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Autore: bjpolar    05/09/2013    5 recensioni
Hai presente quando senti dei rumori, ma ti convinci non sia nulla? Hai presente quando vedi qualcosa nel buio, ma ti convinci non ci sia nessuno? Hai presente quando ti senti seguito, ma quando ti volti non vedi nulla? Hai presente quando sai di essere solo, eppure ti sembra non sia così? Beh, e se non fosse tutto frutto della tua immaginazione?
Genere: Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Austin

Ero fermo, davanti a lei, che la fissavo. Non mi capacitavo del perchè una creatura così bella dovesse morire. Infondo non mi aveva fatto nulla, però dovevo farlo. Loro me l’avevano ordinato, e ho imparato a mie spese che è meglio obbedire. Era solo un’estranea, pensai, una come gli altri. Mi feci coraggio, e quando alzò il viso ne approfittai per sferrarle un pugno sullo zigomo, facendola accasciare. Sentii un urlo soffocato e prima che avesse la possibilità di rialzarsi le sferrai un numero indefinito di calci nello stomaco. Non volevo guardarla in faccia, sapevo che avrei ceduto. Quando finalmente tirai fuori la pistola, però, sentii una domanda sussurrata farsi largo in quel vicolo fin troppo silenzioso.
«Perchè me? Cosa..Cosa ti ho fatto?» stava piangendo, ma non potevo cedere alle emozioni, non potevo essere umano, nemmeno quella volta.
« Non devo avere un motivo per farlo, so che è giusto così.» risposi freddo, tentando di sfoderare uno dei miei ghigni carichi di odio. Non le stavo mentendo, quello che stavo facendo era realmente giusto. Lei era cattiva, me lo avevano detto loro. Ci avrebbe fatto del male, ci avrebbe annientato. Era la legge del più forte, dicevano, e noi dovevamo vincere.
«Va..va bene, ma fai..fai in fretta.. per favore.» rispose, sempre sussurrando, per poi riaccasciare le testa al suolo, e continuare a piangere silenziosamente.
Era il momento, puntai alla sua tempia sinistra, ma quando fui sul punto di premere il grilletto sentii un urlo propagarsi prepotentemente dall’origine della stradina semibuia in cui mi trovavo.
«Cosa stai..cosa stai facendo? Lasciala..» sentii di nuovo urlare, e questa volta mi girai verso la fonte della minaccia.
Un uomo sulla cinquantina, pallido e con occhi e bocca spalancati, era in piedi a pochi passi da me.
«E perché mai?» chiesi con tono fermo, tenendo la pistola puntata verso la ragazza, ancora distesa a terra, inerme.
«Perché..perché quello che stai facendo è sbagliato.» rispose tremante e incerto, penso stesse pregando mentalmente di non finire come lei.
«Non è sbagliato.» dissi calcando sull’ultima parola. Perché tutti si ostinavano a pensarla così? Era lui che stava sbagliando, voleva a tutti i costi fare l’eroe proteggendo una creatura mostruosa. Decisi che, dopo aver finito con lei, l’avrei fatta pagare anche a lui.
Rigirai il capo verso la ragazza, che non si era mossa di un millimetro durante la mia piccola conversazione con l’uomo, e le sparai. Mi avvicinai al suo capo, le strappai delicatamente-anche se oramai non avrebbe comunque sentito dolore-una ciocca di capelli e la depositai in una piccola bustina di plastica, che a sua volta riposi in tasca.
Posai di scatto lo sguardo verso l’uomo oramai in stato di shock, e constatando di averlo colto di sorpresa, sparai al suo cuore. Sentii un tonfo e vidi il suo corpo steso per terra, a pochi metri da quello della ragazza.
«Questo è per esserti messo contro di me, e contro la giustizia.» misi a posto la pistola e iniziai a correre.

Estrassi le chiavi di casa dalla tasca dei jeans e le infilai nella serratura. Mi catapultai dentro, chiudendo la porta alle mie spalle, e  senza troppe cerimonie mi diressi verso il frigo, da cui presi un piccolo pacchetto di olive. Ogni volta, dopo aver finito un compito, mi rintanavo in cucina e mangiavo un pacchetto di olive. Mi calmava, non so’ spiegare nemmeno io il perché, ma senza mi sarei sentito perso. C’era gente che quando stava male si drogava, io mangiavo olive. Dopo aver finito, posai il pacchetto nella spazzatura e camminai tranquillamente fino a camera mia e, una volta entrato, misi a posto la pistola che si trovava ancora nella tasca del mio giubbotto. Presi il cellulare dal comodino e guardai l’ora: era l’una passata. Provare a dormire non mi avrebbe di certo danneggiato, quindi aprii l’anta secondaria dal mio armadio, ne estrassi un paio di pantaloncini da basket e li indossai in fretta. Dopo di che mi sdraiai e rilassandomi cercai di chiudere occhio, domani sarebbe stata una giornata faticosa. Dopo qualche ora di sonno, però, mi svegliai. Avevo appena fatto un incubo.

