Cap. XIII°
Uccidere
Spyro
Quella
fu l’unica volta in cui Kei ed Hilary comparvero sul giornale: il ragazzo fu
descritto come un ladro assassino, che aveva ucciso un contabile rispettabile
portando via centinaia di migliaia di dollari dalla sua camera. In realtà non
aveva preso nulla.
Per
quanto fosse spaventata, Hilary riuscì a reggere la situazione finché Kei
rimase cosciente e continuò a darle indicazioni per raggiungere, a suo dire, un
posto sicuro. Era riuscito a fermare il sangue con un pezzo di stoffa strappato
dalla sua camicia e non aveva voluto che la ragazza si fermasse per aiutarlo a
sistemare quella fasciatura di fortuna.
Probabilmente,
quello sforzo era stato troppo anche per lui e l’aveva indebolito fino a fargli
perdere i sensi.
In
Hilary il panico crebbe con la stessa forza dell’acqua che invade una nave che
sta affondando.
Per
fortuna, la sagoma di una piccola abitazione, sembrò apparire come un porto di
salvezza. La giovane si fermò davanti all’ingresso, sperando di non trovarvi
altri assassini, ma al massimo persone disposte ad aiutarli.
Bussò
alla porta, e un ragazzo aprì l’uscio. Doveva avere all’incirca la sua età,
capelli neri e occhi color dell’ambra. Le sorrise amichevole, notando poi
l’auto alle sue spalle e la figura all’interno.
-Kei!-
esclamò.
Il
ferito prese conoscenza quel tanto da salutare il giovane.
-Ciao…Rei…
Quello
che Hilary intuì essere un amico, lo portò nella camera da letto, sdraiandolo
sul materasso.
-Non
è niente…la pallottola è uscita…- sussurrò lui.
Poi
si addormentò. La sua fronte scottava. Tremava per la febbre in quella branda
improvvisata.
Non
potevano chiamare un medico, non potevano fare niente, se non restargli
accanto.
Kei
si era preso cura di lei nel corso di quelle lunghe settimane e ora la giovane
non poteva ricambiare il suo gesto. Rei, però, non la lasciò cincischiare nella
preoccupazione e iniziò a darle ordini: tolse la camicia impregnata di sangue e
lo bendò con una fasciatura decente.
-Prendi
dell’acqua fredda.
Lei
lo fece e restò accanto a Kei tutto il giorno, bagnandogli la fronte con un
panno bagnato.
Osservandolo,
Hilary si accorse di quanta innocenza ci fosse su quel viso. Il viso di un
assassino, del peggiore assassino di Tokio…
Kei
non sapeva con sicurezza quanti giorni fossero passati. Almeno tre, ma
probabilmente non più di cinque. Si sentiva meglio; sedeva su un vecchio letto,
cullando tra le mani una tazza di caffè bollente, il soprabito sopra la camicia
bianca.
-Hai
già intenzione di ripartire?
-Malgrado
le ferite, Bloody sarà già sulla nostra pista. Potrebbe arrivare a giorni.
-Ma
tu sei ancora convalescente…
La
sua aria preoccupata suscitò in Kei un’onda di emozione. Veniva dal profondo,
accompagnata da un terribile calore al petto.
-Non
riuscirai a fermarlo- intervenne la voce del padrone di casa. –Kei è sempre
stato un gran testardo.
Mi
hai fatto stare in pena, lo sai?
-Sono
stato uno stupido…mi sono lasciato fregare come un novellino.
-Bhe,
per fortuna siete riusciti ad arrivare qui.
-Già.
Stavolta me la sono vista brutta. Ti devo un altro favore, Rei.
-Oh,
non preoccuparti. Faremo un conto unico, ok?
Hilary
si alzò e uscì dalla stanza, per lasciarli soli. Gente come loro aveva di certo
questioni che non gradivano discutere in presenza di terzi.
Non
vide così lo sguardo che Kei le lanciò mentre usciva.
Uno
sguardo che l’amico non mancò di commentare.
-E
così anche tu hai dei sentimenti…non sei immune…
-Che…
-Lo
so, non sono affari miei. Che farai adesso?
-Pensavo
di lasciarla qui con te. Dopo quello che è successo, non voglio coinvolgerla
ancora- decretò. –Poteva esserci lei al mio posto.
-Kei…quella
ragazza non ti lascerà solo neanche se la leghi ad una sedia.
-Non
posso continuare a metterla in pericolo!- esclamò l’Angelo, con un’enfasi
maggiore di quella che voleva esibire.
-Ah,
l’amore…parlane con la diretta interessata. Mi sembra l’unica cosa ragionevole
che puoi fare.
-Sai,
Rei…ogni volta che ti rivedo capisco perché non ci frequentiamo spesso.
-Uhm…perché
sei un killer?!
-No,
perché sei insopportabilmente impiccione.
-Sì…forse
è per questo. Hilary!
Rei
poteva dirsi fortunato che il suo ospite non avesse armi a portata di mano,
perché probabilmente si sarebbe trovato ad agonizzare sul pavimento. Possibile
che non si facesse mai gli affari suoi?!
Lo
conosceva da una vita, erano amici dall’infanzia, sebbene poi le loro strade si
fossero necessariamente divise nel momento in cui Kei aveva scelto la via del
crimine. Eppure continuava ad essere il suo migliore amico, un fratello. Ben
nascosto da Spyro, ovviamente.
La
fanciulla arrivò nella stanza, notando subito l’espressione seria dell’Angelo.
-Cosa
c’è, Kei?
-Hilary…sei
sicura di voler proseguire?
-Ne
abbiamo già parlato, no?
-Sì…ma
la situazione adesso…
-Non
è cambiata. Si è solo fatta più rischiosa. Ma ho fatto una promessa, ed intendo
mantenerla.
-Non
c’è niente che possa farti cambiare idea?
D’impulso
Hilary gli gettò le braccia al collo, facendo attenzione a non toccare la
ferita. Kei le restituì l’abbraccio, senza prestare la stessa attenzione.
E
capì. Capì le parole di Rei. Nemmeno per tutto l’oro del mondo lei lo avrebbe
abbandonato al suo destino.
Era
arrivato il momento di chiudere la partita.
-Dove
andiamo?
-A
Tokio. Devo fare la cosa più importante adesso.
-Cioè?
-Uccidere Jack Spyro.