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Autore: BlackEyedSheeps    31/08/2013    2 recensioni
Era lei.
Lei che cercava di confondersi fra la folla, di mimetizzarsi con la rumorosa fauna turistica, di seguire un gruppo di persone di cui aveva appena intuito le traiettorie, ma una volta che Clint aveva agganciato l'obiettivo, difficilmente se lo lasciava sfuggire.

[Clint/Natasha]
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Agente Maria Hill, Agente Phil Coulson, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nick Fury
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Compromised'
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Insanity laughs under pressure we're cracking

Can't we give ourselves one more chance

(Under Pressure – David Bowie, Queen)

 

In volo verso Varsavia
Ore 22:13

 

Devi fidarti di me, Coulson.”

Ci sto provando, ma mi stai mettendo in una posizione difficile.”

Ti chiedo solo ventiquattr’ore. E poi tutto sarà finito.”

Sì ma… l’Alpha Jet?”

Avevo una certa fretta.”

Avrai molto meno di ventiquattr’ore.”

Me le farò bastare.”

 

I giochi erano finiti.

Lo SHIELD sarebbe stato sulle sue tracce in poco tempo. Non era così ingenuo da pensare che le sue mosse non avrebbero corrisposto ad altrettante conseguenze.

Doveva fare in fretta: avrebbe messo sotto un riflettore i suoi spostamenti, ma se non altro sarebbero arrivati a Varsavia molto più velocemente rispetto ai canali tradizionali.

Questa volta non trovava giustificazioni logiche ai suoi gesti, alle sue decisioni.

Sconsiderato, sciocco, impreciso. Non era così che svolgeva il suo lavoro, non così che si era guadagnato, con il tempo, la cieca fiducia dell’organizzazione.

Non quella delle persone che, per prime, avevano creduto in lui.

Come Phil Coulson. In anni di collaborazione ed amicizia, ancora non riuscivano a chiamarsi per nome, e forse quella sarebbe stata la disfatta definitiva dei loro rapporti.

Eppure ci aveva messo meno di dodici ore a prendere la decisione di imbarcarsi in quella follia.

Quali che fossero state le sue motivazioni, ormai era troppo tardi per i ripensamenti. Avevano le ore contate e, prima avrebbero provato a dimostrare di avere le migliori intenzioni, meglio si sarebbe conclusa per entrambi. Anche se la remota possibilità che lo SHIELD potesse decidere di perdonarli e dare alla Vedova Nera una possibilità di riscatto, gli sembrò ancora più improbabile, ora, a mente lucida.

Tuttavia le aveva presentato la possibilità su un piatto d’argento, sperando che ne venisse stuzzicata abbastanza da non sfuggirgli o provare mosse azzardate.

E straordinariamente aveva funzionato.

Nel migliore dei casi lui sarebbe stato licenziato, nel peggiore…

Cercò di spingere dubbi e senso di colpa da qualche parte, in un angolo del suo stomaco, affinché diventassero solo un sommesso fastidio. Aveva bisogno di tutta la sua concentrazione, lucidità e determinazione per concludere indenne quella lunghissima giornata.

Avrebbe avuto tempo dopo per lasciarsi massacrare dai massicci colpi dei suoi peccati.

 

Il cielo sopra le nuvole era sempre uno spettacolo che riusciva a calmarlo. Quella sensazione di ovattato straniamento, il cielo terso sopra la sua testa, la distesa piatta, irreale sotto di lui.

Il radar indicava campo libero. Tutti gli indicatori, privi di segnali significativi.

Il viaggio sarebbe stato tranquillo e veloce.

 

“Tutto bene là dietro?” domandò senza voltarsi.

Non era stata una decisione ponderata, ma Natalia era stata sistemata nel sedile retrostante, legata adeguatamente alla sua cintura di sicurezza, praticamente impossibilitata a muoversi.