‘Sentivo il vento notturno venire a contatto con la mia pelle scoperta. Ero in piedi, e fissavo un punto indefinito alle spalle della figura lì, in piedi davanti a me. Lei li aveva uccisi, li aveva annientati tutti. E ora toccava a me. Cercai di scappare, ma fu tutto inutile, lei era sempre dietro di me. Mi arresi, e dopo essermi accasciato a terra, riuscii a percepire un’ultima frase, carica di disprezzo. «Mi dispiace, ma tu sei come loro.»
Ero sudato, il battito del mio cuore non era più regolare e respiravo a fatica. Non mi era mai successo di fare incubi, questa cosa era strana. Soprattutto tenendo in considerazione che l’individuo del mio incubo oramai era morto da ore. Perché avrei dovuto preoccuparmi? Era solo uno stupido sogno, e lei era morta. Non c’era davvero motivo di stare in ansia, ma una strana sensazione si insinuo comunque nelle mie viscere, qualcosa di mai provato. Decisi di alzarmi e andare a prepararmi qualcosa di caldo, magari avrebbe rilassato i miei muscoli, e mi avrebbe fatto tornare a dormire, anche se qualcosa mi suggeriva che quella notte l’avrei passata in bianco. Presi un piccolo tegamino dal cassetto principale del bancone e, dopo averci versato un po’ d’acqua, lo misi sul fornello, a fiamma bassa. Aspettai qualche minuto, immerso nei miei pensieri. Qualcosa stava cambiando, me lo sentivo. Loro non si erano ancora fatti vivi, e la cosa era strana, visto che ogni volta, dopo aver fatto ciò che dovevo, si manifestavano anche solo per congratularsi. Decisi ancora una volta, però, che non c’era nulla da preoccuparsi, e salvai in tempo il mio tegamino, visto che l’acqua stava per uscire. La rovesciai in una piccola tazza a macchie, e dopo aver lasciato una piccola bustina di infuso alla pesca galleggiare allegramente dentro il liquido, bevetti tranquillamente appoggiato al bancone. Finii il tutto in pochi minuti, in fondo era solo un thè, e tornai a letto. Tuttavia non riuscii a dormire nemmeno per un secondo, dopo quel sogno tanto strano, e sentii la sveglia delle otto irrompere nella stanza silenziosa, riempita solo dai miei respiri. Mi alzai in fretta, sapevo cosa avrei dovuto fare quella mattina. Presi un paio di jeans e una felpa semplice, mi diressi in bagno e, dopo una piccola rinfrescata veloce, mi vestii. Ero pronto. Corsi alla porta di ingresso, presi le chiavi della macchina dalla ciotolina di fianco al portone principale, e mi precipitai davanti al mio gioiellino. Una Range Rover rosso fuoco scattò non appena schiacciai il pulsante di sblocco delle chiavi. Mi posizionai al posto di guida, infilai le chiavi nel nottolino e sfrecciai per le strade di San Antonio.

Dopo circa mezz’ora, arrivai davanti ad un enorme cancello rovinato. Parcheggiai nel primo posto libero e mi insidiai all’intento del posto che più spaventava gli altri, ma che oramai a me non faceva più effetto. Ricordavo la strada a memoria e, dopo aver attraversato varie lapidi, finalmente mi trovai sotto la grande quercia di San Antonio. Nessuno osava avvicinarsi, ma non avevo mai capito il perché, nessuno si era preoccupato di parlarmene. Mi sedetti ed estrassi il motivo per cui mi trovavo lì. La ciocca di capelli della ragazza era ancora dentro la busta di plastica, ma non per molto. Stavo per posizionarla sotto la quercia, quando loro si fecero vivi, dopo quasi un giorno di assenza.
‘Non puoi farlo’
‘Non è ancora il momento’
‘Hai fallito questa volta’
‘Ci hai profondamente deluso’
‘Lei è ancora viva
A quest’ultima affermazione il sangue mi si gelò nelle vene. Io l’avevo uccisa, avevo visto il proiettile conficcarsi nel suo cranio. E allora com’era possibile?
 
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Ciao bellissime, eccomi con un nuovo capitolo.
Secondo voi cosa è andato a fare austin al cimitero?
Con chi stava parlando?
Come è possibile che Rose sia ancora viva?
Lo scopriremo nel prossimo capitolo, a voi
resta solo da seguire e continuare a leggere.
Muahaha, sono spietata.
No ok, a presto, Aurora. 
  
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