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Autore: Defiance    12/09/2013    3 recensioni
Seguito della mia fan fiction, 'Halfblood'.
Scoppiarono tutti a ridere, ma Hermione si fece subito seria e disse piano:
“Magari invece, immagino solo di dover colpire a morte la vecchia me, anche se ormai non esiste più. Credo di essere invidiosa, lei almeno sapeva chi fosse” chiuse gli occhi e sospirò. (Dal prologo).
Un nuovo mestiere per i protagonisti della precedente storia, il loro incontro con un altro mondo e una nuova battaglia che incombe su di loro e sul mondo umano. Si troveranno ad affrontare cose che non avevano mai visto in precedenza e si interrogheranno su quante cose ancora ignorano della Terra.
Faranno nuove conoscenze, avranno delle rivelazioni, segreti e bugie verranno svelati e apprenderanno un nuovo tipo di 'magia'. Correranno rischi e pericoli, ma alla fine, la vita di alcuni dei protagonisti cambierà per sempre.
Halfblood 2 - Città dei Demoni
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Capitolo 2
 
 
 
Kingsley attese un minuto, per attirare tutta l’attenzione su di sé e poi parlò:
“Ci sono state delle aggressioni, degli omicidi. Ho visto uno dei cadaveri ed erano completamente dilaniati, avevano delle grosse ferite, tagli, come se degli artigli avessero perforato il loro corpo. Alcuni erano dissanguati, ad altri erano stati strappati gli occhi, o le loro orbite erano diventate bianchissime. È per questo che non credo che si tratti di un Serial Killer babbano ma…”
“Di mostri” concluse Annabeth.
“Non abbiamo mai sentito nulla del genere, Chase!” la rimbeccò Clarisse.
“Vampiri? Lupi Mannari?” propose Luna, rabbrividendo.
“Questo spiegherebbe solo alcune cose… ma né gli uni, né gli altri sarebbero in grado di ridurre in quello stato una persona”rispose Kingsley.
“È per questo che vogliamo che voi partiate, perché scopriate cosa sta succedendo ” spiegò Aberforth.
“E che, qualsiasi cosa sia, la sconfiggiamo” dedusse Hermione.
Il Ministro annuì.
“Ma non avete delle teorie?” domandò Draco.
“Infinite. Ma solo una può essere probabile, al confine dell’assurdo, tra l’altro” rispose Kingsley, “Pensiamo, che abbia a che fare con Gea”.
“Quindi, in poche parole, un altro Dio primordiale ha deciso di prendersela con noi?” buttò lì Ron “Miseriaccia, ma perché non si danno a dei festini, come passatempo?” e alzò gli occhi al cielo.
“Non credo sia così semplice. Lupa, la ‘direttrice’, chiamiamola così, del Campo Romano, sostiene che Gea sia profondamente addormentata, quindi no, Weasley, non è lei che cerca di contrastarci. O almeno, non crediamo che sia lei”.
Kingsley trasse un profondo respiro e osservò le facce dei ragazzi, che risultavano tutti alquanto perplessi e confusi, ovviamente.
“Quando Gea ha cercato di contrastare l’ascesa di Urano, cercando di chiudere la spaccatura, due anni fa, ha messo in subbuglio tutto l’equilibrio interno del nostro pianeta. Noi pensiamo, che da allora i mostri abbiano trovato un modo per rinforzarsi, ma non sappiamo come. In più stanno aumentando precipitosamente di numero.” spiegò il Ministro.
“È possibile che si tratti di un’altra spaccatura? Di una gemella a quella utilizzata da Urano?” chiese Nico.
Era convinto che dovesse essere in grado di riconoscere e sapere tutto ciò che avveniva sottoterra, essendo il figlio di Ade, ma forse il suo potere era semplicemente confinato ai morti e non, propriamente, al Tartaro o al nucleo terrestre.
“No, questo è impossibile. Gea l’avrebbe richiusa insieme all’altra” replicò Aberforth.
