto di aver visto l’incidente, così ti ha tolto dalla strada e ha chiamato un’ambulanza. È stato molto gentile. »
« Lo conosci? » Chiesi con un filo di voce. Iniziavo a essere più stanca, ero ancora debole, ricordare non mi aiutava a rimettermi in sesto.
« No, amore, di sicuro era più grande di te, però sembrava ti conoscesse, o almeno sapeva il tuo nome… » rispose.
Rimasi in silenzio pensando. A scuola a parte i miei compagni di classe e altri pochi amici della mia stessa età non conoscevo nessuno, non ero e sono una persona espansiva, fatico a fare amicizia.
Richiusi gli occhi, ancora stanchi, nonostante fossero stati aperti appena un paio di minuti.
« Ti lascio riposare. » mamma, come sempre, aveva capito perfettamente come mi sentivo, in più anche lei aveva vissuto un’esperienza più o meno come la mia, solo che lei non era stata travolta: con la sua tremenda sbadataggine – che, nonostante trovi adorabile, in quell’occasione non le aveva giovato - era andata fuori strada giù per un burrone.
Rabbrividì ripensando a quello che aveva dovuto soffrire la mia mamma quei giorni.
Uscì silenziosamente mentre io chiudevo gli occhi e ricadevo in un altro sonno senza sogni.
« Sorelliiiina! »  un urlo mi fece aprire gli occhi improvvisamente, per quanto ci riuscissi, infatti per me, in quel momento, “aprire gli occhi improvvisamente” voleva dire sbattere le palpebre di continuamente fino a riuscire a tenerli aperti per più di un secondo.
« Matt. » la mia voce era simile ad un lamento appena sussurrato, ancora scossa dal risveglio improvviso.
« Ti diverti a buttarti sotto le macchine? » mi prese in giro, come al suo solito, anche se ero in un letto d’ospedale, non riusciva a essere serio.
Avere un fratello non è facile, ma avere Matteo è anche  peggio: 22 anni sulla carta, ma un cervello da 5. Certo quando deve essere “Matteo che va all’università”, è bravissimo e intelligente, ma quando deve essere il “Matteo fratello bastardo”, allora lì cambia e diventa veramente fastidioso... nonostante questo non potei far altro che sorridere nel risentire la sua voce.
« Ah-ah. Simpatico. Tu invece ti diverti a svegliare i moribondi, Matteo? » sottolineai bene il suo nome, fallendo miseramente nel tentativo di lanciargli un’occhiata assassina.
« Ma io scherzo, Elen » mi rispose scompigliandomi i capelli. Scherzava, ma intanto mi faceva innervosire come pochi.
« Fermo! » non mi potevo muovere e l’unica cosa che potevo fare per farlo smettere era cercare di convincerlo con la voce più lamentosa che avevo.
Lui sorrise di gusto, stuzzicarci era il nostro pane quotidiano e forse era felice di poter continuare a farlo.  
« Ok sorellina, ora, comunque ti lascio, hai altre visite » mi rispose indicandomi la porta.
Mi voltai verso di essa per notare le tre ragazze che bisbigliavano tra di loro…
 « Oddio Elen… stai bene? » questo fu la prima frase che dissero appena mi videro le mie migliori amiche: Giorgia, Lucia e Alice.
Giorgia la conoscevo da tutta una vita: siamo nate lo stesso giorno, 14 Luglio, e le nostre mamme si sono conosciute all’ospedale. Siamo cresciute insieme, condividendo tutto e comportandoci come sorelle. Lei sa tutto di me ma d'altronde anch’io so tutto di lei. Lucia ed Alice, invece, le abbiamo conosciute dopo.
Ali l’abbiamo incontrata alle medie: non aveva amici in classe ed era molto timida, così Giorgia ed io decidemmo di fare conoscenza: in men che non si dica eravamo diventate inseparabili.
Lucia invece è stata l’ultima ad entrare nel gruppo: l’abbiamo conosciuta al liceo: Alice e Giorgia erano capitate nella stessa sezione, la A, mentre io ero da sola, nella B. Praticamente questa volta ero io che non conoscevo nessuno dei miei nuovi compagni, come d’altronde Lucia, e così finimmo per diventare compagne di banco e in seguito amiche. Insieme a Giorgia e Alice eravamo inseparabili: non c’era giorno che non passavamo del tempo insieme anche fuori dalla scuola.
Risi di gusto, per quanto mi fosse possibile: con loro era impossibile non divertirsi e in più si aggiungeva il fatto che chiacchieravano ognuna per conto suo, dicendo cose prive di un senso logico.
« Ragazze sto bene » dissi.
« Bé, allora peggio per te, visto che stai bene staremo più tempo con te e non ti lasceremo in pace neanche un secondo » Giò mi sorrise con fare diabolico.
« Come farò a stare inchiodata a questo letto, con voi che mi ronzate intorno 24 ore al giorno? » Risposi teatralmente, scoppiando poi a ridere, insieme ad Alice e Lucia. Era questo il bello di avere proprio loro come amiche: non c’era un momento di serietà, solo loro potevano farmi stare bene in quella situazione.
« Vedo che stai meglio » Smisi di ridere all’istante, al suono di una voce maschile.