Non era sicuro che anche lei fosse in grado di guidare un jet, ma - nella possibilità - aveva deciso di non rischiare.

“Ohi, non soffrirai di mal d’aria, vero?” s'interessò canzonatorio. “Ci sono dei sacchetti di carta, sotto il sedile.”

La sentì brontolare qualcosa, forse in russo. No, decisamente quella situazione non le era granché congeniale. E probabilmente lo aveva appena mandato al diavolo.

“Avevo un commilitone di San Pietroburgo”, le rivelò, senza nemmeno sapere il perché. “Mi insultava anche lui.”

Si concesse un misero sorriso, al ricordo.

“Le imprecazioni sono le prime cose che impari di una lingua straniera, mi spiego?” Le lanciò uno sguardo rapido, cogliendola nell'atto di osservare tragicamente il soffitto.

La cosa, inaspettatamente, lo divertì.

“Во пизду*” cominciò a elencare con un mediocre accento russo “В рот нассать, чтоб морем пахло?**”

La vide fare un movimento strano, ma la sua espressione non mutò granché.

Scosse la testa, rassegnato.

“Magari potresti darmi delle ripetizioni”, propose. “Sono un allievo modello, faccio anche i compiti a casa.”

 

Varsavia si faceva sempre meno lontana.

 

“Non avremo molto tempo una volta atterrati”, il tono era cambiato, lo scherzo rimandato.

“Paura di non essere abbastanza veloce?”, finalmente una risposta, dopo tutto quel silenzio.

“E tu lo sei?”

“Non ho mai avuto intralci di cui preoccuparmi, ma tu sembri una zavorra piuttosto pesante.”

“Dovresti mettermi alla prova almeno, prima di giudicare.”

“Mi sembrava di aver già cominciato a farlo.”

Clint le rivolse uno sguardo strano, prima di tornare a guardare il cielo di fronte a sé, le mani serrate alla cloche.

Sentiva i suoi occhi fissi su di lui. Era vero: Natalia non aveva mai smesso di valutarlo.

“E come sto andando?”

Il silenzio non preannunciava mai niente di buono, sicuro una risposta pungente.

“Per essere uno che decide di risparmiare la vita al suo bersaglio e le propone redenzione, mi sembra che tu non riponga granché fiducia nella tua decisione”, il tintinnio delle cinture a sottolineare la sua condizione.

“Sto solo cercando di tutelarmi.”

“E come farai a tutelarti quando saremo a Varsavia? Dovrai lasciarmi libera di agire.”

Non aveva tutti i torti. A quel punto erano entrambi sulla stessa barca – o nello specifico, sullo stesso velivolo – che senso aveva tenerla sotto chiave?

Se voleva che la situazione si risolvesse meno disastrosamente possibile, a quel punto avrebbe solo dovuto allentare la presa, doveva cominciare a fidarsi.

 

“Sai guidare un jet?” le chiese.

 

 

 

In volo verso Varsavia
Ore 22:18

 

Per quanto non fosse ancora del tutto convinta che quello non fosse un modo piuttosto complicato – anche se evidentemente efficace – per convincerla a condurre lo SHIELD ai piani di San Paolo, Natalia aveva la netta e preoccupante sensazione che il suo compagno di viaggio stesse più che altro improvvisando.

Era diventata paranoica fino al punto di chiedersi se anche quella non fosse una studiata messinscena per spingerla a sottovalutarlo tanto da commettere qualche madornale errore che le sarebbe, infine, stato fatale. Di una cosa era sicura: se stava recitando, era un attore impressionante.

 

Tutto bene? Una favola, pensò sarcastica, continuando a starsene zitta per evitare sia di scoprirsi in modo francamente inutile, sia perché meno Francis parlava e meglio sarebbe stato.

Più che altro per lei. Mantenere la sua solita facciata di gelida indifferenza si stava rivelando, dovette ammetterlo, più difficile del solito. Maledisse tutti i santi dell'universo a mezza voce.