“Quindi, dobbiamo andare in missione sapendo solo che i mostri sono diventati più potenti e senza avere la minima idea di come ciò sia stato possibile?” ricapitolò Leo.
“Mi dispiace, ma temo proprio di si. L’unica speranza è che voi scoprite cosa sta succedendo. Siete le uniche persone che potrebbero farcela” concluse Kingsley.
Hermione si alzò in piedi e poggiò entrambe le mani sul tavolo.
“Io ci sto!” annunciò, seguita subito da Annabeth e Clarisse.
Erano sempre le prime ad accettare un’impresa, come se per loro fossero semplici sfide.
Anche gli altri, tuttavia, iniziarono a farsi subito avanti.
“Bene, allora, c’è bisogno che sappiate che non potete contare sulle vostre bacchette” rivelò il Ministro, rivolto ai maghi.
“Che cosa?!” esclamò Harry, stupefatto.
“No. Non potete usufruirne. Le lascerete qui, verranno custodite dal signor Silente, sono armi scomode, vi potrebbero scivolare via o spezzarsi”
“Ma…?!” fece Neville, che però fu interrotto subito da Kingsley che invitò tutti a guardare la scatola che aveva appena appoggiato sul tavolo e che ora era ben visibile ai ragazzi. La aprì. Conteneva…
Gioielli?” domandò un confusissimo Ron “Come possono quegli accessori sostituire le nostre bacchette?!”
“Non sono semplici gioielli, signor Weasley. Sono stati forgiati appositamente per ognuno di voi, con l’essenza delle vostre bacchette. Sono stati realizzati dal signor Olivander e dai Ciclopi. Sono armi. E molto più potenti e, come dire, comode delle bacchette. I semidei, non hanno bisogno di queste ultime per incanalare la loro magia, ma voi sì. Ed è questo il compito di questi gioielli, o meglio, della pietra rinchiusa in essi” chiarì Kingsley.
“In poche parole, funziona come una bacchetta… dobbiamo solo tenerli addosso!” dedusse Hermione.
“Esattamente. Il loro potere si aziona con gli incantesimi non verbali. Vuoi provare tu signorina Granger?”
La ragazza si alzò e si avvicinò alla scatola. Vide che erano tutti degli anelli, ciascuno con una gemma di colore diverso incastonata nell’argento o nell’oro.
Intuì che quelli d’oro, con le gemme più grosse, dovessero appartenere ai ragazzi. Nel momento in cui tese il braccio su di essi sentì un formicolio lungo tutto il braccio e la sua mano, che sembrava agire da sola, agguantò uno degli anelli.
“È questo vero? Il mio” domandò e il Ministro annuì.
Lo riusciva a sentire, sentiva che era parte di sé.
La sua gemma era di colore azzurro. Se lo infilò al dito e portò la mano davanti a sé, in direzione della sua sedia vuota.
Vingardium Leviosa, pensò. E la sedia cominciò a levitare, per poi poggiarsi nuovamente al suolo quando la ragazza ritrasse la mano.
Erano tutti molto impressionati; uno alla volta, presero il loro anello: Harry ne aveva uno con la gemma rossa, quella di Ron era arancione, quella di Draco nera e quella di Neville verde. Mentre Ginny ne aveva una bianca e Luna una lilla.
“Ma non rischiamo di perderli?” domandò Draco.
“No. Non potete. Aderiranno alla vostra pelle. Sarà come se fossero una parte del vostro corpo. Solo voi potete sfilarveli, intenzionalmente” rispose Kingsley.
“Per quanto riguarda voi semidei, ho degli anelli anche per voi. Contengono essenza di ambrosia e nettare degli dei. Si attiveranno alla minima ferita che vi verrà arrecata e guarirete subito” aggiunse indicando la scatola che Aberforth stava aprendo davanti a loro e i semidei si precipitarono a prendere ciascuno l’anello contrassegnato dal simbolo del proprio genitore divino.
