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Autore: unicorn_inthemind    17/09/2013    3 recensioni
[Mermaid!AU]
In un'epoca indefinita, mentre le navi solcano ancora i mari scontrandosi con letali mostri marini, Rei Ryugazaki è un giovane con i piedi troppo per terra per credere all'esistenza di tali creature.
Un libro di mitologia marina, capitatogli in mano per caso, lo porterà a conoscere degli esseri per cui si spingerà in un viaggio quasi suicida per mare.
Sirene, le aveva chiamate quel pescatore - belle e fatali - ma Rei non gli aveva creduto. Era disposto persino a raggiungere la Grotta Verde e ritornare pur di dimostrare l'inesistenza di quelle creature.
Ma se quei mostri, quelle leggende, si rivelassero veri?
[...]
«Non sono una sirena, sono un tritone. Tri-to-ne.» protestò Nagisa agitando leggermente infastidito la coda color porpora.
Rei sbatté più volte le palpebre, non poteva essere vero. «Non è possibile.»
«Ma ti ho salvato dal Kraken, Rei-chan.»
«Non è possibile.»
«Ho curato le tue ferite con la mag-...»
Rei scosse la testa, risdraiandosi e chiudendo gli occhi con forza.
«La magia non esiste, e nemmeno tu. Sto delirando perché ho bevuto troppa acqua del mare. Quando mi sveglierò non ci sarai.» e si rifiutò di riaprire gli occhi.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nagisa Hazuki, Rei Ryugazaki, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il Ventre dell'Oceano.

Rei si piantò di fronte all’uomo che gli aveva spiegato l’esistenza delle sirene tempo prima, stava incastrando le casse del pesce ormai vuote l’una sull’altra, solo nell’ultima un paio di pesci rimasti invenduti stavano immobili, ormai non più vivi.
Il solito, tipico, odore forte del pescato saliva pungendo e infastidendo le narici di Rei.
«Le sirene non esistono.» dichiarò Rei sicuro della sua considerazione.
L’uomo se la prese con calma, finì di sistemare le casse, si risedette, alzò gli occhi vacui sul giovane e li strizzò più volte nel tentativo di mettere a fuoco lo sconosciuto di fronte a lui.
Solo dopo una manciata di minuti il pescatore si rese conto che quel giovane era lo stesso che poco prima gli aveva gridato contro “le sirene non esistono!”. E ora lo stava rifacendo.
«Ancora tu?» ridacchiò muovendosi sullo sgabello.
Rei distese le labbra in un sorriso, aveva la prova che quel vecchio lupo di mare si sbagliava. Che le sirene non esistevano realmente.

«Le sirene non esistono» dichiarò sicuro riaggiustandosi sul naso gli occhiali, in un fluido e particolare gesto della mano «e posso provarglielo.»
Il pescatore rimase in attesa.
«Le sirene non esistono, perché loro non hanno le branchie. Come vede in questo disegno, non c’è neppure la traccia di branchie o qualcosa di simile. I polmoni umani sono adatti alla respirazione sulla terra, non sott’acqua. Queste creature non posso respirare sott’acqua, che dovrebbe essere il loro habitat naturale, quindi non possono esistere se non nella fantasia. Non possono respirare.»
E il pescatore rimase con lo sguardo inchiodato sul disegno che gli veniva posto sotto al naso un’altra volta in quella mattinata. Rimase lì a guardare e poi, alzando il capo, parlò.
Come se fosse la cosa più naturale del mondo, prese un respiro lieve e disse: «Sono magiche.» e poi si alzò per andarsene.

Magiche, l’aveva detto come se fosse stato una cosa normalissima, come se la magia la si potesse ritrovare in ogni angolo dell'Universo.
Rei boccheggiò, non c’era nulla da fare. Per quanto la scienza tentasse di diffondere le sue teorie, quelle vere e serie, ci sarebbero stati sempre degli stolti con le loro teorie così illogiche da essere inattaccabili.
Il giovane avrebbe potuto dire molte cose, che la magia non esisteva probabilmente sarebbe stata la prima, ma si sarebbe ritrovato con una nuova e assurda spiegazione sotto il naso.
Era come combattere i topi col formaggio, più tu cercavi di farli ragionare più loro prendevano le tue idee e ci costruivano sopra idiozie.