Non era Matteo: era andato via pochi minuti fa, e inoltre, quello non era il suo timbro di voce.  Mi girai per riuscire a vedere la porta, ma le tre amiche mi stavano davanti e l’unica cosa che riuscivo a vedere erano le loro tre facce sorprese.
Ali si scostò, che era quella che mi copriva di più la porta e capì il perché del loro atteggiamento, visto che mi sorpresi anch’io. 
Andrea Esposito. Cosa ci faceva Andrea Esposito nella mia stanza, chiedendomi se stavo meglio?
In 1200 studenti che aveva il mio liceo, lui era uno dei pochi che quasi tutti conoscevano: era il fratello minore di Luca Esposito, ex rappresentante d’istituto del liceo che aveva fatto la storia: era stato eletto per quattro anni di seguito, e, l’arrivo del fratello in quella scuola aveva fatto sperare in un “successore”.
Andrea, però fin dal primo anno disse ben chiaramente che aveva altro a cui dedicarsi, ovvero lo studio. Strano ma vero: Andrea rinunciò al diventare rappresentante (perché era ovvio che sarebbe stato eletto) per dedicarsi alla sua carriera scolastica, cosa che lo rese ancora più popolare. Provocò una specie di rivolta nella nostra scuola, soprattutto in materia di ragazze, che all’improvviso diventarono avide di ragazzi intelligenti.
E Andrea non si lasciò scappare questa occasione: aveva la stessa ambizione di suo fratello e approfittò subito del poter avere popolarità senza doversi scomodare troppo.
A quel punto, al suo “personaggio” aggiunse il carattere arrogante e egocentrico e la fama da sciupa femmine.
Ali, Luci e Giò mi lanciarono uno sguardo interrogativo, al quale risposi con un alzata di spalle: no, non avevo idea del motivo della sua presenza.
Forse stavo delirando, era l’unico motivo per cui Andrea poteva starsene sulla porta con un mazzo di fiori in mano.
Un attimo. Fiori? Si, oltretutto aveva un mazzo di fiori. Stavo assolutamente delirando.
Entrò senza che io gli dicessi nulla, come se ci conoscessimo da una vita e si accomodò su una sedia all’angolo della stanza.
« Vedo che il mio lavoro è finito. » iniziò, con il solito sorriso strafottente, da io-sono-superiore.
Alzai un sopracciglio stranita e mi girai verso di lui. Che cosa intendeva?
« Come, non ti ricordi di me? » voce da finto offeso, con tanto di mano sul petto, teatrale a non finire.
« No… dovrei ricordarti? » chiesi titubante, mentre la curiosità si mescolava all’irritazione per il suo comportamento così insopportabile.
« Mettiamola così. »
Incrociò le braccia... la cosa già iniziava male.
« Se io non ci fossi stato, tu eri già nell’altro mondo » il mio cervello impiego circa un minuto per capire quella frase, poi fu facile fare due più due e ricollegare tutto: era stato lui che aveva chiamato l’ambulanza, il motivo per cui l’aveva fatto, invece, rimaneva ancora sconosciuto: se fosse stato un gesto disinteressato, di sicuro non sarebbe tornato a sbattermelo in faccia.
« Io s-scusa… n-non ti avevo riconosciuto. » Per un attimo titubai, non ero sicura se quelle erano le parole giuste da usare in quell’occasione e con quel soggetto, e infatti me ne penti subito dopo. Stranamente, però, la sua espressione si addolcì.
« Pensavo mi avessi riconosciuto » mi rispose, tranquillo, senza dare tanto peso alla cosa, anche se dall’espressione c’era un briciolo di delusione, anche questa inspiegata, ma forse mi sbagliavo.
« Ah, quasi dimenticavo, questi sono per te. » Sempre con fare sicuro si avvicinò a me, mentre le mie amiche si allargavano per farlo passare, e mi passò i fiori.
« Non dovevi, in teoria dovrei essere io a ringraziare te. » risposi un po’ in imbarazzo, per essere sinceri era la prima volta che ricevevo dei fiori da parte di un ragazzo, per dirla in parole povere, avevo una vita privata da schifo.
« Figurati » sorrise, e, stranamente, non era uno dei suoi soliti sorrisetti – come quello che aveva appena arrivato - ma un sorriso vero.
« Ora ti lascio con le tue amiche, tornerò quando potremo parlare da soli - a quelle parole mi fece l’occhiolino e uscì dalle stanza, lasciando le mie amiche, ma soprattutto me, più perplesse di prima.
 
 
 
 
 
 
*Note dell'autrice*
 
Eccomi come promesso, 10 giorni dopo con il nuovo capitolo, più corposo (e più andiamo avanti e più lo saranno) e dove iniziamo a conoscere i personaggi!
Che ne dite, vi convincono, vi piacciono? Fatemi sapere! 
La grafica è diversa perchè ora vi sto scrivendo dal computer dei miei nonni in Spagna e non ho il programma di editing, ma appena torno in Italia lo adatto agli altri!
Come al solito grazie a tutti quelli che commentano e mettono la mia storia tra le preferite/seguite/da ricordare. Grazie, grazie, grazie!
Vi segnalo, al mia altra storia in corso, Ritorno di Fiamma, l'account facebook, la mia pagina e il profilo Ask!
Alla prossima :33
 
Alex
   
 
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