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Autore: Nemesis01    21/09/2013    4 recensioni
Anno 1937, nella Germania nazista.
Zarin è un 18enne tedesco, figlio di un generale nazista, che sembra detestare la vita in generale.
Noah è un 25enne ebreo, che vive in Germania e di lavoro "vende sogni".
Dalla storia:
Un giorno eravamo in libreria, gli stavo passando dei libri per aiutarlo a tenere in ordine quel posto che odorava di incenso e margheritine, poi entrarono loro. Due uomini in divisa. La campanella tintinnò. Noah mi guardò e bisbigliò « Nasconditi. Qualsiasi cosa accada, nasconditi. Non uscire allo scoperto fino a quando non se ne sono andati. Queste sono le chiavi della mia libreria. Aspettami sotto casa, se dovessi far tardi. Non uscire. Resta nascosto. »
[..] Noah tornò a casa, aveva la camicia rotta e sporca di sangue e un grosso livido sulla fronte. Sua nonna lo abbracciò e lo riempì di baci sulla guancia; era così affettuosa ed io capii cosa significasse avere una famiglia. Con Noah e la signora Maya capii che cosa significasse vivere.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Novecento/Dittature, Olocausto
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Mazel tov!

 

Capitolo 01 Zarin

 Il giorno in cui lo incontrai era un freddo giorno di Gennaio, il 15 gennaio del 1937. Seppur in pieno inverno, quel giorno era soleggiato e tiepido, il classico giorno che le famiglie trascorrevano passeggiando al parco con i loro bambini, nei loro vestiti eleganti più puliti di loro. L'ennesimo giorno che odiavo e che osservavo dal vetro della finestra della mia stanza.

"Sono tutti stupidi" pensavo, ogni volta che vedevo un bambino con in mano una stecca di zucchero filato fare dispetti a qualche bambino meno fortunato. Indossavo la divisa della mia scuola: dei pantaloni a sigaretta lunghi blu scuro, ed una camicia che si abbottonava sul davanti. Odiavo anche quella e odiavo mio padre, un generale delle forze tedesche che mi obbligava ad indossare quella stupida uniforme tutti i giorni. Volevo vestirmi con un pantalone semplice ed una bella camicia. Eravamo ricchi, potevamo permettercelo, eppure mio padre voleva farmi indossare quella stupida uniforme, solo per lo stemma che vi portava sopra. Uno stemma che odiavo. Odiavo un bel po' di cose quell'anno. Odiavo anche me stesso. Avevo diciotto anni, degli splendidi boccoli biondi e due occhi azzurri, eppure non ero capace di trovarmi una fidanzata. Tutti i miei compagni di classe ne avevano già trovata una e le avevano promesso di sposarle una volta trovato un bel lavoro per mantenerle, perchè volevano costruirsi una famiglia e fomentare la riproduzione della razza "pura" tedesca. Io invece odiavo quelle cose stupide. Che cosa me ne importa se sia o meno tedesca, la persona che amerò? Io  volevo innamorarmi. Volevo amare qualcosa o qualcuno, per compensare quell'odio che mi portavo dentro.

Quella mattina mio padre bussò alla porta, furono due colpi secchi.

« Avanti »
« Zarin, figliolo. »
« Buongiono, padre. »
« Vedo che sei già preparato. Sei pronto per uscire? Non ti dimenticare il cappello, è molto importante. »
« No, padre, non lo dimenticherò. E' sull'attaccapanni vicino la porta d'ingresso. »
« Perfetto. Andiamo.»

L'automobile di mio padre era una Mercedes Benz. Era molto in voga all'epoca, anche se non molte persone erano in grado di guidare un'automobile o di avere la possibilità di acquistarla. Io ero seduto dietro insieme a mio fratello minore Viktor, mia madre era seduta accanto a mio padre. Viaggiammo per circa venti minuti e parcheggiamo in una strada vicino la piazzetta al centro. Anche noi quel giorno facevamo parte di quella patetica scenetta della famigliola felice che passeggiava allegramente al centro della piazza. Viktor piangeva perché voleva un nuovo giocattolo, io invece fui attratto da una strana insegna. C'era scritto: "Venditore di sogni". Sorrisi: di qualunque cosa si trattasse, aveva attirato la mia attenzione, mi congedai da mio padre e m’intrufolai in quella stradina. Quel negozio non vendeva davvero sogni ma libri. Era una piccola libreria dall'aria anche un po' spettrale. Fuori dalla porta di vetro c'era un cartellino di cartone ingiallito con scritto "Willkommen", sorrisi nuovamente ed entrai.

« Buongiorno » esclamai insieme al tintinnio di una campanellina messa dietro la porta. Accanto alla porta d'ingresso c'erano due sedie smesse, di fronte la porta una scrivania di legno scuro. Era un locale molto piccolo e straripava di libri. C'era un odore strano, molto forte, ma bello. Davvero bello.
« C'è qualcuno? » non ebbi risposta e mi incuriosii. Mi guardai intorno. Sulla scrivania c'era un volume con una copertina rigida e rovinata, a caratteri dorati c'era scritto "Orgoglio e pregiudizio - Jane Austen". Seppure non fosse buona educazione, quella copertina mi fece venire voglia di sfiorarla, ma appena feci il gesto di poggiare la mia mano su quel libro, sentii un grido seguito da un tonfo. Fu quello il momento in cui lo incontrai.

 

 

L’angolo dell’autrice:

Salve a tutti! :) Questa è la prima storia a tema storico che scrivo, spero di non fare troppi errori storici (potere di wikipedia, vieni a me!)… Che dire, spero vi piaccia! Cercherò di aggiornare una volta a settimana.

L’idea mi è venuta perché sono sempre stata sensibile al tema “olocausto” (quando andavo a scuola, la mia professoressa di storia non faceva altro che spiegarci di questo particolare periodo storico, in più ho lavorato con persone di origini ebraiche e mi sono sempre appassionata alla loro storia – bella e brutta -  e alla loro lingua), complice la mia insana passione per lo yaoi. Spero di leggere qualche vostra recensione, non abbiate timore di mandarmi a quel paese se non vi piace xD!

A presto

NB: per chi non lo sapesse, “Mazel tov” in lingua ebraica significa “Auguri” e anche “buona fortuna”.

   
 
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