Perché usare un sacchetto di carta quando ci sei tu là davanti?

Si crogiolò per un attimo nella scenetta mentale, decidendo che la vergogna di non poter reggere uno stupido volo sarebbe stata di gran lunga surclassata dalla soddisfazione che avrebbe provato nel vederlo ricoperto di vomito. Si soffermò un attimo sui propri pensieri, chiedendosi quando esattamente fosse diventata tanto disgustosa.

 

Eccolo che riattacca con la tiritera militare, si mosse nervosamente sul sedile, concentrandosi in tutti modi pur di ignorarlo.

Bè, il tuo commilitone russo ed io abbiamo qualcosa in comune.

Sperò che, a lungo andare, il suo religioso silenzio lo spingesse ad imitarla, ma quello non doveva proprio essere il suo giorno fortunato. Alzò gli occhi al soffitto della cabina di pilotaggio, chiedendosi che cosa avesse fatto di male per meritarsi una rogna simile. La lista, lo sapeva bene, era drammaticamente lunga. Riabbassò il capo alle poche parole di russo che Francis riuscì a spiccicare, per un attimo convinta che la stesse seriamente mandando a quel paese.

Si trattenne in ogni modo dal mostrare il minimo accenno di interesse, ma la seconda imprecazione suonò talmente assurda da renderle il compito praticamente impossibile. Finse di grattarsi il naso contro la spalla per nascondere, più o meno abilmente, la propria reazione.

 

Si rilassò di nuovo alla pausa che sembrò concederle... e che durò troppo poco per i suoi gusti. Il suo tono, però, era cambiato. Finalmente si cominciava a parlare di cose serie.

Sapeva che il tempo a disposizione non sarebbe stato molto: stavano volando su un velivolo che aveva tutta l'aria di appartenere allo SHIELD e, a meno che Francis e i suoi superiori non fossero d'accordo nel fregarla, temeva che non ci avrebbero messo comunque molto ad individuarli.

Questo posto dev'esser pieno di trasmittenti, GPS, radar e chissà che altra diavoleria.

Non era la ristretta finestra di tempo a preoccuparla, più che altro il dover lavorare in coppia: per quanto si stesse sforzando di studiarlo, di raccogliere anche la più piccola delle informazioni, non lo conosceva e non avrebbe potuto conoscerlo prima di entrare in azione.

Alla Red Room le era capitato di lavorare con dei partner, ma le occasioni erano rare e sporadiche, ed era piuttosto certa che questa missione in particolare non avrebbe avuto proprio niente a che fare con quelle che le venivano assegnate in passato.

 

“Certo che so pilotare un jet. Camion, furgoni, locomotive, il Titanic, l'Apollo 13... ho provato di tutto”, rispose senza preoccuparsi di nascondere il fastidio che trasudava dalle sue parole.

No, perché diavolo dovrei saper pilotare un jet? Finse di non essersi accorta del divertimento nel suo sguardo.

“Non credevo che aveste il sarcasmo in Russia.” Lo vide armeggiare con il pannello di comando, presumibilmente per inserire il pilota automatico, prima di alzarsi dal suo sedile e raggiungerla.

“Già, beviamo vodka, indossiamo colbacchi e ci rotoliamo nella neve per tutto l'anno.”

“Va bene, va bene, ho capito l'antifona. Niente stereotipi.” L'accontentò mentre la liberava dai complicati nodi con cui l'aveva immobilizzata alla cintura di sicurezza. La lasciò a finire il lavoro da sola, tornando immediatamente al suo posto.

 

E questo che doveva significarle? Di nuovo, non era sicura se quell'atteggiamento facesse parte di un piano preciso, o se era solo incredibilmente ingenuo.