Così Rei, ormai quasi arresosi, tentò inutilmente di articolare una frase di senso logico ma ciò che ne venne fuori fu un’indistinta accozzaglia di “ma...” e “no, non può...”.
«Se vuoi le risposte, ragazzo, vai alla Grotta Verde. Se avevi ragione torni, ma se ti sbagliavi...» l’uomo prese il suo sgabello, l’ultima cassa con il pesce avanzato e se ne andò ridendo di gusto.

Morirai.
 
Fu per questo che Rei, forse sin troppo sicuro delle sue idee, si ritrovò a lavorare nella cambusa di una nave mercantile assieme ad altri ragazzi. La nave si chiamava Pearl, La Perla, nome attribuitole probabilmente per il fatto che la sua polena altri non era se non una donna che tra le braccia, all'altezza del petto, reggeva una grossa conchiglia aperta. Nella conchiglia una perla.
Aveva scelto di entrare a far parte dell’equipaggio di quella nave proprio perché la sua rotta prevedeva di passare pericolosamente vicino a quella fatidica Grotta Verde.
Qualcuno a bordo mormorava che ci sarebbero morti tutti su quella bagnarola, che passare così vicino alle sirene era una dannata follia e che non ne sarebbe uscito vivo nessuno. Ma Rei, incurante di quell’angoscia che serpeggiava tra i marinai, continuava a svolgere i compiti assegnatigli, certo che una volta superata la fatidica grotta sarebbe stato capace di confermare al mondo che, senza ombra di dubbio, le sirene non esistevano.



Circa un mese di navigazione più tardi, tempo impiegato dalla nave per raggiungere l’ormai celebre Grotta Verde, i raggi del sole si riflettevano sulle placide increspature dell’Oceano. Il blu intenso del mare aperto scivolava placido sotto la grande nave.
«Rei-san, vieni qui, c’è il pranzo da preparare.» lo richiamò uno dei ragazzi più giovani che, come lui, donava man forte al cuoco di bordo, solitamente pelando verdure o svolgendo lavori minori mentre il cuoco preparava il pranzo vero e proprio.
Quel giorno toccò loro sbucciare patate, starsene in quattro su degli sgabelli ridicolmente bassi attorno ad una grossa pentola in cui mettere le patate pelate.
A terra le bucce attorcigliate in ricci sfatti si mescolavano con le patate ancora da sbucciare, rotolate fuori dai sacchi.
Rei stringeva in mano una patata sbucciata per metà quando sentì un boato, il coltello gli scivolò di mano nel sussultare. Tutti alzarono lo sguardo allarmati, dai giovani riuniti attorno alla pentola come ad un braciere al cuoco.
«Che è stato?» azzardò uno dopo qualche secondo di quiete.
Cosa stava accadendo?
Un nuovo rumore potente, questa volta seguito da un’anomala oscillazione della nave.
Rei osservò le patate rotolare, sembrava come se la nave fosse stata colpita da un’onda abbastanza grossa da sballottarla a destra e sinistra.

Non poteva essere una tempesta, quei rombi non sembravano tuoni, e comunque il Cielo azzurro di quella mattina aveva promesso bel tempo. Solo qualche sparuta nuvola bianca aveva sorvolato i loro capi facendo apparire il Cielo come un’emulazione dell’Oceano stesso: una sconfinata distesa azzurra attraversata da macchie bianche.
Che si trattasse di nuvole o vele dipendeva da cosa si stesse guardando.