“Sarebbe comunque saggio, se portaste con voi dei kit di pronto soccorso. Tutti. Bene, allora. Andate nelle vostre stanze a riposare. Partirete questa sera. Alloggerete in un istituto gemello a questo, che ovviamente è disabitato, ma dotato di ogni protezione possibile; vi condurrà lì una passaporta che si azionerà alle sette in punto e sarà disposta all’ingresso dell’Istituto. Nelle vostre stanze troverete le vostre divise e le vostre armi già nei bauli, dovete solo aggiungervi ciò che volete portare con voi” concluse poi.
“Ma, dov’è che dobbiamo andare?” chiese Chris, dato che ancora non gli avevano rivelato il luogo in cui avrebbero dovuto intraprendere quell’impresa.
“A Manhattan”, disse il Ministro e li congedò.
 
Hermione guardò l’orologio. Erano le quattro del pomeriggio.
Aveva giusto il tempo di sistemare la valigia, farsi una doccia e cenare, prima di partire.
Manhattan.
Abitavamo a Manhattan, in quel periodo, aveva detto sua madre.
Lei era nata lì? Suo fratello viveva lì? Se lo avesse incontrato, lo avrebbe riconosciuto?
Non poteva fare a meno di chiederselo.
Gettò alla rinfusa paia di abiti, jeans, magliette e scarpe dentro il baule, senza pensare davvero a cosa stesse prendendo e cosa no; poi aprì il comodino e riprese in mano quel medaglione.
Stava decidendo se portarselo dietro o meno, e decise che avrebbe potuto sfruttare quell’occasione anche per scoprire qualcosa del suo passato e che per farlo avrebbe certamente avuto bisogno di quel cimelio.
Lo poggiò delicatamente dentro una scatolina e lo inserì nella valigia.
Ti troverò. pensò e poi si diresse verso il bagno.
Quando scese per cena, già con il mantello da viaggio addosso, lasciò il suo bagaglio insieme agli altri, nell’ingresso dell’Istituto e si diresse verso la Sala Pranzo.
Salutò Percy con un leggero bacio sulle labbra e poi rivolse un gran sorriso ai suoi amici.
“Questa volta dovremmo cavarcela un po’ alla cieca” stava dicendo Ginny “Non abbiamo molto da cui partire”.
“Non abbiamo niente da cui partire, in realtà. Solo una fottutissima ipotesi” controbatté Clarisse.
Luna si chiese se tutti i figli di Ares fossero così scontrosi e dato che nessuno dei semidei pareva farci caso, dovette dedurre che o erano semplicemente abituati a lei, o che la risposta alla sua domanda dovesse essere un ‘sì’.
“Beh, non sarebbe la prima volta che c’è la giochiamo come viene, no?” disse Ron, intercettando la sguardo di Harry ed Hermione.
I tre ricordavano perfettamente il periodo di ricerca degli Horcrux di Voldemort e più di una volta si erano chiesti se starebbero ancora cercando la Coppa se non fosse stato per l’errore di Bellatrix di perdere il controllo quando aveva pensato che erano entrati nella sua camera blindata alla Gringott.
“Per la barba di merlino! Ragazzi mancano cinque minuti alle sette!” li avvertì Ginny e tutti si precipitarono all’ingresso, mollando lì il resto della loro cena.
Afferrarono i loro bauli, su ognuno dei quali era stato poggiato uno zaino, contenente i loro kit di pronto soccorso, che si misero in spalla e poi posarono tutti una mano sulla passaporta.
Dopo circa un minuto, quella si azionò e riconobbero subito la spiacevole sensazione di venire compressi nel vuoto e trasportati altrove.
Dopo pochi secondi la pressione cominciò a diminuire e i ragazzi si trovarono catapultati in un edificio enorme, identico all’Istituto di Londra.
“Beh, almeno ci sentiremo a casa” commentò Neville.
“Forza, andiamo a prenderci una camera e a sistemare le nostre cose” li incoraggiò Leo e cominciarono tutti a disperdersi all’interno del palazzo.
  
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