Una parte di lei già stava valutando la possibilità di spezzargli il collo, prendere il comando del velivolo (quanto poteva essere difficile?) e dirigersi verso qualche sperduto atollo del Pacifico. L'altra le dovette ricordare che non solo non sapeva pilotare un jet, ma che lo SHIELD l'avrebbe trovata in un batter d'occhio con o senza Francis. Infine, decise di scambiare il suo sedile per quello del co-pilota. La vista, da quella postazione, era mozzafiato... non che da fuori la si sarebbe potuta dire impressionata.

 

Si sentì vagamente spiata ma non fece segno di essersene accorta.

“Non hai risposto alla mia domanda”, notò lui dopo qualche minuto di – per lei – idilliaco silenzio.

“Solo una?” Gli lanciò una rapida occhiata, vedendolo ridacchiare, il che finì per indispettirla ancora di più. Tornò accuratamente ad osservare alternativamente il cielo e la complicata serie di comandi che le si distendeva davanti agli occhi: magari avrebbe potuto imparare i fondamentali solo guardandolo all'opera.

“Non hai intenzione di farmene passare nemmeno una, ah?”

“Rendere le cose semplici alla gente non è il mio lavoro.”

“Giusto.”

Trattenne il respiro, chiedendosi se quella sarebbe stata la fine della conversazione. Sarebbe troppo bello per essere ver -

“Com'è che sto andando?” la voce dell'uomo interruppe nuovamente i suoi pensieri. Natalia lo fulminò con lo sguardo.

“Secondo te?”

“Secondo me sto andando alla grande”, dichiarò con ostentato e divertito orgoglio. “Non che questa per me sia una novità.”

“Per te no, per gli altri...”

“Ouch! Non ti sembra di essere un po' troppo dura? Dopotutto siamo ancora vivi.”

“Solo perché mi sto disperatamente trattenendo dall'ucciderti.”

“Ah!” esclamò lui, come se l'avesse colta in fallo. “Però ti stai trattenendo, direi che è un passo avanti.”

“Ieri sera ho cercato di ucciderti e oggi decidi di lasciarmi scorrazzare liberamente sul tuo jet solo perché te l'ho suggerito.”

“Bè, in effetti avresti potuto chiederlo più gentilmente...”

“Non ne ho bisogno, sei abbastanza ingenuo da fare tutto da solo.”

Si voltò per guardarlo malissimo.

“Se stai per dire che ingenuo non è un insulto, evita”, lo prevenne stizzosamente.

“Però non mi stai uccidendo”, puntualizzò dopo un attimo di silenzio.

Su quel frangente, Natalia non avrebbe proprio potuto contraddirlo: nonostante il suo cervello non smettesse di elencarle tutti i modi in cui avrebbe potuto metterlo KO, l'eventualità di farlo sul serio sembrava sempre più distante ed improbabile. La situazione era talmente paradossale da incuriosirla: si stava prendendo gioco di lei o era sincero? Era quasi del tutto certa che stesse andando a braccio, che lo SHIELD non avesse dato proprio nessun via libera a quell'improvvisata proposta di lavoro. Il che costituiva tutto un altro problema...

“Per ora”, sottolineò Natalia a sua volta.

“Dicono tutte così, all'inizio.”

“Prima di fuggire a gambe levate?”

L'occhiata che ricevette in risposta, le annunciò di aver colpito e affondato il bersaglio. Gli ci volle qualche attimo per riprendersi dalla sorpresa: “E questo da che cosa l'avresti intuito?”

Se qualcuno l'avesse osservata molto attentamente, si sarebbe accorto dell'impercettibile incresparsi delle sue labbra.

 

 

Varsavia, Polonia
Ore 8:00

 

Clint aveva appena scoperto che la precisione, in Natalia, doveva essere qualcosa di congenito, facente parte del suo patrimonio genetico.

Ogni azione, ogni mossa, corrispondeva esattamente a un calcolo mentale che, sicuro, avrebbe preceduto di svariati minuti i suoi.

La Bank Gospodarstwa Krajowego di Varsavia, apriva le porte della filiale nel preciso istante in cui ci si trovarono di fronte.

