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Autore: Astharte_Salai    28/08/2013    1 recensioni
Gli occhi grigi di Larsa si specchiarono nei suoi, per la prima volta, dopo troppo tempo.
Anche se non li avrebbe mia più rivisti, era impossibile dimenticarne lo sguardo spavaldo, tinto di quell'amore fraterno che aveva ogni volta che lo osservava.
Sentì le proprie labbra tremare mentre gli sussurrava quella domanda che temeva più di ogni altra cosa al mondo: "Riuscirai mai a perdonarmi?"
Ma, in fondo, sapeva già.
non avrebbe mai ottenuto risposta.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Larsa, Un po' tutti, Vayne
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Bondage
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1

 

Il sole splendeva alto nel cielo della florida Arcadia. Un giorno importante, decorato dai volti sorridenti del popolo e addobbi colorati per la città. Un giorno di festa, per celebrare la nascita del nuovo figlio del loro imperatore. Da poco, la notizia che il bambino sarebbe venuto al mondo proprio quel giorno, si era diffusa con crescente rapidità. Il popolo intero gioiva, per questo lieto evento e dall’alba, contadini e borghesi avevano messo da parte le differenze sociali e si erano immersi nella preparazione. Come per la nascita degli altri figli, l’imperatore avrebbe di certo passeggiato per la città con il nascituro tra le braccia, per soddisfare la curiosità di bambini e vecchi. Anche se già si sapeva che la linea di sangue gli avrebbe donato occhi azzurri e capelli scuri, come da intere generazioni accadeva nel casato Solidor, la curiosità era comunque forte.  Vayne, si era destato all’alba, da un sogno che gli aveva impedito di dormire sogni tranquilli. Un incubo, dove l’imperatrice piangeva disperata, stringendo il bambino appena nato tra le braccia. il lenzuolo dove il suo piccolo corpo era avvolto, era coperto da una macchia nera e l’odore del sangue sembrava ancora presente nelle sue narici. Si era quindi svegliato di botto, con i capelli incollati alla fronte e il sudore che colava lungo la sua schiena. Che stupido sogno, sicuramente non poteva avere un significato. scalciando le lenzuola, si affacciò alla finestra della sua camera per osservare divertito le centinaia di persone occupare la piazza centrale in attesa del grande evento. Vedendoli dall’alto, sembravano minuscoli puntini in continuo movimento. Sorrise, posizionandosi davanti al lungo specchio bordato d’argento di fronte a lui, che scendeva ovale fino a sfiorare il pavimento con il bordo. La sua immagine riflessa gli diede la visione di un giovane bello e alto per la sua età, con la tipica fierezza e eleganza di un nobile. Sistemò con le mani i capelli scuri e lunghi fino alle spalle, si vestì con il suo abito più elegante. I suoi occhi azzurri brillavano, dalla gioia di avere un nuovo fratello nella famiglia e nonostante lui in quel momento fosse il più piccolo, aveva passato da un pezzo l’età in cui si è gelosi delle attenzioni dei genitori. Suo padre non sapeva ancora il nome che avrebbero dato, e nemmeno il sesso, ma Vayne aveva un sottile presentimento che sarebbe stato un maschio. Nonostante una femmina in quell’ambiente sarebbe stata ben accetta, Vayne aveva due fratelli più grandi di lui e quindi in un certo senso, sperava proprio che questa piccola tradizione sarebbe continuata. Aprì la porta della camera con il sorriso stampato sulla faccia, ma dovette costringersi a reprimerlo, quando sentì l’inquietante silenzio che popolava il castello. Non era mai accaduta una cosa così, solitamente i servitori si destavano ancor prima dell’alba e, inoltre, quel giorno era troppo importante per tutto quel silenzio. Scese le scale tenendo saldamente il corrimano, il cuore martellante nel petto. Un’improvvisa inquietudine si stava impadronendo di lui, troppo rapidamente per fargli capire cosa stava accadendo. Il salone era completamente vuoto e sembrava che in esso, la luce del sole non fosse mai arrivata. Colto da un’improvvisa nausea, Vayne corse fino alla camera della madre, col rumore dei suoi passi echeggiante per le mura bianche. Quando, dopo attimi che parvero eterni, riuscì finalmente a raggiungere la stanza, ne trovò la porta chiusa a chiave  e l’immagine dei suoi fratelli davanti, il volto basso e gli occhi pregni di lacrime. le urla di sua madre erano strazianti, intervallate da ansiti e gemiti di dolore. Sembrava tutto, fuorché un lieto evento quello che stava per accadere. Non gli ci volle molto a capire quello che stava accadendo, vedendo l’espressione dei suoi due fratelli. Si avvicinò a loro, le labbra morse dalla preoccupazione. “Cosa ha?”

Loro scossero la testa. Davanti ai suoi occhi balenò l’immagine del suo sogno: la coperta avvolta da sangue scuro e raggrumato, il pianto di sua madre così pregno di dolore…

“Come sta il bambino? ha dei problemi? Maledizione rispondete!”