Il cuoco camminò a passi pesanti verso i ragazzi per poi gridare a gran voce: «Spicciatevi, sul ponte, sul ponte!» e dirigersi verso le scale che portavano fuori dalla cucina. Il nervosismo lo faceva muovere a scatti.
«L’avevo detto io che a passare per la Grotta Verde ci saremmo crepati.» sibilò uno dei ragazzi salendo dietro al cuoco, e gli altro lo seguirono annuendo.
Stavano passando accanto alla Grotta Verde e un boato aveva scosso la nave da cima a fondo. E poi un altro.
È solo un caso, si ripeté Rei in testa, ma una sorta di brutto presentimento ristagnava nel suo stomaco. Stava accadendo qualcosa, qualcosa che non era una tempesta e che di certo non poteva connettersi alla vicinanza alla Grotta Verde.
No, la causa non era di certo una stupida grotta. Non poteva essere quella.
Rei dovette cercare sostegno contro le pareti della nave mentre risaliva le scale che conducevano al ponte, i boati erano sempre più vicini alla nave e frequenti, ormai rassomigliavano per la maggior parte ad immensi splash seguiti da un’onda, come se qualcosa di molto grosso cadesse all’improvviso in acqua spostandone buona parte.

«Un mostro, un mostro!» strillava qualcuno, Rei ormai era giunto sul ponte ma teneva il capo chino e nascosto tra le mani, perché grossi spruzzi d’acqua arrivavano da tutte le parti costringendolo a chiudere gli occhi e proteggere gli occhiali per evitare che tali schizzi bagnassero le lenti, impedendogli di vedere bene.
Mostro?
«Dannata bestiaccia.»
«Moriremo tutti!»
Ma i mostri non esistono..
«Vuole tirarci a fondo.»
«Prendete gli arpioni, i fucili! Dobbiamo allontanarlo!»
Rei aprì appena gli occhi, cosa stava accadendo? Alzò il capo, ritrovandosi faccia a faccia con qualcosa che non si sarebbe mai aspettato di vedere.

Quelle creature non  esistevano, quei mostri racchiusi in quel libro che aveva comprato tempo addietro non potevano essere reali, non potevano esistere.
L'emersione del Kraken è accompagnata da grandi movimenti d'acqua [...]
Il grosso essere dibatteva i tentacoli sollevando grandi masse d’acqua e sballottando a destra e a manca la nave.
Gli uomini correvano lungo il ponte, gli arpioni e in mano puntati contro i tentacoli dell’enorme calamaro.
Non era grosso come aveva letto nel libro, non arrivava a sedici chilometri, ma rimaneva comunque il fatto che fosse lungo quasi il doppio dell’imbarcazione che aveva aggredito e due dei suoi tentacoli, le ventose armate d’uncini, erano bastati per avvolgere la nave nel tentativo di spezzarla in due.
[...] gli viene attribuita la possibilità di affondare le navi con minimo sforzo.
Dannazione, no, era tutto un sogno. Adesso Rei avrebbe riaperto gli occhi e si sarebbe ritrovato sulla sua branda.
O meglio ancora a casa, come se quei mesi di navigazione fossero stati solo un lunghissimo sonno. Si sarebbe alzato e avrebbe ritrovato la sua stanza piena di libri, la sua città e la terra sotto i piedi.

Si schiaffeggiò leggermente le guance, ma non mutò nulla. L’acqua spruzzava ancora sul suo viso, per l’aria le urla degli uomini, le zaffate dei tentacoli contro l’Oceano e le grida stridule che la creatura lanciava ogni volta che veniva colpita cozzavano caoticamente tra loro. Le assi di legno sotto i suoi piedi scricchiolavano pericolosamente, da lì a poco avrebbero ceduto e la nave sarebbe caduta a pezzi sul fondo del mare.
I marinai si muovevano confusamente tutt’attorno al giovane Ryugazaki, ma Rei non riusciva a schiodare di un millimetro dal suo posto.
I mostri marini non esistevano. I mostri marini non esistevano. I mostri marini non esistevano.
L’albero maestro cadde, piegato sino a spezzarsi dalle spire dei tentacoli di quella bestia.
I mostri marini non potevano esistere.
Non potevano essere veri.