 

Un rapido cambio d'abiti, un travestimento essenziale ma convincente, una corsa in taxi ed ora ecco una Vedova Nera pronta a indossare l'ennesimo inganno. Ad interpretare la parte della sofisticata Yalena Ivanovna. Ricca imprenditrice.

Quasi irriconoscibile in quel tubino nero, parrucca bionda e trucco severo. Un paio di occhiali da vista a completare l'opera e ci sarebbe cascato perfino lui.

 

Di contro, Clint – cane da guardia, made un U.S.A, della ricca signora - si sentiva nudo. Non un'arma, non il suo arco, le sue frecce, non una fionda, un coltellino svizzero. Da che mondo e mondo in una banca non avrebbero avuto sistemi di sicurezza adatti ad individuare la benché minima minaccia?

Anche in quel frangente, avrebbero dovuto improvvisare.

Non che non si sentisse vagamente stimolato da quella nuova situazione. Tutt'altro.

L'incognita affatto trascurabile, però, era il tempo.
Sentiva ticchettare su di sé il furiosissimo sdegno dello SHIELD e gli sgraziati tentativi d'intralcio dei mandanti di Natalia.

 

La banca era ancora pressoché deserta. Un paio di mattinieri clienti alle casse e il pigro ticchettio di tastiere dei dipendenti all'opera, il trillo di un telefono e i loro passi sul pavimento in linoleum.

Natalia aveva rapidamente preso accordi per avere accesso alla propria cassetta di sicurezza, apposto una firma sul registro e verificato le sue credenziali su documenti, naturalmente falsi.

Il funzionario, un uomo sulla cinquantina dai capelli brizzolati e il viso aquilino, la studiò a lungo, interessandosi approssimativamente sulla sua salute, le motivazioni del suo ritorno a Varsavia. Una conversazione all'apparenza casuale ma che forse nascondeva qualcosa di più?

Clint non era tranquillo, sebbene all'esterno non avesse avvertito minacce di alcun tipo, le banche lo mettevano sempre in soggezione, forse più delle chiese.

Il dio denaro era altrettanto spietato. Quante le vittime, nel suo nome.

Una divagazione che lo colse di sorpresa quando Natalia si allontanò con il rapace funzionario.

“Ti aspetto qui?” domandò alla donna, senza ricevere risposta. “Ti aspetto qui.”

La voce si spense in un sussurro e, andatura dinoccolata, andò a frugare fra i volantini ordinatamente sistemati negli scaffali.

 

 

Varsavia, Polonia
Ore 8:23

 

Per quanto Bartlomiej le avesse assicurato (in codice, per non attirare attenzioni non richieste) che il trasferimento di file era andato a buon fine, c'era qualcosa nel modo in cui parlava e camminava che non la convinceva affatto. I suoi occhi sembravano costantemente rincorrere qualcosa di non meglio identificato, una scusa dopo l'altra per non dover ricambiare il suo sguardo indagatore.

Le bastò un minuto in sua presenza per accorgersi che qualcosa, decisamente, non andava.

 

Non sapeva granché sul suo conto, solo l'essenziale: l'aveva trovato prigioniero nel nascondiglio di una banda di trafficanti di droga polacchi che era stata pagata per eliminare.

L'aveva liberato. Tra una supplica, una promessa di smetterla con la cocaina e altro, le aveva promesso che l'avrebbe ripagata. Natalia non credeva che avrebbe mai avuto bisogno di un impiegato di banca, ma si era sbagliata.

 

Fece finta di niente e rimase in silenzio per tutto il percorso, dall'enorme hall della banca al secondo piano interrato a cui sapeva essere collocate le cassette di sicurezza.

L'uomo non smetteva di controllare l'orologio, allentarsi il colletto inamidato della camicia, guardare il soffitto con estremo interesse. La condusse fino alla saletta giusta, tirò fuori un pesante mazzo di chiavi, sbloccò la combinazione e aprì la massiccia porta che sbarrava loro la strada.