Fu Awos, il futuro erede della casata a  rispondergli. I loro occhi, tanto simili sia nella forma che nel colore si incatenarono, e Vayne sentì il sangue gelarsi nelle vene ancor prima che la risposta sopraggiungesse. “Non è il bambino, fratello. Si tratta di nostra madre. Sta male, questo parto…può esserle fatale”

Vayne sgranò gli occhi. “Cosa?”

“Chi se ne importa di quel moccioso!” Dasnief, il fratello sempre irruente e altezzoso sbatté un pugno contro il muro, scuotendo il capo. “Nostra madre non deve morire per lui. E’ solo un neonato, che importanza può avere?”

“Parli col cuore accecato dall’amore per nostra madre. Lui è appena nato, mentre lei ha già visto molte albe. Uccidere un bambino non potrà di certo alleviare il dolore nel perderla.”

“Non morirà!”

I due fratelli si guardarono, entrambi colpiti dallo stesso dolore, ognuno con le proprie idee, ma con la stessa speranza. Vayne guardava il pavimento di madreperla col capo chino, troppo scosso anche solo per piangere. Sentì le voci dei suoi fratelli lontane, ovattate. “Io già lo odio.”

E poi, il sospiro di Awos. “Pure io.”

D’un tratto, le urla cessarono e tutti e tre, drizzarono le orecchie. A esso, si sovrappose il pianto squillante di un neonato. La porta si aprì cigolando e Nan, la vecchia badante che aveva fatto nascere tutti loro, uscì col grembiule insanguinato e gli occhi socchiusi. Non disse nulla, si limitò a superarli col capo abbassato, forse per la stanchezza, o forse, semplicemente per non rispondere a quella domanda che premeva sulla lingua dei principi. Ma i tre, non dovettero attendere molto. L’imperatore uscì dalla stanza stanco, apparendo più vecchio di dieci anni. Tra le braccia, stringeva un fagotto silenzioso. I tre fratelli gli si avvicinarono. “ Come stanno?”

“Vostra madre…” mormorò lui. La sua voce era rotta da un pianto che non avrebbe mai potuto far nascere davanti ai suoi eredi, ma bastavano i suoi occhi per far comprendere quanto il dolore fosse forte. Le sue spalle erano incurvate, come se il peso del mondo gravasse su quelle vecchie spalle. Awos e Dasnief rimasero immobili, in silenzio. Fu Vayne ad avvicinarsi. “E il bimbo?”

Suo padre lo guardò. Per un secondo sembrò destarsi. Con lenti movimenti, gli pose il fagotto tra le mani e tolse un lembo di lenzuolo bianco. Davanti agli occhi del giovane principe, si presentarono due enormi occhi dell’azzurro più intenso che avesse mai visto. erano occhi di una vita appena nata, curiosa di esplorare il mondo con la loro vivacità, eppure, per un attimo, a Vayne parvero tinti da una saggezza precoce, come se perfino essi, sapessero quello che era accaduto. I suoi fratelli gli si accostarono accanto e per un po’, rimasero tutti in silenzio a osservare il nascituro. Un maschio, proprio come aveva pensato. Spinto da un’improvvisa tenerezza, Vayne baciò la tiepida fronte del piccolo. “Qual è il suo nome?”

“E’ morta prima. saremo noi a decidere un nome per lui.”

Dasnief alzò le sopraciglia, irritato. “Padre, io non voglio portarlo in paese. Questo piccolo mostro…”

“Questo mostro crescerà senza un madre.” Awos e Dasnief fissarono il fratello minore sorpresi da questa sua reazione improvvisa di rabbia. Fin da piccoli, Vayne era stato il loro passatempo preferito e insieme, gli avevano tirato scherzi spesso di cattivo gusto. Ma mai, in tutta la loro vita, lui si era espresso così contrariato nei loro confronti. Perfino l’imperatore sembrò allibito.

“Questo bambino è nostro fratello. Questo bambino soffrirà tutta la vita per la perdita della madre. E io, mi prenderò cura di lui.”

Vayne alzò gli occhi, guardandoli. Passarono attimi eterni, in cui nessuno sembrava avere il coraggio di parlare. Alla fine, con voce sicura, disse: “E il suo nome, sarà Larsa. Larsa Ferrinas Solidor. Nostro fratello.”

Per un attimo, gli parve quasi di vedere un piccolo sorriso spuntare da quelle labbra appena nate.

 

Ecco un’altra delle piccole storie. Qui, ho fatto Larsa appena nato per far vedere l’inizio del legame profondo tra i due fratelli. Spero che vi sia piaciuta. Purtroppo, dato che non so mai come sistemare il tempo, metto il capitolo appena scritto e anche se l’ho riletto un paio di volte, so già che contiene un sacco di errori e quindi mi scuso davvero. Un grazie di cuore Arshatt per aver commentato: sono felice che ti sia piaciuta, ero convinta che non avrei avuto nemmeno una recensione e vedere la tua mi ha rincuorata e incoraggiata a scrivere ancora :). E grazie di cuore a chi leggerà soltanto, commenterà o l’aggiungerà da qualche parte. Un bacione e alla prossima, Astharte.

Ps ma tra gli avvertimenti ho messo bondage? Bhe è un errore XD

   
 
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