Crack. Le nave stava collassando su se stessa. Spezzata, spaccata, annientata. Rei sentì il vuoto sotto i suoi piedi, si sentì cadere e scivolare, la schiena schiacciata contro quello che un tempo era il ponte della nave e ora si era trasformato in uno scivolo che portava direttamente all’inferno.
Il mostro aveva spaccato la nave a metà e stava facendo in modo di far scivolare i marinai nel suo becco.
Era la fine.
Creature così non potevano esistere, non dovevano esistere.
Eppure Rei stava scivolando nelle fauci di una di esse, e poco serviva aggrapparsi alle corde, alla battagliola o a ciò che rimaneva degli alberi, inesorabilmente, si precipitava.
Rei non voleva morire, non poteva venire divorato da un calamaro sproporzionato.
Il suo cervello lavorò in fretta alla ricerca di una via d’uscita ma l’unica, quasi impossibile, speranza di sopravvivere che vedeva era quella di cadere in acqua, invece che nella bocca del mostro, nella speranza di aggrapparsi poi ad un qualche pezzo caduto dalla nave. Era follia, ma anche quella situazione era folle, quel modo di morire era folle.
I freddi calcoli erano l’unica cosa logica rimasta a cui aggrapparsi, e Rei calcolò, tentò di capire in che modo potesse riuscire a fare in modo di non precipitare direttamente in bocca al mostro alla stregua di uno stuzzichino.
Inclinò il corpo di lato nel tentare di donarsi una direzione, ormai la spaccatura era prossima e la fine imminente.

Il suo corpo scivolò oltre il bordo, mani e piedi si dibattevano nell’aria sconnessamente e senza grazia, poi l’impatto con l’acqua.

Ce l’aveva fatta.

Era salvo.
Era finito in acqua. In acqua.
Non sapeva nuotare...


Rei mosse nuovamente mani e piedi senza ottenere nessun risultato, stava per affondare quando riuscì ad tendere un braccio e aggrapparsi ad un pezzo dell’asse del ponte, spezzato e caduto.
Quando riuscì a riemergere facendo leva sull’asse con le braccia, l’aria non gli era mai sembrata così fresca.
Ne fece il carico riempiendosi i polmoni fino a scoppiare, rigettandola fuori con ansiti pesanti e colpi di tosse al solo scopo di riempirsene nuovamente. Un’ondata generata dal Kraken lo fece allontanare dalla nave, lasciandolo alla mercé della corrente.
Era finita, era l’inizio della fine quello.
Ripensando a ciò che era successo, Rei si rese conto che il tutto si era svolto in pochi, semplici, minuti e la sua caduta era durata solo pochi secondi.
Perché spesso è così che vanno le cose, accadono tanto in fretta che te ne rendi conto solo quando ne sei uscito. E spesso anche per salvarsi basta poco, un istante, una decisione presa per il verso giusto, e respiri ancora.

Il Cielo, quasi immobile, era tinto d’un azzurro vivo e placido, nuvole bianche lo solcavano. Perché se era vero che il Cielo emulava l’Oceano, allora quel Cielo di certo non stava emulando quell’Oceano. C’era troppa pace in alto rispetto a ciò che era accaduto e continuava ad accadere in basso, mentre la nave affondava inghiottita dai flutti.
L’orizzonte non era mai sembrato così netto. Così spietato.
Rei abbozzò un sorriso stanco, le dita gli facevano male e avvertiva anche una sensazione bruciante ad un fianco. Il fatto che non riuscisse a vedere quasi nulla non era dovuto al semplice fatto che i suoi occhiali erano totalmente ricoperti d’acqua. Stava svenendo, era troppo debole, i polmoni e la bocca bruciavano per l’acqua di mare ingerita.
Le dita di Rei lasciarono la presa sull'asse e il giovane sprofondò incosciente nel Ventre dell’Oceano.



Angolo autrice:
Eccomi qui cari lettori! 
Ed ecco a voi il capitolo due... ha un che di angst, eh?
Sono strafelice di vedere quanti siete *-* ben nove persone hanno messo questa storia tra le seguite e una persona tra le preferite.
Sono al settimo cielo!
Fatevi sentire nelle recensioni, non abbandonatemi, adoro sentire i vostri pareri, i vostri pensieri (e a questo giro forse anche gli insulti per quello che ho fatto al povero Rei).
Al prossimo capitolo <3
Uni.

PS. scusate se nel capitolo ci sono errori.
   
 
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