 

“Cassetta numero settecentoquarantacinque, come richiesto”, tornò a rivolgerle la parola, una forte nota di agitazione nel suo polacco. Le consegnò la sua chiave – un evidente violazione del protocollo – e la lasciò da sola.

 

Non perse tempo: trovò la cassetta, l'aprì, ne recuperò il contenuto, lo mise al sicuro e fu di nuovo fuori. Bartlomiej trasalì a tal punto da far cadere il telefono cellulare con cui stava armeggiando. Natalia si chinò a raccoglierlo con tutta la calma del mondo. Glielo restituì, rivolgendogli un'occhiata di vago disappunto: non aveva avuto bisogno di leggere quello che c'era scritto sul display per capire che era stata tradita.

 

“Spero ti abbiano pagato abbastanza”, alluse prima di dargli le spalle e allontanarsi senza aspettarlo.

 

 

Varsavia, Polonia
Ore 8:40

 

“Ma ne è proprio sicura? Zucchero nel sugo?”

“E' per toglierne l'acidità. Provi, vedrà che funzionerà.”

Clint si fece meditabondo, a valutare gli effetti dello zucchero nella preparazione del sugo di pomodoro. Non che fosse un grande esperto. Non aveva mai avuto tempo per imparare a cucinare. Figurarsi a capire i segreti di un buon sugo.

L'attesa si era fatta così lunga che attaccar bottone con una signora che aspettava il suo turno per una consultazione, era stato quasi un obbligo morale.

La cara Iris, ottant'anni anni suonati, l'aria di una ragazzina con gli occhi vispi, la pelle cadente, e una nuvola di capelli bianchi, tendenti al rosa. Era stata lei ad avvicinarlo, incuriosita dal suo accento.

 

Americano! Ho vissuto per tanti anni a Cincinnati.”

Sul serio? Io sono dell'Iowa.”

 

Natalia si stava attardando. Che ci fossero stati dei problemi a recuperare i file? O qualsiasi maledetta roba avesse nascosto in una cassetta di sicurezza a Varsavia.

Per un attimo fu sul punto di accertarsi che fosse ancora lì.

E se quella fosse stata tutta una scusa per allontanarlo e fuggire da qualche uscita secondaria?

Che lo avesse ingannato? Non del tutto improbabile.

Cercò di mantener fede alle proprie convinzioni e non lasciarsi giocare dal sospetto. Aveva deciso di fidarsi, stava spendendo così tante energie nel farlo che insinuarci anche l'ombra del dubbio, sarebbe stato deleterio, per la sua psiche.

Fu sul punto di interrogare Iris su una ricetta rapida per cucinare le uova, e distrarsi dalle sue paranoie d'attesa, quando qualcosa stimolò la sua attenzione. Stuzzicò il suo senso d'allerta.

Il suo sguardo raggiunse la vetrata d'ingresso della banca, e si spinse fuori, sulla strada.

SUV. Neri.

Nemmeno la decenza di essere originali. O quantomeno... furbi.

Cercò di non scomporsi e di non dare nell'occhio. Si alzò in piedi, fingendosi pacatamente annoiato, si congedò dalla dolce vecchina e raggiunse il bancone.

Stava ancora valutando come chiedere di Natalia, quando la vide spuntare dal retro, accompagnata ancora dal pronto funzionario.

Sentì il sollievo scivolargli addosso, ma non lo diede a vedere, c'erano altre priorità.

Lanciò a Natalia uno sguardo che lei, straordinariamente, riuscì a interpretare. La vide annuire impercettibilmente e al contempo rivolgersi nuovamente al funzionario per un congedo che si trasformò in una richiesta.

L'uomo parve turbato e sospettoso: “Temo di non poterla accontentare. Dovrete usare l'uscita principale. Si tratta di misure di sicurezza e...” sentenziò in polacco, prima di venir interrotto.

Non ebbe nemmeno il tempo di capire cosa aveva zittito l'uomo, che questo impallidì e si fece di pietra. Natalia gli stava sussurrando qualcosa all'orecchio e a giudicare dal tremolio diffuso che lo aveva colto non doveva essere stata un'informazione piacevole.

Poi la donna gli fece cenno di raggiungerlo e il funzionario si prodigò celermente a far loro strada.

“Che diavolo gli hai detto?” bisbigliò, seguendo a passo svelto i due.

“Segreto professionale.”

“Oh, andiamo, non si era detto di doverci fidare l'un dell'altro?”

Lei gli lanciò uno sguardo glaciale.

“Aggiornami”, e con quello Clint capì che la collaborazione valeva solo sul piano pratico dell'operazione in corso.

“Tre SUV, appostati fuori dall'edificio. Ne sono passati un altro paio mentre arrivavi. Potrebbero aver accerchiato la banca su entrambi i lati.”

“Gli uomini di Billmann.”

“Di certo non lo SHIELD.” Non con dei dozzinali SUV neri da gangster moderni.

La donna parve registrare l'informazione e deviarono verso le scale interne dell'edificio.

Il congedo fu rapido.

Natalia fece per dire qualcosa, ma infine furono le sue mani ad agire. L'attimo successivo il funzionario della banca era steso a terra, privo di sensi.

“Non sono nemmeno riuscito a capire con cosa lo hai colpito!” esclamò Clint, superando l'uomo riverso al suolo con un salto. “Sicura di non volermi dire che gli hai detto prima?”

“Risparmia il fiato e corri. Ci saranno addosso in pochi minuti.”

Le telecamere a circuito chiuso avevano sicuramente registrato le loro mosse.

 

Raggiunsero quella che aveva tutta l'aria di essere l'ultima tappa del loro viaggio. La porta che conduceva al tetto del palazzo.

“Almeno sei riuscita a recuperare quello che ci serve?”

“Secondo te?” un calcio ben assestato e la porta si aprì con un cigolio tutt'altro che rassicurante.

Clint la osservò, ancora una volta, impressionato.

“Potevi aspettare di vedere se era già aperta.”

Lei, per cavalleria, lo fece passare per primo.

 

Si appostò al davanzale, osservando i dintorni.

“Come previsto. La banca è circondata. Tre SUV all'entrata principale, due per gli altri lati dell'edificio”, il suono di una sirena attirò la sua attenzione. “E la polizia a completare l'opera.”

“Questo farà incazzare gli uomini di Billmann.” dichiarò Natalia, liberandosi di parrucca bionda e occhiali.

“A me sembravano già incazzati.”

 

~~~~~~~~
 

Note:

*Vaffanculo
** Devo pisciarti in bocca, perché tu senta il sapore del mare?

 

~~~~~~~~

 

**NEL PROSSIMO CAPITOLO**

 

Natalia non fece in tempo a passare in rassegna le automobili a loro disposizione che Francis già ne aveva scelta una.

Darà troppo nell'occhio”, non fece segreto del proprio disappunto, osservando la macchina rossa fiammante.

Nel caso non te ne fossi accorta”, ribatté lui, facendone saltare la serratura. “È l'unico modello di questo secolo.”

Va bene, ma guido io.”

Eh?”

Conosco Varsavia meglio di te! Levati di mezzo.”

 

**

Nat!” le lanciò una delle armi, correndo di nuovo nella sua direzione. Non ci sarebbe voluto molto prima che qualcun altro tornasse a romper loro le uova nel paniere.

Come mi hai chiamata?!” la sentì protestare indignata, ma non fecero in tempo ad arrivare alla macchina che l’uscita della via era già sbarrata da quella della polizia.

Evviva, sono arrivati i rinforzi.” Soffiò tutt’altro che divertito.

 

 

 

  
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